POETANDO

In questo blog raccolgo tutti gli scritti, poetici e in prosa, disegni e dipinti di mia ideazione. Recensioni stilate da me e da altri autori. Editoriali vari. Pubblico poesie, racconti e dialoghi di vari autori.Vi si possono trovare gallerie d'arte, fotografie, e quant'altro l'estro del momento mi suggerisce di pubblicare. Sulla banda destra della home page, appaiono i miei e-book poetici ed altre sillogi di alcuni autori. Così come le riviste online de L'Approdo e de La Barba di Diogene, tutto si può sfogliare, è sufficiente cliccare sulla copertina. Aggiungo che , sempre nella barra a destra della home page ci sono mie video poesie, con sottofondo musicale. E' sufficiente cliccare sull'immagine per ascoltare testo e musica, direttamente da YouTube. Tutte realizzate dalla eclettica Anna Montella., Ci sono poi i miei libri scritti nel corso di circa 10 anni. Buona lettura e buon ascolto!

mercoledì, agosto 30

Jerry Hasani - Mostrami La Chiave (Official Video)


Per Jerry ho dedicato una mia poesia perché lo vedete com'è? Eppure vuole cantare, l'unico modo per volare, anche se è costretto su una sedia a rotelle. 
Volare da fermo
(dedicata a Jerry che nonostante la sua disabilità 
scrive testi musicali e canta rap)

I piedi miei sono incapaci
non sanno condurmi
dove vorrei andare.
All’improvviso,
due argentee ali
mosse dal solo pensiero  
mi sollevano in alto
indicandomi il sentiero.

E fu musica!

Ecco che ogni cosa 
diventa reale. Volo...
io, che non posso
camminare, certo ormai
d’esser finito in un fosso
spoglio di fantasia,
o – ancor peggio -
scevro di poesia.

Seppur nato disabile
Scoprii che m’eran spuntate
un bel paio d’ale!
Ed ora posso anche volare
pur senza camminare, d’incanto
verso lontani orizzonti cobalto
ho superato lo scoglio scosceso 
con un lungo impegnativo salto. 

E fu musica! 

Danila Oppio
 

Di Derre: "Syk" (Jo Nesbø) - 22.11.13

OMBRELLI RUBATI di DANILA OPPIO

 



Ombrelli rubati 

dal vento malandrino, 

s'innalzano festosi

 verso un cielo imbronciato,

 che piange sulle umane miserie, 

eppure, i loro sgargianti colori, 

dipingono di rosso e azzurro 

il piatto grigiore sul mondo. 

(Venuta così, tout à coup qualche anno fa)

Danila Oppio


GALLERIA D'ARTE: NORMA TROGU

 


Riscrivendo il mondo


SIKKERHEITS FESTIVALEN a LILLEHAMMER e Jo Nesbø - editoriale di DANILA OPPIO


Breve biografia di Jo Nesbø

 Jo Nesbø è nato nel 1960 ad Oslo ed è cresciuto a Molde in Norvegia. Tracciare la sua biografia non è semplice, faremmo prima a elencare cosa non abbia fatto nella sua carriera rispetto alle sue tante professioni e occupazioni.

Si laurea in Economia presso la Norwegian School of Economics and Business Administration e prima di diventare scrittore è stato uno sportivo. Ha giocato a calcio – come il fratello – con il Molde, squadra con cui vanta importanti successi come la vincita del Norgesmesterskapet G19 1978, la competizione nazionale riservata ai calciatori Under-19.

Lavora per alcuni anni sia come giornalista free-lance, sia come broker in borsa, unendo le sue due passioni: l’economia e la scrittura.

Il primo romanzo giallo è Flaggermusmannen (Batman) con cui ottiene un successo immediato in patria, scalando le più importanti classifiche in tempi rapidi. Il romanzo è il primo della serie del detective Harry Hole, un vero e proprio antieroe tormentato e violento ma con un’innata e spiccata abilità investigativa. Nel 1998 vince il Glass Key Award per il miglior romanzo giallo norvegese.

Da questo romanzo pubblicherà altre opere con protagonista sempre il detective Harry Hole, come per esempio Il pipistrello (2014), Scarafaggi (2015), Il pettirosso (2006), Nemesi (2008), La ragazza senza volto (2009), L’uomo di neve (2010), Il leopardo (2012) Lo spettro (2012).

