POETANDO

In questo blog raccolgo tutti gli scritti, poetici e in prosa, disegni e dipinti di mia ideazione. Recensioni stilate da me e da altri autori. Editoriali vari. Pubblico poesie, racconti e dialoghi di vari autori.Vi si possono trovare gallerie d'arte, fotografie, e quant'altro l'estro del momento mi suggerisce di pubblicare. Sulla banda destra della home page, appaiono i miei e-book poetici ed altre sillogi di alcuni autori. Così come le riviste online de L'Approdo e de La Barba di Diogene, tutto si può sfogliare, è sufficiente cliccare sulla copertina. Aggiungo che , sempre nella barra a destra della home page ci sono mie video poesie, con sottofondo musicale. E' sufficiente cliccare sull'immagine per ascoltare testo e musica, direttamente da YouTube. Tutte realizzate dalla eclettica Anna Montella., Ci sono poi i miei libri scritti nel corso di circa 10 anni. Buona lettura e buon ascolto!

martedì, marzo 30

VOLTO D'AMORE di UMBERTO DRUSCHOVIC




VOLTO D'AMORE

Con straziata pietà 

ti hanno deposto e dal legno 

della croce di dolore e di sangue

hai impresso quel telo

icona per noi di fede e speranza.

  Nella trama del tessuto é la parusia 

del riscatto dal peccato del mondo

che trascende i segni 

carnali di mistero, di silenzio, di morte.

  Il tuo volto, sudario dell'umanità,

le palpebre chiuse

a fermare il peccato, la miseria

della nostra presunzione.

  Tu solo hai parole per noi

dalle labbra serrate, mute,

custodite nel tempo in quel sacro lino.

  Volto silente, il tuo, Signore,

imperscrutabile scrigno

di misericordia e consolazione,

volto di pace, volto d'amore.     


Umberto Druschovic  


Gennaio 2015. In occasione della Ostensione della Sindone, Torino 2015

Poesia premiata dalla “Confraternita del Santo Sudario” e declamata l’11 Aprile 2015 nella omonima Chiesa di Torino - Pubblicata sul libro 

“Le parole del vento” – Ed. Accademia Barbanera 2020


Umberto Druschovic: Sposato con Renata. Ha due figli, Ivan e Natascia, piemontese di nascita e “formazione”, ma con lontane radici balcaniche, greche, turche, francesi. Vive in Valle d’Aosta da oltre quarant’anni. Ex bancario, ora in pensione. Scrive e si occupa di poesia da oltre trent’anni dopo aver recuperato una mai sopita passione giovanile. È membro di diverse associazioni e circoli culturali.

Libro pubblicato nel 2020.

Prima raccolta edita nel 2003 dal titolo “I colori dell’acqua” per i tipi di Stylos - Aosta Poesie apparse sul libro fotografico “Chemp - un sogno portato dal vento” di Enrico Romanzi e coautori - Testolin Editore - Sarre 2018 e sul libro fotografico “Sguardi – La fotografia e la poesia incontrano la fauna alpina” di Roberto Andrighetto - Testolin Editore - Sarre 2018.


domenica, marzo 28

GIRO DI VALZER SUL VACCINO ASTRAZENECA di SARO BRANCATO

 


Giro di valzer sul vaccino AstraZeneca 
Nota: la presente riflessione è stata scritta l’8 marzo, e già pubblicata sul Piccolo, giornale storico dell’Alessandrino, col titolo: “Ma quello di AstraZeneca è un ripiego?”. 
Perciò il testo non è aggiornato con gli ultimi avvenimenti, quali i due decessi in Sicilia e la sospensione di AstraZeneca nella quasi totalità degli Stati europei e, perfino in Sudafrica, dove AstraZeneca si è rivelato inefficace con la variante indigena di quel Paese. Ormai i lotti ritirati di questo vaccino sono parecchi (abv2856, abv5300, abv 5811…) e bene ha fatto l’AIFA a sospenderlo anche in Italia, seppure a mio parere, tardivamente. Ora è stato riabilitato, non senza aver prodotto, purtroppo, un rallentamento del piano vaccinale con le conseguenze che tutti conosciamo, ma applicare il principio di precauzione era ormai inevitabile. Comunque non disperiamo, questo e altri vaccini sono stati approvati, o sono in via di approvazione da parte delle Autorità competenti, e ciò porterà a una evoluzione del protocollo di vaccinazione. Infatti, disponendo di un’ampia tipologia vaccinale – con caratteristiche di efficacia e di controindicazioni diversificate – questi vaccini potranno essere somministrati in modo più mirato, rispettando maggiormente lo stato di salute e la storia clinica dei vari pazienti. D’altronde, la medicina personalizzata è una delle peculiarità strategiche su cui si baserà la sanità del futuro. Nel giro di un mese il vaccino AstraZeneca ha subìto un’acrobatica serie di “varianti” delle indicazioni d’uso da parte governativa, molto più rapide di quelle patologiche generate dal temibile virus SARS-CoV-2. Infatti, il CTS e il Ministero della Salute lo hanno dapprima destinato agli under 55, poi agli under 65 e, infine, l’8 marzo 2021 la Circolare del ministro Speranza lo destina anche agli ultra 65enni – praticamente a tutti – in base a “ulteriori evidenze scientifiche resesi disponibili”. Il parametro under 55 ha un suo preciso riferimento scientifico, poiché questo vaccino è stato testato su un target di popolazione dai 18 ai 55 anni e, come ci ricorda la immunologa Antonella Viola dell’Università di Padova, “il suo studio clinico non presenta dati sufficienti per la fascia di età sopra i 55 anni”. Quindi quando il ministro Speranza parla di “ulteriori evidenze scientifiche” che cambiano da una settimana all’altra io mi domando: ma di cosa stiamo parlando, quando sappiamo che un trial clinico richiede 1-2 anni di sperimentazione? È vero che in questa emergenza sanitaria globale i tempi si sono ridotti, ma non certo fino a cambiare le indicazioni per ben tre volte in poche settimane. A me pare che oggi si stia replicando quella ipocrita farsa di inizio pandemia, quando il CTS – avallato anche dall’OMS –, ci diceva che le mascherine servivano solo ai medici, invece di dirci la verità, cioè che le mascherine, semplicemente, non le avevamo. E non le avevamo perché i preposti dirigenti della Sanità pubblica non avevano aggiornato il Piano pandemico e la conseguente organizzazione emergenziale che dovevano predisporre. E sono gli stessi dirigenti che oggi sembrano giocare ai dadi col vaccino AstraZeneca, tacendo sugli effetti collaterali che hanno messo in malattia qualche decina di migliaia di operatori scolastici; per non dire di quella insegnante 62enne di Napoli morta 4 giorni dopo avere assunto il vaccino, per cui due medici sono stati indagati. Sono seguiti altri casi a dir poco strani. Lungi da me fare allarmismo e arrivare a conclusioni affrettate, quindi aspettiamo l’autopsia che, purtroppo, sarà depositata tra 60 giorni: osservo, però, che in questo caso nessuno dell’ambiente sanitario si è preoccupato di accelerare tale tempistica data l’emergenza! Onde evitare strumentalizzazioni di queste mie osservazioni critiche da parte dell’area novax – che invece condanno senza esitazione – concludo affermando che sono favorevolissimo alle vaccinazioni e finora le ho sempre fatte tutte; ma questi dirigenti non ci devono trattare come deficienti e, soprattutto, devono cominciare a dirci tutta la verità sulle situazioni che stiamo vivendo. Ci mancano i vaccini Moderna e Pfizer, quindi volete supplire a essi con AstraZeneca che disponibile in maggiori quantità? Ditelo chiaramente che è un ripiego, invece di infinocchiarci con le “ulteriori evidenze scientifiche”, prendendovi la responsabilità di una scelta – seppure comprensibile per alcuni aspetti – che potrebbe rivelarsi azzardata. E comunque c’è qualcosa che i vertici delle istituzioni sanitarie potrebbero fare subito per rassicurarci: vaccinarsi loro pubblicamente col vaccino AstraZeneca. Sarebbe un bell’esempio. Aspettiamo fiduciosi. 
Saro Brancato
l’Obiettivo 20 marzo 2021 
http://www.obiettivosicilia.it/2021/03/20/lobiettivo-n-5-del-20-3-2021/
l'Obiettivo – Quindicinale dei siciliani liberi, fondato diretto da Ignazio Maiorana. Si pubblica dal 1982 (obiettivosicilia.it)

