POETANDO

In questo blog raccolgo tutti gli scritti, poetici e in prosa, disegni e dipinti di mia ideazione. Recensioni stilate da me e da altri autori. Editoriali vari. Pubblico poesie, racconti e dialoghi di vari autori.Vi si possono trovare gallerie d'arte, fotografie, e quant'altro l'estro del momento mi suggerisce di pubblicare. Sulla banda destra della home page, appaiono i miei e-book poetici ed altre sillogi di alcuni autori. Così come le riviste online de L'Approdo e de La Barba di Diogene, tutto si può sfogliare, è sufficiente cliccare sulla copertina. Aggiungo che , sempre nella barra a destra della home page ci sono mie video poesie, con sottofondo musicale. E' sufficiente cliccare sull'immagine per ascoltare testo e musica, direttamente da YouTube. Tutte realizzate dalla eclettica Anna Montella., Ci sono poi i miei libri scritti nel corso di circa 10 anni. Buona lettura e buon ascolto!

domenica, marzo 17

E LA NAVE VA.. NAVIGAZIONI NEL SAHEL di Padre MAURO ARMANINO

E la nave va. Navigazioni nel Sahel




Dove non si sa. Difficile dire dove sta andando la nave di sabbia salpata l’anno scorso, a luglio dopo il golpe. Navigazione interrotta per ammutinamento, ripresa e orientata verso una destinazione sconosciuta ai più. La stagione del Ramadan che cade di questo tempo, appare propizia alle domande di fondo. La preghiera, il digiuno e soprattutto le opere di carità caratterizzano il cammino dei fedeli che si riconoscono in questo itinerario spirituale e sociale. Navigare domandando dove si va appare come un’esigenza per i passeggeri del veliero che lo spirito di penitenza invita alla sincerità e alla verità. L’azione più semplice parrebbe quella di indirizzare la domanda al capitano della nave. Anche in questo caso pochi avrebbero la risposta che cercano. L’ equipaggio indicherebbe al popolo l’orizzonte perché il capitano sembra introvabile.

C’è chi assicura di conoscere la meta della navigazione e chi non teme di condividere i dettagli dell’isola verso la quale si dirigerebbe il battello in questione.  Secondo alcuni in questa terra sembra scorrere latte e miele perché, finalmente, la sovranità sarebbe l’unica maniera di assicurare sicurezza ai confini ben difesi  da torri di polvere che il vento rende inespugnabili. Sembravano solcare un mondo differente, simile a quello che i padri della nazione avevano concepito nella loro ingenuità. Nel viaggio non mancavano i segni premonitori di ciò a cui avrebbe assomigliato l’isola verso la quale, presumibilmente, si dirigevano. Nel frattempo, sulla nave, la vita politica convenzionale, quella dei partiti e delle elezioni a scadenze regolari, era stata sospesa fino a nuovo ordine assieme alla carta costituzionale. 

Si favorivano però gli scambi informali tra amici, simpatizzanti, passeggeri e financo tra la ciurma. Le notizie del mondo esterno al bastimento erano saggiamente selezionate e i viaggiatori sembravano accontentarsi di ciò che la radio di bordo, costantemente in funzione, propinava. Si era infatti costituito, in modo del tutto informale, un ufficio o ministero delle ‘verità’ utili, possibili, probabili o inaccettabili a seconda del soggetto in discussione. Nella navigazione non mancavano i pirati, i commercianti e i venditori di sogni. Questi ultimi, peraltro, erano riusciti a ritagliarsi una grossa fetta nel mercato dell’ascolto. Nelle lunghe notti di bonaccia, sotto una luna complice, i venditori non mancavano mai di orecchie attente ai loro racconti pieni di futuro. Assicuravano all’uditorio che nell’isola lontana avrebbero trovato tutto ciò che era stato loro negato e del quale avevano il pieno diritto di usufruire. 

Ciò di cui erano stati ignobilmente derubati sarebbe diventato loro proprietà. Un mondo libero dove la dignità e la giustizia per tutti sarebbero diventati l’unica legge. Quanto ai pirati e i commercianti di armi erano entrambi parte del sistema che solo fingevano di combattere. Intanto, l’isola in questione, anelata e temuta, sembrava allontanarsi e avvicinarsi allo stesso tempo a seconda dello sguardo del mozzo che funge da vedetta. Proprio lui, una mattina di buonora, avvistò ciò che gli sembrava un lembo di terra. Cominciò a gridare di eccitazione per svegliare il capitano e i membri dell’equipaggio. Poco dopo però, con disappunto, si accorse che si trattava di gruppi di naufraghi appesi a scialuppe di salvataggio. Uno di loro, portato a bordo, disse che la loro nave aveva abbandonato l’isola dove avevano creduto di trovare il mondo 

  Mauro Armanino, Niamey, marzo 2024


lunedì, marzo 11

I buoni e i cattivi delle rivoluzioni di P. Mauro Armanino

      

I buoni e i cattivi delle rivoluzioni 


Arrivano i buoni

Arrivano, arrivano


Il Niger ha vissuto il suo primo putsch nel 1974. Fu organizzato da un quartetto di ufficiali guidati dal tenente colonnello Seyni Kountché il quale giustificò la sua presa di potere con le difficoltà sociali evidenziate dalla carestia … ‘Dopo15 anni di regno segnati da ingiustizia, corruzione, egoismo e indifferenza nei confronti del popolo al quale pretendeva di assicurare benessere, non possiamo più tollerare la permanenza di questa oligarchia’. Ci troviamo nello stesso anno nel quale Edoardo Bennato lanciava una canzone il cui testo inizia come enunciato sopra e continua come segue…