Altre due importanti saghe sono: la serie del Dottor Prottor e la serie il Pescatore. La serie del Dottor Prottor è dedicata ai ragazzi con avvincenti avventure di uno scienziato un po’ pazzo. In Italia è stato molto apprezzato dal pubblico con il libro Il cacciatore di teste (2013), un noir dalla trama avvincente che ha consolidato la fama di Nesbo come scrittore abile nel costruire storie solide ricche di suspense e colpi di scena.

Vince il Premio Norwegian Book Club 2008 nella categoria Miglior romanzo con L’uomo di neve e nel 2018 ottiene il Premio Chandler.

Dopo molti thriller, storie per bambini, saggi e racconti Nesbo si dedica inaspettatamente a una delle figure più emblematiche della letteratura inglese: William Shakespeare. Decide infatti di comporre un inedito rifacimento di Macbeth, scrivendo un vero e proprio noir ambientato durante i Settanta in una città della Gran Bretagna. Riprende totalmente la trama shakespeariana e con sé i suoi personaggi e le tragiche avventure restituendo all’autore inglese una contemporaneità mai affrontata sinora.

Oltre alla carriera di scrittore Nesbo è un musicista, un cantante per la precisione. È membro della band Di Derre con la quale ha inciso e pubblicato vari album. È del 2001 il suo esordio, invece, come solista con l’album Karusellmusikk.

È anche attore in vari film, tra cui va ricordato Hodejegerne del 2011, una pellicola tratta da un suo omonimo romanzo.

Pubblicato in più di 50 lingue, Nesbo è tra gli scrittori più amati nel panorama internazionale. Se non hai mai letto niente ti invitiamo a cominciare proprio con un bel giallo con protagonista il suo beniamino Harry Hole.

Qualche copertina delle sue molteplici opere letterarie:

Mio figlio è stato invitato a partecipare al SIKKERHEITS FESTIVALEN che si è è tenuto a Lillehammer nei giorni 28-29-30 agosto 2023 e che termina quindi oggi, dove ha presentato un suo progetto.

 Ecco l'invito:

IL MINISTRO DELLA DIFESA BJØRN ARILD GRAM APRE IL FESTIVAL DI QUEST'ANNO!


Siamo lieti di informarvi che il Ministro della Difesa Bjørn Arild Gram terrà il primo discorso durante il Festival della Sicurezza di quest'anno! Insieme al presentatore Torgeir Waterhouse e al presidente dell'ISF Magnus Ask, aprono il Safety Festival 2023! Siamo ansiosi di sentire il Ministro della Difesa condividere il lavoro del governo in materia di sicurezza e difesa in un momento di disordini in Europa.

Ieri sera, dopo la cena conviviale dove hanno partecipato quasi 1.400 persone tra conferenzieri e ascoltatori, alla fine sul palco sono saliti due musicisti, uno di questi era proprio lo scrittore Jo Nesbø, con cappellino e occhiali! 



Che dire? Io non c'ero, ma le foto e i video (dai quali ho ripreso le immagini) le ho ricevute in diretta da Lillehammer. 
Sulla punta settentrionale del lago di Mjøsa, a 190 chilometri a nord di Oslo e a 60 chilometri da Hamar, la cittadina di Lillehammer è una delle principali stazioni sciistiche della Norvegia. Scelta nel 1994 per ospitare i Giochi Olimpici invernali, questa cittadina giovane e vivace ha eccezionali piste per lo sci di fondo, dozzine di piste da discesa, pendii illuminati per lo sci di fondo, trampolini di salto, un campo da hockey e una pista da bob. Molto amata anche nel periodo estivo, Lillehammer ha una zona pedonale, Storgata, dove rilassarsi con un po’ di shopping o sorseggiare un drink. Molto interessanti il Kunstmuseum e il Museo di Maihaugen, poco distante dal centro. - https://www.norvegia.com/est/lillehammer/