SCRIVE RENATA RUSCA ZARGAR, e condividendo con lei, riporto anch'io lo stesso articolo e il suo commento.

Ho ripubblicato questo articolo perché lo condivido pienamente. Inoltre, sono certa che noi non sappiamo tutta la verità. Ritengo insensata la scelta di un vaccino per spendere meno, quando, a quello che ho letto a) dà una protezione minore, pare il 65% b) si arriva a tale protezione dopo tre mesi, visto che il richiamo è dopo tanto tempo c) il vaccinato, se viene a contatto con il virus magari non si ammala ma può trasmetterlo, come fanno gli asintomatici. Se ciò è vero, giudico una follia aver scelto AstraZeneca per gli insegnanti che potrebbero infettare alunni con disabilità e gravi patologie! d) il vero risparmio sarebbe metterci in sicurezza con il vaccino migliore e mandarci a lavorare, liberando anche le terapie intensive che ci costano una fortuna, smettendo pure di dispensare oboli (altro che risparmio!) che servono sì per essere votati ma che pagheranno i nostri figli e) in questo senso non finanziare fortemente e produrre in casa un nostro vaccino è una scelta completamente cieca come ciechi sono tutti i nostri politici f) io, personalmente, non essendo più giovane ed essendo stata illusa e buggerata molte volte dai politici, non credo, neppure se vedo, alla loro presunta vaccinazione con Astra Zeneca. Lo dicono a me, ma chissà cosa mettono nella siringa! La sincerità in politica non è ancora stata inventata. (RRZ)

COVID-19 Le proposte dell'Associazione LUCA COSCIONI

COVID-19 Le proposte dell’Associazione

 Luca Coscioni

Questo articolo l'ho ripreso da SENZAFINE, propostomi dalla Prof.RENATA RUSCA ZARGAR

Il 19 marzo si è tenuto il webinar dell’Associazione Luca Coscioni (Associazione Luca Coscioni ) sul tema "Covid-19: Le Nostre Proposte al Governo".

Vittorio Agnoletto, politico oltre che medico, ha iniziato i lavori facendoci riflettere sul fatto che ci siano quasi otto miliardi di persone sul pianeta mentre i vaccini non sono affatto disponibili per tutti. Il problema più grave è la questione dei brevetti: la proprietà intellettuale è monopolio per 20 anni, cioè, chi ha creato il vaccino in tutto questo lungo periodo può decidere quanto, dove e a quale prezzo produrre. È evidente che, anche con le migliori intenzioni, le Aziende farmaceutiche che hanno scoperto i vaccini contro il coronavirus non sono in grado di garantire una produzione tanto vasta. L’India e il Sud Africa hanno chiesto, infatti, sostenuti da altri paesi, una moratoria temporanea almeno per i vaccini contro il coronavirus. Tale richiesta è stata bloccata dall’Europa, dalla Gran Bretagna, dalla Svizzera.

Secondo il mio punto di vista, l’Europa si dimostra, come spesso succede, disumana (gli altri esseri umani non hanno diritti) ma anche cieca. Il coronavirus, intanto, è un virus molto intelligente. Non solo sta uccidendo milioni di persone nel mondo, ma si trasforma in varianti, alcune più forti e capaci di annullare persino i vaccini. Ammettendo che gli Europei (superiori ma non avveduti!) fossero tutti vaccinati, nel mondo globale, si formerebbero varianti resistenti che ci tornerebbero indietro facendoci morire di nuovo. Nel nostro stesso interesse, allora, i vaccini dovrebbero essere distribuiti ovunque (non solo qualche cassa in beneficenza, tanto per andare in Paradiso), ovviamente, permettendone la produzione là ove ci siano le capacità tecniche.

Si potrebbe, inoltre, sostenere che, essendo i vaccini, prodotti anche con denaro pubblico, i profitti sulla pandemia dovrebbero essere moderati. Oppure, si potrebbero liberare i brevetti e, naturalmente, le Aziende Farmaceutiche dovrebbero essere giustamente ricompensate.

Essendo, però, la situazione immobile (mentre il Covid diventa sempre più veloce), è stata presentata un’ICE, cioè un’iniziativa dei cittadini europei verso la Commissione europea per proporre un atto legislativo concreto, cioè una proposta al Parlamento europeo. Perché l’iniziativa venga presa in considerazione è necessario 1 milione di firme di cittadini UE.

Questa iniziativa si chiama “No profit on pandemic.eu”

Possiamo firmare al link:

Cos'è un'ICE? | No Profit on the Pandemic (noprofitonpandemic.eu)

Sono consapevole che firmare petizioni o ICE sia ritenuta da molti una seccatura e che ci sia anche timore a divulgare i propri dati. Il punto è che quando si ritiene una cosa giusta, si deve avere il coraggio di farla. Non si può sempre credere che siano gli altri a doversi prendere tutte le responsabilità e che a noi tocchi solo lamentarci. Nel nostro piccolo, è importante che facciamo sentire, tutti insieme, la nostra voce.

Dopo Agnoletto, hanno relazionato altri intervenuti, tra cui Lisa Noja, parlamentare, che ha messo in evidenza il fatto che non ci siano in Italia, purtroppo, stabilimenti capaci di produrre i vaccini. Ha puntualizzato, inoltre, le difficoltà delle persone con malattie molto gravi e disabilità perché non sono ancora state inserite nelle categorie prioritarie per la vaccinazione stessa. “C’è gente, -ha ricordato – che sta in casa da un anno per non infettarsi!” Oltre a ciò, ci sono i caregiver che dovrebbero essere vaccinati, come gli operatori sanitari, visto che assistono dei malati! L’Italia, con le sue tante Regioni, è rimasta particolarmente indietro nello stabilire la priorità delle categorie deboli.

Doriana Sarli, anch’ella parlamentare, ha ribadito come sia stato indecente che il nostro Governo abbia contrastato la vaccinazione ai paesi poveri, quelli stessi di cui sfruttiamo le materie prime!

Valeria Poli, professoressa ordinaria del Dipartimento di Biotecnologie Molecolari e Scienze per la Salute, ha dato, infine, alcuni cenni di grande chiarezza. A fronte del fatto che i dati sulla pandemia non siano raccolti e comunicati con metodo, esiste una petizione (Dati bene comune, Petizione · #datiBeneComune In formato aperto, ben descritti e machine readable @Palazzo_Chigi @GiuseppeConteIT · Change.org) che può essere firmata dai cittadini.