Finalmente hanno capito che qualcosa qui non va

Arrivano i buoni e dicono basta

A tutte le ingiustizie che finora

Hanno afflitto l'umanità


L’ultimo (per ora?) della serie dei putsch è stato giustificato dal discorso dal presidente della transizione, il generale Abdourahamane Tiani, all’occasione degli auguri per la festa dell’indipendenza nel passato mese di agosto…’ È questa la sede per ribadire con estrema chiarezza che l'unica ragione dell'azione del CNSP è e rimane la salvaguardia della nostra patria, il Niger… Semplicemente, sono in gioco le vite del popolo nigerino e l'esistenza stessa del Niger come Stato … vi sono i problemi ormai endemici della corruzione diffusa e dell'impunità, della cattiva gestione, dell'appropriazione indebita di fondi pubblici, del clanismo di parte, della radicalizzazione delle opinioni e delle posizioni politiche, della violazione dei diritti e delle libertà democratiche, della deviazione del quadro statale a vantaggio di interessi privati e stranieri, dell'impoverimento delle nostre popolazioni laboriose’… Stesse cose, cinquant’anni dopo.


Quanti sbagli, quanti errori

Quante guerre e distruzioni

Ma finalmente una nuova era comincerà


La storia umana è una mescolanza di sabbia. Ivi si rincorrono imperi, regimi di eccezione, repubbliche, monarchie, dittature e rivoluzioni. Alcune più note e altre meno ma tutte con l’inconfessata speranza di un mondo differente, nuovo o semplicemente migliore del precedente. Solo che nella storia succede come nella vita perché nulla si crea e nulla si distrugge del vissuto. Si girano le pagine del libro le cui pagine sono scritte dalla sabbia, cancellabili e, proprio come la vita, fragili. Troppe volte le promesse dei fautori di rivoluzioni non erano che colpevoli miraggi. Altre volte le legittime aspirazioni del popolo si trovano poi tradite dalla realtà del quotidiano. L’esperienza insegna infatti che bene e male, saggezza e follia, verità e menzogna si mescolano e confondono a seconda delle stagioni e dei rapporti di forza. Allora da uno stato di eccezione si passa alla normalità o. se vogliamo, è la banalità del male che anela ad un ulteriore putsch con altri giusti che, finalmente, metteranno i ‘cattivi’ in grado di non nuocere.


Arrivano i buoni ed hanno le idee chiare

Ed hanno già fatto un elenco

Di tutti i cattivi da eliminare


Le liste sono flessibili e sfuggevoli perché, anch’esse, di sabbia e dunque mutevoli. Non casualmente si celebrano processi sommari di delinquenti notori. Vengono istituiti spesso comitati di salute pubblica, di protezione della rivoluzione e si salveranno dal ripudio solo coloro che danno assicurazioni di trasparente onestà, gente con ‘le mani pulite’. Sono loro i prescelti per governare o comunque orientare e conservare lo spirito della rivoluzione. La giustizia mostra in tutta evidenza ciò che ci sia aspetta da lei e dunque l’asservimento volontario al potente di turno. Spariscono cittadini, attivisti, corrotti e corruttori del sistema. Liste che si aggiornano in continuazione sotto la guida di gente ‘illuminata’ dallo spirito del tempo e dal senso della storia dei vincitori. Naturalmente questo processo di identificazione dei ‘cattivi’ si apparenta ad un cantiere permanente per vocazione e soprattutto domanda tempo, anni ed è ciò che si definisce come ‘rivoluzione permanente’. Tutto ciò durerà finche i nuovi padroni saranno, prima o poi, loro stessi vittime del loro tempo di transizione. Arriveranno altri buoni, migliori dei precedenti per completare il lavoro.


Così adesso i buoni hanno fatto una guerra

Contro i cattivi, però hanno assicurato

Che è l'ultima guerra che si farà

Finalmente una nuova era comincerà


Difficile affermare se quelle che abbiamo finora designato col nome pomposo di ‘rivoluzioni’ lo sono state davvero. Oppure sono state le cronache di tradimenti annunciati fin dal loro germe sapendo che tra i mezzi adoperati e il fine perseguito c’è complicità e continuità inscindibile. Forse l’unica e autentica rivoluzione che meriti questo nome è quella che non sa di esserlo, consapevole della sua intrinseca e umana fragilità. La sola che si avvicini a questa utopia è quella che la sabbia, gelosamente, nasconde agli occhi dei ‘buoni’.


Mauro Armanino, Niamey, 10 marzo 2024. 

giovedì, marzo 7

Una visione innevata della Val D'Aosta - Alessandra Giusti


Carissima Dani,

la grande nevicata non c’è stata. A Brusson 20 cm. Per fortuna, però, dai 1500 mt. in su, sono scesi metri di neve. Questo, se le temperature non subiranno un improvviso rialzo, consentirà riserve idriche. Ieri mattina, quando è iniziato a nevicare, ho scattato una fotografia dalla finestra, riprendendo l’angolo del prato dove ci sono la legnaia e la legna da ardere. E’ neve primaverile pesante, che provoca valanghe, non è bella neve soffice invernale. La Valle d’Ayas, insieme alla Valdigne (quella di Courmayeur) è l’unica delle vallate laterali della Valle d’Aosta che non resta bloccata da valanghe perché è molto ampia. Invece a Gressoney ci sono cinquecento turisti bloccati perché la strada è impraticabile, anche se si sono messi subito in moto i mezzi per rimuovere la valanga caduta sulla regionale. Stessa situazione a Cogne. Marzo resta fedele alla sua fama di mese pazzo.


Alessandra Giusti

Carissima Alessandra,

ti ringrazio per le splendide foto della nevicata che ha reso principesca la vallata come Biancaneve, mancano solo i sette nani!!Ben sapendo che è mio desiderio visitare la Val d'Aosta ma che per una serie di problemi di salute che non mi abbandonano da mesi, e che mi impediscono di viaggiare,  mi ricompensi con le foto che rimpiazzano egregiamente la visione delle vette innevate delle Alpi. Ti stringo al cuore con un grande abbraccio. Purtroppo non sono riuscita a pubblicare la seconda foto, di tanto in tanto il blog mi fa impazzire, spero non ti dispiaccia, ma ci sto provando senza ottenere risultati. 

