POETANDO

In questo blog raccolgo tutti gli scritti, poetici e in prosa, disegni e dipinti di mia ideazione. Recensioni stilate da me e da altri autori. Editoriali vari. Pubblico poesie, racconti e dialoghi di vari autori.Vi si possono trovare gallerie d'arte, fotografie, e quant'altro l'estro del momento mi suggerisce di pubblicare. Sulla banda destra della home page, appaiono i miei e-book poetici ed altre sillogi di alcuni autori. Così come le riviste online de L'Approdo e de La Barba di Diogene, tutto si può sfogliare, è sufficiente cliccare sulla copertina. Aggiungo che , sempre nella barra a destra della home page ci sono mie video poesie, con sottofondo musicale. E' sufficiente cliccare sull'immagine per ascoltare testo e musica, direttamente da YouTube. Tutte realizzate dalla eclettica Anna Montella., Ci sono poi i miei libri scritti nel corso di circa 10 anni. Buona lettura e buon ascolto!

domenica, maggio 31

CONFESSIONI E CHIESA CATTOLICA di DANILA OPPIO


Confessioni e Chiesa Cattolica

Un Padre mi scrive dicendomi che doveva recarsi in confessionale malgrado la sua afonia e l’uso della mascherina. Un religioso che rispetto e che mi è amico, col quale posso esprimere il mio pensiero, anche se appare contrario agli insegnamenti della Chiesa. Il mio difetto (ma lo è proprio?)  e di non prendere tutto quel che mi si propina come oro colato, non intasco catechesi senza ragionarci su, e così gli ho risposto:

Per quanto riguarda le confessioni, tu sai come la penso, a prescindere dalla mancanza di cervello di certi vertici. Mi piace il confiteor. "Confesso a Dio onnipotente e a voi fratelli che ho molto peccato, etc." Una confessione comunitaria, come la fanno gli Ortodossi. Le confessioni personali le reputo inutili e anche dannose. Spesso la gente va dal confessore con la convinzione di raccontare i peccati altrui più che i propri. Ovvero pettegolezzi al cubo. Oppure coglie quell'occasione per scaricare le proprie tensioni, come se invece di trovarsi in un confessionale, fosse nello studio di uno psicologo. Ora, visto la mentalità sempre più laicale dei sacerdoti, e come si facciano condizionare da quel che sentono, sarebbe meglio evitare come la peste questo tipo di confessione, vista quanta poca spiritualità alberghi nel cuore di tanti sacerdoti, siano essi religiosi o diocesani. Ammetto che sono anni che non mi confesso, non ne sento la necessità e sono più che persuasa che Dio perdoni comunque nella sua immensa Misericordia. Una volta la confessione serviva alla Chiesa per scoprire segreti custoditi gelosamente. Era una forma di politica, tenendo debito conto che lo Stato del Vaticano era molto esteso, e purtroppo molto potente, così è stata inventata questa modalità per venire a conoscenza di tanti reati, e se non li confessavano, andavano all'inferno. Ma dai, chi conosce a fondo la Storia della Chiesa, così come l'hanno sempre fatta passare, sa che non ha mai riflesso la vera volontà di Cristo, basata sulla povertà e sull'Amore. La Chiesa è sempre stata un impero al cui comando vi erano eserciti che guerreggiavano per la supremazia. E ancora oggi il Vaticano è colmo di ricchezze che NON condivide con chi ne ha bisogno e insegna la carità quando lui stesso non la mette in pratica. Mi sono stancata del volto che ha sempre avuto la Chiesa Cattolica. Ho invece amato e amo tuttora Cristo: quello del Vangelo, e apprezzato i sempre più pochi, purtroppo, suoi discepoli che lo seguono veramente secondo la Sua parola. E questa è la mia confessione fatta a un sacerdote religioso, ovvero a te, senza dovermi recare in un confessionale e farti parlare con la mascherina, privo di voce. Scusami, ma da questo mio convincimento non mi smuovo di un solo passo. 

Che la Pentecoste illumini la mente e il cuore di chi dovrebbe saper dare esempio di vero cristiano, quello dei sacerdoti e religiosi, e allora forse potrei ritornare sui miei passi, ma per ora no!

Il religioso mi risponde:

Sorellina, ho l'impressione che il vento della Pentecoste stavolta abbia soffiato al ...contrario! Aspettiamo che torni la bonaccia.

Ci ritorno insistendo:

Chi ha studiato a fondo la Storia, e parlo di quella dello Stato Vaticano ma anche dopo il suo decadimento, SA come sono andate veramente le cose. Solo che spesso sono state tenute nascoste, per mantenere la gente nell'ignoranza assoluta, creduloni e non veri Credenti.
I conquistatori delle Americhe, cristiani, hanno sterminato i nativi americani, gli Incas, i Maya e gli Aztechi, depredandoli di ogni loro avere. Lo stesso fratello di Santa Teresa d'Avila, mi pare si chiamasse Lorenzo, faceva parte di queste spedizioni, e le ricchezze che aveva accumulato sono servite anche alla nostra Santa per costruire nuovi monasteri. Ma questo non si dice, vero?
I Crociati che sono partiti per la Guerra Santa hanno fatto vere e proprie ecatombi di musulmani. La Sacra Inquisizione ha messo al rogo tante donne, tacciandole da streghe, mentre invece erano solo delle erboriste che conoscevano i benefici di certi vegetali e curavano così le persone, quella che oggi si chiamerebbe omeopatia o fitoterapia. Ogni occasione era buona per mandare a morte tanta gente. E questo sarebbe un comportamento da cristiani, proprio di quello che ha detto "Chi ti schiaffeggia una guancia, tu porgigli anche l'altra"?. 
E Hitler non era forse cattolico? Eppure ha fatto una vera e propria strage degli innocenti, solo perché ebrei, nomadi o omosessuali.
I papi avevano amanti e figli, lo stesso i vescovi, e di norma provenivano da famiglie altolocate, nobili, così ottenevano un impero su cui governare, non sempre in modo degno.
Non vado oltre, ho solo fatto un excursus su quella che è stata la Chiesa di Pietro, e come anche adesso lo sia ancora da un certo lato. Vescovi che vivono in lussuosi appartamenti, che hanno appannaggi da nababbi, etc.
Uomini di Chiesa che hanno amanti e figli in giro per il mondo. Che violentano fanciulli e chi più ne ha e più ne metta.
Ci hanno bendato gli occhi per secoli, terrorizzandoci per il timore dell'inferno. 
L'inferno è dentro ognuno di noi, come il Paradiso. Siamo noi esseri mortali impastati di bene e di male. Ma se questo inferno è proprio la Chiesa a mostrarcelo con il male che striscia furtivo dentro di essa, come ebbe a dire Paolo VI nel lontano 1972, “quando sembra entrare il fumo di Satana nelle stanze del Vaticano, fa danni”.
Forse parlava di Lefevre e dei suoi vescovi, ma è venuto a galla molto altro, Bertone, per esempio, la gestione dello Ior, corruzione ovunque.
Per i non credenti, è uno stagno in cui sguazzare come tanti ranocchi, ma per noi cattolici, è una delusione autentica, che tende ad allontanarci dalla fede. Per questo ribadisco che sono dalla parte di quei sacerdoti che fanno solo quel che Gesù ci ha insegnato nei Vangeli, e posso comprendere i vari motivi che hanno causato scismi, e si sono formate chiese cristiane lontane dal Vaticano, abbandonando il cattolicesimo. Il danno che fanno ancora oggi certi membri del clero è grande, e i fedeli si stanno diradando. E' questo il mio concetto di base. 
Solo Dio può porvi rimedio. O una fede davvero incrollabile che tutto perdona

Risposta del Padre

Sorellina, ho l'impressione che il vento della Pentecoste stavolta abbia soffiato al...contrario! Aspettiamo che torni la bonaccia. Ho visto passare tanti tifoni in Giappone. Non potendoli fermare, cerchi un riparo sicuro e poi si contano i danni, ma questo lo fanno solo i sopravvissuti. Aspetto che passi il tifone Danila.

A questo punto, non posso che sorridere.

Danila Oppio

venerdì, maggio 29

CUORE DI ROSA di MARIELLA OPPIO


CUORE DI ROSA

Era una sera di maggio.
Un vento strusciava birichino
fra le rose, pur con un inchino.
Dai petali un fremito vibrava.
Oh vento, non farmi cadere,
sto bene dove sono, a odorare
il profumo delle mie damigelle.
Sono allegre, rosate, belle.
Se mi sfogli non resta che un ramo:
carezzami allora, ma piano.
Mi cullerò ad ogni tuo fiato
sarò pago e assai soddisfatto.
Il tuo contatto così tanto gentile
sedurrà il mio cuore infantile.
Ma prima di volartene via,
fammi vivere con te
un attimo di dolce follia.


