POETANDO

In questo blog raccolgo tutti gli scritti, poetici e in prosa, disegni e dipinti di mia ideazione. Recensioni stilate da me e da altri autori. Editoriali vari. Pubblico poesie, racconti e dialoghi di vari autori.Vi si possono trovare gallerie d'arte, fotografie, e quant'altro l'estro del momento mi suggerisce di pubblicare. Sulla banda destra della home page, appaiono i miei e-book poetici ed altre sillogi di alcuni autori. Così come le riviste online de L'Approdo e de La Barba di Diogene, tutto si può sfogliare, è sufficiente cliccare sulla copertina. Aggiungo che , sempre nella barra a destra della home page ci sono mie video poesie, con sottofondo musicale. E' sufficiente cliccare sull'immagine per ascoltare testo e musica, direttamente da YouTube. Tutte realizzate dalla eclettica Anna Montella., Ci sono poi i miei libri scritti nel corso di circa 10 anni. Buona lettura e buon ascolto!

sabato, settembre 24

Cronache da fine settembre: partire per tornare - di Padre Mauro Armanino



Cronache da fine settembre: partire per tornare

Come ricorda il saggio c’è un tempo per ogni cosa. Un tempo per tornare e un tempo per ripartire. Sarà pur vero che, in fondo, non c’è nulla di nuovo sotto il sole. Si trova forse, tra gli umani, qualcuno che possa dire ecco questa è una novità? C’è invece uno spettro che si aggira per Europa e non è quello preconizzato da Karl Marx e Friedrich Engels nel loro manifesto del 1848. Non è quello del comunismo, semmai quello del ‘già visto’, come l’afferma senza sconti l’ignoto Qoelet nel libro omonimo. Un’aria di solito che spira sui manifesti elettorali e l’interpretazione della politica nazionale e internazionale. Sull’uso e l’abuso dei migranti nel Mediterraneo nel consueto corteo funebre dei naufraghi abbandonati. Nella rassegnazione per la guerra prossima ventura che si avvicina con l’eutanasia dell’Occidente.  Con la programmata liquidazione economica e sociale delle famiglie e delle piccole imprese del continente europeo. 

Continua, con effimera pausa commerciale, l’igienizzazione della società con le sue diuturne paure e menzogne. Le campane elettricamente programmate senza più i campanari che perdevano l’udito col tempo, dopo aver ritmato matrimoni, funerali e feste comandate. Le chiese con le distanze da rispettare e la spruzzata sulle mani prima di comunicare con l’assoluto nel tempo. La sconcertante’ impuntualità’ dei treni di minore importanza con i biglietti più leggeri rispetto a prima. I campionati di calcio e la trasmissione pagante delle partite che accompagnano con metodica strategia ogni giorno della settimana. Si giocava la domenica e i mercoledì per le competizioni internazionali perché gli altri giorni della settimana erano lavorativi. Adesso si finge un’aria di festa che consente di andare allo stadio anche di lunedì notte. Tanto il lavoro si è fatto funzionale all’economia dello spettacolo che le ‘morti bianche assediano nel calendario.

Si soffre, di nascosto e in silenzio, di solitudine. La solitudine ‘del cittadino globale’, come profetizzava il defunto Zygmunt Bauman si coltiva con ostinazione, smantellando legami fisici per privilegiare l’insostenibile ‘leggerezza’ delle distanziazioni sociali e le discriminazioni sanitarie. Aumentano, per converso, in quantità e qualità le cure per gli animali, specie di razza canina. Essi hanno acquistato col tempo privilegi che non pochi cittadini locali o stranieri vorrebbe poter usufruire. Cibo nutriente perché vitaminizzato, psicologi specializzati in caso di depressioni canine, cliniche adatte e, per quelli in preda a malinconie amorose, bed and breakfast in zona panoramiche e arieggiate. Abiti canini confortevoli per tutte le stagioni dell’anno e, dulcis in fundo, cimiteri riservati con tanto di compagnie funebri specializzate. Chi giunge nel Bel Paese da un altrove dove il cibo, la scuola e la salute sono occasionali, non può non provare tristezza.