Dani


lunedì, marzo 4

GIOCANDO A GUARDIA E LADRI (GATTO E TOPO) NEL SAHEL di Padre MAURO ARMANINO

Giocando a guardia e ladri (gatto e topo) nel Sahel

Giocavamo da ragazzi cambiando i ruoli a seconda del giorno. I ladri che si nascondevano e cercavano di sfuggire alle guardie che li cercavano per arrestarli e metterli in ‘prigione’. Il giorno dopo avveniva il contrario invertendo le identità. Guardie perché c’erano i ladri e ladri che scappavano perché c’erano le guardie. Adesso non è più il tempo del gioco perché il gioco si fa nel tempo, nella storia odierna. Guardie e ladri hanno bisogno l’uno dell’altro per realizzarsi. All’epoca del servizio come volontario nel carcere di Marassi questo gioco delle parti mi era apparso in modo particolarmente evidente. Si trattava, in fondo, di ringraziare i ‘ladri’ per quanto operavano sul mercato della sicurezza essendo loro che garantivano la perennità dell’istituzione carceraria. Tanto più che i ruoli, come nel gioco, appaiono interscambiabili nel grande spettacolo che si mette in scena, tra farsa e dramma che si ripete. Questo gioco che, in altre latitudini può essere chiamato gatti e topi, cambia il nome ma non il principio. Un gioco delle parti.

In questo mondo di ladri, come si cantava il secolo scorso in questo pazzo mondo, ci si ingegna a sviluppare le operazioni in tre settori qualificati.  il prioritario è quello delle parole che i ladri sanno essere il bene più prezioso e ricercato dell’umanità. Rubare il senso, il destino e lo scopo delle parole significa portarsi via il presente, il passato e, soprattutto, il futuro della società. Dalle parole, infatti, scaturisce la vita e allo stesso tempo ciò che la tradisce, come ad esempio le promesse, i giuramenti e le convinzioni. Rubare le parole è un orrendo delitto perché si tratta, né più né meno, di una manipolazione della realtà. Ed è esattamente questo, il secondo settore appannaggio dei ladri. Portarsi via la realtà o porzioni di essa costituisce un reato le cui conseguenze sono irreparabili. La falsificazione della realtà e cioè la sostituzione della verità alla menzogna è quanto di più pericoloso si possa immaginare. Di fatto, questa operazione incide profondamente sulla credibilità che gli adulti rivendicano sui giovani che provano a camminare su un sentiero friabile, senza riferimenti e prospettive. L’incertezza diventa allora l’unica prospettiva accettabile.

Infine, ovviamente, i ladri si portano via i soldi e dunque il potere che, molto spesso da essi appare inscindibile. Rubare denaro, risorse, corrompere, sottrarre fondi, prestare a usura, stampare moneta falsa e altre simili operazioni, sembra fin troppo consono col ruolo sociale affidato ai ladri. I cosiddetti ‘paradisi fiscali’, ampiamente accettati e riconosciuti, ne sono il sintomo più noto. Soldi e potere, allo stato attuale, sembrano anch’essi giocare a ladri e guardie. Queste ultime hanno anch’esse ambiti, territori e situazione che facilitano a realizzare la loro vocazione o missione. Ed è a questo punto che non possiamo non citare le frontiere. Altrove, come dalle nostre parti, esse sono uno dei rivelatori o ‘specchi’ del modo con cui funziona e si organizza una società qualsiasi nel mondo. Si pagano tasse per i documenti che mancano, per la merce che si trasporta, per i certificati medici, di vaccinazione e semplicemente per la nazionalità vista con sospetto dall’altra parte della frontiera. Si registrano nomi, percorsi, destinazioni e soldi che si nascondono per evitarne il sequestro o un prestito a tempo indeterminato. Peggio se si è migranti perché, visto il profilo del viaggiatore, tutti sono in diritto di appropriarsi dei soldi del viaggio. Le frontiere sono pericolose anche quando mancano i fili spinati o i sistemi di controllo facciale perché di esse campano le guardie. Frontiere fisse, mobili, acquatiche, aeree o immaginarie sono essenziali per l’identità delle guardie. 

L’altro ambito propizio alle guardie è quello politico. Ci sono i guardiani del tempio, della rivoluzione, dell’ortodossia, della verità costituita o di quella scelta al momento. Guai alla politica non ci fossero loro a proteggere un regime dalle derive libertarie o anarchiche sempre in agguato. Anche in tempi non sospetti le guardie del corpo e quelle giurate assicurano la funzionalità del sistema. Persino gli angeli, talvolta, si atteggiano a guardiani per rendere più semplice la vita dei fedeli. Si trovano, infine, i guardiani dei guardiani, specie più raffinata di controllo numerico e digitale. Nell’epoca del capitalismo cannibale o di sorveglianza sono proprio loro, i guardiani dei guardiani, a rassicurare le ideologie dominanti.

      Finché, prima della fine, non torneranno i ladri a ristabilire l’ordine che le guardie avevano rubato.