Poi, si è chiesta quale vaccino sarebbe meglio fare, nel caso si potesse scegliere. Prima di tutto, il vaccino serve per salvare le nostre vite e per limitare il più in fretta possibile la circolazione del virus in modo da diminuire la possibilità di varianti.

Ma i vaccini fermano l’infezione asintomatica?

In un lavoro che ha preso in esame un  enorme numero di persone in Israele, è risultato che Pfizer dà una protezione, dopo la seconda dose, del 92%. Astra Zeneca, la cui seconda dose è dopo tre mesi, cioè molto tempo dopo, risulta solo il 65% e, inoltre, risulta meno valida per gli anziani. Va bene, invece, nelle persone giovani che, però, dopo il vaccino, possono essere contagiose come asintomatici, nonostante loro siano protette. Considerando che i giovani sono quelli con una vita sociale più attiva, possono, però, trasmettere il virus! Allora, a cosa serve il vaccino visto che i giovani, difficilmente, andrebbero in terapia intensiva? Gli insegnanti, ad esempio, tutti vaccinati con Astra Zeneca, a volte assistono alunni molto fragili ai quali possono trasmettere l’infezione.

Il nostro paese ha fatto questa scelta, probabilmente, perché più economica. Ma quanto ci costa una terapia intensiva?

L’Europa stessa ha contrattato Pfizer a un prezzo di circa 12 euro, gli Stati Uniti hanno pagato il doppio e Israele il triplo.

Escludendo la questione morale, Il vero risparmio sarà che i paesi prima vaccinati, prima liberi dal virus, potranno ricominciare a vivere, lavorare, guadagnare…

Ciliegina sulla torta, la professoressa ha ricordato che l’Italia non finanzia la Ricerca e che persino di un timido bando, lanciato a giugno dal MIUR per l’emergenza Covid, non si sa più nulla.

Come ho già detto, sono scelte prive di lucidità.

L’unica speranza è che facciamo così pena al Covid, causa la nostra incapacità e incompetenza, che se ne vada via da solo, magari trasmigri su Marte, che è tanto di moda in questo periodo.

Renata Rusca Zargar



 

L'INCUBO di SAMINA ZARGAR


L’incubo

di Samina Zargar

È arrivato, è qui, in ogni dove, in ogni come, in ogni respiro umano caldo vivente.

È qui che si moltiplica sul corpo dei morti, incurante della vita che passa via via verso il cielo, verso il lontano inconscio…

È qui, non si vede, non si sente, ma è qui, si percepisce il suo percorso, silenzioso come le tenebre mentre sparge la morte, chiudendo gli occhi per sempre degli esseri umani.

Ore 18: l’ennesimo conto dei morti in 24 ore, l’ennesimo calcolo di positivi al Covid 19.

2020, l’anno del futuro per la tecnologia, l’anno delle energie rinnovabili per il clima, l’anno dei sogni per chi non ha avuto abbastanza, un anno come altri per qualcuno, con alti e bassi…

Spesso un ennesimo anno da vivere facendo sempre le stesse cose ogni giorno, guardando il passare delle ore che ti porta alla primavera, all’estate, alle vacanze, alla felicità perduta.

E invece no, Covid19: nessun 2020 immaginato, nulla che gli esseri umani avessero già vissuto, provato e desiderato.

Covid19: l’incubo.

Questa volta è accaduto l’impensabile, la natura maligna e cattiva si è rivelata con tutta la sua forza.

Non si sono alzate le onde impetuose tenebre abbracciandosi al vento fino a sbattere le rocce in un tonfo, non se ne è andato il sole voltandoci le spalle e lasciandoci in balia di un’eterna era di ghiaccio, nessun meteorite si è abbattuto nell’atmosfera penetrando l’oceano profondo blu fino a farlo inondare l’intera terra…

È arrivato un virus, invisibile, sconosciuto, multiforme, che si riproduce come mai nessuno prima…

Neanche il tempo aveva mai visto una cosa simile, nemmeno il vento aveva mai sussurrato alle foglie storie, leggende, segreti di tale malvagità, neanche l’universo aveva mai ospitato tra le sue orbite ellittiche, perfette e matematiche, tanta vitalità in un solo microbo.

Darwin lo aveva detto: in natura solo il più forte sopravvive sul più debole.

Le strade sono vuote, tristi, inermi, in attesa…

E suonano le sirene delle ambulanze, un ultimo tentativo disperato quanto fragile di tenere stretta, stretta sulla terra, ancora un pochino quella vita, insignificante per la natura cruda quanto un coltello affilato nel cuore, ma troppo importante per qualcuno, di piccolo piccolo quanto noi.

Noi, essere umani, particolari nel nostro genere, molto intelligenti per alcuni versi, speciali per altri, noi che siamo i padroni del mondo, noi che decidiamo per l’universo incuranti di ogni legge fisica, chimica o naturale, oggi siamo qui, piccoli, piccoli, a implorare la natura di risparmiarci.

Non siamo nessuno, oggi non siamo più i padroni.

E le onde del mare fuoriescono dagli abissi per scaraventarsi su di noi, le nostre case, affogare i nostri imperi di acqua purificante i peccati umani…

E i tornado volteggiano in aria con furore per unirsi alla polvere dell’aria e del sole per dare fuoco a tutto, tutto quel cemento versato inutilmente seppellendo la natura stremata dallo sfruttamento umano…

E dal cielo la pioggia, e piove e piove e piove come fiumi d’acqua riversati senza pietà in ogni dove…

L’umanità è in pericolo.

Si era detto, si sapeva, gli scienziati imploravano il rispetto dell’ambiente da un secolo ormai.

Come sordi noi umani vagavamo da troppo tempo ridendo della vita per noi scontata e insignificante…

 E intravedo in lontananza la terapia intensiva…

Flebili respiri di umani attaccati ai respiratori lottano come tigri in gabbia, soli.

Solitudine infinita.

Non si nasce soli, ma da soli si muore.

Crudeltà.

Poi: Silenzio, boato di silenzio.

Rumore: di dolore sulla terra.

Un’altra vita se ne è andata.

Non si è potuto fare nulla neanche questa volta, laggiù, solo morte.

Neanche i vaccini, neanche la scienza può salvarci…

Basta, è il momento dei conti.

Questa volta non c’è rimedio, non c’è forza, non c’è essere divino che possa risparmiarci.

Attesa, ormai solo attesa.

Siamo in attesa che il virus ci attacchi, ormai inevitabile, uno a uno, manca poco, forse giorni, forse ore, forse minuti, forse è già qui.

Il tempo non ha più senso.

Il tempo ci porterà solo da lui, dal Covid19 che ci aspetta ghignando.

Lo vedo, sta arrivando, tra qualche attimo sarà dentro di me, e allora, anch’io sarò come tutti gli altri: inerme, mentre implorerò pietà nell’oblio…

 Voglio risvegliarmi, su dai svegliati, svegliati, svegliati!

Dai che è solo un brutto sogno! Dai che è un incubo e al risveglio sarà tutto finito!

Dai Svegliati!

Insisti, svegliati immediatamente!

 Non ci riesco, con le lacrime agli occhi assaporo l’incubo…

Dal quale non potrò svegliarmi: è realtà.

La fine del mondo, già, quella tanto chiacchierata sottovoce, cantata, narrata nelle pagine di libri sfogliati al vento più e più volte, forse è qui.