Partire allora, per chi scrive, dopo due mesi passati in Liguria, è come tornare alla straordinarietà della vita. Tornare dove nulla è scontato o garantito. Dal giorno che nasce alla sera che incombe improvvisa per mancanza di luce, razionata per un guasto alla centrale elettrica. Mangiare, bere, curarsi, provare a mandare i figli a scuola, pregare di trovare un lavoro o di avere un altro figlio e che arrivi puntuale il vento con la sabbia che portano i ricordi di altri tempi. Si torna dove la vita, tuttavia, non è ‘sotto controllo’ di algoritmi che pensano quello che è meglio per gli umani che si sbagliano quando devono votare.

Fortuna volle che, nella città di Chiavari, chiedessi ad alcuni bambini cosa vorrebbero portassi ai bambini che rincontrerò nella comunità che ho lasciato a Niamey, in Niger. Una bimba ha risposto dicendo di portare loro il messaggio che ‘ noi gli vogliamo bene’. Questa frase, assieme a tutti volti amici senza maschere, è tutto ciò che metterò nella valigia.

Mauro Armanino, Casarza Ligure,

 25 settembre, 2022

Aggiungo tre foto della presentazione dell'ultimo libro di Padre Armanino, L'ISOLA DELLE SPERANZE RUBATE-Diario di bordo dal Sahel. L'immagine di apertura l'ho scelta dal Web, mi è sembrata emblematica e molto adatta al testo del padre missionario, che presto tornerà a Niamey.



domenica, settembre 18

POESIA SBAGLIATA di DANILA OPPIO e versione corretta da PADRE NICOLA GALENO OCD

Anni fa, forse era il 2017, scrissi questa poesia. L'altro giorno, per far ridere un poco, l'ho inviata a Padre Nicola Galeno OCD, il quale si è divertito a trasformala in decasillabi. Non curo molto la metrica, e secondo lui non l'avevo rispettata. Quindi qui le due versioni, prima la mia e poi la sua. 





LA GIRANDOLA DELLE PAROLE - LIMBIATE - MB - PREMIAZIONE quarta Edizione Concorso 2022

 Quest'anno non ho potuto partecipare al Concorso organizzato dalla Pro-Loco di Limbiate, ma mi sento molto legata a questa manifestazione. Con molto piacere pubblico alcune foto della cerimonia di premiazione, che ha avuto la presenza del Presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana.








Mi congratulo con gli organizzatori della Pro Loco, in particolare con Rita Iacomino che ne è la presidente esecutiva.

Danila Oppio

sabato, settembre 17

Altro lavoretto di Danila Oppio

 Con un solo calzino, ho creato questo bebè.

Danila 






QUELLA CROCE ALLA DERIVA NEL MEDITERRANEO di P. MAURO ARMANINO

 


Croce di legno di noce

Quella croce alla deriva nel Mediterraneo

Lui porta le dimensioni di un bimbo di quattro anni. Una piccola croce di legno buono, legno di noce, fabbricata su misura per lui. Si chiamerà per sempre Loujin Ahmed Nasif, siriano di nascita e, in ultimo, cittadino del Mare Mediterraneo. Naviga alla deriva, la piccola croce scortata da quattro barche vuote, trovatesi non per caso nelle acque territoriali della Libia. Formano un silente e mesto corteo, allietato solo dal volo dei gabbiani che sembrano suonare, nel vento, l’ultima melodia rubata alla terra. La piccola croce di legno danza tra le onde che, come da millenni hanno imparato a fare, la cullano con materna dolcezza.

Lui aveva quattro anni e, secondo l’ong S.O.S. Méditerranée che l’ha raccolto, si trovava alla deriva da dieci giorni. Fame, sole e sete per lui ed altre 60 persone tra cui altre bambine ancora più piccole di lui. Sarebbe bastato poco per soccorrerli e, nell’ossequio alle antiche leggi del mare, salvarli dall’iniqua morte. Giunti e scomparsi nel mare. Di nascosto, come per vergogna, giusto per fuggire le guerre dei grandi che non finiscono mai. Sotto gli occhi lontani, distratti, assenti di chi, nello stesso mare ma dall’altra sponda, assapora gli ultimi giorni di un riposo che per loro si è fatto eterno.

