POETANDO

In questo blog raccolgo tutti gli scritti, poetici e in prosa, disegni e dipinti di mia ideazione. Recensioni stilate da me e da altri autori. Editoriali vari. Pubblico poesie, racconti e dialoghi di vari autori.Vi si possono trovare gallerie d'arte, fotografie, e quant'altro l'estro del momento mi suggerisce di pubblicare. Sulla banda destra della home page, appaiono i miei e-book poetici ed altre sillogi di alcuni autori. Così come le riviste online de L'Approdo e de La Barba di Diogene, tutto si può sfogliare, è sufficiente cliccare sulla copertina. Aggiungo che , sempre nella barra a destra della home page ci sono mie video poesie, con sottofondo musicale. E' sufficiente cliccare sull'immagine per ascoltare testo e musica, direttamente da YouTube. Tutte realizzate dalla eclettica Anna Montella., Ci sono poi i miei libri scritti nel corso di circa 10 anni. Buona lettura e buon ascolto!

lunedì, agosto 29

UN FILO D'ERBA PER VOVA E VIKTORIA lungo racconto del Professore GIULIO MARRA

UN FILO D’ERBA PER VOVA E VIKTORIA 

di GIULIO MARRA


1-

Vova si fermò e s’inchinò a osservare un sottile filo d’erba, un niente nell’immensa natura, uno zinzino verde che a stento si teneva ritto. “Non mi vorrai spezzare” sussurrò il neonato filo d’erba. Vova non sentì le parole, non le intendeva, erano dette in una lingua diversa dalla sua. “Mi strapperai, mi strapperai?” chiese tremolando il filo d’erba, mosso da un alito di vento, un fremito, un leggero fremito di infantile natura. Si affidò al vento, alle irrequiete foglie del pioppo che ogni piccola brezza muove sfarfallanti di bagliori argentati, ‘sostanza visibile del vento ’, promessa di vita: “Non strapparmi, diventeremo amici noi due, diventeremo grandi e saremo amici”. 

Hanno gli alberi un cuore? Hanno occhi e voce? È mai accaduto che un albero rispondesse a una semplice domanda umana: albero, ma tu sai che io, Vova, esisto? Non hanno gli alberi occhi e voce come Vova, ma gli alberi di castagno dalle foglie giallo-oro illuminano il mondo. Vova le conserva essiccate, tra le pagine di un libro, un agguato alla memoria che scatterà quando le ritroverà conservate in un vecchio libro o tra le pagine di un diario, come accadrà alla piccola amica, Iehor, che nel suo diario immagina fate tra le fronde, elfi e folletti uscire dai boschi. Iehor disegna una grande tavola imbandita con il cibo dei suoi sogni: “A me piacciono tanto le patate novelle, di quelle che si mangiano senza sbucciarle.” Nel disegno si vede anche una torta e dei piatti di frutta fresca. Anche Yuri ama fare colazione come Iehor e mostra una foto sul cellulare di una tavola imbandita con uova, bacon, avocado e dolci per una domenica di relax. E Jaroslava Mahuchikh spera di ritrovare la sua amata città, Dnipro, e gli amici, le passeggiate, e il nostro delizioso bortsch. Quando vengono chiamati per nome, alla chiamata rispondono: “Ci sono!”. Nel diario, la piccola Iehor disegna alberi in fiamme. Tagliati all’altezza di un metro, diventeranno sculture e verranno decorati. Seduto sui tronchi colpiti e sradicati vicino al bunker di fortuna, Vova immagina che i tronchi serviranno per fare tavole, sedie e panche di casa. “Rappresentare la guerra per come si mostra” dice Dmytro Hainetdinov: “Ci sono stati episodi non solo di terrore: abbiamo esposto anche cibo che alcuni soldati russi, i corpi d’élite mandati a occupare l’aeroporto, hanno regalato ai vecchi e ai bambini ucraini nascosti sottoterra… in Ukraine Crucifixion.”

2-

Passò il tempo.  Vova si ritrovò nello stesso luogo dopo molti anni e gli volle qualche secondo per capire dove si stava inoltrando, dal nulla si materializzava un bosco, gli era bastato alzare gli occhi per vederselo davanti. Il filo d’erba non era più un filo d’erba, nel trascorrere degli anni era diventato un albero sano, frondoso, orgoglioso, amante dell’aria e del cielo azzurro. Le ombre che gettava sul terreno erano raggi trattenuti dalle chiome verdeggianti, disegnavano tracce e vie segrete. Vova camminava cauto, turbato, attento, fuggiva, era inseguito? 

Camminava guardandosi attorno come se da ogni dove sbucasse una minaccia, dietro i tronchi bruni e nelle ombre disegnate sul terreno, nel frusciare melodioso delle foglie. Non ricordava di essere stato in quel prato, di essersi seduto accanto al piccolo filo d’erba e d’averlo accarezzato? Rami sottili risuonavano come corde di violino, gli parlavano al cuore come parla al cuore la musica. Ricordava la voce di un abete rosso, di una quercia, di un carpino bianco? Gli rispondeva dall’Italia Piergiorgio Ratti: “Come posso far cantare un mela, una lantana, un ontano nero, un nocciolo? La risposta è in una “fantasia verde” per sette piante soliste, sax e orchestra”, a cui si aggiunge il fiume Dnepr, il verde fiume, l’usignolo di Kiev, anche se la guerra farà di quelle acque un fiume di sangue, e si aggiunge il rospo smeraldino di prati e giardini con il pu puup pup del suo canto in ore serali. Una “fantasia verde” è stata creata. Fare musica in tempo di guerra aiuta, rinvigorisce, conforta e dà coraggio. Proveniente da una famiglia di immigrati ebrei di origine ucraina e lituana innamorata della musica, la musica per Gershwin era l’aria che respirava, il cibo che lo nutriva, la bevanda che lo ristorava, l’emozione che suscitava ricordi, un incontro, un amore, un Porgy and Bess. Per lui comporre era illuminazione improvvisa e poteva capitargli anche di sentire una musica nuova proprio quando era immerso nel rumore. È così anche per i giovani musicisti ucraini? 

3-

A Vova il bosco parlava di quando, bambino e filo d’erba, si erano incontrati. Non un filo d’erba, ora un filo di speranza e di dolore.