Mariella Oppio
28 maggio 2020

giovedì, maggio 28

IL CERCHIO MAGICO di TOMMASO MONDELLI





PREFAZIONE di Danila Oppio
Il titolo la dice lunga e su questo particolare vorrei soffermarmi.
 Il Cerchio Magico rappresenta l’esistenza umana che racchiude nel suo interno. Se prendiamo la sezione di un tronco d’albero, possiamo contare i suoi anni in base ai cerchi concentrici che si formano: più ve ne sono, e più ha vissuto. Esistono alcune specie d’insetti, come il punteruolo rosso o curculionide, o il cerambice, che insidiano le piante, penetrando nel loro interno, e le distruggono, abbreviando in tal modo la loro esistenza fino a farle morire. I corpi estranei che entrano più di frequente nel nostro organismo sono, strano a dirsi, determinati cibi che, col passare del tempo, minano la nostra salute.
All’autore manca poco al raggiungimento del secolo di vita, e desidera svelare ai lettori il suo segreto, per restare in buona salute a lungo, partendo dall’alimentazione.
Questo libro rappresenta anche il compendio della sua stessa esistenza, una sorta di promemoria e analisi tratta dai suoi molteplici libri autobiografici, citati nel testo.
Leggendo il contenuto de IL CERCHIO MAGICO, ho riflettuto sul vero senso della vita umana. Forse quello di allungarla soltanto? Visualizzando l’esistenza come un punto d’inizio (la nascita) e un punto d’arrivo (la morte) se uniamo quei due punti, formiamo un cerchio che può avere un diametro molto esteso o notevolmente ridotto: ciò dipende dagli anni vissuti. Quel che dona spessore non è l’area del cerchio, piuttosto quanto racchiude nel suo interno. Se la propria vita è spesa bene, se ha prodotto qualcosa di utile per l’umanità, poco importa quando il cerchio si chiude, quel che conta è ciò che ha prodotto. Tornando alla sezione di un tronco d’albero, se la osserviamo e riscontriamo che presenta del marciume, possiamo stabilire che quell’albero è servito a poco in vita, non avendo prodotto fogliame rigoglioso per offrire ombra, e forse neppure il suo legno abbattuto potrà accedere un buon fuoco, poiché brucia velocemente. Così la nostra esistenza, racchiusa in quell’immaginario cerchio, deve trasformarsi in qualcosa di ben definito. Mondelli ha fatto il possibile per riempire lo spazio interno del cerchio, nella maniera più saggia, e ha anche fortemente voluto che la circonferenza del suo cerchio si allungasse il più possibile, e lo vuole insegnare anche a noi. Non a caso ha titolato questo suo scritto IL CERCHIO MAGICO, poiché è da millenni che l’uomo esplora la magia della Vita.
Esiste, su tutto il Pianeta, un simbolo preistorico, che ricorre in culture diverse e lontane tra di loro. Un simbolo che nel suo aspetto base è rappresentato da un cerchio con un foro al centro, un disco forato, ma che si arricchisce, secondo varie culture etniche, di altri segni simbolici.
Questo simbolo grafico lo possiamo ritrovare sotto forma di graffito, tracciato su rocce di tutti i continenti, oppure rappresentato da pietre forate all'interno di templi megalitici, disegnato da pietre allineate sul terreno o sotto forma di scultura o di rappresentazione grafica, o ancora, sotto forma di antico gioiello e costituito da metallo o pietra dura. La sua presenza nella storia dell'uomo risale a tempi preistorici e compare in culture lontane tra di loro come quella dei nativi americani, quella dei popoli nordeuropei, o presso gli aborigeni australiani, in Cina o anche nei templi egizi, presso gli Aztechi, i Maya, gli Etruschi.
Ancora oggi, nelle culture dei Popoli di tutto il pianeta, dai Celti agli indiani d'America, questo simbolo è comune e legato a significati profondamente mistici.
Per i nativi americani, impropriamente denominati pellerossa, il Cerchio Sacro è un simbolo fondamentale della loro cultura, poiché rappresenta la manifestazione di Wakan-Tanka, il Grande Mistero, che per tutti i nativi d'America è la massima divinità, il principio creatore su cui si regge tutto l'universo conosciuto e sta a indicare, secondo la concezione filosofica degli indiani d'America, il grande abisso che circonda l'uomo, il Mistero da cui ogni cosa proviene e nel cui Segreto si può trovare il significato dell'esistenza.
Sono persuasa che l’autore di questo libro ha voluto significare il Cerchio Magico quale simbolo della sua esistenza, e che il suggerimento sia di imitarlo. La Vita è un dono che non va sprecato. Mondelli l’ha sempre saputo e ha cercato in tutti i modi di non lasciare che l’ozio prevalesse sull’azione. 
Però non si può operare al meglio, se la salute tentenna, se ci si ammala, perciò l’autore insegna che una delle principali cause di malattia è la malnutrizione - che non vuol significare poco nutrimento - ma l’accostarsi al cibo senza sospettare che possa rivelarsi un veleno letale. Non spetta a me trattare di tale argomento, poiché troverete chiari concetti in questo testo e nei due libri che l’autore aveva scritto in precedenza, che sono “Un senso per la vita” e “A un passo dal traguardo”. Ve li consiglio caldamente.
Posso solo aggiungere che bisogna fidarsi di una persona saggia, che ha sperimentato personalmente quel che ora vuole condividere con tutti noi.

