venerdì, settembre 1

ADDIO AI MONTI di ALESSANDRO MANZONI nel 150° anniversario della sua morte

È il 6 gennaio 1873: al termine della Messa, Alessandro Manzoni esce dalla chiesa di San Fedele a Milano, scivola e cade a terra. Ha 88 anni e le sue condizioni, dopo la brutta caduta, peggiorano rapidamente. Il 22 maggio muore e al suo funerale partecipano le più alte cariche dello Stato, tra cui il futuro re Umberto I e le rappresentanze della Camera e del Senato.

“Per le strade un gridio di venditori di fotografie del gran poeta, di ritratti d’ogni formato, d’ogni prezzo. Le pareti delle case erano tappezzate di avvisi portanti il nome del Manzoni […] gli uomini erano tutti nelle vie, e metà Milano, a non esagerare, volle seguire il feretro al Cimitero», così descrive Felice Venosta il giorno dei funerali.”

A 150 anni dalla morte di Alessandro Manzoni, Milano e l’Italia rendono omaggio alla figura del poeta, drammaturgo, massimo esponente del romanzo storico, intellettuale che ha segnato la storia della cultura e della lingua  italiana.

Desidero ricordarlo con questo brano: L'addio ai monti di Lucia tratto da  I promessi sposi - capitolo VIII (Milano, Ferrario 1825/27).

Addio, monti sorgenti dall'acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l'aspetto de' suoi più familiari; torrenti, de' quali distingue lo scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendìo, come branchi di pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana! Alla fantasia di quello stesso che se ne parte volontariamente, tratto dalla speranza di fare altrove fortuna, si disabbelliscono, in quel momento, i sogni della ricchezza; egli si maraviglia d'essersi potuto risolvere, e tornerebbe allora indietro, se non pensasse che, un giorno, tornerà dovizioso.

Quanto più si avanza nel piano, il suo occhio si ritira, disgustato e stanco, da quell'ampiezza uniforme; l'aria gli par gravosa e morta; s'inoltra mesto e disattento nelle città tumultuose; le case aggiunte a case, le strade che sboccano nelle strade, pare che gli levino il respiro; e davanti agli edifizi ammirati dallo straniero, pensa, con desiderio inquieto, al campicello del suo paese, alla casuccia a cui ha già messo gli occhi addosso, da gran tempo, e che comprerà, tornando ricco a' suoi monti. Ma chi non aveva mai spinto al di là di quelli neppure un desiderio fuggitivo, chi aveva composti in essi tutti i disegni dell'avvenire, e n'è sbalzato lontano, da una forza perversa!

Chi, staccato a un tempo dalle più care abitudini, e disturbato nelle più care speranze, lascia que' monti, per avviarsi in traccia di sconosciuti che non ha mai desiderato di conoscere, e non può con l'immaginazione arrivare a un momento stabilito per il ritorno! Addio, casa natìa, dove, sedendo, con un pensiero occulto, s'imparò a distinguere dal rumore de' passi comuni il rumore d'un passo aspettato con un misterioso timore.

Addio, casa ancora straniera, casa sogguardata tante volte alla sfuggita, passando, e non senza rossore; nella quale la mente si figurava un soggiorno tranquillo e perpetuo di sposa. Addio, chiesa, dove l'animo tornò tante volte sereno, cantando le lodi del Signore; dov'era promesso, preparato un rito; dove il sospiro segreto del cuore doveva essere solennemente benedetto, e l'amore venir comandato, e chiamarsi santo; addio! Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto, e non turba mai la gioia de' suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande.


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