 Caronte che aspetta tutti…

Lo vedo che spinge la sua barca maestosa mentre con la pagaia sposta fiumi di acqua, limpida, quella dell’aldilà che piano piano sfuma mentre si confonde nelle strade della mia città…

Qui siamo tra i morti, qui siamo da Caronte, ormai è finita.

Immagine realizzata da Marina Gattei

Chi è Samina Zargar

 Samina Zargar è laureata in Giurisprudenza e impegnata quotidianamente nel settore bancario in quanto impiegata di banca.

Da sempre scrive per passione articoli e saggi, ad esempio, ha pubblicato da qualche mese su Amazon il suo ebook “REDDITO DI CITTADINANZA: Italia ed Ecuador, due modelli a confronto” REDDITO DI CITTADINANZA: Italia ed Ecuador, due modelli a confronto eBook: Zargar, Samina: Amazon.it: Kindle Store.

La situazione Covid, in particolare a Bologna, città in cui vive, l’ha colpita molto. Proprio in questi giorni, ha scritto un testo che tratta le sue impressioni sul Covid, le impressioni da cittadina che va a lavorare in mezzo alla pandemia, da cittadina che non vede un futuro, né un vaccino in arrivo.

Ha scritto su un foglio, un po’ come su di una tavola intrinseca di colori che sfocano nell’astratto, le sensazioni che prova quando attraversa le strade della sua città, Bologna, strade che ormai sembrano solo quelle dell’al di là, mentre spesso le sembra di vedere in lontananza Caronte, che ci aspetta tutti sulla sua barca…


sabato, marzo 27

DEMOCRAZIE DIVINE NEL SAHEL di PADRE MAURO ARMANINO

 

Democrazie divine nel Sahel

Il prossimo 2 aprile Mohamed Bazoum sarà investito della funzione presidenziale e presterà il rituale giuramento di fedeltà alla Costituzione della Repubblica. Il settimanale governativo ‘Sahel Dimanche’ del 26 marzo 2021, non lascia alcun dubbio sulla giovane democrazia nigerina. ‘Allah il Sommo, incorona re chi vuole tra le sue creature, eleva e abbassa chi vuole’ (Sura 3, versetto 26). E poi continua, applicando con coerenza alle ultime elezioni l’affermazione precedente…’Si dice comunemente che l’uomo propone e Dio dispone. I nigerini, appassionati di pace e di giustizia, avevano sperato che Allah il Potente scegliesse un presidente per il Niger e il suo popolo, che faccia in modo che le elezioni si svolgano nella tranquillità e il Signore sembra abbia esaudito questa preghiera, designando Mohamed Bazoum come Presidente della Repubblica. I decreti divini sono irrevocabili e gli uomini non possono che inclinarsi davanti a loro’… 

Per l’autore dell’editoriale la sorpresa viene dall’attitudine del perdente, Mahamane Ousmane, già presidente delle Repubblica e deposto da un colpo di stato militare a Niamey nel 1996 dopo tre anni di esercizio. Golpe che avrebbe portato al potere il generale Ibrahim Baré Mainassara. Ci sarebbe da domandarsi se, in questo caso, i puchisti che hanno rovesciato il primo presidente democraticamente eletto nel Niger, hanno peccato contro la volontà di Dio che aveva scelto Mahamane Ousmane. Oppure si presume ci sia stato un cambiamento di regime divino che avrebbe ‘esautorato’ l’eletto per favorire chi ha preso il potere con le armi e che, drammaticamente sarebbe stato ucciso dalla sua guardia presidenziale appena tre anni dopo…Vediamo dunque che l’aspetto divino, se preso sul serio, appare come variabile molto dipendente degli interessi della classe o del ceto dominante in quel momento particolare della storia.

L’attuale Costituzione della settima Repubblica sancisce la separazione tra lo Stato e la religione…, infatti all’articolo 8 si legge…’ La Costituzione vieta la discriminazione religiosa e prevede la libertà di religione e di culto compatibili con l’ordine pubblico, la pace sociale e l’unità nazionale. Prevede la separazione tra lo Stato e la religione e vieta i partiti politici a carattere religioso’. Tutto chiaro, come sempre, sulla carta, sia pure essa ‘Costituzionale’, perché come sappiamo, qui come altrove, il ruolo della religione come ‘garante’ del sistema non lascia alcun dubbio. L’affermazione del giurista, filosofo e politologo tedesco Carl Schmitt, che i concetti di base dello stato moderno non sono altro che teologia politica, si conferma tuttora e sotto varie latitudini. La religione, intesa come ‘legame’ con il Trascendente e allo stesso tempo insieme di pratiche e comportamenti, è da sempre costitutiva dell’istituzione di potere fondante della politica. 

In vari Paesi del Sahel, innegabilmente marcati dalla religione islamica, chi governa non potrà prescindere dall’appoggio, esplicito o implicito, della religione e soprattutto dei leader religiosi. Il connubio tra principi religiosi e gestione concreta del potere, specie dove l’ispirazione ai libri religiosi diventa vincolante, non può non rivelarsi problematico. L’antica lotta tra potere secolare e potere spirituale che l’Occidente ha conosciuto, sofferto e tentato di risolvere con la ‘laicità’, in questa parte del mondo non è risolto, se non a livello di principi costituzionali ispirati dalla giurisprudenza occidentale. Di fatto si nota una non adeguazione tra lo spirito della Costituzione e la traduzione nel quotidiano politico dello Stato. L’autonomia dello Stato, le istituzioni e il pensiero politico rispetto ai dettami normativi della religione è puramente teorica. Solo questo spiega la riflessione ‘teologico-politica’ del giornalista pubblicata nel settimanale citato.


Vorrebbe dire che Dio, in quest’ottica, diventerebbe complice o autore dei mandati ‘eterni’ di vari presidenti africani e delle dinastie che hanno accaparrato e confiscato il potere per intere generazioni. Significherebbe credere in un Dio che, tramite le regolari elezioni, più o meno di sabbia, prende partito, appoggia, conferma e in definitiva ‘governa’ un popolo tramite il suo ‘eletto’! Implicherebbe dunque il delitto di ‘sacrilegio’ o perlomeno di ‘insurrezione teologica’ contestare il risultato delle elezioni e rivendicare un altro tipo di gestione del potere. Vorrebbe dire, in definitiva, che la democrazia è ‘divinizzata’ e che ogni tentativo di rettificazione o di riforma della stessa, andrebbe contro la volontà di Dio. De-divinizzare la politica, rispettare la sovranità del popolo e liberare la nostra immagine di Dio è un cammino da seguire.