 NOTA INTRODUTTIVA DELL’AUTORE

    Quando ci si trova sul finire dei nostri giorni, la possibilità di spostarsi sull'altra sponda si tocca con mano. Anche i tempi radicati nella più giovane età erano a rischio, ma si aveva meno tempo per pensarci e le faccende cui si era legati apparivano più importanti e urgenti.
    Il pensiero connesso alle ultime cose da voler fare e dover dire, impegna non poco.
    A fine anni 1970 ero ancora con la famiglia ad Alpignano (TO) dove avevo appena lasciato il servizio per essere stato collocato in pensione. Mia moglie mi ricordava che avrei fatto bene a prenotare due loculi cimiteriali trentennali per noi. Io avevo sessant’anni e lei cinquantacinque. Lo scordavo sempre. Nel 1979 ci trasferimmo a Pinerolo, dove lavorava nostra figlia e avevano residenza due mie cognate con famiglia. Di loculi, a Pinerolo, non ne parlammo più.
     Nel 2000 nacque in noi l'idea di essere cremati. Era necessario prenotarsi presso un forno crematorio, e versare una somma d’iscrizione intorno a 100.000 lire a persona. Me ne interessai e presi contatto con un’impresa di pompe funebri di Pinerolo. Presentammo entrambi domanda, versammo il denaro richiesto e trascorsero alcuni mesi senza alcuna notizia al riguardo. Sollecitai una risposta al riguardo presso l’impresa e mi fu assicurato che erano in arrivo i documenti e così fu, ma gravava su noi l'incubo che saremmo potuti morire prima di avere tra le mani l'esito della domanda. Dopo quasi un anno ricevemmo due riviste avvolte nella plastica, dove risultava che eravamo stati iscritti come soci al SOCRFEM, della Città di Torino.  
     Mia moglie è mancata a fine febbraio  2016.
     Ho pensieri da voler trasmettere e scrivo un libro guardando al futuro altrui, per le ultime cose da dire e esperienze da suggerire. Gli ultimi tempi sono diversi da tutti i precedenti.
     La storia del mio periodo letterario ebbe inizio nel 2011 e fino ad ora di miei libri ne sono stati pubblicati ventuno, di cui fanno parte tredici sillogi poetiche e otto testi in prosa, questi ultimi quasi tutti autobiografici, tesi a guardare al futuro e a raccontare il mio passato.
 Se me lo consentite, vi spiego le ragioni che mi hanno irrimediabilmente trovato intrappolato per tutta la vita. La trappola scattò e si racchiude in due verbi: AMARE e FARE.
       Del primo verbo ne ho parlato nel testo editato da L'Argo Libro di Agropoli titolato “La fidanzata di guerra” ambientato nel periodo che precedeva o parallelo alla II Guerra Mondiale, durante cui, per le prime volte, ho avuto l’opportunità di conoscere giovani donne. Però il mio primissimo interesse verso l’altra metà dell’universo accadde quando avevo circa sette o otto anni e me ne accorsi perché seguivo una bimba, senza che mi vedesse, percorrendo la strada da lei calpestata, da scuola a casa sua e ritorno, come un sognatore; non lo seppe mai e poi si fece suora: si trattava di una mia compagna di classe.       
Ancora oggi, che viaggio nei cento anni, sento in me gli stessi quieti sentimenti.
       Ho amato il lavoro onesto e disprezzato l'ozio, da me reputato la prima letale droga atta a uccidere l'uomo, che per me resta sempre in prima fila e mi provoca nausea.
       Perché ho scritto ancora questo dopo i tanti altri?
       Per combattere l'ozio, per abitudine, per dire le ultime cose, anche quelle che non si dicono mai. Se vuoi ascoltarmi, ti ringrazio.
        Ho scritto che sono stato agricoltore e per chi non conosce cosa sia l’incombenza gravosa di questa categoria, deve sapere che questo tipo di lavoratore non sa mai quando ha iniziato a svolgere la sua opera, forse è possibile sostenere: fin da quando nacque. Il primo libro che racconta di me, non in ordine di uscita, è “Dagli Appennini alle Alpi”, che tratta della mia vita dall’infanzia fino a quando sono partito per il servizio militare. Segue quello che racchiude gli anni del periodo militare, la guerra e la prigionia, titolato “Settimane bianche e crociere a costo zero di un ragazzo partito soldato”.
       Vissi quindi tre anni cruciali dal gennaio 1946, al maggio 1949. A parte i quindici mesi di servizio in Polizia, gli altri li trascorsi senza occupazione. Unico periodo condotto nell'ozio e fu per me un vero inferno.  Il resto della mia vita di lavoro lo potrete leggere in “Lontani ricordi di un Segretario Comunale”. In “Una nuova stagione” racconto quando accadutomi dopo il pensionamento.  Nel suo contenuto: le mie tre lauree, l’invito da parte di Fabrizio Frizzi alla trasmissione televisiva Piazza Grande, i miei viaggi all’estero e i libri che iniziai a scrivere, prima in rima e poi alternati tra prosa e poesia.
     Ecco il fatto e il peccato. Dopo aver dato alle stampe un libro nel quale espressi quel che avevo da dire, resto disoccupato? Posso? No! Torno al computer con nuove idee e le scrivo, così per gioco, tanto – penso - poi resteranno lì inascoltate e con il PC finiranno in discarica. C’è stato però qualcuno che apprese della mia nuova attività letteraria e m’incoraggiò a pubblicare e…sapete come succede con le ciliegie? Ecco il motivo di tanti libri in così breve tempo.  Vittorio Alfieri disse: “Volli, sempre volli, fortissimamente volli" o quanto meno, così ricordo l’aforisma, per essere passato alla storia in tale forma. Per amore di conoscenza, riporto quanto trovato sull’Enciclopedia Treccani:
Volli, e volli sempre, e fortissimamente volli. – Celebre frase (per lo più citata nella forma da me usata), contenuta nella Lettera responsiva a Ranieri de’ Casalbigi, scritta da Siena il 6 settembre 1783; in essa il poeta esprime il fermo impegno che aveva assunto con sé stesso, dopo l’applaudita rappresentazione della sua prima tragedia, la Cleopatra, di compiere ogni sforzo per diventare autore tragico.
Non sono a lui pari, e vivessi altri cent’anni, ancora non lo raggiungerei, ma questo suo pensiero divenne mio, e lo ripeto a te che leggi. Pensaci! Testimone mi fu Fabrizio Frizzi il 4 aprile del 2004, in RAI a Piazza Grande: alla sua domanda - Ora cosa farà?   Risposi - A Tommaso l’ho già detto: - non fermarti mai.
Non conosco il segreto per sciogliere questo nodo. Se, chi legge questo mio nuovo testo, vorrà cortesemente darmene indicazione, senza fretta, lo ringrazio sin da ora, sia per aver acquistato il libro che per avermi fornito la soluzione. Sono felice, se vi fa piacere sentirmelo dire, e vi assicuro che potrete esserlo anche voi. 
Pinerolo 7 luglio 2018 Tommaso Mondelli

