venerdì, marzo 5

AL DI d'INQUO e AUJOURD'HUI di ANGELA FABBRI e DANILA OPPIO



AL DI' d'INQUO e AUJOURD’HUI

Email dal 1 al 4 marzo 2021

Angela ed io parlavano dei film di Charlie Chaplin e a me è uscita l’espressione sui film d’antan.  Da qui si è dipanato questo scambio d'opinioni attraverso email. 

E allora prendimi in giro tu per questo: non so cosa sono i film D'ANTAN, anche se posso capirlo, non so da dove deriva e quando non so da dove deriva qualcosa, non mi sento a posto.

Di Charlie ti ho detto quel che ho ricordato così, EX ABRUPTO (ricambio con quest'espressione la tua)...

A domani.

Angela

D'antan: d'altri tempi, di una volta (con sfumatura di nostalgia, di rimpianto), questo il significato dell'espressione francese (che tu non ami) ormai entrata in uso nel nostro linguaggio italiano, poiché con una sola parola si esprimono tante emozioni. Infatti, se avessi scritto: film di tanti anni fa, non solo si sarebbero usate tante parole ma avrebbero definito solo il tempo passato, mentre d'antan significa molto di più, tempo passato sì, ma nostalgico, che si rimpiange. Talvolta anche un vocabolo in lingua non nostra, aiuta a esprimere più significati. 

Mi hai ricambiato con un'espressione latina che non conoscevo e che ho immediatamente cercato: all'improvviso. Grazie, qualcosa di nuovo per me!

Buon caffè, Angela

Danila

Grazie, ma l'avevo capito lo stesso, mi sembrava + milanese, non sapevo che era francese, lingua che non amo proprio perché la capisco.

Io avrei tradotto, con semplicità: DEI TEMPI  ANDATI che non è molto + lungo di D'ANTAN e esprime chiaramente anche la nostalgia, tutti abbiamo dei tempi che sono già andati, che non ci sono +. L'espressione, l'avrai capito, non mi piace, assomiglia + a un'etichetta a una pubblicità... qualcosa in me la rifiuta. Bisogna che ci giochi:

D'antan

et de Danton

nous parlerons?

Mais oui!

De Danton

et d'antan

parlerons nous.

Et de la vie et de la morte

des les adieux

de qui retourne

et des les soirs d'amour et des sourires.

Nous.

Angela

Lo so, Angela, che schifi il francese come il milanese. Per quanto mi riguarda, l'ho studiato a scuola per 6 anni. Ma l'ho praticato in Francia diverse volte, due viaggi a Parigi, due lunghe vacanze in Provenza sul mare, e visite al Palazzo dei Papi ad Avignone, poi Tolone e Marsiglia, quindi tutto un giro in Normandia e lungo i castelli della Loira. Occasione per dialogare con i francesi ne ho avute molte. Ho letto testi in questa lingua, come per esempio Madame Bovary e altri. Però dai tempi scolastici in cui il francese era trattato in modo formale, alla lingua parlata normalmente dai francesi, ne corre! I modi di dire, l'argot dialettale dei parigini...insomma, non è del tutto la stessa lingua che ho imparato a scuola, ma quando si deve scrivere, non cambia molto.

La tua poesia, che mi è piaciuta molto, contiene qualche errore: Morte non si scrive come in italiano, ma semplicemente mort. Sere: non si scrive soirs ma soirées. Delle...non des les, ma semplicemente DES che da solo fa plurale delle.Te la riporto come la vedo io, se vuoi puoi sentire Daniela e ti dirà meglio di me o ti confermerà.

D'antan

et de Danton

nous parlerons?

Mais oui!

De Danton

et d'antan

parlerons nous.

Et de la vie et de la mort

des adieux

de ceux qui reviennent

et des soirées d'amour et des sourires.

Nous.

e mi piace così tanto che quasi quasi la pubblicherei sul blog...Grazie per questo dono. anche se d'antan non ti piace, ti piacerà Danton!

Buon risveglio, Angela

Danila

Allora. Prima di tutto ci ho messo degli errori voluti per licenza poetica:

Nell'interrogativo ho scritto nous parlerons? (invece di parlerons nous?)  

E nell'affermativo ho usato l'inversione del soggetto che avrei dovuto usare nell'interrogativo.