“Così finisce la mia vita?” sussurrò. “Aspetto di morire quando la vita mi ha distrutto, non vorrei morire quando la vita non mi ha distrutto”. Il colpo che l’aveva ferito lo costrinse a fermarsi. “Avessi il mio pesco! Mi addormenterei ai suoi piedi, appoggiato al tronco, e la mia ferita guarirebbe.” Arrivò un refolo di vento sul quale volava un leggero amento di quercia che rispose: “Lo so, lo so... soo... sooo… Vova. Così faresti ingiallire le foglie del roseo pesco che cadrebbero una dopo l’altra.” Vova sapeva che questo sarebbe successo se si fosse seduto accanto al pesco, trasmettendogli la sua ferita. Se ne sarebbe liberato, ma il pesco l’avrebbe assorbita e sarebbe morto. A volte le leggende servono per sperare di conservare la vita e se ne inventano ora dopo ora. Il mondo si potrebbe sacrificare pur di salvare la propria vita. Avesse trovato un gelso! Le gemme dei futuri frutti ‘colte con la mano sinistra’ e senza che toccassero terra ‘portate come amuleto’ arrestavano ogni tipo di emorragia. Perciò Plinio conclude: ‘le meraviglie… che riguardano quest’albero… sembrano più quelle di un essere vivente’. Gli zingari della Transilvania e della Romania alla festa di primavera tagliano un giovane salice che a sera viene circondato dai malati e dai vecchi che sputano su di lui tutte le volte dicendo: “Tu morirai presto ma lascia vivere noi.” Poi le donne incinte depongono un loro indumento sotto i rami. Se l’indomani vi è caduta sopra una foglia di salice, sanno che il parto sarebbe stato facile. 

Vova non si reggeva in piedi. E si sedette appoggiandosi al tronco di un noce. In lontananza, si sentivano spari. Gli creavano un tumulto nel petto di cui non riusciva a liberarsi. Qualcuno da un momento all’altro sarebbe apparso? 

Si appoggia al tronco del noce, la ghianda di Giove, Juglans regia, che protegge con la sua chioma tondeggiante, con rami vigorosi, donando quel senso di maternità che solo un albero di noce sa dare. Vova inizia a pensare, a ricordare, come tra mura famigliari, miti, favole e leggende dove è facile imbattersi in fate che fanno l’altalena nei gusci di noce, noci amuleto che proteggono dai fulmini, dalle malattie o dalle sventure, o magiche noci che racchiudono tesori e oggetti fatati; abiti e stoffe come la serica tela della rana trasformata in principessa… gusci di noce sui quali, secondo una leggenda slava, gli uomini trovarono rifugio dal diluvio universale.


domenica, agosto 28

ITALO BAROCCO . IL CANE DI SCICLI - di GIULIO MARRA

 Il professore Giulio Marra ha pubblicato un suo libro, che è stato presentato al SALONE INTERNAZIONALE DEL LIBRO A TORINO, dal titolo ITALO BAROCCO - Il cane di Scicli. 






sabato, agosto 27

CRONACHE DI ORDINARIE NOSTALGIE DA FINE AGOSTO di P. MAURO ARMANINO

 


Pieter Bruegel il Vecchio - Torre di Babele

Cronache di ordinarie nostalgie da fine agosto

A motivo della siccità e delle violenze dei gruppi armati terroristi che hanno impedito ai contadini di coltivare la terra, il Niger è quest’anno, una volta di più, colpito da una grave crisi alimentare. Secondo il governo oltre 4 milioni di persone si trovano in stato di insicurezza alimentare ‘severa’, cioè circa il 20 per cento della popolazione.  Il tasso di malnutrizione acuta dei bambini rischia di essere del 12,5 per cento.  Nello stesso articolo, pubblicato da ‘Le Monde e l’AFP’, si nota che il Niger si appresta a ‘provocare ‘ delle piogge con l’aiuto di aerei e di prodotti chimici adatti a questo scopo.  La prima nostalgia, dopo un mese dal ritorno in ‘patria’ è quella del luogo. Così come per le parole, tutte marcate dall’uso e dall’abuso, anche i luoghi non sono ‘innocenti’. ‘Sguardare’ il mondo da qui non è lo stesso che osservarlo dal Sud perché è dal ‘sottosuolo’ della storia che si colgono con maggiore eloquenza le sofferenze e le violenze che altrimenti passerebbero inosservate.

La perdita di ciò che è essenziale sembra particolarmente marcare parte del nostro mondo. Mentre altrove, ad esempio, si trova naturale ringraziare Dio per la vita di ogni giorno, da questa parte del mondo occorre talvolta persino maledirla. Molti, infine, si domandano se vale la pena trasmetterla ad altri, per timore di non viverla appieno nell’incertezza. La perdita delle proporzioni, tragica conseguenza dello smarrimento nell’effimero, comporta ciò che il libro della Genesi aveva raccontato nel mito della ‘Torre di Babele’.

In esso la confusione delle lingue è una conseguenza del tentativo di darsi un nome e un destino, tramite una torre che tocchi il cielo, appare come una dittatura anticipata del ‘pensiero unico’. Tentativo destinato a fallire perché ammalato di un potere totalitario. Quanto accade nella nostra società è una cacofonia che rivela quanto l’amico Salvatore Bravo rileva in un articolo pubblicato di recente … ‘La verità è scomparsa con le parole che la indicano. I lavoratori non hanno le parole per descrivere e comunicare la loro condizione, pertanto sono in una trappola linguistica... Società schizoide in cui si vive lo sfruttamento, ma lo sfruttato nomina la propria condizione con le parole del padrone. Se a un lavoratore si rubano le parole non può che essere una semplice funzione produttiva in un immenso campo di sfruttamento’ … (Da Sinistrainrete)

 Quanto l’autore citato riferisce ai lavoratori dovrebbe essere esteso alla società nel suo insieme e alla nostra ‘politica’ in modo particolare. In tante culture tradizionali africane la Parola è sacra e divina perché racchiude in essa vita e morte. Una sacralità che crea, racconta, promette, raffigura, forma e si trova, non da oggi, svilita e tradita. La perdita più grande, in una società, è quella delle parole e non ci sarà cambiamento possibile senza una loro ‘ricreazione’. Questo, assieme ad altri, don Milani l’aveva ben compreso e vissuto coi suoi bambini, contadini e scolari nella scuola di Barbiana... ‘La parola è la chiave fatata che apre ogni porta... quando il povero saprà dominare le parole come personaggi, la tirannia del farmacista, del comiziante e del fattore sarà spezzata. Un’ utopia? No!’. (Lettera al ‘Giornale del Mattino’, non pubblicata)