Tommaso mi chiese se, in fase di editing, potessi inserire una straordinaria poesia di Laura Vargiu.  Come no?! gli risposi, Laura è una nostra carissima amica, una stimata scrittrice e poetessa e trovo giusto coinvolgerla in questo tuo ultimo romanzo.
Inoltre i suoi versi sono appropriati e in sintonia con il tuo pensiero.  Cosa fatta, capo ha. Ed eccola qua:                                                                                            Sul finire, mi disse che aveva in serbo due poemetti da accodare al testo in prosa, così gli ho dedicato un mio aforisma, un gioco di parole.



PASSEGGIATA MATTUTINA
Lavoro a due mani tratto dalle parole scherzose di Tommaso, e messe insieme quasi per gioco da Danila, perché in questo suo dire risalta il pensiero, il modo di agire e di reagire di Mondelli.
Mi pare la perfetta conclusione del Cerchio Magico, dove esprime a chiare lettere il suo suggerimento: non arrendetevi mai, non oziate, ma agite e combattete la pigrizia, la qual cosa l’autore mette in pratica quotidianamente.
Vorrei evidenziare un verso estrapolato dallo scherzo poetico, che enuncia il sereno pensiero dell'autore, sul momento in cui avrebbe smesso di fare le sue quotidiane passeggiate. Un presagio che purtroppo si è avverato. 
 "ché potrebbe un giorno anche accadere, e quel tempo non è poi così lontano".
Sono quasi due mesi che Mondelli non è più qui con noi, ma so con assoluta certezza che tutto il suo scrivere sia stato per lui il giusto modo per vivere ancora a lungo, almeno fino a che i suoi libri saranno riposti negli scaffali delle nostre case, e l'affetto per lui nei nostri cuori. Leggendo i suoi libri, soprattutto quelli autobiografici, ci racconta non solo la sua vita, ma anche l'intera filosofia del suo pensiero. 
I grandi artisti letterari, figurativi e architettonici hanno lasciato nella Storia dell'umanità opere che ancora possiamo ammirare e apprezzare. Per chi non crede nella sopravvivenza dell'anima dopo la morte fisiologica, potrà capire quanto sia importante che il genio umano sopravviva nel tempo. Per chi crede che lo spirito abbia una seconda chance, saprà che Tommaso sarà felice se si conserva e si rilegge con amore la sua produzione letteraria. O tutto ciò che parla di lui. Anche in questo blog, se cercate nella home page, alla colonna destra della pagina, scendendo verso il basso col cursore, troverete questa etichetta:  e se scendete scorrendo i vari titoli, troverete quest'altra:  e come vedete, ci sono ben 214 articoli che trattano del suo lavoro letterario, con questo saranno 215 ma aumenteranno col tempo. Ho infatti finito di trattare dei suoi libri, ma c'è ancora altro da dire come per esempio i premi che ha ottenuto per le sue opere. Concludo questo post con il testo della poesia con cui ho esordito in quest'ultima parte dove c'è tutto lo spirito di grande simpatia del nostro indimenticato e indimenticabile Tommaso Mondelli.

Ho messo il naso fuori
e mi sono accorto, caso raro
della presenza d’una fitta
umida nebbia. Esco lo stesso,
pazienza! per un breve giro
e un caffè, il solo che prendo al bar
lungo il corso del giorno.
Ci vedremo al mio ritorno.
Solo che il mio deambulatore
non possiede gli antinebbia,
e il vigile potrebbe multarmi
con tono di gran accusatore.
Rischio, pensando speranzoso
che sia anche lui al riparo
dal clima poco incoraggiante.
Presto tornerò, sta tranquillo
Da te mai non mi separo.
Sto seriamente ripensando:
forse a casa mi trattengo
pur se mi pare occasione persa
il rinunciare, se penso a quando
non lo potrò più fare, ché potrebbe
 un giorno anche accadere,
e quel tempo non è poi così lontano.
Ho cambiato idea, esco e ti saluto
con un lieve cenno della mano.
Tommaso Mondelli

Tommy, sei sempre nei miei pensieri, e dedicare a te questo spazio, come se tu potessi leggerlo come hai sempre fatto, è avvertire ancora la tua vitale presenza.
Danila Oppio
  

ALTRI SCORCI DEL MIO GIARDINO di DANILA OPPIO


Cycas

  Rododendri e pianta d'alloro


Palmetta


Pruno con susini
(Pochi quest'anno perché potato)



Gelsomino e caprifoglio



Gelsomino in piena fioritura
(come si vede, nasce dal giardino a piano terra
e sale fino al balcone del primo piano)

UROBORO di DANILA OPPIO


Un'immagine (Uroboro) disegnata nel 1478 da Theodoros Pelecanos in un trattato alchemico intitolato Synosius

L'uroboro o  uroburo o uroboros o ouroboros è un simbolo molto antico, presente in molti popoli e in diverse epoche. Rappresenta un serpente o un drago che si morde la coda, formando un cerchio senza inizio né fine.
Apparentemente immobile, ma in eterno movimento, rappresenta il potere che divora e rigenera sé stesso, l'energia universale che si consuma e si rinnova di continuo, la natura ciclica delle cose, che ricominciano dall'inizio dopo aver raggiunto la propria fine. Simboleggia quindi l'unità, la totalità del tutto, l'infinito, l'eternità, il tempo ciclico, l’ eterno ritorno, l'immortalità e la perfezione
Lo troviamo nell’Antico Egitto, nello gnosticismo, nella tradizione.