Scomparsi malgrado gli strumenti di controllo e di intercettazione ogni volta più efficaci e sofisticati. Quattro barche vuote che scortano una piccola croce di legno buono, legno di noce, fabbricata su misura per lui. Dieci giorni alla deriva con in mezzo la croce del bimbo, protetta dalle onde del mare. Anch’esse, a modo loro, scappano e ripartono non appena giunte a riva. Erano una sessantina a bordo del peschereccio alla deriva da dieci giorni. Non si sa invece quanti passeggeri portassero le quattro barche trovate vuote, una delle quali senza motore. Il destino di questa gente rimane a tutt’oggi sconosciuto. Di sicuro c’è la data, il 24 agosto, una piccola croce, fabbricata su misura per lui e il complice silenzio nostro.


Mauro Armanino, Casarza Ligure,

 18 settembre 2022


ça va sans dire di ANNA MONTELLA


 

giovedì, settembre 15

L'ISOLA DELLE SPERANZE RUBATE - Diario di bordo dal Sahel di P. MAURO ARMANINO


PRESENTAZIONE 
A cura di MARCO AIME


«In una nota all'Accademia delle Scienze del 1900, Auguste Chevalier faceva nascere la zona sud-sahariana del Sahel oggi riconosciuta dal mondo scientifico». Così, alla fine di una discussione accademica è nata la nozione di Sahel, parola che in arabo vuole dire “sponda”. Ma cos’è davvero il Sahel? Potremmo limitarci a dire che è una striscia lunga 8500 Km, vasta circa 6 milioni di kmq, che attraversa 12 Stati (Gambia, Senegal, Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger, Nigeria, Camerun, Ciad, Sudan, Sud Sudan ed Eritrea), definita più dalle sue caratteristiche climatiche, ambientali e sociali che non da quelle geografiche o politiche. Non è semplice indicare i confini del Sahel: a nord chi è in grado di tracciare un confine netto con il Sahara? Sabbia e terra vanno via via fondendosi e ogni sera la prima sembra aver vinto la battaglia quotidiana. A sud, invece, la zona semi-arida sfuma progressivamente nelle verdi savane delle grandi pianure solcate dai fiumi che si gettano nell’oceano. 
Ma potremmo anche dire che esiste più di un Sahel: quello climatico-ambientale; quello storico, legato ai grandi regni dell’oro e alla religione islamica, quello culturale, caratterizzato dall’incontro tra la cultura araba e quella locale e oggi quello bellico-strategico, in cui si gioca una grande partita tra il terrorismo jihadista, gli stati saheliani, le potenze straniere e la popolazione.
I limiti del Sahel climatico-ambientale coincidono più o meno con le linee pluviometriche: da 100 mm/anno a nord, 600 a sud. Quando le piogge rimangono sotto i 150 mm/anno, la vegetazione non riesce a raggiungere una consistenza tale da rallentare il trasporto di sabbia del vento sahariano.
Per chi arrivava da nord, era la terra in cui l’Africa ricominciava a vivere, a essere popolata; per chi arrivava da sud era l’inizio della fatica e della solitudine. Una frontiera vera e propria, dove a incontrarsi non sono state solo le sabbie sahariane con le terre umide della savana, ma anche la tradizione delle popolazioni locali legate al mondo nero con la cultura islamica, venuta dall’est e giunta da queste parti attorno all’anno Mille. Le diverse combinazioni di queste due espressioni hanno dato vita a culture specifiche, che spesso mescolano tratti dell’una o dell’altra, facendole convivere in una dimensione nuova.
È di questa cicatrice sul mondo, che ci parlano i racconti di Mauro Armanino, di piccole/grandi storie quotidiane, che partono dal basso, per aprirci lo sguardo su un orizzonte molto più ampio, fatto di drammi quotidiani, di sofferenze per il clima e per la mano crudele di certi uomini. Storie che partono da lontano, per arrivare fino a noi, così come molte donne, uomini e bambini, sono partiti da lontano, per cercare qui un futuro migliore. Le storie che Armanino ci racconta, con il suo stile scarno, asciutto, non sono ammantate di esotismo, e se c’è un “mal d’Africa” è quello degli africani che ci vivono, non degli europei affascinati da quel continente. Storie che ci sono vicine, perché potrebbero insegnarci a capire che il nostro destino è inevitabilmente legato quelle persone, a quei villaggi a quelle savane aride.
Intanto, un’Europa schizofrenica (o ipocrita) da un lato si proclama portatrice di valori come uguaglianza, democrazia e libertà, e dall’altra investe sempre più denaro in armi e operazioni militari per fermare chi fugge da una tragedia. Peggio, subappalta il lavoro sporco a Paesi come Libia o Turchia, lavandosi così le mani, spostando i propri confini al limite del Sahara. 
Come sempre accade è un problema di frontiere. Quelle frontiere della cui creazione spesso accusiamo la natura. La natura è assolutamente innocente rispetto alle nostre malefatte. Siamo noi, che per decreto, trasformiamo un fiume, una catena montuosa o molto più spesso una linea immaginaria, in frontiera e come ci dice Padre Armanino, la frontiera che è dentro di noi, è la più pericolosa, perché genera tutte le altre.