   Mauro Armanino, Niamey, 28 marzo 2021


mercoledì, marzo 24

UN'ALTRA VITA di RENATA RUSCA ZARGAR




UN’ALTRA VITA

di Renata Rusca Zargar

 
Il racconto che segue ha ottenuto la Targa del Sindaco della città di Ascoli Piceno e la pubblicazione gratuita sull’Antologia omonima al Premio Letterario Nazionale “Città di Ascoli” edizione 2020
 
Fulvia sarebbe andata sposa a Giuseppe la domenica seguente. La mattina presto avrebbero raggiunto la chiesa dove sarebbero diventati marito e moglie, quindi, lei sarebbe andata a vivere nell’abitazione di lui, non molto lontana da Asculum. Giuseppe era un bel giovane, la sua famiglia possedeva una casetta con una discreta quantità di campi dove lui e i fratelli coltivavano un po’ di tutto, legumi, cereali, ortaggi, e avevano persino alcuni alberi di olivo.
Per questo, Fulvia era molto contenta. Finalmente, si sarebbe trasferita più vicina alla città invece che là, sperduta sulla collina, dove viveva con suo padre, a ben quattro ore di cammino dall’abitato! La sua famiglia, infatti, allevava pecore e capre e, lassù, non si vedeva mai nessuno. Era stato un caso fortunato che Giuseppe fosse andato a caccia proprio da quelle parti. Quel giorno, come al solito, lei aveva portato il gregge al pascolo e stava, in mezzo alla radura, seduta su una pietra a filare della lana.
- Non bisogna mai perdere tempo! - l’ammoniva sempre suo padre. Così, lei si dava da fare, anche perché se non avesse mostrato il lavoro fatto, la sera, le avrebbe prese.
Il sole dava riflessi di fuoco ai suoi capelli e la sua pelle candida, nonostante la vita all’aria aperta, la faceva sembrare una principessa. Giuseppe, dunque, l’aveva notata, bella e lavoratrice, anche se non le aveva neppure parlato. Però, era tornato un’altra volta e le aveva chiesto se fosse già sposata o promessa a qualcuno.
- No, ho solo quattordici anni. Ma mio padre mi farà sposare nella prossima primavera.
- Con chi vi farà sposare?
- Non lo so, non me l’ha detto, penso che sarà un pastore come noi.
- Sarete contenta?
-Non lo so.
- Non vi piacerebbe vivere più vicina alla città, vedere gente, non essere sola in aperta campagna?
- Certo che mi piacerebbe! Ma la nostra vita è questa. Scendiamo in città solo per i matrimoni, i battesimi e i funerali. 
Giuseppe, qualche giorno dopo, era andato dal padre e l’aveva chiesta in moglie. Il contratto era stato concluso in fretta con uno scambio di prodotti: qualche animale (pochi) avrebbe seguito la sposa, molti sacchi di legumi e granaglie, più un’anfora di olio, sarebbero andati alla famiglia sui monti. Un notevole beneficio per i pastori. Invece che sborsare la dote, infine, ci avevano guadagnato. Ma quel giovane, Giuseppe, voleva la ragazza a tutti i costi!
Ormai, mancava poco al matrimonio, solo quattro giorni, e Fulvia contava addirittura le ore. Sarebbe diventata una contadina e avrebbe fatto una vita molto migliore di quella che conduceva là, tra i monti. Inoltre, Giuseppe le piaceva molto e, quando l’aveva baciata, nel bosco, ella aveva provato una strana felicità.
Era ormai giovedì. Il sacco con le sue poche cose era già pronto, vicino c’era appoggiato un abito pulito e non molto consunto che avrebbe indossato per la cerimonia. Forse, Giuseppe le avrebbe comprato un abito nuovo, chissà. Ma non importava, prima o poi avrebbe avuto degli altri indumenti perché la sua vita sarebbe stata magnifica. Giuseppe le aveva raccontato della casetta dove lei avrebbe abitato con lui, dei campi fertili di prodotti, dei fratelli, delle cognate, della chiesa non molto lontana dove andare la domenica a messa. La stessa dove sarebbe diventata sua moglie. Non le sarebbe mai mancato nulla.
Intanto che pensava sorridendo tra sé e sé alla sua fortuna, aveva sentito gli zoccoli di un cavallo e, davanti a lei, era apparso un cavaliere armato fino ai denti. Egli si era fermato a osservarla.
- Come ti chiami, donna?
- Fulvia.
- Abiti da queste parti?
- Sì.
- Bene. Ti porterò con me nella mia grande casa. Sarai la mia donna.
- Non è possibile, tra tre giorni mi sposerò.
- Ah, sì? E con chi?
- Con Giuseppe, un contadino.
- Che cosa vuole tuo padre per darti, invece, a me? Ti comprerò. 
L’uomo aveva gettato qualche moneta al padre di Fulvia, l’aveva caricata sul cavallo e l’aveva portata via con sé immediatamente.
Nessuno avrebbe osato opporsi ai conquistatori. Quello, poi, aveva pure pagato!
Adalulf, il guerriero, l’aveva, così, condotta in città, ad Ausculum, dove egli aveva occupato un’abitazione a due piani. Per Fulvia quello era un palazzo enorme se paragonato alla casupola nei boschi. Quando c’era da prendere l’acqua, lassù, tra i monti, era lei a dover trascinare un secchio dal fiumiciattolo su per un lungo sentiero in salita. Ora, aveva a sua disposizione dei servi che si occupavano di tutto. Inoltre, poteva indossare abiti e gioielli. Ne aveva trovati tanti nella nuova casa; forse, erano appartenuti a una gran dama e ora erano tutti suoi.
Fulvia, anche se sentiva un pochino di rimpianto per Giuseppe, era ben contenta di essere diventata la signora di quel bel Longobardo.
- Sono rimasto colpito dai tuoi capelli rossi e dai tuoi occhi neri. 
 Le diceva lui accarezzandosi la lunga barba chiara. 
- Sei ancora più bella delle donne del nostro popolo e presto mi darai dei figli guerrieri dai capelli rossi come i tuoi. 
Intanto, le porgeva un gioiello da indossare per lui. Poi, l’abbracciava stretta e Fulvia si sentiva la donna più affascinante e amata del mondo.
Infine, Adalulf usciva a cavallo con la spada e il sax appesi alla cintura, lo scudo in una mano e l’elmo calcato sulla testa. Sapeva usare molto bene le armi per tenere a bada il popolo sottomesso e aveva un aspetto assai feroce. Allora, lei si cambiava d’abito accarezzando con piacere il broccato della gonna mentre osservava nello specchio la parure di orecchini e collana in oro e vetro che la rendevano una vera signora. Poi, usciva a passeggiare per le strade della città. Non era più una miserabile pastora ma una vera dama elegantissima.
Una domenica mattina, in chiesa, con la coda dell’occhio, aveva scorto Giuseppe. Per un attimo, si era sentita a disagio ma poi aveva riflettuto. Non era colpa sua: era stata scelta da un Longobardo e nessuno poteva opporsi.
Infine, Fulvia amava quel gigante con la lunga barba bionda, dalla forza straordinaria.
 