Origine del nome

Uroboro deriva dal greco: 
 οὐροβόρος/οὐρηβόρος (ὄφις), ourobóros / ourēbóros (óphis) composto di οὐρά (coda) e del suffisso -βόρος, corrispondente al latino voro; dunque (serpente) che si morde la coda. Un'etimologia «ermetica» legata alla tradizione alchimistica frutto di libere associazioni non fondate su basi linguistiche, farebbe risalire l'ouroboro a un «re serpente»: «In lingua copta Ouro significa "re", mentre ob, in ebraico, significa "serpente"» Alexander Roob la mette in relazione ad alcune illustrazioni del serpente ouroboro, che si trovano nell'opera Donum dei dell'alchimista Abraham Eleazar, pubblicata a  Erfurt nel 1735

Antico Egitto

La più antica rappresentazione di un uroboro si trova in un antico testo funerario egizio, chiamato The Enigmatic Book of the Netherworld, ritrovato nella tomba del Faraone Tutankhamon della XVIII Dinastia.
Nell'immagine, incisa all'interno del secondo scrigno, che conteneva il Sarcofago del Re, sono rappresentati due serpenti che si mordono la coda e circondano la testa e i piedi di una figura divina mummiforme. Entrambi i serpenti sono manifestazioni della divinità Mehen, il benefico Dio serpente che protegge la Barca solare di Ra e il cui nome significa "colui che è arrotolato.
Un'altra famosa immagine è quella che si trova nel Papiro di Dama-Heroub della XXI dinastia, nella quale si trova Horus bambino, all'interno del Disco Solare, sostenuto dal Leone Akhet (simbolo dell'orizzonte dove il sole sorge e tramonta) e circondato dal dio serpente Mehen, ancora una volta nella forma di un uroboro. Un capitolo a parte va riservato all'interpretazione della figura geroglifica dell'uroboro fatta da Orapollo, scrittore egiziano di Nilopoli, autore di Hieroglyphiká, un'opera in due libri in lingua copta sui geroglifici, non anteriore al sec. IV d.C., scoperta nel 1422 dal viaggiatore Cristoforo Buondelmonti e portata alla corte di Cosimo de' Medici. Quest'opera, concepita probabilmente in un ambiente di eruditi che cercavano di recuperare la misteriosa scrittura egizia, di cui ormai si erano perse le tracce, ebbe un'amplissima diffusione nel Rinascimento e nei secoli successivi. Fino, infatti, alla scoperta del reale significato dei geroglifici egizi compiuta da Champollion, si ritenne che il libro di Orapollo fosse in grado di rivelare i significati morali e religiosi dei misteriosi geroglifici egizi.
Nel Libro PrimoCapitolo Secondo non viene nominato l'uroboro, ma viene descritto un Serpente che si divora la coda quale simbolo usato dagli antichi Egizi per descrivere il Mondo, l'Universo e l'Unità di Tutte le cose:

“Quando vogliono scrivere il Mondo, pingono un Serpente che divora la sua coda, figurato di varie squame, per le quali figurano le Stelle del Mondo. Certamente questo animale è molto grave per la grandezza, si come la terra, è ancora sdruccioloso, perché è simile all’acqua: e muta ogn’anno insieme con la vecchiezza la pelle. Per la qual cosa il tempo faccendo ogn’ anno mutamento nel mondo, diviene giovane. Ma perché adopra il suo corpo per il cibo, questo significa tutte le cose, le quali per divina providenza son generate nel Mondo, dovere ritornare in quel medesimo. (Hieroglyphica di Orapollo, scrittore egiziano del V sec. dopo Cristo)"

Inoltre, al capitolo LXXXVII del Libro dei Morti, viene descritto un serpente che sembra rimandare all'uroboro:
«Io sono Sata, allungato dagli anni, io muoio e rinasco ogni giorno,
 Io sono Sata che abito nelle più remote regioni del mondo.»

Gnosticismo

Questa diffusissima figura simbolica rappresenta, sotto forma animalesca, l’immagine del cerchio personificante l’eterno ritorno. Esso sta ad indicare l’esistenza di un nuovo inizio che avviene tempestivamente dopo ogni fine. In simbologia, infatti, il cerchio è anche associato all’immagine del serpente che da sempre cambia pelle e quindi, in un certo senso, ringiovanisce. L’Uroboro rappresenta il circolo, la metafora espressiva di una riproduzione ciclica, come la morte e la rinascita, la fine del mondo e la creazione.
 Da:


Lo gnosticismo fu anche un importante movimento del cristianesimo delle Origini, sviluppatosi soprattutto ad Alessandria d'Egitto nel II-III secolo e suddiviso in numerose scuole. Il serpente era il principale animale simbolico degli Ofiti (dal greco ὄφις, ofis, "serpente") e dei Naasseni (dall'ebraico nâhâsh, "serpente"), che gli attribuivano facoltà demiurgiche e talvolta lo associavano al Cristo. Anche il dio gnostico Abraxas era un ibrido umano-animale, con la testa di gallo e il corpo di serpente e diffusissimi erano i suoi talismani con scritte magiche incorniciate dal serpente uroboro, quale simbolo del dio Aion, espressione gnostica della totalità del tempo, dello spazio e dell'oceano primordiale che separava il regno superiore dello pneuma, dalle tenebrose acque del mondo inferiore.