Persino il pudore, così prezioso e umile, è stato evacuato dal nostro lessico sociale e politico e più ancora dalla modalità con cui interpretare il nostro immaginario simbolico. Esso è stato tradizionalmente e forse eccessivamente legato alla sfera sessuale e dunque liquidato coi cambiamenti occorsi in questo ambito negli ultimi decenni in particolare. Il senso di riserbo, vergogna e disagio nei confronti di parole, allusioni, atti, comportamenti che riguardano questa sfera, andrebbe esteso a tutto quanto tocca e ferisce la dignità della persona. Il ritegno, la vergogna, la discrezione e il rispetto per la sensibilità altrui sembrano essere stati espunti dalla prassi corrente delle nostre relazioni quotidiane. Le recenti ‘passerelle’ dei politici nostrani ad un noto appuntamento estivo sull’Adriatico ne sono una cifra eloquente e allo stesso tempo desolante. 

L’ultima nostalgia, dopo la citata del luogo, è quella del tempo che altrove si misura nel grido di un bimbo che nasce.


Giovani di Casarza

           Mauro Armanino, Genova, agosto 2022


lunedì, agosto 22

RASPUTIN testo della musica originale con traduzione in italiano


RASPUTIN Testo in lingua inglese


“There lived a certain man in Russia long ago

he was big and strong, in his eyes a flaming glow

most people looked at him with terror and with fear

but to Moscow chicks he was such a lovely dear

he could preach the bible like a preacher

full of ecstasy and fire

but he also was the kind of teacher

women would desire

Ra Ra Rasputin

lover of the Russian queen

there was a cat that really was gone

Ra Ra Rasputin

Russia’s greatest love machine

it was a shame how he carried on-


He ruled the Russian land and never mind the czar

but the kazachok he danced really wunderbar

in all affairs of state he was the man to please

but he was really great when he had a girl to squeeze

for the queen he was no wheeler dealer

though she’d heard the things he’d done

she believed he was a holy healer

who would heal her son

Ra Ra Rasputin

lover of the Russian queen

there was a cat that really was gone

Ra Ra Rasputin

Russia’s greatest love machine

it was a shame how he carried on


But when his drinking and lusting and his hunger

for power became known to more and more people

the demands to do something about this outrageous

man became louder and louder.


“This man’s just got to go!” declared his enemies

but the ladies begged “Don’t you try to do it, please”

no doubt this Rasputin had lots of hidden charms

though he was a brute they just fell into his arms

then one night some men of higher standing

set a trap, they’re not to blame

“Come to visit us” they kept demanding

and he really came

Ra Ra Rasputin

lover of the Russian queen

they put some poison into his wine

Ra Ra Rasputin

Russia’s greatest love machine

he drank it all and said “I feel fine”

Ra Ra Rasputin

lover of the Russian queen

they didn’t quit, they wanted his head

Ra Ra Rasputin

Russia’s greatest love machine

and so they shot him till he was dead

Oh, those Russians…”.

————————————————

Traduzione.

“Viveva un uomo particolare in Russia tempo fa

lui era grande e forte

nei suoi occhi c’era un bagliore fiammeggiante

molte persone lo guardavano con terrore e paura

ma con le ragazze di Mosca era così adorabile

avrebbe potuto predicare la bibbia come un prete

pieno di estasi e di fuoco

ma era anche il tipo di insegnante

che le donne avrebbero desiderato

Rasputin, l’amante della regina russa

c’era un gatto che se ne andò davvero

Rasputin, la più grande macchina d’amore della Russia

era una vergogna come andava avanti

Ha governato la Russia senza far caso allo zar

e il kazachok lo ballava meravigliosamente (*)

in tutti gli affari di stato lui era l’uomo da compiacere

ed era molto bravo quando si trattava di afferrare una donna

per la regina lui non era un affarista

anche se aveva sentito gli atti che aveva compiuto

credeva che fosse un santo guaritore

che l’avrebbe guarita presto

Rasputin, l’amante della regina russa

c’era un gatto che se ne andò davvero

Rasputin, la più grande macchina d’amore della Russia

era una vergogna come andava avanti

Ma quando lui beveva, bramava

e diventava assetato di potere

si faceva riconoscere da tutti

esigeva che si facesse qualcosa per questo oltraggio

e l’uomo diventava sempre più rumoroso

“Quest’uomo deve andarsene!”

Dichiaravano i suoi nemici

mentre le donne imploravano

“non fatelo vi prego”

Nessun dubbio che questo Rasputin

avesse dello charme nascosto

pensavo che lui fosse un bruto

invece loro cadevano tra le sue braccia

allora una notte alcuni uomini di potere

gli tesero una trappola

ma non sono da biasimare

“vieni a trovarci”

continuavano a domandargli

e lui ci andò veramente

Rasputin, l’amante della regina russa

misero del veleno nel suo vino

Rasputin, la più grande macchina d’amore della Russia

lo bevve tutto e disse “mi sento benissimo”

Rasputin, l’amante della regina russa

ma non si arresero, volevano la sua testa

Rasputin, la più grande macchina d’amore della Russia

così gli spararono finché non morì

Oh, quei russi…”.

(Traduzione a cura di Sara Lebowsky)

“usa la balalaica per creare la struttura di chitarra ritmica. La sua melodia è stata paragonata a quella della tradizionale canzone turca Kâtibim, ma la band ha negato qualsiasi somiglianza"


Erhan Shukri, Rasputin


Una versione di RASPUTIN davvero travolgente, sia per la musica che le voci! 
Emozionante!

ALLA SCOPERTA DI ROUSSILLON E DEL SENTIERO DELL'OCRA - EDITORIALE

Alla Scoperta di Roussillon e del Sentiero dell’Ocra

Dopo aver percorso la Valensole, un’intera vallata immersi nella lavanda, ci dirigiamo verso la prossima destinazione: Roussillon. Repentinamente notiamo il variare del colore della terra che si fa via via più intenso, spostandosi verso le tonalità più calde del giallo e del rosso.