mercoledì, settembre 14

BAMBOLINE - conservare e riutilizzare - di DANILA OPPIO

 Ora che non fa più tanto caldo, sono riuscita a divertirmi un poco, questo grazie alla mia abitudine di non buttare mai nulla:

keep everything can still be useful

Ho cominciato con le bamboline. In questo caso ho usato calzini spaiati, ancora in buono stato, calzamaglia rosa per bambina, panno lenci e poco altro. 
Per la bambolina porta sapone, l'ultima della serie, ho usato un fazzoletto da taschino, bordato di pizzo. 










Domani realizzerò qualche altro soggetto. Se avrò tempo a disposizione...
Danila

domenica, settembre 11

Péchés de vieillesse di ROBERTO VITTORIO DI PIETRO

 





















CRONACHE ITALICHE DI SETTEMBRE: VOCE DEL VERBO TRADIRE di P. MAURO ARMANINO


Cronache italiche di settembre:
 voce del verbo tradire


Vivere è tradire e tradirsi. Consegnare e tradire camminano assieme e non da oggi. Se tradire, dall’etimologia latina, significa ‘consegnare al nemico’, allora il tradimento è costitutivo della nostra vita. La tradizione, mentre consegna ‘tradisce’ ciò che è tenuta a trasmettere alle generazioni prossime e lontane. Sulla facciata, in restaurazione, del duomo di San Lorenzo di Genova, ad esempio, accanto alla zona autentica della cattedrale c’è una larga parte coperta da un telo che ne raffigura la parte in riparazione. Un’area non piccola della facciata stampata sul telone, porta una grande foto sulla quale, accanto ad un cuoco e due signore, compare la scritta ‘ Ti insegniamo a dimagrire mangiando, abbonati su: prevenzione a tavola.it’! Nulla da eccepire sul messaggio e il suo contenuto mentre non altro verbo si dovrebbe usare per commentare il luogo sul quale la pubblicità è apparsa: tradire. Certo chi ha contribuito a finanziare l’opera non l’ha fatto gratuitamente e in fondo il fine giustifica i mezzi. Almeno così appare a prima vista per chi legge il messaggio affisso sulla facciata della cattedrale genovese.  La tradizione è un tradimento.
Accade anche e soprattutto per la Costituzione della Repubblica italiana. Fondata sul lavoro, affida ai cittadini la loro piena sovranità e ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli. Esclude la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Tradire, come detto sopra, significa ‘consegnare ai nemici’. Essi, non da oggi, sono molti e sono i nemici della pace e della giustizia. Stiamo passando alle generazioni che ci sono state affidate, la preziosa eredità di parole frutto dalla sofferta resistenza al ventennio fascista. Sono state in fretta tradite dalle scelte politiche degli anni che gli hanno succeduto. Il Bene Comune, infatti, preziosa eredità delle varie anime che hanno condiviso l’epoca delle Resistenza, si è gradualmente trasformato nella dittatura delle minoranze aventi il potere finanziario. Fiancheggiati e venduti ai politici con mezzi di persuasione compiacenti, il tradimento si è gradualmente fatto strada con l’appoggio esterno del potere spirituale, connivente. 
Dal tradimento delle parole scaturisce quello dell’ambito politico. Esso si vorrebbe, appunto, come l’espressione del ‘discorso’ che mette al suo centro un progetto di società aderente ai dettati suggeriti dalla Costituzione. Ecco perché, a pochi giorni da un momento elettorale particolarmente delicato, l’astensione probabile di molti cittadini dal voto, esprime sfiducia e rifiuto di QUESTA forma di fare politica. Si tratta infatti non tanto di ‘fare’ politica ma di ‘essere’ la politica che si vorrebbe creare. Questo l’insegnamento, tra gli altri di don Lorenzo Milani, di Giorgio La Pira e dei padri costituenti. Il tradimento dei contenuti portanti delle ‘Attese della povera gente’, come scrisse La Pira, è difficilmente perdonabile dagli elettori che assistono, allibiti, alla gestione della politica come ’Attesa dei ricchi e abbienti’! 
Essi saranno tutti quanti processati e tra loro anche quella parte del popolo che si è lasciata sedurre, con abituale noncuranza dalle false promesse dei mercanti di parole che hanno nel frattempo prosperato. Il processo è già cominciato. Il tribunale sarà composto dai traditi e da tutti coloro i cui nomi erano già stati scritti sulla sabbia e sulle onde del mare.


