venerdì, marzo 1

Elucubrazioni sulla terra liquida - di Luisa Bolleri



 Foto di Luisa Bolleri

Elucubrazioni sulla terra liquida

Chissà se è stato meglio o poteva andare peggio, che poi è lo stesso. La vita ci confonde, ci convince, ci travolge. O forse è tutto nella nostra testa. Siamo solo noi gli artefici, con il nostro credere a stupidaggini, a panzane. Partiamo, certi che niente possa cambiarci, corromperci, che non saremo come tutti gli altri. Le idee politiche, la religione, la morale, una famiglia, dove vogliamo abitare e quanti figli avremo. Ci nutriamo di certezze e non sappiamo quanto siamo ingenui. 
Una casa, un lavoro, le vacanze, i miti preconfezionati dell'Italia anni Ottanta adesso sono saltati in aria. Esplosi. Cazzate, forse, che allora erano importanti, che sembravano basilari. E lo erano per noi. Noi che abbiamo fatto in tempo a veder passare la meteora di una vita serena, dove il diritto al lavoro si tirava dietro tutto il resto - una famiglia, un'auto, una casa, i figli, le vacanze, fino alla meritata pensione -, ci chiediamo: eravamo in fondo solo degli egoisti animati da gusti piccolo-borghesi, anche se eravamo proletariato e votavamo a sinistra? Volevamo essere dei conservatori 'travestiti' che cercavano solo di sfangarsela al meglio, consapevoli che altrove nel mondo non ci fossero i diritti acquisiti che noi, o meglio i nostri predecessori, avevamo conquistato con grande merito e sicuri che l'altrove non ci riguardasse affatto. Eravamo le vittime predestinate di una guerra economica mondiale.
L'unica cosa che aveva basi inconfutabili era la nostra voglia di vivere d'amore, di costruire, di tracciare la nostra strada. Volevamo fare il nostro percorso al meglio.
Ma la terra alla fine - si sa - è come l'acqua, come l'aria. Mescola, diffonde profumi e malattie. Amalgama tutto, il bene e il male. Come la goccia blu caduta nel bicchiere in breve 'azzurra' l'acqua e non si salva niente, così è andata con la globalizzazione, con le crisi economiche internazionali, allargatesi ovunque, a conquistare le nostre fabbriche, le nostre banche, i nostri discorsi a tavola in cucina. 
Sono state abbattute le certezze di cui eravamo fieri all'inizio, ma non sono state sostituite da niente. Uno spaesamento istituzionalizzato e un'incapacità di reazione politica che da decenni ci costringe all'immobilismo. E quel 'ci' non si chiama soltanto Italia, ma anche Europa, Occidente... Accidenti! Siamo le rovine del nostro passato.
Di pari passo, la vita personale si è piegata sotto i colpi ricevuti. Il lavoro, i progetti futuri, la nostra vita: tutto è stato ridimensionato, contato, economizzato. Ci siamo abituati a fare a meno, a tagliare, diventando spilorci anche con i nostri sentimenti, incapaci di comprendere il nostro simile, di essere una comunità, di essere una società di persone. Non si può credere in ciò che abbiamo visto distruggere sotto i nostri occhi con tanta facilità.
Abbiamo constatato di non essere forti come credevamo, al contrario, siamo molto, molto fragili. Una forte 'percezione di infelicità' ci accompagna, più che un'oggettiva condizione, perché ci sentiamo defraudati. Siamo tornati indietro e continuiamo a pensare allo scalino là in alto che abbiamo dovuto cedere ad altri. In fondo ci sentiamo dei falliti anche a livello personale, e un po' lo siamo.

Luisa Bolleri  

2 commenti:

  1. Grazie Danila Oppio, per questa gradita condivisione. Un caro saluto. Luisa Bolleri

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  2. Di nulla, grazie a te per aver detto quel che è stato giusto mettere in evidenza.
    Un abbraccio
    Danila

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