Qui un sentiero permette di immergersi nelle cave di ocra, nascoste tra gli alberi che vi crescono in mezzo. Al fianco delle cave si trova un piccolo borgo, che vale la pena visitare una volta che si arriva fino alle cave.

Per arrivare a Roussillon da Valensole è necessario percorrere circa un’ora e mezzo di automobile (70 chilometri) in direzione ovest all’interno della Provenza, nel sud della Francia. Nonostante ci troviamo più a nord, abbiamo oltrepassato anche la longitudine di Marsiglia e siamo nel pieno del Parco Naturale del Luberon ad appena 10 chilometri da Apt.

Il parco naturale del Luberon rientra tra le riserve della biosfera protette dall’UNESCO.

Il Sentiero dell’Ocra





Il sentiero dell’ocra ci fa rimanere a bocca aperta, già prima dell’ingresso il colore così intenso della terra ci sorprende, e, dall’alto ci sembra di essere in un canyon americano. C’è la possibilità di fare due differenti sentieri: uno più breve (35 minuti) e uno più lungo (50 minuti). Ovviamente noi optiamo per quello più lungo e ne vale assolutamente la pena, perché porta anche in alcune parti più selvagge. La parte rimanente del percorso è la stessa per entrambi i sentieri.

Sicuramente nelle giornate più calde si suderà parecchio, ma sarà comunque meglio che nelle giornate piovose, quando l’acqua bagnerà la terra e renderà il tutto molto fangoso.



All’interno del Sentiero dell’Ocra si potranno ammirare le 19 sfumature di ocra assunte dalla terra, che vanno dal rosa pastello fino all’arancio brillante, grazie al pigmento naturale derivante dal ferro che si ritrova nella terra. La passeggiata è semplice e non troppo impegnativa, ma praticamente impossibile per carrozzine o passeggini. All’interno del Sentier des Ocres si possono introdurre i propri amici cani, portandoli al guinzaglio.

Un’altra informazione utile è quella di visitare il sentiero con scarpe comode e vestiti facilmente lavabili: il terreno è ricoperto da una fine sabbia color ocra che inevitabilmente si attaccherà ai vestiti e alle scarpe.

La leggenda 

C’è una leggenda collegata alla genesi di questa terra. Si narra che la giovane Sirmonde, moglie di Raymonde d’Avignone, si sia suicidata proprio in quest’area, a causa del grandissimo dolore procuratogli dal marito che scoprì la sua storia clandestina e uccise l’amante. Quando Sirmonde seppe del triste destino del suo amato, non riuscì a resistere al dispiacere e decise di gettarsi dalle falesie presenti a Roussillon. Il sangue di Sirmonde, scorrendo dopo il suo gesto fatale, colorò tutta la terra intorno a lei.

Aperture e Costi del Biglietto 

Il Sentier des Ocres, o Sentiero dell’Ocra, è aperto tutti i giorni dell’anno, con orari che variano dalle 10 di mattina fino alle 19 di sera nell’alta stagione. Ad esclusione di luglio e agosto è prevista anche una chiusura durante l’orario di pranzo. Il costo di ingresso è piuttosto basso ed è di 2,50 euro per l’intera visita che dura circa 35/50 minuti. Volendo è possibile richiedere una visita guidata, ad un costo superiore. A questo prezzo va aggiunto quello del vicino parcheggio, praticamente uno dei pochi luoghi in cui è possibile lasciare l’automobile.

Le Cave di Ocra 

Il Sentiero dell’Ocra si snoda nell’area utilizzata come cava per l’estrazione del pigmento Ocra. L’intero territorio di Vaucluse, che comprende anche Roussillon, veniva impiegato già dalla preistoria nell’estrazione dell’ocra per produrre una tinta naturale estremamente resistente anche alla luce solare. Dal XIX secolo la produzione ha subito un fortissimo incremento, tanto da istituire nel 1880 alcuni treni che da qui giungevano fino a Marsiglia per spedire i pigmenti in tutto il mondo. La produzione ha avuto un picco massimo nel 1929, con l’estrazione di oltre 40.000 tonnellate di pigmento all’anno. Da lì cominciò però la decrescita, fino a sospendere la produzione nel 1958 a causa di un ribasso consistente della domanda soppiantato dalla preferenza per le tinte sintetiche. Inoltre, la forte estrazione perpetrata negli anni causava il rischio concreto di un crollo dell’intera area di Roussillon.

Attualmente sono attive piccole cave nei vicini comuni di Gargas e Rustrel.

Roussillon però non è solo il sentiero dell’ocra, ma anche un piccolo borgo che nasce a pochissimi metri di distanza dalle vecchie cave e celebra la cultura dell’utilizzo dei pigmenti estratti, divulgata in un piccolo ‘museo’, chiamato Conservatoire des Ocres.


Il villaggio di Roussillon si vede chiaramente dalle cave di ocra, così come dal villaggio si ha un’ottima vista sulla roccia che nei secoli è stata scavata per l’estrazione di questo pigmento, che ha reso ricca l’intera area.

La particolarità del villaggio di Roussillon è data dai colori degli edifici: questi sfoggiano tutte le diciotto tonalità di ocra che venivano estratte nelle vicine cave. Il centro storico, nel quale è piacevole passeggiare, ha una via principale che disegna una sorta di spirale sulla quale si trovano vari negozi e servizi per i turisti.

Beffroi – Porta di Ingresso 



Il villaggio di Roussillon nacque nel X secolo. Di questo periodo è il castello che venne costruito a difesa del borgo storico e il campanile noto con il nome di Beffroi è l’antica porta di accesso cittadino. Questo accesso proteggeva l’antico Castrum fortificato.

Attraverso Beffroi si entra nei vicoli del centro storico che sono una successione di case colorate, simili alla tavolozza di un pittore che si è divertito a dipingerle delle varie sfumature di ocra.

Anche il centro storico di Roussillon rientra tra i borghi più belli di Francia, o “les plus beaux villages de France” e una passeggiata tra le sue vie vi occuperà poco più di mezz’oretta.

Dalla sommità del borgo è possibile godere di un bellissimo panorama che spazia fino ai monti della Vaucluse.





La chiesa principale della città è la chiesa di St. Michel e si trova a pochissima distanza dall’accesso al centro storico. L’edificio si trova costruito sul bordo della falesia che scende poi a strapiombo sulla vallata. La facciata, così come gli interni, è estremamente semplice e si apre su di una scalinata che permette di accedervi.