Des LES ADIEUX: l'ho separato perché "LES  ADIEUX" è il titolo di una sinfonia (non ricordo di chi) tradotta in italiano come "L'ADDIO" o "DEGLI ADDII" di cui ho letto una cinquantina di anni fa nel libro "UNA PASSIONE CONIUGALE" di Riccardo Bacchelli.

Il mio 'de qui retourne' lo preferisco alla tua traduzione: parlavo di COLUI che RITORNA, Non di QUELLI che ritornano...

In quanto alle tue SERATE, sono pubbliche e importanti. Io parlavo delle piccole sere vissute passando insieme per la casa, tenendosi per mano, aprendo librerie e sfogliando quel che è passato per trovarci lì anche noi... Quindi 'SOIRS' e dilungarsi su quel nome con 'DES LES'  rappresenta il tempo di due persone che si amano, non stanno dicendosi niente a parole, ma stanno vivendo insieme quelle sere... quando improvvisi arrivano i sorrisi ('et des sourires').

Ecco, ti ho fatto la chiosa alla poesia che ho scritto partendo da un'espressione che avevi usato e che non mi piaceva e vedi come tutto quel che non va può stemperarsi quando lo si rimette in gioco... in modo da giocarci in due. 

HO ESEGUITO  NEL  MODO  MIGLIORE  QUEL  CHE CREDO  SIA:  FARE  A  PEZZI  UNA  POESIA.  

NOTA   Il francese (per dirla col linguaggio finanziario oggi in voga) è solo un DERIVATO  SCADUTO del Dialetto FERRARESE.

           Riprendendo il tuo D'ANTAN...

           Esempio: TANT  AN (ferrarese puro). Usato in espressioni come 'TANT  AN  FA', 'TANT  AN iè passà' ... 

Angela

Il francese è PRIMA di TUTTO una lingua NEOLATINA, così come il tedesco e l'inglese sono lingue di ceppo ANGLOSASSONE. Quel che poi si è aggiunto ad ognuna è tutta un'altra storia. So bene che farai le tue belle ricerche sul web, io dico quel che ricordo da studi fatti in prima liceo scientifico e che ho, naturalmente, rielaborato e accresciuto nel corso degli anni. Oggi come oggi posso solo voler ridere dei vari linguaggi, sicuramente non mi metto a studiare le origini del francese... avrei altro da fare in questi anni che passano via così svelti.

Ma devo aggiungere un appunto al D'ANTAN. Sempre dal mio amato ferrarese:                                               

 'DA TANT AN' o 'AD TANT AN'.

Anagrammando ognuna di quelle 2 espressioni e con le dovute SINCOPI (cioè sparizione di lettere interne a una parola) si trova la tua espressione cosiddetta 'francese'. Diciamo meglio, sgradevole etichetta, come tante che vengono usate "AL  DI' D'INQUO" (per dirla in volgare ferrarese) o "AUJOURD’HUI" (per dirla nel tuo prezioso francese): entrambe vogliono dire "AL GIORNO D'OGGI".  

Angela

Grazie per le spiegazioni sulla tua poesia francese.  Lasciami dubitare che il francese derivi dal ferrarese, anche se le due espressioni si somigliano molto. Come di certo sai, il francese deriva dalle lingue D'OC E D'OIL. Ma con i viaggi dei popoli, con le invasioni che hanno fatto dell'Italia schiavitù e preda, è naturale che abbiamo importato anche espressioni linguistiche di altri popoli. Per dirla ancora in francese, un vero fricandeau, italianizzato in fricandò, ovvero un miscuglio di verdure in cucina e un guazzabuglio di idiomi stranieri, a parer mio, che si è formato nella lingua italiana. Buona giornata

Danila

Mi è piaciuto il tuo affiancamento del ferrarese al francese, ma se permetti, vorrei dirti che non ignoro la derivazione delle lingue europee. La conosco a memoria, perché per anni mi ha martellato sull'argomento, Ecco cosa so:

In Europa si parlano lingue diverse ma la maggioranza viene da un ceppo comune, detto indoeuropeo.

 E sono le lingue neolatine, quelle germaniche e le slave.

