venerdì, ottobre 29

STORIE DELLA VITA E DEL MONDO - LA PARTENZA DI VERPÌ di RENATA RUSCA ZARGAR



STORIE DELLA VITA E DEL MONDO

Il grande pino verde di nome Verpì, nelle sere di luna piena, raccontava, alle mille orecchie in ascolto, storie della vita e del mondo. 
Mille occhi lo osservavano attenti e mille corolle di fiori si riaprivano un poco per non perdere neppure un sussurro.

LA PARTENZA DI VERPÌ

I giorni, le settimane e i mesi avanzavano ancora, tra momenti belli e brutti. Ma, in fondo, ogni creatura si sentiva felice e non era mai sola. Intanto, tornava di nuovo l’autunno e iniziavano piogge e temporali. 
I fiorellini si nascondevano sotto le foglie, gli animali nelle loro tane…
Eppure, negli intervalli di bel tempo, l’aria rifioriva, qualcuno metteva fuori il capino e Verpì ricominciava a narrare.
In quel momento, però, il cuore di Verpì era preoccupato. 
Sì, presto egli avrebbe dovuto trascorrere un periodo di tempo in cielo, felice tra altri alberi e creature della foresta, ma, laggiù, nel bosco, chi avrebbe trattenuto la terra, impedendo frane e alluvioni? 
Gli umani avevano bisogno di lui, anche se spesso non lo ricordavano! 
Comunque, bisognava andare. 
Verpì aveva allargato l’ultimo sguardo sui tre pini figli che stavano prendendo il suo posto. 
Dunque, poteva allontanarsi: chiome verdi, proprio come le sue di un tempo, si contendevano i raggi del sole e allungavano le radici nella terra umida alla ricerca del nutrimento. Le creature si stringevano attorno a loro così come era stato per lui, e uno di loro, Verpino, aveva già iniziato a narrare: 
- Al limitare di un frutteto, abitava un vecchio pero e, proprio accanto, una secolare quercia. Essi avevano stretto amicizia da buoni vicini e, durante le stagioni, chiacchieravano per passare il tempo. “Eh, - lamentava il pero - ormai sono vecchio e presto il padrone verrà per tagliarmi! Le mie pere sono minori e meno buone di una volta.” “Ma no, ho visto il figlio del padrone gustare spesso le tue pere. - lo rincuorava la quercia - E poi, se tu sei vecchio e malandato, che cosa dovrei dire io? Non angustiare così i tuoi giorni: osserva la vita che ti circonda, i fiori, le farfalle, il sole, il vento, e sii felice come faccio io.” Così, procedevano i giorni e poi arrivava l’inverno e, con una spruzzata di neve, addormentava tutti gli alberi del frutteto e la quercia. Quell’anno, quando anche l’inverno fu passato, il pero sentì il tiepido calore del sole e prese a stiracchiarsi pigramente mentre apriva gli occhi. Notò, con gioia, che già le prime gemme nascevano sui suoi rami e volse lo sguardo alla quercia per vedere se era già sveglia. Ma non la vide subito. Essa giaceva a terra colpita, proprio la notte prima, da un fulmine. Su di un suo ramo vi era solo un uccellino piccino piccino che piangeva, cinguettando come a voler parlare. Ma il pero non poteva capirlo. Esso voleva dirgli che la quercia, vedendo il fulmine dirigersi verso l’amico pero, aveva proteso la sua gigantesca mole sopra di lui e aveva donato, con gioia, la sua vita per salvarlo. 
Nell’uditorio era scorso un brusio: chissà, forse anche Verpì, come tutti i genitori, si era lasciato colpire per proteggere i suoi figli… Nessuno, però, lo sapeva, perché tutti avevano gli occhi chiusi per lo spavento del temporale. Era bello, tuttavia, che il suo figlio più piccolo, Verpino, ricordasse proprio ora quella storia.
Intanto, il velo scuro che aveva ricoperto ogni cosa si diradava, il sole si alzava abbastanza forte all’orizzonte. Tutti gli animali erano ormai fuori dai loro rifugi, gli alberi avevano ripreso a stormire e i fiorellini, alzando bene il capino, si volgevano alla luce.
A quel punto, anche Verpone, che era il primogenito e che somigliava tanto a Verpì, aveva preso la parola: 
- C’era una volta, un bellissimo pesce che viveva in un lago tra le montagne. D’estate, sull’acqua, scivolavano lunghe barche ricoperte di sontuosi cuscini e il tramonto era dolce di suoni e di colori. D’inverno, il lago si ricopriva di ghiaccio ma, sotto, era divertente giocare tra le alghe con i fratelli, le sorelle e tutti i pesci cuginetti. Venendo grande, il pesce aspettava una compagna perché, nonostante tutta la sua numerosa famiglia, si sentiva un po’ solo. Comunque, lavorava tanto per dare a tutti una tana più bella e far felici la sua mamma e il suo papà. Un giorno, però, incontrò una pesciolina che veniva dal mare: aveva risalito il fiume ed era arrivata al lago in vacanza. La guardò con i suoi dolci occhi e la pesciolina rimase a giocare con lui. Nel quieto ondeggiare delle alghe, tutto il mondo sembrava tranquillo ma, quando le vacanze finirono, la pesciolina piangendo piangendo, tornò al mare. Ormai la vita nel lago non aveva più senso, il pesce desiderava solo essere accarezzato dalle tenere pinne della pesciolina e così, passato qualche tempo, decise di lasciare tutto quello che lui era stato e di trasferirsi al mare. Nel mare, la vita era molto diversa: le onde e le maree, qualche volta, distruggevano tutte le case dei pesci e, a ogni scoglio, si trovavano nemici che il pesce del lago non aveva mai conosciuto. Ma la pesciolina sapeva capire i suoi problemi e sapeva nuotare al suo fianco per difenderlo. Piano piano, insieme, stavano costruendo il loro futuro nell’acqua salata del mare anche se il loro modo di pensare e di vivere era stato assai diverso. Non sempre tutto andava bene: i piccoli pesci nati, magari, si ammalavano o non sapevano difendersi dai più grandi… Forse, alla vivace pesciolina colorata, qualche volta, poteva venire qualche dubbio. Ma con il tempo, anch’ella aveva capito quello che le aveva spiegato il pesce di lago parecchio tempo prima: che l’amore è sacrificio e rinuncia e che i pesci, come le persone, devono accettare il dolore che la vita porta con sé dimenticando sé stessi e pensando soprattutto al bene dei loro cari. 
A sentire quella favola, qualche corolla, curvandosi un po’ sullo stelo, si era asciugata con le minuscole foglioline verdi una lacrimuccia furtiva mentre ogni creatura era immersa nella riflessione perché aveva imparato qualcosa di nuovo. 
Allora, per rompere un filo di tristezza che aleggiava all’intorno come soffiata dalle gote di un venticello leggero, Verpuccio, il secondo figlio, il più allegro e scherzoso dei pini, aveva deciso di raccontare anche lui la sua storia: - Sentite, fiorellini, vi parlerò di quella volta che una farfalla multicolore aveva stretto amicizia con un coccodrillo…  
Intorno, l’aria ormai serena taceva in silenzio e persino la vecchia Volpina ascoltava attenta.
Sorridendo, intanto Verpì stava volando lassù, libero, sulle nuvole. Sarebbe tornato sulla terra, un giorno, e sarebbe rinato ancora proprio al limitare di quello stesso bosco.

Renata Rusca Zargar

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