Come è facilmente intuibile dagli esterni, la navata principale è affiancata da due piccole navate laterali.

Conservatoire des Ocres 

Una fabbrica che gestiva l’estrazione del pigmento ocra, a poca distanza da Roussillon, è stata trasformata nel Conservatoire des Ocres. Si trova lungo la strada che porta ad Apt ed è facilmente riconoscibile dalle grandi porte che danno sull’area di passaggio, tutte colorate differentemente tra di loro.

Più che di un museo, si tratta di una serie di laboratori interattivi che variano frequentemente e che sono incentrati sull’utilizzo dei colori. Entrando è possibile vedere i grossi contenitori in cui sono ospitati i diversi pigmenti delle tonalità di Ocra.

Acquistando il biglietto a 6,50 euro, è possibile accedere ad un’area dove viene mostrato il processo di depurazione, scolo, sedimentazione e asciugatura svolto fino a qualche decennio fa. Preferibilmente è da scegliere la visita guidata, in cui si viene accompagnati nella scoperta di questo processo, purtroppo però non è disponibile in tutte le lingue.

Nello shop, oltre ai vari pigmenti del color ocra, è possibile acquistare libri sui colori e altri gadget.


https://www.lorenzotaccioli.it/roussillon-dove-nasce-color-ocra/amp/

Ripreso quasi totalmente dal link sovrastante.

https://www.facebook.com/LeSentierdesOcres

Il profilo FB del luogo è qui sopra.



venerdì, agosto 19

CRONACHE DI ALCUNE INSICURE APOCALISSI AD AGOSTO di P. MAURO ARMANINO

Padre Armanino con alcuni familiari

Cronache di alcune insicure apocalissi ad agosto

Nel Sahel, da cui sono tornato (in Italia) da qualche settimane, l’insicurezza è più cronica che da ‘cronaca’. Il quotidiano ne è totalmente colonizzato e la sabbia, da questo punto di vista, ne costituisce una delle metafore più convincenti. In bilico tra fragilità ed eternità, la sabbia, ben rappresenta la permanente sfida ad ogni pretesa di vana sicurezza. In quella porzione dell’Africa tutti sono coscienti che è la precarietà a dettare il ritmo e le stagioni del tempo. La vita, il lavoro, la pioggia, i raccolti, il cibo, i viaggi, i matrimoni, la salute, la scuola, la politica, i progetti, la fede religiosa, gli appuntamenti, le amicizie, la pace e gli amori. Tutto sembra condizionato dal sapore dell’insicuro umano transitare.  La ‘sicurezza’ è un’utopia nella quale pochi hanno creduto.

Naturalmente hanno ragione loro e la sabbia, dalla quale tutti discendiamo. Ci sono momenti storici nei quali le promesse arroganti e illusorie della sicurezza, la greca ‘Hybris’, sono smascherate e appaiono nella loro nudità. Come tombe ricoperte di sabbia che il vento torna a rendere visibili agli occhi distratti dei passanti, così si viene a riconfigurare la percezione dell’esistenza.  È bastata l’iniqua risposta ad una malattia, né migliore né peggiore di altre che hanno caratterizzato la storia delle epidemie, per mettere in ginocchio buona parte del mondo ‘civilizzato’. Le telecamere della video-sorveglianza, sparse ovunque, i tracciamenti dei movimenti delle persone e l’abusiva supervisione del loro stato di salute, non sono stati altro che tragiche cifre di una sconfitta.  Paure, di cui la storia dell’Europa è stata accompagnata e marcata, che sono riapparse, dissepolte, riviste, corrette e pronte per l’uso.  La morte, espunta dall’immaginario come una vergognosa debolezza da cui sfuggire, la fragilità dei corpi, le solitudini degli anziani e l’incomprensione dei giovani, hanno mostrato quanto si teneva volutamente, nascosto.  L’uso politico della paura ha contribuito a creare quanto fino a poco tempo fa sarebbe apparso inconcepibile: una selezione tra i cittadini di uno stesso Paese, discriminati, eliminati, condannati e socialmente disprezzati. L’insicurezza si è gradualmente impadronita del tessuto sociale, già sconnesso e preparato da anni di scientifica divisione consumistica.

Appare dunque particolarmente eloquente e fuorviante, per esempio, quanto letto su uno dei vari manifesti di propaganda per la prossima campagna elettorale. ‘Stop Sbarchi – Più Sicurezza’, la data messa bene in mostra è quella del 25 settembre prossimo. Per chi sarebbe concepita una sicurezza che scaturisce dall’insicurezza di chi parte da lontano per sfuggirla e si trova a ‘sbarcare’ in una società che le vicende sanitarie e belliche ha ulteriormente reso fragile. Sarebbe più onesto riconoscerci come ‘ associati’ di un mondo che, attraversato dalla fragile precarietà del momento, accoglie l’insicurezza come un’apocalisse che ci rivela un comune destino.

Mauro Armanino, Casarza Ligure, 21 agosto 2022


sabato, agosto 13

FERRAGOSTO DI GIANNI RODARI e i miei più sentiti auguri!


Ringrazio l'amica Alessandra Giusti per avermi inviato la poesia Ferragosto di Gianni Rodari, auguro a lei 
e a tutti gli amici e lettori di questo blog un sereno Ferragosto, senza dimenticare che è anche l'Assunzione della Madonna in Cielo, e buon onomastico a tutte le signore che si chiamano Assunta.

Ferragosto

 di Gianni Rodari

Filastrocca vola e va

dal bambino rimasto in città.

Chi va al mare ha vita serena

e fa i castelli con la rena,

chi va ai monti fa le scalate

e prende la doccia alle cascate…

E chi quattrini non ne ha?

Solo, solo resta in città:

si sdraia al sole sul marciapiede,

se non c’è un vigile che lo vede,

e i suoi battelli sottomarini

fanno vela nei tombini.

Quando divento Presidente

faccio un decreto a tutta la gente;

“Ordinanza numero uno:

in città non resta nessuno;

ordinanza che viene poi,

tutti al mare, paghiamo noi,

inoltre le Alpi e gli Appennini

sono donati a tutti i bambini.

Chi non rispetta il decretato

va in prigione difilato”.


CRONACHE DI SPARIZIONI AD AGOSTO di P. MAURO ARMANINO

Cronache di sparizioni ad agosto

A volte mi chiedevo quale fosse stata la prima cosa a scomparire dall’isola.