       Mauro Armanino, Padova, settembre 2022

venerdì, settembre 9

PHILIP E' VENUTO DA ME OGGI... poesia di JOANNE BOYLE


Phillip came to me today, 
and said it was time to go. 
I looked at him and smiled,
as I whispered that "I know"
I then turned and looked behind me, 
and seen I was asleep. 
All my Family were around me, 
and I could hear them weep. 
I gently touched each shoulder, 
with Phillip by my side. 
Then I turned away and walked, 
with My Angel guide. 
Phillip held my hand, 
as he lead the way, 
to a world where Kings and Queens, 
are Monarch's every day. 
I was given a crown to wear
or a Halo known by some. 
The difference is up here, 
they are worn by everyone. 
I felt a sense of peace, 
my reign had seen its end. 
70 years I had served my Country, 
as the people’s friend. 
Thank you for the years, 
for all your time and love. 
Now I am one of two again, 
in our Palace up above.

This poem I believe was written by a lady called Joanne Boyle
 
Phillip è venuto da me oggi,
e ha detto che era ora di andare.
L'ho guardato e ho sorriso,
mentre sussurravo che "lo so"
Poi mi sono girata e ho guardato dietro di me,
e vidi che stavo dormendo.
Tutta la mia famiglia era intorno a me,
e potevo sentirli piangere.
Ho toccato dolcemente ogni spalla,
con Phillip al mio fianco.
Poi mi sono girata dall'altra parte
 e ho camminato,
con il mio angelo guida.
Phillip mi ha tenuto la mano,
mentre indica la strada,
verso un mondo dove re e regine,
sono dei Monarch ogni giorno.
Mi diede una corona da indossare
o un’aureola conosciuta da alcuni.
La differenza è quassù,
è indossata da tutti.
Ho provato un senso di pace,
il mio regno vide la sua fine.
Per 70 anni ho servito il mio Paese,
come amico dei popoli.
Grazie per gli anni,
per tutto il tuo tempo e amore.
Ora sono di nuovo uno dei due,
nel nostro Palazzo lassù.


Questa poesia credo sia stata scritta da una signora di nome Joanne Boyle

Ricevuta dalla mia cugina australiana Mara Foard


Ho trovato lo stesso poema nella sola versione inglese, su 

Ma neppure qui trovo il nome dell'autore o dell'autrice, spero che mia cugina abbia riportato il nome esatto di chi l'ha scritto.



lunedì, settembre 5

Jennifer Lopez - Let's Get Loud (from Let's Get Loud)

UN MILIONE DI DOMANDE (sull'amore ed altre faccende) di DANI DANI BRUNI

 



UN MILIONE DI DOMANDE (Sull’amore ed altre faccende)
Di Dani Dani Bruni

Impressioni di lettura di Danila Oppio

Ho cominciato a leggere e sono andata avanti senza respiro, pagina dopo pagina, tanto il contenuto è avvincente.

Scritto in forma semplice, quasi fosse una conversazione tra amiche, come se la protagonista del romanzo fosse di fronte a me, a raccontarmi della sua vita fin da quando era piccola.