Tradizione alchemica

L'uroboro nella Chrysopoeia di Cleopatra (uroboro, Ἓν τὸ πᾶν, «L'Uno il Tutto»)
Nella tradizione alchemica l'uroboro è un simbolo palingenetico (dal greco πάλιν, palin, "di nuovo" e γένεσις, génesis, "creazione, nascita", ovvero "che nasce di nuovo") che rappresenta il processo alchemico, il ciclico susseguirsi di distillazioni e condensazioni necessarie a purificare e portare a perfezione la "Materia Prima". Durante la trasmutazione la Materia Prima si divide nei suoi principi costitutivi, per questo motivo l'uroboro alchemico viene spesso rappresentato anche nella forma di due serpenti che si rincorrono le code. Quello superiore, alato, coronato e provvisto di zampe rappresenta la Materia Prima in forma volatile, quello sottostante il residuo fisso, dalla loro ri-unione in un unico uroboro con le zampe e incoronato (quindi vincitore), si ottiene la pietra filosofale, il "grande elisir" o "quintessenza".
La più antica rappresentazione di un uroboro collegato all'alchimia si trova in una raccolta di scritti greci dell'XI secolo che illustra un trattato sulla "produzione dell'oro" scritto da un'alchimista chiamata Cleopatra vissuta ad Alessandria d'Egitto nel tardo IV secolo d.C.
La Chrysopoeia di Cleopatra (da χρυσός, chrysós, "oro" e ποιεῖν, poieîn, "fare"), contiene l'immagine di un uroboro, metà bianco e metà rosso, con all'interno la scritta ἒν τὸ Πᾶν (hèn tò Pân), traducibile come "l'Uno (è) il Tutto" oppure «Tutto è Uno».
Nella stessa pagina si trova un alambicco, alcuni simboli alchemici e un cerchio composto da tre anelli concentrici con scritte in greco che specificano ulteriormente il significato del serpens qui caudam devorat. Nel cerchio centrale si riconoscono i simboli dell'argento (mezzaluna) e dell'argento aurificato (semicerchio radiante). Nel primo anello si legge: "Uno (è) il Tutto; e per lui il Tutto e in lui il Tutto; e se non contiene il Tutto, il Tutto è nulla". Nel secondo anello una seconda scritta riporta la frase "Il Serpente è Uno, colui che ha il veleno con le due composizioni". Questi motti ricordano la famosa espressione eraclitea "Tutte le cose sono uno" riadattata da Plotino nel detto "Tutto è ovunque e tutto è uno e uno è tutto"Altra celebre immagine dell'uroboro, anche questa di origine alessandrina, è quella riprodotta da Theodoros Pelecanos nel 1478 sulla base del Synosius un manoscritto andato perduto e attribuito a Sinesio di Cirene (370-413 d.C.) In questa figura si vede l'uroboro più simile a un drago, con le zampe, la cresta e il corpo color rosso e verde
Anche nell'alchimia islamica la cosmologia e la concezione ermetica dell'Uno-Tutto si incarnano nella figura dell'uroboro come si può vedere in un antico e celebre manoscritto arabo, il Kitab al-Aqalim di Abu' l-Qāsim al-ʿIrāqī ispirato ai geroglifici egizi (Londra, British Library, MS Add 25724). In esso un serpente che si morde la coda racchiude i quattro elementi che danno origine al cosmo.
Il simbolo dell'uroboro ha lasciato una traccia ben visibile sia nell'arte classica, sia nella cultura di massa.
Dal punto di vista artistico, esempi di uroboro si trovano nel monumento funebre a Maria Cristina d'Austria del 1805, a Vienna, nel quale Antonio Canova pone sul vertice della piramide un medaglione col busto della defunta racchiuso in un uroboro, e nel Pantheon di Roma dove, sul monumento funebre al cardinale Consalvi, lo scultore Bertel Thorvaldsen ha raffigurato un uroboro che circonda il cristogramma.
Per quanto riguarda l'ambito letterario, il serpente è stato usato come allegoria della ciclicità del tempo anche dal filosofo tedesco Friedrich Nietzsche in Così Parlò Zarathustra (1883-1885), precisamente nel discorso "La visione e l'enigma", anche se non menziona precisamente la figura dell'Uroboro. Nel celebre romanzo di Michael Ende La storia infinita, il talismano Auryn è basato sull'uroboro, e Il serpente Ouroboros è il titolo di un romanzo fantasy di Eric Rücker Eddison, del 1922.