«Molto tempo fa, quando non eri ancora nata, questo posto era pieno di tante cose diverse: trasparenti, profumate, svolazzanti, brillanti… cose belle, comunque, che tu non puoi nemmeno immaginare.»

Quando ero piccola, mamma mi raccontava spesso queste storie. (Da ‘ L’isola dei senza memoria’ di Yoko Ogawa).

Tornando ogni tre anni le ‘sparizioni’ di persone e cose si fanno più evidenti e lancinanti. A Sestri Levante, per esempio, una fabbrica di medie proporzioni è repentinamente scomparsa. Al suo posto ci sono palazzi con appartamenti per buona parte affittati da occasionali abitanti, supermercati e ristoranti. Spariti per sempre gli operai, i tubi accatastati e ben visibili lungo la via Aurelia con gli uffici del personale dirigente. Nessuno, giunto di recente nella cittadina, potrebbe sospettare che molti degli scioperi del comprensorio, avevano proprio in quella fabbrica la loro genesi.

 Arrivando all’aeroporto di Milano- Malpensa, appena qualche giorno fa, sono sparite le persone che controllavano i passaporti. Sostituite da una macchina che ‘ingoiava’ il documento seguito dall’invito a fissare uno schermo bianco che osservava in silenzio il tutto. Terminata l’operazione la porta in plastica si è aperta come d’incanto e il resto delle operazioni sono continuate come sempre. Al momento di pagare per il posteggio dell’auto tutto si è svolto con un’apposita macchina. Così è stato per l’ingresso in autostrada col ritiro del tagliando e all’uscita, dove un’altra macchina ha sostituito, da tempo, l’impiegato cui si potevano chiedere indicazioni per il seguito del cammino. Lo stesso accade per le pompe di benzina poiché rari sono gli inservienti che si trovano per fare il pieno di carburante. Parlando con uno di loro che ha sempre vissuto di quel mestiere, riconosceva con malcelata tristezza di essere’ una specie in via di estinzione’. Una ragazza, da vari anni occupata nella ristorazione, è stata giudicata come ‘un inutile peso’, dal suo (ex) datore di lavoro. In compenso si trova lo spazio per lo ‘sgambamento’ cani.

Fenomeni simili di sparizione accadono col denaro che esce da apposite macchinette adibite all’uso, per il pagamento di fatture e altre diavolerie simili. Elettronicamente si risparmia tempo, energie e soprattutto si evitano ‘pericolosi’ incontri che potrebbero facilitare improbabili alleanze, discussioni e, occasionalmente, azioni sovversive. Le visite mediche e le lezioni a distanza, uffici, chiese e servizi sempre più asettici, come a ricordare il monito della ‘igiene per tutti’. Senza menzionare le case senza numeri e gli ingressi degli appartamenti con codici segreti. Lo stesso fenomeno di sparizione colpisce e non da oggi, la politica, trasformata in sondaggi di opinione e in forsennata rincorsa al consenso per la gestione amministrativa della cosa pubblica. Sparisce l’identità dietro tessere digitali che tutto raccontano di noi.

 È probabile che arrivi presto anche per te il momento di perdere qualcosa per la prima volta.»

«E… fa paura?» le chiesi preoccupata una volta.

«No, stai tranquilla: non è né doloroso né penoso. Ti sveglierai nel letto un giorno e sarà tutto finito, prima che te ne accorga. Prova a restare in ascolto con gli occhi chiusi e a sentire il flusso dell’aria mattutina: avvertirai qualcosa di diverso dal giorno precedente. Così anche tu capirai che cosa hai perso, che cosa è scomparso dall’isola.» (Da ‘L’isola dei senza memoria’).

 Mauro Armanino, Casarza Ligure, agosto 2022



Yōko Ogawa è una scrittrice giapponese. È considerata una delle più importanti autrici post-moderne contemporanee giapponesi. Dal 1988 ha pubblicato più di venti lavori di fiction e non-fiction e ha vinto tutti i migliori premi letterari giapponesi. Fonte Wikipedia

Nascita: 30 marzo 1962 (età 60 anni), Okayama, Prefettura di Okayama, Giappone

Con immenso piacere, oggi pubblico in contemporanea due articoli che hanno come collegamento il Giappone, quello di Padre Nicola Galeno OCD, che fu missionario nel Paese del Sol Levante per quasi 17 anni, link qui:

http://ilparadisononpuoattendere.blogspot.com/2022/08/spiccioli-di-pensieri-77-ricordi-di.html

 e questo di Padre Armanino, che si ricollega alla scrittrice nipponica citando alcuni brani di un suo libro. 

martedì, agosto 9

SAN LORENZO MARTIRE - 10 AGOSTO


Quale fu il martirio di San Lorenzo?

San Lorenzo venne giustiziato dall'editto dell'imperatore Valeriano, che emise un editto che condannava a morte vescovi, presbiteri e diaconi. Secondo Ambrogio, San Lorenzo venne messo a morte sulla graticola. Mentre moriva, urlò spiritosamente al suo giustiziere: "Assum est... versa et manduca".

Qual è il significato del nome Lorenzo?

Lorenzo deriva dal cognome latino “Laurentius”, che denotava inizialmente un abitante di Laurentum, antica città del Lazio. Secondo la tradizione, questa città era stata edificata in un luogo ricco di piante di alloro (in latino “laurus”), da cui il nome.

Il 10 agosto è il giorno dedicato a San Lorenzo, patrono di bibliotecari, cuochi, librai, pasticcieri, vermicellai, pompieri, rosticcieri e lavoratori del vetro.

Nella notte tra il 10 e l'11 agosto, ogni anno, gli occhi degli italiani e dei paesi nella nostra latitudine si rivolgono speranzosi al cielo, per cogliere al volo una stella cadente. Se scientificamente la caduta delle stelle è da imputarsi al passaggio, all'interno dell'orbita visiva terrestre, degli asteroidi della costellazione Perseo (detti appunto Perseidi), culturalmente la pioggia di stelle è stata elaborata in modo più poetico.

