martedì, marzo 15

Ma sono stelle - It's starlight, though- Sette canestre - di Roberto Vittorio Di Pietro

Ecco un altro allegato, per oggi: questa volta è l'aspetto lirico a prevalere. Noterà che IT'S STRALIGHT,THOUGH (la lirica che dà il titolo ad una mia silloge totalmente concepita in lingua inglese) è la versione "ripensata" di una precedente mia poesia intitolata MA SONO STELLE.
Può essere interessante osservare come la chiusa del testo inglese si carichi  sottilmente di un concetto supplementare rispetto all'originale italiano; intendo dire che quel "dear God, could I?" di per sé viene a suggerire più esplicitamente una domanda cruciale: "ma se vivessi anch'io in una parte di cielo felicemente assolato dove quelle stelle-lacrime sono sconosciute, riuscirei ad immaginarne comunque l'esistenza, e a piangerne sinceramente?".
Buon pomeriggio.
Roberto


Sunt lacrimae rerum…
(Virgilio)
…sotto questa
volta appannata
di cielo…
(G. Ungaretti)
MA  SONO  STELLE

Incombe d’ogni intorno
e su di noi sospesa
una via lattea
di lacrime segrete
che a notte fonda
 brillano
deflagrano
dilaniano.

Ma sono stelle:
dove assolato è il cielo
chi mai, chi mai!
 le vede.

(Roberto V. Di Pietro –
dalla silloge “In soliloquio dialogando”)

IT’S STARLIGHT, THOUGH

There overhangs our planet,
surrounds us everywhere,
a milky way
of secret silent tears
which in the dead of night
 will glow
and bang
and ravage.

It’s starlight, though:
Wherever
the sun shines clear and bright,
who would
(dear God, could I?...)
imagine it was there!

(Roberto V. Di Pietro –
dalla silloge omonima, in lingua inglese)

Tutti siamo d’una stoffa
 nella quale la prima piega non scompare mai più.
(Massimo d’Azeglio)


SETTE CANESTRE
(Lirico epigramma
per il proprio compleanno)

Vita, da me vissuta troppo contro
il naturale culto di te stessa,
t'affermasti negandoti: e di te,
nel donarti, quel poco che sapesti
mostrare, men che nulla fu al confronto
d'un passionevole meglio che celi.

Ma so che non vorresti essere stata
altro dal rimasuglio che ora sei:

sette canestre colme di cascami
di gusci da battigia, in cui permane -
fantasma immarcescibile - il respiro
d'un piccolo mollusco...forse (forse?...)
creduto, da chi raspa, un lumachino
magari (ancora?...) buono
da mangiare.


Roberto Vittorio Di Pietro
(dalla silloge Rock Bottom Remainders)

Ndr: ho scelto la foto del neonato dentro un canestro, perché quando l'autore è nato, non era un lumachino, come si descrivere nella poesia - e in realtà non lo è neppure adesso! - ma un cucciolo d'uomo con una vita ancora tutta da disegnare. E sono persuasa che l'ha disegnata molto bene! 

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