                                   


Mauro Armanino, Niamey, 3 marzo 2024


lunedì, febbraio 26

LASCIATE CADERE LE ARMI DALLE VOSTRE MANI OSSIA IL GRIDO NEL DESERTO

 

Lasciate cadere le armi dalle vostre mani ossia il grido nel deserto

… Basta ricordare che il sangue di milioni di uomini e innumerevoli e inaudite sofferenze, inutili stragi e formidabili rovine sanciscono il patto che vi unisce, con un giuramento che deve cambiare la storia futura del mondo: mai più la guerra, mai più la guerra! La pace, la pace deve guidare le sorti dei Popoli e dell'intera umanità! Se volete essere fratelli, lasciate cadere le armi dalle vostre mani. Non si può amare con armi offensive in pugno. Le armi, quelle terribili. specialmente, che la scienza moderna vi ha date, ancor prima che produrre vittime e rovine, generano cattivi sogni, alimentano sentimenti cattivi, creano incubi, diffidenze e propositi tristi, esigono enormi spese, arrestano progetti di solidarietà e di utile lavoro, falsano la psicologia dei popoli … Era il 4 ottobre del 1965. Il papa Paolo VI indirizzava questo messaggio ai 166 Paesi rappresentati in quel momento all’Assemblea delle Nazioni Unite. 

La quotata organizzazione svedese Lasciate cadere le armi dalle vostre mani ossia il grido nel deserto.La quotata organizzazione svedese https://ucdp.uu.se/ Uppsala Conflict Data Program’ registrava, nel 2022, cinquantacinque conflitti armati nel mondo dei quali otto considerati come guerre. Ci risiamo! In tutti questi anni, nella complice adesione di Paesi e Comunità Internazionale, i fabbricanti di armi hanno pienamente risposto alle aspettative e attese delle élite politico- finanziarie che vogliono ad ogni costo perpetuarsi al potere. Le guerre sono il mezzo privilegiato che garantisce perennità e guadagni alle industrie degli armamenti e all’ideologia letale che le crea. Non dovremmo però lasciarci illudere o fuorviare dalle necessarie analisi geopolitiche o macroeconomiche.  Il Sistema di Dominazione che a tutt’oggi continua a governare il mondo, trova ispirazione e giustificazione in un malessere di natura che potremmo definire religiosa. Le divisioni e contraddizioni del mondo e delle strutture portanti delle società evidenziano le conseguenze di un rapporto distorto degli umani col loro destino. La rottura del legame con l’origine è il nostro dramma. 

Il vuoto che, soprattutto nell’occidente, sembra condurlo al nichilismo, si esprime in particolare nel declino demografico che appare come uno dei sintomi della perdita del senso e fiducia nella vita. Ridurre le persone a meri consumatori, carne da cannone, elettori occasionali di una politica asservita al capitale, sudditi di un progetto imperiale, merce di scambio per un potere ammalato di arroganza o servitori volontari del dio denaro non può che condurre al riarmamento del mondo. Si tratta, infatti, di una risposta violenta alla violenza radicale perpetrata sulla dignità della persona umana. Ciò a cui assistiamo nello spazio del Sahel, da secoli luogo di convivenze serene e conflitti anche armati, non si distacca dalla prospettiva citata. Infatti, solo nel 2023 sono 11 643 i morti da attribuire alla violenza dei gruppi ‘islamisti’. I decessi sono triplicati dal 2020, data del primo colpo di stato giustificato proprio per motivi di sicurezza.  Da allora sono seguiti altri ‘putsch’ con una graduale militarizzazione della vita politica e sociale. Le spese negli armamenti sono andate a scapito di quelle sociali e non casualmente sono i militari ad aver preso il potere in questi Paesi. Il totalitarismo nel pensiero sulle armi come unica salvezza è la storia antica di una sconfitta annunciata.

           Mauro Armanino, Niamey, 25 febbraio 2024

RACCONTO DI QUANDO HO INCONTRATO IL PAPA(DANILA OPPIO) nel periodo durante il quale fu Cardinale e Arcivescovo di Milano e che venne a visitare i nuovi cresimandi,  presso la Parrocchia di San Francesco da Paola in via Manzoni, a Milano e dove mi lanciai, appena seienne, per un abbraccio cui mi sembrava d’aver diritto. Infatti, 2 settimane dopo la sua visita pastorale, mi cresimò e mi sorrise ancora, riconoscendomi per la sfacciataggine da me usata quando Gli chiesi se fosse vero, come mi spiegò mia zia che sarebbe stata la mia madrina, che Giovanni Battista Montini mi avrebbe dato uno schiaffo, e lui mi bisbigliò: “segui bene la celebrazione e con attenzione osserva quel che faccio. 1320 Il rito essenziale della Confermazione è l'unzione con il sacro Crisma sulla fronte del battezzato (in Oriente anche su altre parti del corpo), accompagnata dall'imposizione delle mani da parte del ministro e dalle parole: « Accipe signaculum doni Spiritus Sancti » – « Ricevi il sigillo dello Spirito Santo che ti è dato in dono »Mi mise l’olio santo sulla fronte, mia zia vi pose il nastro per proteggere l’unzione, e il Cardinale mi fece una lieve carezza ponendo due dita sulla mia guancia. Niente ceffoni?

L'avrei mai creduto che l?Arcivescovo di Milano che mi cresimò in Duomo sarebbe diventato Papa Paolo VI?

I cresimati talvolta sono definiti Soldati di Cristo, e quindi, leggendo l’articolo di Padre Armanino, i cristiani non dovrebbero armarsi con strumenti offensivi, che feriscono o tolgono la vita e sentirsi invece difensori dell'umanità e del nostro Pianeta,  indossando quelle che ci ha insegnato il Signore, ovvero la preghiera, la misericordia, l’amore verso la natura e gli esseri viventi e mi piacerebbe fosse desiderio di tutta l’umanità, non importa a quale religione essa appartenga. L’Amore è un sentimento che dovrebbe essere universale. 

Ndr:Sono andata a sbirciare su qualche giornale online, giusto per non scrivere inesattezze.  E ho pescato queste poche righe, che illustrano parzialmente la figura di Papa Paolo VI.