Questa notte è infatti, da tempi immemori, dedicata al martirio di San Lorenzo, dal III secolo sepolto nell'omonima basilica a Roma, e le stelle cadenti sono le lacrime versate dal santo durante il suo supplizio, che vagano eternamente nei cieli, e scendono sulla terra solo il giorno in cui Lorenzo morì, creando un'atmosfera magica e carica di speranza. In questa notte, infatti, si crede si possano avverare i desideri di tutti coloro che si soffermino a ricordare il dolore di San Lorenzo, e si aspetta l'evento desiderato durante l'anno.

Nella tradizione popolare, le stelle del 10 agosto sono anche chiamate fuochi di San Lorenzo, poiché ricordano le scintille provenienti dalla graticola infuocata su cui fu ucciso il martire, poi volate in cielo. Anche se in realtà San Lorenzo non morì bruciato, ma decapitato, nell'immaginario popolare ha preso piede l'idea dei lapilli volati in cielo. Questa tradizione è così radicata e evocativa che anche il grande poeta Giovanni Pascoli vi dedicò un canto, chiamato X agosto, in cui rievocò la morte del padre ucciso in un'imboscata proprio quel giorno.

È importante sapere che la pioggia di meteore non è limitata alle notti intorno al San Lorenzo, ma comincia alla fine di luglio e termina oltre il 20 agosto, anche se solo durante il picco massimo del 10-13 agosto si possono scorgere fino a un centinaio di meteore all'ora: negli altri giorni il numero è decisamente minore, ma comunque superiore alle 5-10 meteore l'ora che si vedono nelle notti "normali".

La poesia del Pascoli

La morte del padre, ucciso in circostanze mai chiarite segna profondamente la vita del poeta. In questa, che è la più famosa delle poesie ispirate a questo tragico evento, Giovanni Pascoli vede nelle stelle cadenti della notte di San Lorenzo (10 agosto) il pianto del cielo sulla malvagità degli uomini. Fu pubblicata sul “Marzocco” il 9 agosto 1896 e poi inclusa nella quarta edizione (1897) di Myricae, nella sezione Elegie. 

Frasi simpatiche

Se esprimi un desiderio è perché hai visto una stella cadente, 

se hai visto una stella cadente è perché stai guardando il cielo, 

se stai guardando il cielo è perché credi ancora in qualcosa.

(Bob Marley)

Le stelle cadono in silenzio per non svegliare la notte. (Roberto Gervaso)

Le stelle cadono inciampando nel buio. (Roberto Gervaso)

Siamo tutti immersi nel fango, ma alcuni di noi guardano alle stelle. (Oscar Wilde)

Le stelle cadenti ci ricordano ogni anno che c’è sempre qualcosa in cui sperare, c’è sempre qualcosa da desiderare. Ama, sogna, desidera e le stelle faranno da contorno alla tua luce. (Stephen Littleword)

                           10 AGOSTO di GIOVANNI PASCOLI

 

                      San Lorenzo, io lo so perché tanto

di stelle per l'aria tranquilla

arde e cade, perché si gran pianto

nel concavo cielo sfavilla.


Ritornava una rondine al tetto:

l'uccisero: cadde tra spini:

ella aveva nel becco un insetto:

la cena de' suoi rondinini.


Ora è là, come in croce, che tende

quel verme a quel cielo lontano;

e il suo nido è nell'ombra, che attende,

che pigola sempre più piano.


Anche un uomo tornava al suo nido:

l'uccisero: disse: Perdono;

e restò negli aperti occhi un grido:

portava due bambole in dono...


Ora là, nella casa romita,

lo aspettano, aspettano in vano:

egli immobile, attonito, addita

le bambole al cielo lontano.


E tu, Cielo, dall'alto dei mondi

sereni, infinito, immortale,

oh!, d'un pianto di stelle lo inondi

quest'atomo opaco del Male!

 

La sera del 10 agosto 1887, festa di San Lorenzo, il padre del poeta, Ruggero Pascoli, fu ucciso con una fucilata mentre tornava a casa dal mercato in un “biroccio": portava in dono due bambole per le sue bambine.


Scrissi anch’io, anni fa, una poesia dedicata a questo giorno:

San Lorenzo

10 agosto

L'incandescenza

Della notte di San Lorenzo

Di pascoliana memoria


Inesistente, la scia

Di un meteorite lontano

Elevato al rango

Di stella cadente

Appare come lo strofinio

Di zolfanello

Su nero bitume


Cielo d'agosto

Bucato di stelle

- Capocchie di spilli -

D’algido chiarore

E anni-luce lontane


Ancora e sempre

Apparenza

D’immensi infuocati

Corpi celesti 

Brucianti ribollenti


10 agosto

S'incendia un pensiero

Se ciò che inganna

Uno dei cinque sensi

Abbaglia l’uomo

In modo tanto clamoroso

Di cosa dovremmo mai stupirci?

Danila Oppio


Auguri a tutti coloro che portano questo meraviglioso nome, in particolare a Lorenzo Leveque e a Lorenzo Limido.

sabato, agosto 6

CRONACHE, IN AGOSTO, ,DALL'OCCIDENTE di P. MAURO ARMANINO

Cronache, in agosto, dall'Occidente

Una settimana a casa dopo tre anni è niente o poco più. Oppure, come sembra, se il tutto è nel frammento, questo tempo potrebbe bastare per abbozzare cammini, orientamenti e mappe mentali del percorso come il futuro potrebbe interpretarlo. Vicinanza e lontananza giocano a rimpiattino negli occhi e nelle parole dette e ascoltate quando a parlare è il silenzio di ciò che si è lasciato altrove. Si percepisce, fin da subito, come una ferita che stenta a rimarginarsi perché le condizioni che l'hanno generata sono immutate. Essa sembra attraversare, come un sottile filo amaro, gli occhi, le relazioni, i volti, le distanze tra le persone, l'immaginario simbolico che stenta a riprendersi come si fosse vissuta una grottesca offesa sociale. Una ferita che si traduce in un sentimento che potremmo nominare tristezza. Le 'passioni tristi' citate da un libro di anni fa di Miguel Benasayag e Ghérard Schmit, che riprendono a modo loro un'intuizione del filosofo Baruch Spinoza.