Dettaglio dell’Uroboro disegnato dal padre gesuita Athanasius Kircher sull’Obelisco realizzato per la regina Cristina di Svezia nel 1654, che riportava la seguente iscrizione: “La Grande Cristina, Iside Rinata, erige, elargisce e consacra questo obelisco su cui sono iscritti i segreti simboli dell’Egitto”, oggi presso il museo del Liceo Ginnasio “Visconti” a Roma (ex Collegio Romano della Compagnia di Gesù).
 Nell’ottobre del 1633 giunse a Roma lo studioso ed egittologo gesuita, Athanasius Kircher, all’epoca trentaduenne. Era stato raccomandato al cardinale Francesco Barberini, nipote di papa Urbano VIII, dall’intellettuale francese Nicolas-Claude Fabri de Peirsec, un amico personale di Tommaso Campanella (che era stato ospitato a casa di de Peirsec ad Aix-en-Provence dopo esser fuggito da Roma). Kircher fu chiamato ad insegnare nel Collegio Romano matematica, astronomia e l’ebraico. Avrebbe conosciuto in quegli anni Gian Lorenzo Bernini e collaborato con l’artista ad alcuni progetti architettonici, tra i quali la realizzazione del complesso scultoreo della fontana di piazza Navona, caratterizzati dall’esaltazione di diversi antichi obelischi egizi.

Da una ricerca nel Web eseguita da Danila Oppio appassionata di tradizioni e storia antica.

Tengo a precisare che la Chiesa cattolica ha sempre preso le distanze da tutto quanto comporta gnosi, alchimie, esoterismo e quant'altro esuli dal pensiero cristiano. Studiare la storia delle tradizioni è però istruttivo, per ogni essere umano che ha sete di conoscenza.
Il Cav. Tommaso Mondelli, per il suo ultimo libro edito nel 2018, ha voluto dare il titolo IL CERCHIO MAGICO. Ho scritto la presentazione, e una parte di essa riporta qualcosa che fa riferimento all'Uroboro. Qui sotto uno stralcio.
"Non a caso ha titolato questo suo scritto IL CERCHIO MAGICO, poiché è da millenni che l’uomo esplora la magia della Vita.
Esiste, su tutto il Pianeta, un simbolo preistorico, che ricorre in culture diverse e lontane tra di loro. Un simbolo che nel suo aspetto base è rappresentato da un cerchio con un foro al centro, un disco forato, ma che si arricchisce, secondo varie culture etniche, di altri segni simbolici.
Questo simbolo grafico lo possiamo ritrovare sotto forma di graffito, tracciato su rocce di tutti i continenti, oppure rappresentato da pietre forate all'interno di templi megalitici, disegnato da pietre allineate sul terreno o sotto forma di scultura o di rappresentazione grafica, o ancora, in forma di antico gioiello e costituito da metallo o pietra dura. La sua presenza nella storia dell'uomo risale a tempi preistorici e compare in culture lontane tra di loro come quella dei nativi americani, quella dei popoli nordeuropei, o presso gli aborigeni australiani, in Cina o anche nei templi egizi, presso gli Aztechi, i Maya, gli Etruschi.
Ancora oggi, nelle culture dei Popoli di tutto il pianeta, dai Celti agli indiani d'America, questo simbolo è comune e legato a significati profondamente mistici.
Per i nativi americani, impropriamente denominati pellerossa, il Cerchio Sacro è un simbolo fondamentale della loro cultura, poiché rappresenta la manifestazione di Wakan-Tanka, il Grande Mistero, che per tutti i nativi d'America è la massima divinità, il principio creatore su cui si regge tutto l'universo conosciuto e sta a indicare, secondo la concezione filosofica degli indiani d'America, il grande abisso che circonda l'uomo, il Mistero da cui ogni cosa proviene e nel cui Segreto si può trovare il significato dell'esistenza".
Di questo interessante testo tratterò nel prossimo post.
Danila Oppio

mercoledì, maggio 27

NEL REGNO dell'ANELLO di ANGELA FABBRI

                                   
L'uroboro, o uroburo, o uroboros o ouroboros, è un simbolo molto antico, presente in molti popoli e in diverse epoche. Rappresenta un serpente o un drago che si morde la coda, formando un cerchio senza inizio né fine.
- Nel REGNO dell’ANELLO -

(Ho camminato
mille e mille volte
nella materia e nel pensiero
E ho scritto
tutto quello che mi è accaduto
con malinconia.
Tutto
appartiene al passato
e non a me.
Io sono nata
vuota
e vuota me ne andrò.
Così
sono stata
l’ultimo vivente di RAX
un mondo che non esiste ancora
E ho veduto
cieli verdi
e mari rossi
che non hanno ancora storia.

Un uomo
si è avvicinato
in un futuro
che allora era lontano.
E molto è già accaduto.
……………………….
E tutto è già accaduto 
Lungo questo serpente che si morde la coda
Che è il tempo
e il mio respiro
e me.
Perché
cos’è la vita
se non la storia senza storia?
l’amore senza amore
la morte senza morire?
Io sono nata
e qualcuno registrò in che giorno
perché in virtù
di albe e tramonti
esiste il tempo.
Perché nessuno
può credere
davvero
che
nulla precede
e nulla segue
e nulla esiste
Nel REGNO dell’ANELLO.      )

Angela Fabbri
Da RAVENNAH, 5 anni della mia vita dall’agosto 1979 al novembre 1984