L’autrice non ha cercato parole raffinate, per raccontare la storia, ha utilizzato un linguaggio discorsivo. Il racconto si snoda lungo tutta l’esistenza della protagonista da quando era piccina, fino ai tempi nostri o quasi. Ambientato a San Benedetto del Tronto, risente del sistema educativo della gente del luogo, dei timori di “fare brutta figura” se si racconta in giro quel che deve restare nel privato. Quel che pensa la gente, influisce sulle decisioni da prendere, e il padre, come capofamiglia, ha potere decisionale su ogni membro di casa.
Non racconto la trama del libro, poiché lascio ai lettori il piacere di leggere la narrazione e trarre le proprie impressioni.
Si tratta di un lungo racconto basato su quanto potrebbe accadere, o forse è accaduto realmente, nella vita di una donna. 
Sprazzi di psicologia che delineano la ricerca dell’autrice, per evitare di farsi prendere nella morsa del dolore, e liberarsi così da stati d’animo negativi. 
Le mie sensazioni di lettura sono state positive, trainate dalle citazioni di testi tratti dai brani dei Pooh, cui l’autrice ha voluto ricordare in questo libro. 
Un libro da leggere sicuramente, che potete trovare qui poiché edito in self-publishing su KDP di Amazon.



Danila Oppio


sabato, settembre 3

NAVI BIANCHE E NAVI DI NESSUNO di P. MAURO ARMANINO




                        Navi bianche e navi di nessuno 


…‘Tra il 1941 e il 1943 quattro transatlantici della Marina mercantile italiana - Saturnia, Vulcania, Giulio Cesare e Caio Duilio – furono appositamente trasformati nelle cosiddette Navi Bianche per riportare in patria dall'Africa Orientale Italiana 30.000 civili prelevati dalle loro case dopo l'occupazione del 1941 e rinchiusi nei campi di concentramento britannici: donne, anziani, invalidi e tantissimi bambini’… (Massimo Camorani, Dalle navi bianche alla linea Gotica 1941- 1944).
Dovevo tornare dal Niger per imbattermi con questo pezzo di storia per me sconosciuta e particolarmente eloquente. Mi ha particolarmente incuriosito quello delle ‘Navi Bianche’ che furono chiamate tali perché colorate di bianco con una grande Croce Rossa. Ciò per essere meglio identificate e dunque evitare di essere un facile bersaglio di guerra. Si trattava di bastimenti che riportarono migliaia di connazionali in patria in seguito alla rapida dissoluzione dell’impero coloniale italiano in Africa Orientale ad opera degli inglesi.  
E fu così che, sempre secondo il diario del citato Massimo Camorani, ’dopo mesi nei campi di prigionia trascorsi in proibitive condizioni climatiche, igieniche, alimentari e sanitarie, i rimpatriandi si trovarono ad affrontare un percorso lunghissimo e difficile di circumnavigazione dell'Africa, poiché il governo britannico non aveva concesso il passaggio dal Canale di Suez....tre viaggi, ognuno dei quali, tra andata e ritorno, durava tre mesi, su una distanza di oltre 23.000 miglia’…





Le navi di nessuno, invece, sono quelle che oggi, in circostanze analoghe, imbarcano persone che fuggono dalle prigioni libiche, ivi internate per tentare di fuggire da altri ‘inferni’ meno noti ma ugualmente mortali. Piuttosto che navi usano gommoni e non devono circumnavigare l’Africa. Sfidano quel Mediterraneo che, invece di essere un ‘ mare di mezzo’, viene camuffato in cimitero marino incustodito. … ‘I sopravvissuti ancora a bordo sono 460 e le condizioni di molti di loro non sono buone. Soccorsi dopo tre giorni sotto il sole, senza cibo né acqua, sono disidratati, presentano ustioni da carburante, gravi ferite e infezioni non curate e segni fisici e psicologici delle violenze e delle torture subite nei campi di detenzione libici’. (Messaggio di S.O.S. Mediterranée del 30 agosto 2022)
Un popolo che smarrisce la memoria rischia di smarrirsi a sua volta nel mare dell’indifferente ipocrisia del tornaconto economico ed elettorale. 



Mauro Armanino, Casarza Ligure, 
4 settembre 2022