sabato, ottobre 29

Spiccioli di Galateo di Danila Oppio

SPICCIOLI DI GALATEO

 Giovanni Della Casa, più conosciuto come monsignor Della Casa o monsignor Dellacasa (Borgo San Lorenzo, 28 giugno 1503  Roma, 14 novembre 1556), è stato un letterato, scrittore e arcivescovo cattolico italiano, noto soprattutto come autore del manuale di belle maniere Galateo overo de' costumi (scritto probabilmente dopo il 1551, ma pubblicato postumo nel 1558), che fin dalla pubblicazione godette di grande successo.










Jacopo Pontrormo: Mons. Della Casa

 Lina Sotis Redattrice di costume e società, poi redattrice esperta nel maggio 2009 è andata in pensione ma continua a tenere la sua rubrica «Qui Lina». Collabora anche con altre testate del gruppo Rizzoli tra cui Corriere Magazine e Amica. Nel 1982 esordisce nella letteratura con Bon Ton, manuale di saper vivere in società che diverrà in breve tempo un successo editoriale e un fenomeno di costume. Da allora ha scritto saggi e romanzi, pur senza eguagliare il successo del suo primo libro. 

Ho citato questi due autori di belle maniere o di bon ton, come si usa dire per una valida ragione.
Considerando come si comporta oggi certa gente, direi che sarebbe il caso di rispolverarli e di insegnarli a scuola e a casa. La cattiva educazione, o maleducazione, impera sovrana.



I rutti sono graditi solo dagli ospiti dei cinesi: se l'ospite rutta, significa che il cibo è stato di suo gradimento.
Il nostro bon ton, o Galateo, impedisce di ruttare e tanto meno far peti in pubblico, o che, facimme ‘o tiatro?
 Familiari o no, se scappa il peto, si va in bagno, perché si può controllarlo, se sfugge un rutto, si cerca di renderlo il meno rumoroso possibile e si mette la mano alla bocca, possibilmente girandosi e non soffiandolo in faccia a chi ci sta davanti.
E se capita che qualcuno scappi, all'improvviso, allora si chiede scusa.
Di norma non mi piace parlare delle secrezioni ed escrezioni degli esseri umani, che parlarne mi pare esecrabile, che si tratti di cacca pipì sputi scoregge o rutti...sono cose naturali, fa parte della nostra fragilità umana, e sappiamo che queste cose coinvolgono anche i re,  ma parlarne non è elegante e ovviamente, lasciarsi andare, ancor meno.
Tutto questo mi porta a ricordare alcuni aneddoti della mia infanzia.
Quando ero bambina, è passato in visita un frate, amico di famiglia, a casa di nonna, e ha chiesto se poteva usare il bagno, perché doveva spander acqua. Non compresi dove il religioso nascondesse la bottiglia dell'acqua, e perché dovesse vuotarla nel bagno. Mia nonna mi ha spiegato che era un modo simpatico per dire che doveva fare pipì. Ho guardato la nonna con gli occhi sgranati e le ho domandato: "Ma perché, anche i frati la fanno?". 
E quand'ero adolescente, mia madre mi raccontò che una suora, sua maestra elementare, si rivelava istericamente nervosa quand’era afflitta dalle mestruazioni. Meravigliata, chiesi alla mamma: "Ma anche le suore hanno il ciclo?". Ecco, io credevo che preti e suore fossero esseri angelicati e che a loro non fosse dato il seccante fastidio di dover defecare, orinare e avere le mestruazioni. 
Questa mia impressione era dovuta al fatto che non fosse bene parlare di queste cose, così umane ma anche così poco eleganti, e l’educazione del clero e dei religiosi era impeccabile.
Prendere esempio dalle persone educate e riservate, ci fa apparire meno animali di quanto già non siamo! (solo questi non hanno inibizioni e fanno la cacca o la pipì dove capita, e di fronte a tutti!).
Oggi, invece, pare che insultare i propri simili usando la bocca come fosse una cloaca a cielo aperto, sia di gran moda!
Mi spiace, ma l’educazione non è soggetta alle mode, così come la maleducazione!
Del tipo: Ma va a cagare, stronzo! Fatti i cazzi tuoi, mi fai vomitare! …e scusatemi, ma sento la necessità di fermarmi qui…poiché di insulti ancora più volgari se ne sentono a bizzeffe, non vorrei doverne aggiungere, solo per riportarli, altri di ben peggiori. Non è nel mio stile!

Danila Oppio



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