 Le lingue neolatine, è chiaro che derivano dal latino che si impose in larga parte d’Europa all’epoca dell’Impero Romano; frequenti soprattutto nel bacino del Mediterraneo, sono: l’italiano, il francese, lo spagnolo, il portoghese, il rumeno. Ma prima che il francese diventasse lingua nazionale, ebbe origine dalle lingue d’oc e d’oil che erano comunque neolatine. Le lingue germaniche hanno origine negli idiomi introdotti in Europa dai popoli germanici, che abitavano un tempo la pianura tedesca e che poi migrarono verso est e verso sud, penetrando anche all’interno dell’Impero Romano. Oggi sono diffuse principalmente nel Centro e nel Nord d’Europa. E sono: l’inglese, il tedesco, l’olandese, il fiammingo, il danese, il norvegese, lo svedese, l’islandese. Le lingue slave vengono dagli idiomi delle tribù che abitavano anticamente il territorio oggi corrispondente alla Polonia sono: il polacco, il ceco, lo slovacco, il russo, l’ucraino, il bielorusso, lo sloveno, il croato, il serbo, il bulgaro, il macedone. Vi sono poi diverse lingue di origine indoeuropea ma non appartenenti alle famiglie appena descritte. Tra esse abbiamo: 

il greco, l’albanese e il turco, nella penisola balcanica; le lingue celtiche, parlate in Gran Bretagna, Irlanda e Francia, dove sono in uso rispettivamente scozzese e gallese, gaelico e bretone; il lituano e il lettone , lingue baltiche. 

In Europa ci sono lingue non indoeuropee come il finlandese, l’estone e l’ungherese, lingue del ceppo ugro-finnico; il maltese, parlato a Malta; il basco, diffuso in Spagna.

Queste informazioni non le ho prese da internet, ma da quanto mi ha insegnato mio figlio, e di norma non si definiscono anglo-sassoni, ma di ceppo germanico.

Per quanto mi riguarda, trovo più facile comprendere le lingue neolatine, molto simili all’italiano.

 Ma se andiamo a guardare la grammatica tedesca, si nota che la costruzione delle frasi è molto simile al latino e al greco antico.

Mentre l’inglese, pur inserito nel gruppo delle lingue germaniche, ha una costruzione molto più semplice.

Con mio figlio ne abbiamo parlato così a lungo, che queste nozioni semplici le ho imparate a memoria.

Buon risveglio Angela!

Danila

Se è per questo, poiché furono i SASSONI a invadere con successo la BRITANNIA (ai Romani andò buca), buona parte dell'inglese deriva dal SASSONE. Poi però arrivarono i NORMANNI e, assieme alla vittoria sui Sassoni, portarono il loro idioma che si aggiunse al precedente.

WALTER  SCOTT fa un interessante discorso sull'argomento quando comincia il suo IVANHOE: per spiegare ai lettori qual era la potenza della dominazione normanna sul popolo sassone dice come venne conservato il vocabolo SASSONE a definire il MAIALE e come invece imposero il proprio vocabolo NORMANNO per definire il CINGHIALE, animale considerato + nobile del maiale. Lo stesso fecero con altri animali considerati + o meno nobili. Adesso non ricordo + e non voglio dire sciocchezze. Ho letto IVANHOE solo mezzo secolo fa!

 I Tedeschi han solo voluto complicarsi la vita assumendo le declinazioni latine dei sostantivi e aggettivi (anche se hanno tolto alcuni casi) e inserendo gli articoli (determinativi e indeterminativi) anch'essi declinati per 3: maschile, femminile e neutro. Se la son cavata meglio i Russi che gli articoli non li usano. Poi, sulla struttura delle frasi, il discorso diventa troppo lungo, almeno per stanotte...

Angela

Sì, si sono complicati la vita. Tutte quelle declinazioni e parole unite insieme a due a due.  Per il momento mi viene in mente una per tutte: Weihnachtsbaum (albero di Natale). Noi usiamo tre parole, i tedeschi le hanno legate tra loro creando un unico sostantivo. Neppure gli arabi usano gli articoli. Se per esempio prendiamo in esame la parola Taleban, che significa studente e non ribelle  o sobillatore come è stato interpretato quando i giornali scrivevano dei talebani, quell'an finale ha la valenza di "uno studente" perché se volessimo dire "lo studente" è sufficiente taleb. Molto semplice. Quel che non è semplice nella lingua araba è la coniugazione dei verbi: sono ben 13 e per questa ragione non ho più continuato i corsi. Troppo complicata!