 
Adriano tornava ogni giorno a casa dall’Università con le guance arrossate. Raccontava al fratello Leone, di qualche anno più giovane, di quel nuovo insegnante: – Sa tutto! Discute di qualsiasi soggetto, non ha paura delle nostre domande. Inoltre, sta scrivendo un’opera in rima, L’Acerba etas, un manuale scientifico dove tratta delle sue concezioni politiche ma pure delle scienze naturali e dell’astrologia. Ci parla dei cieli, delle loro influenze, dell’anima, delle pietre, degli animali, di tutti i fenomeni.
- Cosa vuol dire Acerba?
- L’età Acerba è quella sulla terra, in contrasto con quella vera che è dopo la morte.
- Va bene, questo non è un concetto nuovo.
- Si, ma egli scrive questo trattato in endecasillabi. È bravissimo! Fa tutto ciò per lasciare la sua dottrina a noi allievi!
- Mi sembra che tu esageri: gli insegnanti dell’Università sono tutti competenti e preparati, che ha questo di così diverso? – rispondeva Leone.
- Dice sempre che con il sapere si acquista fama e la fama trionfa sulla morte, insiste che il principio di ogni bene è la conoscenza. Ha studiato medicina e scienze naturali a Salerno e a Parigi! È stato persino medico pontificio ad Avignone. 
Lisa ascoltava queste discussioni e non diceva mai nulla. Non erano cose per lei. Presto sarebbe andata sposa e avrebbe dovuto occuparsi della sua nuova casa.
- Sai che la luna ispira i sogni premonitori? – insisteva Adriano.
- Mah, chi lo sa! Tu hai avuto dei sogni premonitori? Io no. – lo prendeva in giro Leone.
- Cecco è un grande astrologo. Ha fatto l’oroscopo di Bologna e l’ha definita lussuriosa e lasciva perché ha l’ascendente Toro.
- Non mi sembra un’idea felice. Non solo susciterà su di sé tanto odio tra i Bolognesi ma potrebbe attirare la contrarietà della Chiesa. Che sarebbe molto pericolosa!
- Si, hai ragione, io temo per lui. Anche perché non si è limitato a parlare delle città, ha detto persino che il destino di Gesù è dovuto anche ai pianeti della sua nascita, cioè è determinato dall’oroscopo. L’ascendente Bilancia è compatibile con la sua morte e, avendo avuto il Capricorno nell’angolo della Terra e lo Scorpione in secondo grado, è nato in una stalla e non poteva essere che povero.
- Troppo rischioso! Il tuo Cecco sta camminando sul bordo di un dirupo e può precipitare da un momento all’altro. 
Lisa, fingendosi occupata in qualche piccola mansione, rimaneva sempre vicino ai fratelli per poter ascoltare. Era molto incuriosita da quelle parole, avrebbe voluto sapere come fosse quella persona, giovane o vecchia, piacente o brutta, ma certo non poteva chiedere. Una fanciulla della buona società non faceva certi discorsi.
- Cecco dice che l’istinto vince sull’abitudine. Ci ha raccontato, proprio ieri, che Dante Alighieri avesse ammaestrato un gatto a reggere una candela per fargli luce mentre egli studiava. Allora, Cecco aveva liberato due topi davanti al gatto stesso e quello, lasciata la candela, era corso dietro ai topi. Proprio perché l’istinto è più forte di tutto e il gatto non può essere addomesticato da una consuetudine. 
Adriano rideva, raccontando l’episodio ed era riuscito a strappare un sorriso persino a Leone.
Qualche volta, Lisa andava a passeggiare in compagnia della governante di casa. Allora, una mattina, con un po’ di astuzia, era riuscita a farsi accompagnare proprio davanti all’università. Alcuni studenti stavano uscendo in gruppo e Lisa si era finta interessata a vedere se ci fosse il fratello. C’era e non era solo! Ecco il famoso Cecco d’Ascoli che conversava con i suoi affezionati discepoli. Era un uomo dalle fattezze severe, non più giovane. Eppure, gli studenti l’adoravano, pendevano dalle sue labbra. Egli, infine, aveva alzato gli occhi e l’aveva guardata. Per qualche istante, era sembrato che un’ombra gli passasse davanti. Lisa, tremando, aveva ripreso la via di casa.
Non era riuscita a trovare pace per tutta la notte, e solo in qualche breve momento si era appisolata. Così, l’aveva sognato: egli le veniva vicino, le sorrideva, ma un’altra immagine, che non riusciva a vedere bene, si sovrapponeva al suo volto.
Infine, era giunto il mattino e si era preparata per uscire. Di nuovo, era arrivata vicino all’Università proprio nell’ora in cui era finita la lezione e tutti tornavano a casa. Eccolo, Cecco, l’astrologo che era entrato tanto prepotentemente nei suoi pensieri. Qualcuno lo chiamava mago. Ma cosa voleva ella da lui? Era solo una fanciulla ignorante, lui, invece, uno studioso dal carattere aspro e dalla vita complicata. Eppure, quel suo corpo severo coperto dalla lunga veste, quel viso consumato dagli studi e dagli anni, l’attraevano con una forza che non sapeva spiegare neppure a sé stessa. Nessun giovane uomo le aveva mai dato tanto turbamento.
Cecco l’aveva guardata ancora: non un sorriso era apparso agli angoli delle sue labbra ma solo uno sguardo triste e rassegnato.
A casa, chiusa nella sua stanza, Lisa aveva pianto senza comprendere il motivo di tanta tristezza, fino a quando, sfinita, non si era addormentata.
Ancora l’aveva sognato che le sorrideva. Poi, di nuovo, un’altra immagine, un uomo con la barba, sembrava sovrapporsi e lei si svegliava di soprassalto.
- All’università hanno iniziato a dire che Cecco si sia messo contro la religione, che sia un eretico perché sostiene che le posizioni in cielo degli astri regolino le scelte degli uomini e di tutte le creature visibili e non visibili dell’universo. Dicono che questo tipo di astrologia sia malvagia. 
Adriano era molto triste.
- È meglio che tu non frequenti più le lezioni di quell’uomo, penso sia davvero imprudente anche per te. La Chiesa non potrà accettare quello che dice perché significa che non esista il libero arbitrio, quindi, annullerebbe anche il concetto di redenzione.
- Mi sembrava che le sue argomentazioni fossero ragionevoli e giuste. Noi tutti ci siamo fidati di lui…
- Vi ha plagiato tutti. Invece, io penso che sia uno spregevole mago! In più, ho sentito dire che abbia avuto una passione insana per un discepolo. – si accaniva Leone.
- L’ho sentito anch’io ma non credo sia vero. Il maestro ci ama tutti, perché ama insegnare, vuole formare la nostra mente, farci essere uomini di ragione.
- Dicono che si sia vantato addirittura della storia con una monaca!
- Non credo neppure quello. Egli è tanto assorbito dai suoi studi! Saranno provocazioni dei suoi nemici. 
Lisa ascoltava quelle parole e si sentiva morire. Passione per un discepolo? Per una monaca? Cosa voleva dire? Non poteva neppure parlarne con qualcuno. Guai se avessero saputo del suo interesse per quell’uomo. E poi che tipo di interesse era il suo? Neppure lei lo capiva. Solo doveva andare là, ogni giorno, passare davanti all’Università per vederlo, almeno per un attimo. Guardare i suoi occhi tristi, poi, tornare a casa e sognarlo.
 
Ormai, Francesco Stabili, Cecco d’Ascoli, non era più a Bologna, non insegnava più. Era stato condannato e se n’era andato a Firenze.
“Non sarà a lungo. – le aveva rivelato in sogno- presto dovrò lasciare questa vita acerba. Non piangere per me. È necessario. Subirò una grande ingiustizia a causa del mio amore per la sapienza.”
- Sapete che il maestro Cecco è stato condannato a Firenze dall’Inquisizione e sarà bruciato sul rogo? – aveva annunciato, dopo qualche tempo, Adriano.
-Ti avevo detto che era azzardato frequentarlo! Meno male che se n’era andato. – aveva risposto subito Leone.
Lisa si era sentita svenire. Dunque, quello che lui le aveva spiegato in sogno era tutto vero.
“Dovevo farlo, Lisa, dovevo dare la mia vita per la scienza e l’astrologia. Un giorno, gli uomini capiranno e il mio nome non morirà mai. Abbi fiducia in me. Il mio insegnamento sopravviverà, non finirà sul rogo con me. Non piangere.
Non  può morir  chi  al saver  s’è  dato, / Nè  vive   in   povertate   né  in  difetto, / Nè  da  fortuna   può  essere   dannato; /  Ma  questa  vita  e l’altro mondo  perde / Chi  del  savere   ha   sempre   dispetto / Perdendo  il  bene  dello  tempo  verde. /  Chi perde il tempo e virtù non acquista, / Com’  più  ci  pensa, l’alma più s’attrista.”[1]
 