Papa Paolo VI: dopo 60 anni, un Papa ancora molto influente sulla Chiesa e l’Italia ,    Di Corrado Cavallotti 21 giugno 2023

Paolo VI: con questo nome il 21 giugno 1963 Giovanni Battista Montini, cardinale arcivescovo di Milano, sale al Soglio pontificio. Sarà Papa per 15 anni, morendo a Castelgandolfo il 6 agosto 1978. Bresciano (di Concesio) per nascita, romano per quasi tutta la sua esperienza ecclesiale (salvo, appunto, i nove anni di episcopato milanese), è uno dei quattro Pontefici del secolo XX già canonizzati (insieme a Pio X, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II). È stato, probabilmente, il successore di Pietro più influente sulle vicende politiche italiane della storia unitaria nazionale. Nonché, naturalmente, al crocevia di uno snodo capitale della storia della Chiesa cattolica, quale il Concilio ecumenico Vaticano II.

60 anni dall’elezione, che cadono proprio oggi e 45 dalla morte sono un tempo appena sufficiente, per abbozzare un giudizio sulla sua azione e il suo magistero. Proviamoci, allora, con la modestia (non falsa) di chi sa di portare soltanto un punto di vista; e la dichiarata ambizione di incitare i lettori a fare altrettanto, o almeno sollecitarne la curiosità.

(Tratto da un articolo di meno di un anno fa e che troverete per esteso a questo linK. ://www.ilmiogiornale.net/paolo-vi-dopo-60-anni-papa-influente-sulla-chiesa-e-litalia/)

che la redazione di questo Blog ha cercato su ispirazione del testo di p. Mauro Armanino


martedì, febbraio 20

IL PAESE INVISIBILE di P. MAURO ARMANINO


                  Il Paese Invisibile

Contrariamente a quello visibile, il Paese invisibile non viaggia. O meglio, semmai migra per cercare lontano quello che pensa di non trovare accanto. Invece, il due volte presidente del Niger, Issoufou Mahamadou, dopo alcuni mesi di segregazione forzata, ha viaggiato fino ad Addis Abeba. Un aereo speciale dal Ghana per l’ennesimo incontro sulla libera circolazione di beni, servizi (e persone?) in Africa.  E’ andato, forse, a tentare di (ri)mediare per la crisi economica che il Paese attraversa dall’arresto ai domiciliari, da fine luglio dell’anno scorso, del presidente Mohammed Bazoum. Quanto al primo ministro e altresì ministro dell’Economia e delle Finanze del governo nominato dalla giunta militare al potere, Mahaman Lamine, ha viaggiato in vari Paesi prima di tornare all’ovile. Dal Congo, per un incontro sulla situazione in Libia, ha in seguito raggiunto, con una delegazione del governo per una visita di lavoro, Mosca, Ankara, Teheran e Rabat. Il Paese Invisibile, invece, passa la frontiera del Benin con la piroga come un clandestino ben noto.

I cittadini normali si muovono in taxi, bus o minibus all’interno del Paese. Altri sono sfollati a decine di migliaia attorno al lago Ciad o nella zona delle Tre Frontiere che unisce e divide i Paesi che hanno scelto di coalizzarsi. Niger, Mali e Burkina Faso si trovano coi militari al potere in seguito a colpi di stato motivati dall’incapacità dei civili di fronteggiare gli attacchi dei gruppi armati ‘terroristi’. Consapevolmente o meno i soggetti costitutivi del Paese Invisibile sono coloro che hanno imparato a sopravvivere, dalla colonizzazione francese ai vari regimi militari con timidi accenni alla democrazia della miseria. Il passaggio alla miseria della democrazia è avvenuto senza destare sospetti. Da un lato i Grandi Commercianti, i Politici da loro pagati per assecondarli, i militari come guardiani del rispetto dei patti e il popolo confiscato della sua sovranità. Il Paese Invisibile è composto da coloro che non sanno o ai quali non è dato sapere che in loro risiede la fonte del diritto, della politica e della giustizia. Quest’ultima è stata la grande assente dei vari regimi al potere.

Gentile cliente, in conformità con l’ordinanza n.2023-18, che modifica e completa la n.2023-13 con la creazione di un Fondo di Solidarietà per la Salvaguardia della Patria, istituisce un prelevamento automatico di 10 F su ogni appello a partire da 12 F e su ogni ricarica superiore a 200 F. Tutto ciò con lo scopo di contribuire in modo forte e sostenuto alla Salvaguardia della Patria a partire dal 25 gennaio del 2024. Anche i cittadini del Paese Invisibile hanno ricevuto questo messaggio sul loro telefono cellulare e, senza udibili commenti, si sono adeguati al premeditato salasso quotidiano. Un prelievo invisibile per uno scopo invisibile nel Paese Invisibile. Difficile misurare l’entità delle entrate e soprattutto delle uscite di questo inedito patrimonio pecuniario. Così com’è stato difficile capire come sono potuti arrivare senza sospetto, 1 400 kili in lingotti d’oro da Niamey in Etiopia il mese scorso. Il Paese Invisibile osserva, attonito e sono veramente in pochi, finora, coloro che fanno l’opzione di ascoltarne l’assordante silenzio. 

Il Paese Invisibile esiste, resiste e persiste. In mancanza di intellettuali che hanno svenduto al miglior offerente quanto loro corrispondeva per missione, il popolo del Paese Invisibile ha imparato a memoria un detto tramandato di generazione in generazione. Tutto ciò che si fa senza di Lui è, in definitiva, contro di Lui.

                Mauro Armanino, Niamey, 18 febbraio 2024


lunedì, febbraio 19

13 – STILE DEL CRISTIANO – IL FICO CHE METTE LE FOGLIE (il tempo di Dio) Conferenza di P. CLAUDIO TRUZZI OCD

 

Carissimi,

soltanto ora riesco a inviarvi l'ultima conferenza[13] sulla Parabole. Sono stato ricoverato per tre settimane in ospedale, ed ora mi hanno dimesso (ancora intero!). Se tutto andrà bene, ci rivedremo alla prossima serie. Se sì, non so ancora quando; ma ci risentiremo, a Dio piacendo. Vorrei però ringraziarvi tramite e-mail, non avendo potuto farlo a tempo debito. Vi auguro ogni bene.