Per quanto riguarda le lingue, e su come si sono diffuse, sarebbe necessario studiare l'etimologia. Per esempio ARANCIA in arabo si dice burtuqal, che significa Portogallo. E perché le arance vengono chiamate Portogallo? Perché gli arabi, quando hanno conquistato la penisola Iberica, hanno scoperto che quel frutto cresceva in quel Paese. E come è in napoletano? "Purtuallo".Perché l'hanno imparato durante l'invasione dei Mori! Così per la camicia, che deriva dall'arabo Qamis e in francese tradotta in chemise. 

Angela, sono solo tre esempi, giusto per dire che le varie lingue, magari leggermente modificate, sono state assorbite dai popoli durante le invasioni, o nei viaggi d'esplorazione. Da noi, quante parole straniere sono entrate a far parte della nostra parlata? Se andiamo a spulciare, pure nei dialetti, ce ne sono a iosa! 

Anche nel tuo amato ferrarese...e non è il contrario, ovvero che i francesi hanno appreso dai ferraresi alcune espressioni. Semplicemente essendo: francese, spagnolo, portoghese, rumeno, lingue neolatine, tutte hanno radici comuni.

A me piace, quando posso, scoprire l'origine delle parole. Per esempio, nel dialetto del mio paese d'origine, ai tempi di mia nonna, per dire valigia, dicevano maleta, che è l'esatto corrispondente in spagnolo. E così tante altre parole. Per me scoprire l'origine di alcune espressioni o vocaboli, è quasi come scavare e mettere in luce un vero tesoro.

Ciao e scusa se t’ho annoiato. 

Danila

Qualche appunto a parte:

Rileggendo questi scambi sulle lingue, e tornando al francese, comprendo che tu, Angela, abbia voluto scherzare con quella tua poesia in français macaronique, e sono certa che si possa dire indifferentemente soirs o soirées. 

Noi italiani pensiamo che quest’ultimo vocabolo si riferisca solo alle serate pubbliche e importanti, sinonimo di  gran galà, ma non è così.  Atteggiandoci a snobettini,   si è creduto che questo vocabolo si riferisca alle serate pubbliche e importanti, sinonimo di  gran galà, ma non è così. Si può usare anche per una seratina intima, quella che descrivi nella tua poesia, durante la quale, anche senza parlare, si vivono momenti importanti, condivisioni profonde. Ed è quello che si respira nei tuoi versi. Ecco uno dei motivi per cui nella mia rivisitazione ho preferito sostituire soirs in soirées. Appunto perché importante. L’altro motivo è che soirs (pronuncia suars) mi ricorda Sars quindi Covid.. Un altro piccolo appunto: a me piacerebbe di più tradurre colui che ritorna, in celui qui revient piuttosto che  de qui retourne.

 Ma è solo questione di gusti : per citare un po’ di latino anch’io: de gustibus non est disputandum !

Grazie Angela per questo scambio di corrispondenza che ha toccato tanti temi linguistici in forma serio-scherzosa!

Danila


3 commenti:

  1. Se qualcuno ci legge, magari ci darà il suo parere su questo CERTAME LINGUISTICO.
    Adesso ti dico come da + di mezzo secolo traduco quella frase latina:
    << De gustibus non est disputandum. >>
    << Sui gusti non è bene sputare. >>
    Anche perchè, in realtà, tutti discutono talmente tanto sui gusti degli altri fino a non averne più alcun rispetto.
    Ciao. Angela

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  2. Bella questa tua traduzione. E meno male che i gusti sono diversi e non omologati! Mancherebbe lo scambio di opinioni, sparirebbe il dialogo, e non ci sarebbe crescita culturale! Ciao
    Danila

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  3. Angela mi ha fatto presente che ho saltato un pezzo dei una sua email che dice così:
    "Abbi pazienza ma ho fatto solo 2 anni di francese alle Scuole Medie Inferiori, cioè 56 anni fa.
    Avrei potuto farmi correggere la poesia da mia cugina Daniela che è stata per + di 30 anni insegnante di lingua francese alle Scuole Superiori, ma a quest'ora decisamente dorme. E fa bene. Ciao! Angela Avevo salvato il nostro scambio sulla sua poesia e sulla lingua francese, e ho voluto impostare l'articolo della sua poesia, colto l'occasione per disquisire un po' sull'etimologia delle parole. Quel pezzo mi era sfuggito. Ma visto che l'amica ci tiene che appaia, eccolo qui.
    Danila

    Ciao! Angela

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