- L’ho detto, l’ho insegnato, lo credo! – aveva gridato, infine, Cecco sul rogo.
- Si dice che abbia ricevuto dal diavolo il Libro del Comando sugli spiriti infernali! A morte! A morte! – urlava, invece, la folla inferocita.
- A morte! Che torni al demonio!
- Bruciate tutti i suoi libri con lui!
- Nessuno dovrà mai leggerli, sono del demonio!
- Ha fatto seccare delle fonti di acqua purissima!
- Ad Ausculum, un ponte è stato costruito in una sola notte! Il diavolo l’ha fatto per lui!
- Certo, perché lui volava per raggiungerlo al lago di Pilato! Là, dove le acque sono rosse del sangue di Pilato, insieme a streghe e fate malefiche dalle zampe caprine, egli praticava sacrifici umani!
- Assassino! A morte!
- Che bruci in eterno nell’inferno! 
Tra la folla furibonda, c’era anche una ragazza silenziosa coperta da un mantello nero. A lei si era rivolto l’ultimo sguardo di Cecco.
“Non credere mai a nulla di quanto hai sentito e sentirai su di me. – le aveva sussurrato, poi, in sogno – Non ho mai avuto alcun rapporto con il diavolo. La mia anima è pura. Tornerò da te, avremo un’altra vita insieme e saremo felici. In questo tempo, non poteva essere che così. Ma tu non mi dimenticherai e io ti rimarrò vicino.”
Finalmente, l’immagine che si sovrapponeva nei suoi sogni a quella di Cecco era chiara. Era il bel Longobardo!
“È nato nostro figlio! -aveva esultato allora – Si chiamerà Gisulf e sarà un guerriero.”
Adalulf, mentre parlava, l’abbracciava stretta ma, in verità, non era lui, era Cecco! E lei era stata Fulvia!
“Siamo vissuti insieme in un altro tempo e siamo stati molto felici. - le aveva spiegato allora Cecco - Questa volta, è andata così. Ma siamo legati, oltre questa vita. Ci ritroveremo e saremo di nuovo insieme. I nostri destini sono intrecciati per sempre.”
 
 
PER COMPRENDERE MEGLIO:
La storia d’amore dei due personaggi principali si svolge in due epoche storiche diverse.
Alla fine del Cinquecento, Fulvia, una bellissima ragazza ascolana, diventa compagna del guerriero longobardo Adalulf.
Nei primi anni del 1300, Lisa, una fanciulla bolognese, sente parlare di Cecco d’Ascoli dal fratello che ne segue le lezioni all’Università. Prova per lui una profonda attrazione, nonostante la differenza d’età.
Dopo la sua fine sul rogo, Cecco le farà capire, in sogno, che essi sono stati, in passato, Fulvia e Adalulf e che si reincarneranno ancora in un secolo futuro.
L’amore e la comprensione tra le anime, infatti, sono eterni e tornano a rivivere sulla Terra fino alla fine dei Tempi.
[1] L’Acerba ver.1177-1184
(Ediz. G. Cesari Ascoli Piceno 1927- curata dal Prof. Dott. Achille Crespi)
 

lunedì, marzo 22

GIOCANDO CON DANTE di DANILA OPPIO

Vorrei spiegare: in ricordo di Dante, ho preso tre versi dalle sue opere e ho, in rosso, scritto un commento per gioco. Ma quel che soprattutto volevo realizzare, è l'utilizzo di vari caratteri messi a disposizione da Word, che mi sono piaciuti perché diversi dai soliti che usiamo normalmente. Con un po' di pazienza, ho cercato le iniziali tra quelle miniate, le ho rimpicciolite e predisposte davanti ad ogni capoverso. Ho aggiunto un paio di decorazioni, ed ora mi pare che il risultato di questa prova non sia male.

D e D sta per Dante e Danila...non per mettermi al livello del Sommo Poeta, ci mancherebbe altro, ma solo per dire che chi ha composto questo quadretto è la sottoscritta. 

Se vi ho divertiti, sono contenta! qui sotto la versione corretta e modificata nel colore seppia.

Danila


DISUBBIDIENZE E DIVIETI NEL SAHEL E IN ALTRE PARTI DEL MONDO di Padre MAURO ARMANINO

Disubbidienze e divieti nel Sahel 

e in altre parti del mondo

La manifestazione dell’opposizione, annunciata da due settimane e prevista per il sabato 20 marzo, è stata vietata da un’ordinanza un paio di giorni prima della data. Troppo tardi per reagire e organizzarsi in altro modo. A giustificazione del divieto, il timore di disordini in città, dopo quanto accaduto, alla rapida e anticipata pubblicazione dei risultati delle elezioni presidenziali. L’uso del net è stato sospeso nel Paese per una decina di giorni, vietando il diritto alla comunicazione. Profittando dell’epidemia, la cui diffusione è stata qui e in genere nel Sahel estremamente ridotta, sono state vietate manifestazioni, assemblee numerose e chiuse a tratti scuole, moschee e chiese.  E’ stata vietata la circolazione perché si son chiuse le frontiere tra i Paesi dell’Africa Occidentale. Per chi viaggia in aereo non ci sono divieti se si passa il test di controllo Covid alla partenza e all’arrivo. Quanto al passaggio delle frontiere tra questi Paesi, pur ufficialmente vietato, con un poco di incoscienza e di soldi a doganieri e altri addetti ai lavori, si transita. 

E’ vietata la mobilità verso il nord dell’Africa perché, com’è risaputo, le frontiere dell’Europa hanno migrato fin qui e c’è da giurare che scenderanno ancora, verso la costa e fino all’Atlantico. Anche la mobilità sociale, seppur insinuata dalla Costituzione delle Settima Repubblica è, a tutti gli effetti, vietata. I figli dei possidenti studiano nei licei e nelle università private, possono persino andare all’estero e godere delle migliori condizioni di soggiorno. Saranno le ‘élite’ al potere la prossima tornata. Di padre in figlio e di madre in figlia, secondo la dinastia e le mutevoli alleanze politiche. Non c'è trasformazione sociale, solo continuità:  il contadino sarà sempre contadino, così come gli allevatori resteranno tali, i mendicanti non cambieranno la loro situazione e ovviamente, i politici c’è da giurarlo, saranno sempre politici. Il conto torna sempre per chi si trova in cima alla classifica dei redditi. Pierre-Joseph Proudhon, filosofo e economista anarchico, diceva che la proprietà è un furto ma oggi si fa del furto la proprietà e chi è povero, dicono gli economisti d’oggi, se lo merita o se lo è cercato. Si vieta il futuro per la categoria sociale più numerosa nel Sahel: i giovani, che rappresentano lo specchio di ciò che saremo, un giorno, senza neppure accorgercene. Vietato sognare un mondo nuovo che non sia già sotto controllo dei poteri dominanti del sistema. Vietato credere in un Dio altro che non corrisponda a quello che la maggioranza ha deciso sia quello che debba essere. Potente tra i potenti e comunque in grado di regolare le cose in modo che tutto cambi perché nulla cambi. C’è il divieto formale di dire e raccontare ciò che ad uno sembri essere la verità delle cose, il divieto di dire e usare le parole di quanto si vede e si sperimenta, il divieto di evidenziare la realtà del tempo, il divieto formale di riconoscere e gridare, come nella nota fiaba di Hans Christian Andersen, ‘I vestiti dell’imperatore’, che il re è nudo. Vietato mostrare il viso, il cuore, i pensieri e le mani, vietato protestare, pubblicare, difendere i poveri dai soprusi della giustizia, vietato provare a cambiare la rotta della storia, vietato immaginare un mondo libero e trasparente, vietato trasgredire il disordine stabilito e garantito dalla continuità della violenza legittima di chi ne possiede il monopolio. E’ vietato sovvertire ciò che è politicamente corretto, vietato dissentire, se non nelle condizioni e le modalità previste dalla legge e purché ciò non vada a discapito della quiete pubblica. Vietato fare silenzio, meditare, contemplare, ascoltare, camminare e perdere il sentiero battuto. E’ formalmente vietato cantare e giocare senza voler vincere, zufolare e passeggiare sotto la pioggia, sedersi sulla panchina davanti al mare, rincorrere una nuvola con il pensiero e immaginare di trovarsi come il guardiano del faro prima della tempesta e del naufragio delle promesse della vita.