 Padre Claudi

13 – STILE DEL CRISTIAN0 – IL FICO CHE METTE LE FOGLIE

 (il tempo di Dio)

Poi Gesù disse questa parabola: 

Osservate bene l’albero del fico e anche tutte le altre piante. Quando vedete che mettono le prime foglioline, voi capite che l’estate è ormai vicina. 

Così dovreste fare anche voi: quando vedrete che stanno per accadere tutte queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino. Vi assicuro che questa generazione non passerà prima che tutto avvenga. Cielo e terra passeranno, ma non le mie parole!».(Luca 21,28-33)


La pianta di fico è presa come paragone forse perché s’alzava con i suoi bottoni pregnanti pronti a emettere foglie, proprio dove Gesù – sul monte degli Ulivi – stava parlando ai suoi discepoli. (Dicono che il fico sia una delle piante più frequenti del territorio palestinese).

Per comprendere il significato della parabola, è bene collocarla nel suo contesto.

Siamo vicini ai giorni della Passione, quando ormai scribi, farisei, sadducei e ipocriti di ogni genere hanno stancata la pazienza del Salvatore: sembra proprio che tutta quella gente si rifiuti di credere all’evidenza più luminosa: 

– di miracoli, ne aveva fatti più del bisogno, 

– di verità, ne aveva annunziate: o a parole rotonde, o per mezzo di parabole (che le cose le dicevano sotto veli trasparenti da farle capire anche agli orsi); 

Qualcuno Gli aveva rivolte domande che facevano nascere la speranza che ormai fossero maturi i tempi, per buttarsi in ginocchio innanzi a Lui con un «credo» pieno di entusiasmo; invece erano sempre i medesimi: dicesse profezie o parlasse per allegoria, tirasse fuori insulti da bruciare la pelle o li animasse con i segni della misericordia, sembrava di parlare al muro: «ipocriti, razza di vipere, sepolcri imbiancati, assassini di profeti», non c’era niente da fare. Niente da fare neppure con la dolcezza, l’accostamento, il riferimento chiaro tra una parabola e un gesto di bontà.

Con i suoi discepoli esisteva, invece, una certa confidenza; anche se non sempre egli poteva essere tranquillo sul loro comprendonio: spiegava le cose con fiducia e parlava di cose o di avvenimenti per loro strani, ma che sono la base su cui costruire un cristianesimo serio. 

Era arrivato, Gesù, persino a piangere davanti a loro quando, osservando Gerusalemme e il suo Tempio, ne aveva previsto e predetto la distruzione e il castigo della città Santa, mentre il suo pensiero correva anche più avanti: alla fine del mondo. [Tanto da creare una certa confusione tra la distruzione del tempio e la distruzione del mondo].  

E fu proprio a proposito di questi accadimenti che egli raccontò la breve parabola del fico annunciatore di primavera. [Forse un Biblista vi potrebbe dare spiegazioni complete e precise; io m’accontento di dirvi le cose da catechismo (via sicura per il Paradiso)]

Il concetto che Gesù voleva esprimere è semplice e fondamentale: né Gerusalemme, né il suo Tempio, opera dell’uomo, sono eterni, e neppure il mondo è eterno: Dio solo ha in mano l’eternità e ne fa partecipi i suoi figli che si sforzano di vivere secondo la sua volontà. 

Anzi l’unico suo desiderio è che gli uomini non si lascino travolgere dalle cose e giungano impreparati al momento in cui il temporaneo finisce ed inizia l’eterno.

Questo momento in cui le cose cambieranno è nella mente di Dio ed è preparato, per quel che riguarda l’uomo, dal maturare di altri eventi. 

La distruzione di Gerusalemme avverrà quando sarà pronto l'imperatore romano Tito, il sacrilego profanatore del Tempio, il vendicativo distruttore di popoli; ma già aleggia nell’aria qualcosa che lascia intravedere “l’ira funesta” dei Romani).
La fine del mondo avverrà solo quando Dio vorrà, ma ha già fatto capire che essa avverrà; Lui sa di che cosa ha fatto il mondo e che consistenza ha la sua composizione.
Si ricordino dunque gli uomini che il tempo passa velocemente e che come l’estate giunge immediata-mente dopo le foglioline del fico, così la fine può avvenire dal mattino alla sera di un “giorno” più o meno lungo. Ma non dimentichi l’uomo che ci son conclusioni previste ancor più velocemente; guarda per esempio la vita di un fiore o la vita di un uomo.
E qui siamo entrati – con parlare... in italiano – in fatti estremamente chiari.
Tanto che noi anziani – che ci pare ieri quando ci spuntarono i primi baffetti (parlo di uomini, si capisce) – già ne abbiamo tagliati, lisciati dei mezzi chilometri e ci pare ieri che ponevamo le date 1950 -’80-’95-’99 ecc. e siamo nel 2024, e non abbiamo tanta certezza di raggiungere il 2026 o al 2029.
Il che, in parole povere, vuol significare che 
1° – tra le prime foglioline del fico e il fico con la goccia d’oro,... beh! c’è un fiato: 
2° – e che ... appena defunti..., siamo già nel mondo nuovo, come se il vecchio fosse distrutto.
Ma non prendiamocela poi tanto amaramente, perché se rimanesse sempre la primavera dalle foglioline tenere, addio bei fichi; ma addio anche buon vino, buon pane, e gioia del raccolto, come dire: addio speranza!


