Foto di Luisa Bolleri
Elucubrazioni sulla terra liquida
Chissà se è stato meglio o poteva andare peggio, che poi è lo stesso. La vita
ci confonde, ci convince, ci travolge. O forse è tutto nella nostra testa.
Siamo solo noi gli artefici, con il nostro credere a stupidaggini, a panzane.
Partiamo, certi che niente possa cambiarci, corromperci, che non saremo come
tutti gli altri. Le idee politiche, la religione, la morale, una famiglia, dove
vogliamo abitare e quanti figli avremo. Ci nutriamo di certezze e non sappiamo
quanto siamo ingenui.
Una casa, un lavoro, le vacanze, i miti preconfezionati dell'Italia anni
Ottanta adesso sono saltati in aria. Esplosi. Cazzate, forse, che allora erano
importanti, che sembravano basilari. E lo erano per noi. Noi che abbiamo fatto
in tempo a veder passare la meteora di una vita serena, dove il diritto al
lavoro si tirava dietro tutto il resto - una famiglia, un'auto, una casa, i
figli, le vacanze, fino alla meritata pensione -, ci chiediamo: eravamo in
fondo solo degli egoisti animati da gusti piccolo-borghesi, anche se eravamo
proletariato e votavamo a sinistra? Volevamo essere dei conservatori
'travestiti' che cercavano solo di sfangarsela al meglio, consapevoli che
altrove nel mondo non ci fossero i diritti acquisiti che noi, o meglio i nostri
predecessori, avevamo conquistato con grande merito e sicuri che l'altrove non
ci riguardasse affatto. Eravamo le vittime predestinate di una guerra economica
mondiale.
L'unica cosa che aveva basi inconfutabili era la nostra voglia di vivere
d'amore, di costruire, di tracciare la nostra strada. Volevamo fare il nostro
percorso al meglio.
Ma la terra alla fine - si sa - è come l'acqua, come l'aria. Mescola, diffonde
profumi e malattie. Amalgama tutto, il bene e il male. Come la goccia blu
caduta nel bicchiere in breve 'azzurra' l'acqua e non si salva niente, così è
andata con la globalizzazione, con le crisi economiche internazionali,
allargatesi ovunque, a conquistare le nostre fabbriche, le nostre banche, i
nostri discorsi a tavola in cucina.
Sono state abbattute le certezze di cui eravamo fieri all'inizio, ma non sono
state sostituite da niente. Uno spaesamento istituzionalizzato e un'incapacità
di reazione politica che da decenni ci costringe all'immobilismo. E quel 'ci'
non si chiama soltanto Italia, ma anche Europa, Occidente... Accidenti! Siamo
le rovine del nostro passato.
Di pari passo, la vita personale si è piegata sotto i colpi ricevuti. Il
lavoro, i progetti futuri, la nostra vita: tutto è stato ridimensionato,
contato, economizzato. Ci siamo abituati a fare a meno, a tagliare, diventando
spilorci anche con i nostri sentimenti, incapaci di comprendere il nostro
simile, di essere una comunità, di essere una società di persone. Non si può
credere in ciò che abbiamo visto distruggere sotto i nostri occhi con tanta
facilità.
Abbiamo constatato di non essere forti come credevamo, al contrario, siamo
molto, molto fragili. Una forte 'percezione di infelicità' ci accompagna, più
che un'oggettiva condizione, perché ci sentiamo defraudati. Siamo tornati indietro
e continuiamo a pensare allo scalino là in alto che abbiamo dovuto cedere ad
altri. In fondo ci sentiamo dei falliti anche a livello personale, e un po' lo
siamo.
Luisa Bolleri
Grazie Danila Oppio, per questa gradita condivisione. Un caro saluto. Luisa Bolleri
RispondiEliminaDi nulla, grazie a te per aver detto quel che è stato giusto mettere in evidenza.
RispondiEliminaUn abbraccio
Danila