Per fortuna nel Sahel non ci mancano le occasioni per disobbedire. La sabbia, per cominciare, è disobbediente per natura e da lei abbiamo imparato a non lasciarci facilmente organizzare dal potere costituito. Come lei ci spostiamo a piacimento del vento e delle situazioni. Arriviamo tardi perché nel frattempo c’è stato un decesso, una crisi di malaria, la visita imprevista di uno straniero, l’elettricità che manca senza preavviso, la maestra ancora in congedo di maternità, l’impiegato statale appena uscito a cercare i figli, la signora della banca assente per fare acquisti, il meccanico che non trova gli utensili giusti e tutto aggiusta con la preghiera finale per riparare la macchina, i semafori che non funzionano e il traffico è più scorrevole, le elezioni che diventano battaglie campali, i bambini che scrivono il loro nome col gesso e sono orgogliosi di indossare il vestito che la mamma ha regalato per il compleanno che hanno dimenticato.

                       Mauro Armanino, Niamey, 21 marzo 2021

sabato, marzo 13

LETTERATURA 2.0 Orientamenti nella Letteratura Italiana del Terzo Millennio - Edizioni Helicon -Testi di ROBERTO VITTORIO DI PIETRO





















I testi dell'autore si trovano dalla pag. 289 alla pag. 297. Chiedo scusa per le dimensioni, ma dovendo fotografare sia la copertina della raccolta LETTERATURA 2.0 che le pagine, il Blog non mi permette di ingrandire più di quanto fatto finora. Consiglio, per facilitare la lettura, si usare Visualizza per ingrandire la pagina del sito.
 

Confinamenti, sconfinamenti e tre giocattoli nel Sahel di Padre Mauro Armanino

 


Confinamenti, sconfinamenti 

e tre giocattoli nel Sahel

Li ha posti con un gesto naturale sulla tomba di terra di Aliya morta a due mesi. Un pesciolino, una trombetta e un uccellino. Questi i giochi da bambini che Johnson, lui stesso malato, ha deposto sulla terra ancora fresca di sepoltura. Un gesto di sconfinata tenerezza perché Aliya, ovunque essa si trovi in questo momento, possa imparare a giocare ciò che, nella sua troppo breve esistenza, non ha potuto fare prima. Accanto ai giochetti colorati di plastica, una croce di ferro piantata nella terra, sconfinata come tutte le croci dei cimiteri e della storia umana. Saranno per sempre assieme, i giochetti e la croce, nel leggero strato di cemento buttato sulla terra come un secondo grembo in attesa di germoglio. I fiori e i rami piantati accanto al momento della sepoltura già erano secchi di vento che soffia in questi giorni su Niamey, la capitale. Altrettanto sconfinata appare l’avventura di Patrick originario dalla Repubblica Democratica del Congo che ha abbandonato nel 2005 per andare altrove a cercare la sua vita smarrita in patria. Qualcosa come quindici anni in Algeria, prima studiando poi lavorando e cercando infne di attraversare il mare per raggiungere l’Europa di tutti i sogni. Arrestato, espulso e deportato si trova adesso nella capitale, ospite dell’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, da tre mesi in attesa di rimpatrio. Non rimpiange il vissuto e afferma la ferma volontà di ‘ricostruirsi’ dopo tutto questo tempo. I tentativi falliti di viaggio in Occidente e il ‘razzismo’ di vari algerini che gli hanno portato via tutto. Si stupisce che l’Unione Africana non dica nulla ai governanti dell’Algeria sull’iniquo trattamento riservato ai migranti e ai rifugiati, in seguito alle loro disposizioni. ‘Con nulla sei arrivato e con nulla devi partire’, questa la logica che giustifica la confisca dei beni che migranti e rifugiati hanno messo da parte in anni di duro e spesso sfruttato lavoro nel Paese. Ingiustizie sconfinate che gridano nel deserto dell’indifferenza di politici e società civile.

Chi la fa l’aspetti, verrebbe voglia di dire, con la saggezza di un tempo. Abbiamo giocato a confinare popoli, migranti, desideri di trasformazione, aneliti di giustizia e fragili tentativi di riappropriazione di dignità. Abbiamo moltiplicato muri, cancelli, sistemi di controllo, radar, tracciamenti di esseri umani ‘clandestini’, reclusioni dietro reticolati di cartone, inventato biometrie e armi ogni volta più numeriche. Abbiamo, per decenni, scavato fosse, tracciato trincee, creato abissi, progettato voragini, disegnato mari e deserti come recinzioni per fintamente proteggerci e adesso tocca a noi. Confinati fisicamente, mentalmente, socialmente, economicamente e soprattutto umanamente da scelte politiche al soldo di interessi ideologici e monetari. Doveva capitarci perchè potessimo provare ciò che nel frattempo avevamo dimenticato. Che, in questa vita e forse pure nell’altra, siamo tutti migranti e che la vita stessa è migrazione e che il mondo e la terra sono di tutti e in particolare dei poveri. Abbiamo dimenticato che siamo creature di sabbia, nude, fragili, mortali, precarie, provvisorie ed eterne, solo quando accettiamo la nostra identità di frontiera, tra terra e soffio, amante, di vita. Fa sorridere che qui, in mancanza di meglio, come riporta un giornale locale, a essere confinate sono…le galline. Il giornale in questione cita il Punto focale dell’Organizzazione Mondiale della Salute Animale che rileva l’esistenza di due focolai d’influenza aviaria a Niamey. Il primo in un cortile con circa 40 volatili e il secondo in un allevamento con varie migliaia di galline per la produzione di uova. I gesti barriera sono stati subito introdotti, riporta il giornale, assieme ad una stretta quarantena dei malcapitati animali e l’isolamento degli stessi da ogni contatto esterno. Il settimanale conclude con una nota di solidarietà nei confronti del pollame in questione e desidera ricordare agli animali che dovrebbero sentirsi privilegiati perché, nel 2006, erano state freddamente abbattuti almeno 17 mila volatili.   

Johnson, senza chiedere a nessuno, ha delicatamente deposto sulla terra della tomba di Aliya tre giochetti come regalo. Una trombetta multicolore per suonare, un pesciolino rosso per un mare che ancora non c’è e un uccellino giallo polvere di vento, per volare lontano.

       Mauro Armanino, Niamey, 13 marzo 2021