 UN FICO CHE NON RISPETTA LE STAGIONI
(Dio chiede “miracoli”)

«L’indomani, uscendo essi da Betania, Gesù ebbe fame. E veduto di lontano un fico che aveva foglie, andò a vedere se vi trovasse qualcosa; ma, avvicinatosi, trovò soltanto foglie. Non era, infatti, il tempo dei fichi. 
Prendendo allora a parlare, disse all’indirizzo del fico: “Nessuno mai più, in eterno, mangerà frutto da te!”. E i discepoli udirono. 
(…) Passando la mattina dopo accanto al fico, lo videro secco dalle radici. Pietro si ricordò e disse: – “Rabbì, vedi! Il fico che hai maledetto s’è seccato!” . 
E Gesù prese a dir loro: “Abbiate fede in Dio. In verità vi dico: chiunque dirà a questa montagna: Levati e gettati nel mare! E non esiterà in cuor suo, ma crederà che accadrà ciò che dice, l’otterrà» (Mc., 11, 12-14; 20-23)
Più volte ho tentato di evitare l’episodio del fico sterile. Mi dava un gran fastidio.
La pretesa di Gesù di cogliere un frutto allorché non è ancora la stagione, mi sembrava assurda, oltre che ingenua. Difficile trovare una giustificazione “ragionevole”. Meglio scantonare. Meglio epurare quella pagina del vangelo, scomoda. La scomodità è un conto, il ridicolo, un altro.
– Voltaire ci aveva riso a crepapelle. I teologi avevano cercato in tutte le maniere di scavalcare pietosamente la difficoltà, con modesti risultati.
Alcuni interpreti avevano persino insinuato il dubbio che il fatto derivasse da una tradizione spuria.
Alla fine, però una conclusione s’imponeva: proprio la sua non-ragionevolezza è la garanzia della sua autenticità. 
Quindi dobbiamo fare i conti anche con questo povero fico che ha l’unico torto di rispettare le stagioni. Si potrebbe definire una pianta colpevole di osservare scrupolosamente il regolamento!
Fosse almeno un parabola! Potremmo sempre scoprire un’applicazione che non faccia a pugni con la nostra logica. Invece si tratta di un episodio realmente accaduto. È un episodio che diventa parabola: la parabola che documenta le assurde pretese di Dio nei miei riguardi.
E, allora, per capire, per non scandalizzarmi, devo sbarazzarmi del mio buon senso; devo sradicare le mie esigenze razionali.
Quanti tentativi di ridurre a “dimensioni ragionevoli” le pretese di Cristo! Quante rassicurazioni ci sono state date in proposito. Quante volte abbiamo udito labbra “devote” sentenziare: “Dio non pretende tanto…”. Evidentemente, per questi “tranquillizzatori” di mestiere, l’episodio del fico che viene maledetto, dev’essere stata una banale svista del Signore, un grosso abbaglio in fatto di calendario.
Gesù Cristo non esige molto;  e non ci chiede neppure moltissimo. Ci chiede semplicemente l’impossibile. Pretende il miracolo. Quasi ci dicesse: l’amore deve far miracoli!
“Ho un professore esigentissimo”, si lamenta lo studente. Eppure Dio è “peggio” ancora. Quando vai a sostenere l'esame d’italiano, ha il coraggio d’interrogarti in … trigonometria.
“Il mio padrone non capisce nulla”, sbotta l’operaio. “Cinquecento bulloni al giorno. E lui adesso ne esige seicento. Non sa che cosa vuol dire…”. 
Eppure il Signore è ancora “peggio”. Aspetta da te il bulloni anche quando sei in ferie…
“La mia superiora sceglie soltanto me, che sono super-occupata…”. Eppure il Signore ti chiede quest’atto di fede, perché ha fiducia in te… 
“In casa mia i miei pretendono e si aspettano che faccia tutto io, che ormai sono anziana…”. Eccetera, eccetera...
••  Torniamo all'episodio. 
1 – «Gesù ebbe fame. Veduto di lontano un fico che aveva foglie, andò a vedere se vi trovasse qualcosa».
Lo vedo avvicinarsi a me. Ha fame. Punta lo sguardo e mi fruga dentro, perché cerca “qualcosa”: 
un frutto, anche uno solo, in mezzo al fogliame.
Fa l’inventario della mia mercanzia, per scoprire “qualcosa” che interessa a Lui. 
Mi auguravo che non si occupasse di me, non mi individuasse. Si accontentasse di passarmi accanto. Uno dei tanti alberi che fiancheggiano la strada. 
Perché concentrare la sua attenzione proprio su me? Perché frugarmi con quegli occhi implacabili?
Egli ha fame. E io sono un albero da frutto. Non una pianta ornamentale.
2 – “Ma avvicinatosi, trovò soltanto foglie”. Cioè
Un laico. “Il mio nome scritto sul registro dei battesimi. La tessera dell’Azione cattolica. L’immaginetta nel portafoglio. La medaglia di san Cristoforo sul cruscotto dell’auto. “Ho uno zio Monsignore”. 
Le mie chiacchiere… “Sono stato in pellegrinaggio ad Assisi, Lourdes, Medjugorie… Sono stato attento alla predica del parroco e risposto alla s. Messa. Sono persino abbonato al quotidiano cattolico, leggo il settimanale diocesano e ricevo il Bollettino di Sant’Antonio. Non vado a vedere – o non vedo – porcherie, sul computer ... Non faccio del male a nessuno…”.
Gesù:… Soltanto “foglie”; commenterebbe il Signore. “Tutto lì il tuo cristianesimo? Ma io voglio frutti, non foglie. Ho fame e la tua ombra non mi riempie lo stomaco…”.
3 – “Non era, infatti, il tempo dei fichi”.
Noi: “Signore, ragiona: non è la stagione; non ho avuto tempo. Perché tanta fretta? Sii comprensivo, dunque. Non sono un santo, in fin dei conti. Persino il sacerdote col quale mi sono consigliato, mi ha detto che posso star tranquillo, che non sono obbligato…
Avrei dovuto parlare? Prendere posizione? Ma non era opportuno; ci vuole prudenza, non bisogna precipitare le cose, si rischia di compromettere tutto. 
E poi,…  non se ne sarebbe cavato nulla ugualmente. Non è la stagione! 
Signore, controlla per favore il tuo calendario. Ci dev’essere uno sbaglio. Vedi di regolarlo sul mio, e lasciami … in pace”.
4 – “Prendendo allora a parlare, disse Gesù all’indirizzo del fico: – Nessuno più in eterno mangerà frutto da te –. E i suoi discepoli udirono”. 
Udirono… Chissà se anche compresero che la fede deve spuntarla sulle false necessità? Che l’amore ha il dovere di compiere miracoli?
“Tenevo un’agenda – confessa uno scrittore – sul mio tavolo. [Come molti di voi, credo]. Ogni giorno ci erano segnati i miei appuntamenti, le scadenze. Insomma, tutto ciò che dovevo fare.
Certi fogli erano massacrati di richiami, di impegni. Osservandoli, riconoscevo di “fare fin troppo”. In alcuni giorni, quando ero letteralmente strangolato dal lavoro, rubavo ore al sonno, per rispettare l’agenda. E mi illudevo di essere tremendamente esigente con me stesso.
Se avessi lasciato quell’agenda nelle mani del Signore… Vi avrebbe scritto sopra cose impensate, richieste folli, scadenze impossibili, cifre spropositate. Ed io, leggendo quelle esigenze assurde, avrei strabuzzato gli occhi e avrei avuto l’impressione d’impazzire. 
Avrei dovuto, invece, essere ubriaco di gioia, perché era segno che Dio mi riteneva capace dell’impossibile. Se Lui cerca il fico fuori stagione, significa che ama, stima quella pianta fino al punto di ritenerla capace del miracolo.
Chi non ama, chiede quisquilie. Gli uomini chiedono così poco alle creature: briciole di tempo, il corpo, la bellezza, qualche attimo di piacere, un po’ di considerazione, una manciata di denaro, qualche applauso, qualche inchino più o meno spontaneo…
Non li amiamo. Si limitano, perciò, a chiedere loro delle miserie. 
E così ci comportiamo verso Dio!! “Cercate prima il Regno di Dio, e tutto il resto vi sarà dato”. Sono parole di Gesù. Invece anche con Lui ci fermiamo alle “cianfrusaglie”, all'accessorio.
Dio invece, mi ama. Mi stima immensamente. Mi chiede, infatti, tutto. Esige da me l'impossibile.
Gesù Cristo non è morto in croce affinché io “non facessi del male a nessuno”, ma affinché diventassi capace di fare miracoli.    (liberamente da Pronzato – Vangeli scomodi – 319)