Non c'è da farsi ingannare dalle false risa delle feste, sagre e spettacoli a carattere estivo che sembrano riportare ciò che si presume essere la 'normalità'. Si percepisce, invero, un senso di 'anormalità' in diversi aspetti della fabbrica sociale. Dalle maschere a coprire il volto, molto ben presenti negli edifici religiosi, profani e mezzi di trasporto, per passare alla conferma della perdita dei posti di lavoro. Si gioca con precarie ricollocazioni lavorative avvilenti e frustranti a causa delle conseguenze del rifiuto dell'imposizione del fin troppo noto 'vaccino'. Una finzione societaria che non inganna chi torna, dopo un lasso di tempo sufficientemente denso, con gli occhi che la sabbia del Sahel ha levigato e reso meno 'addomesticabili'. Non c'è da farsi sedurre perché, sotto la vernice del consumo facilitato e auspicato da ogni parte, cova una crisi la cui portata sfugge agli spettatori meno consapevoli del teatrino. Quest'ultimo, da tempo, è stato finalizzato a distrarne l'attenzione.


Le assuefazioni ai controlli di ogni tipo, sanitari, facciali, comportamentali e sociali non fanno che anticipare un futuro quantomeno simile ai crediti sociali di bolognese e cinese memoria. La dematerializzazione crescente della realtà sembra essere accettata con disinvoltura e con fatale rassegnazione. I diritti personali, fondanti e riconosciuti dallo stato che assomiglia sempre più al Leviatano dipinto da Thomas Hobbes per garantire la pace sociale, sono stravolti, calpestati e affidati a tecnici asserviti al progetto globale di demolizione politica della democrazia e dunque dei poveri. Già i poveri, resi invisibili, silenziati e manipolati da faccendieri che hanno preso in ostaggio il popolo che a loro interessa per servirsene come merce di scambio per la loro gloria.

Ma è soprattutto lei, la paura e che a sua volta genera il sospetto, che sembra predominare nelle mani, gli occhi e gli sguardi. Paura di vivere che insinua poi quella di morire, assenza lancinante di bambini lungo le strade e, invece, cani di ogni razza, tipo e statura a volontà. Per chi arrivasse per la prima volta in questa strana ed effimera porzione dell'occidente ne rimarrebbe scandalizzato, così come accade per altri comportamenti e usi e costumi libertari in apparenza. La deliberata sottomissione è un sottoprodotto della paura e del sospetto che ci siano traditori ovunque, costituisce la trama dell'attuale implosione politica.

Rimangono loro, per fortuna. La parte di r-esistenti che non si sono, finora, svenduti al miglior acquirente sul mercato della tristezza e ignominia. Nascosti o apertamente liberi che, nel loro piccolo, inventano modalità differenti di società al quotidiano. Vinceranno perché perdenti e perché faranno forse alleanza con coloro che raggiungeranno l'Occidente. Se non è tardi, i volti, le parole, le storie e le sagge follie del Sud del mondo arriveranno, migranti e, se lo vorremo, ci salveranno.

    Mauro Armanino, Casarza Ligure, Agosto 2022


lunedì, agosto 1

ARRIVO IN ITALIA DI PADRE MAURO ARMANINO DAL NIGER


 


FRONTIERE COME MURI DI CARTA E DI SABBIA di P. MAURO ARMANINO

 


        Frontiere come muri di carta e di sabbia

Sono in tanti, troppi, coloro che non hanno la facoltà di viaggiare dove e come vogliono. Per alcuni tutto sembra facile e scontato, anche nella scelta del mezzo di trasporto. C’è chi non parte mai e vive, per anni, di attesa e di tentativi di conversione delle frontiere. Queste ultime sono di carta, eppure si trasformano in muri che obbligano alcuni ad attendere anni prima di poter andare dove l’altro è già arrivato. Di muri si circonda la terra dei ricchi perché diventasse col tempo di proprietà privata. Proprio come la storia.

Per me, privilegiato viaggiatore, c’è stata la scelta della compagnia di bandiera per il transito da una parte all’altra del mondo. Ciò ha implicato l’adesione alla data di partenza e le formalità per la preparazione del viaggio. Il controllo dei documenti e delle procedure mediche ancora in atto hanno permesso il passaggio della frontiera di ingresso all’aeroporto. Nulla di più semplice, una volta capito il meccanismo ormai rodato e normalizzato ovunque. Biglietto, passaporto e sportello danno l’accesso all’aereo, solo e pronto in pista.

Dall’alto il conosciuto paesaggio nigerino, la parte del Sahel che porta a Djiamena, la capitale del Ciad, e l’arrivo, molto più tardi, ormai notte, ad Addis Abeba, nel cuore dell’Etiopia. Nelle ore di attesa dell’altro aereo si vive lo spazio di quello che l’antropologo Marc Augè aveva ingiustamente definito un ‘non-luogo’. C’è invece vita e un variegato mondo che ci passa accanto, transita, mangia, legge, scruta gli schermi dei sofisticati cellulari che viaggiano più lontano e più in fretta dell’aereo. Difficile capire gli annunci dei voli.

Per la prima volta e per scelta, il soggiorno in un Paese colonizzato dalla madrepatria per chiedersi come tutto ciò era stato possibile. A migliaia di kilometri di distanza dal Paese imporre la peggiore delle sofferenze all’altro, espropriandone l’umana identità per riprodurla a immagine che di lui si è costruita col tempo, i pregiudizi e gli interessi. Ho voluto passare da questo Paese così ricco di volti e di storia, come per assumerne parte del passato coloniale e sentire nella mia carne il dolore delle ferite perpetrate dai muri.

In aereo, della compagnia di bandiera dell’Etiopia, eravamo serviti dalle discendenti di coloro che avevano assistito ai massacri perpetrati da connazionali. Poi, dopo la lunga frontiera di sabbia del deserto il Mediterraneo, e le innumerevoli luci che, di notte, disegnano le coste dei Paesi limitrofi. L’atterraggio a Roma e l’attesa per chiudere a Milano Malpensa. Accanto al sedile c’è un signore malgascio con la famiglia in transito per la Francia. Lo sbarco, tre anni dopo, nell’italica terra. L’uscita privilegiata per i nazionali, i controlli dell’identità con il riconoscimento facciale e l’attesa della valigia. La lingua che si usa torna ad essere familiare e così, in apparenza, il mondo fuori la frontiera di carta dell’aeroporto. 

Appena fuori della porta numero 8 dell’aeroporto affiora la nostalgia per la frontiera di sabbia lasciata poche ore prima à Niamey così piena di umanità.  E bussa d’improvviso e con pudore il sentimento di un fugace e leggero tradimento.

 Mauro Armanino, Casarza Ligure, 31 luglio 2022