Gesù ripete spesso [e lo chiede il Padre stesso per il suo Figlio]: “ASCOLTATE!”
La nostra preghiera dovrebbe essere spesso questa: “Signore, apri la mia mente e il mio cuore!”
Ma che cosa comporta “ascoltare”?
Parlare è facile; non così ascoltare.
Udire, come chi sente piovere, sentire il suono di campane senza saper da dove venga, 
anche questo risulta semplice.
Non così dell'ascoltare.
Porsi all'ascolto di qualcuno, in primo luogo significa
allontanare tutto ciò che può distrarre
il nostro udito, la nostra mente, il nostro spirito.
Ascoltare è costruire un silenzio bastante denso che esprima il grido interiore:
“Ora non esisti che tu solo!
Ora non esiste per me altro suono che la musica delle tue parole!".
Porsi all'ascolto di qualcuno significa arrestarsi,
fermarsi in un luogo, por fine all'agitazione, come per dire:
"Ora tu sei il mio centro, la mia metà!
La mia strada conduce solamente a te!”.
Porsi all'ascolto di qualcuno significa 
staccare lo sguardo da se stessi e volgerlo verso l'altro,
giungere a faccia a faccia, come per dire:
"Sono qui! Non esiste per me nessun altro interesse!
Sono pronto ad accogliere persino il sussurro delle tue parole!”
Ascoltare equivale ad accogliere,
ad aprire completamente le porte dietro cui uno si ripara,
ad abbattere tante fortezze e frontiere dietro cui noi ci barrichiamo.
Ascoltare un altro equivale a non far caso a noi stessi e preferire l'altro.
È preferire colui che mi sta dinanzi,
ed accoglierlo con il suo sacco colmo di vestiti più o meno puliti;
però che sono suoi...
È accettare che entri in me,
significa ricevere l'altro con i suoi sogni e i suoi desideri,
con i suoi gusti e disgusti;  con le sue preferenze e fobie.
È prevedere che butterà per aria
gli scaffali della mia esistenza, ordinati con tanta cura;
significa cedergli il posto; offrirgli le chiavi di casa, come se gli dicessimo:
"La tua presenza butterà tutto a gambe all'aria, però corro il rischio: ti ascolto!".
••• Stiamo per entrare in Quaresima. 
Ebbene, la Quaresima è proprio il tempo dell'ascolto, 
perché è il tempo in cui, lentamente, assimiliamo questa Parola
che è venuta ad abitare fra noi.
Quaresima è il tempo in cui tutti coloro che ascoltano la Parola
imparano a cambiare le loro tenebre in chiarore;
il tempo in cui, ponendosi in ascolto,
assumono il rischio di intraprendere un cammino verso la luce.
La Quaresima  è il tempo in cui gli uomini ascoltano il Signore
attraverso l'altoparlante di ogni prossimo.
È quando tutto ciò che indurisce i cuori, si scioglie dinanzi al calore del Vangelo.
È quando sbocciano sulle labbra parole nuove
e nel cuore sentimenti nuovi
e la condotta si apre ad attitudini nuove....

Così nasce l'Altro – Dio – in noi.
Per questo, perché... la Quaresima è il tempo del nascere!