Danila Oppio

sabato, agosto 26

A COSA SOMIGLIA IL GOLPE MILITARE NEL NIGER di P. MAURO ARMANINO

A cosa somiglia il golpe militare nel Niger

 È il quinto della serie nel Paese dopo l’indipendenza ottenuta dalla Francia, come molti altri Paesi africani, nel 1960. Lo stadio nazionale di Niamey porta il nome del presidente Seyni Kountché, il militare autore del primo colpo di stato una dozzina d’anni dopo l’indipendenza citata. Nel breve arco della Repubblica si è visto il possibile e l’inimmaginabile in uno stato di diritto. Il Presidente militare Baré Mainassara, ad esempio, è stato barbaramente trucidato nel 1999 all’aeroporto della capitale dalla sua guardia ravvicinata. Gli autori del delitto e i mandanti non sono mai stati, a tutt’oggi, perseguiti penalmente. Il quinto golpe, in fase di sviluppo, appare singolare anche per la creativa modalità di esecuzione.

Il Presidente deposto, Mohamed Bazoum, si trova infatti prigioniero nel piano inferiore del suo palazzo e chi ha compiuto il golpe sono i militari della Guardia Presidenziale, in sé destinati a proteggerlo da quanto accaduto. Gli altri corpi militari si sono gradualmente allineati con gli autori del putsch che ha rovesciato il regime della settima Repubblica e sospeso la Costituzione con i partiti politici. Le minacce di intervento armato e le sanzioni economiche e politiche non hanno dato, almeno finora, nessun risultato di rilievo se non quello di compattare buona parte della popolazione attorno ai militari. Quanto al golpe stesso, atipico nell’esecuzione, contribuisce a creare, nel cuore della città un misto di sentimenti ed emozioni.

Nel frattempo, il Consiglio Nazionale per la Salvaguardia della Patria, CNPS, ha provveduto alla nomina di un nuovo primo ministro, dei ministri e dei governatori (militari) nelle differenti regioni in cui è suddivisa l’amministrazione del Paese. Ogni domenica e a volte anche durante la settimana, si assiste a manifestazioni popolari di appoggio alla giunta militare specie quanto più forte suonano i ‘tamburi di guerra’ della Comunità degli Stati dell’Africa Occidentale, Cedeao. Per il resto, per la gente comune, tutto continua come sempre e la quotidiana lotta per l’esistenza si conferma e rafforza con le interruzioni più lunghe di luce, l’aumento dei prezzi e le frontiere che bloccano i camion pieni di mercanzie deperibili.

Nell’aria della capitale c’è un senso di incompiutezza e di attesa di ulteriori sviluppi che bene potrebbe esprimere il dramma di Samuel Beckett ‘Aspettando Godot’. Il protagonista che ha invitato i personaggi sulla scena e che non arriverà mai. I suoi vari porta parola ripetono che Godot manda a dire che arriverà non ora ma ‘certamente domani’. Proprio questo sentimento di accadimento di un qualcosa o qualcuno sembra caratterizzare il momento di questo strano putsch. Tra tentativi di mediazione più o meno felici e minacce ricorrenti di intervento armato, scorre come il fiume Niger il sopravvivere quotidiano della gente qualunque. Chi più di lei, la sabbia, che tutto ascolta, sopporta e accoglie può comprendere che il colpo di stato si realizza nell’attesa di ‘Godot’ che, certamente, arriverà domani.

             Mauro Armanino, Niamey, agosto 2023

NDR: Samuel Barclay Beckett è stato un drammaturgo, scrittore, poeta, traduttore e sceneggiatore irlandese

Nascita: 13 aprile 1906, Foxrock, Irlanda

Morte: 22 dicembre 1989, Parigi, Francia


venerdì, agosto 25

SCULTURE TANTO STRAORDINARIE DA CREDERE VERE! di DANILA OPPIO

Sembrerebbe un lavoro ad uncinetto, ma al contrario è una scultura dell'artista greco Argiris Rallias, membro dell'accademia delle belle arti di Carrara. Naturalmente eseguito su marmo di Carrara. Capolavoro.

IL DISINGANNO


Francesco Queirolo, 1753-54.

É della stessa bravura dello scultore che ha realizzato la "rete" del "Disinganno" nella cappella san Severo a Napoli. 

Francesco Queirolo (Genova, 1704 – Napoli, 1762) 

Il capolavoro del Queirolo è senza dubbio il Disinganno, opera dedicata da Raimondo di Sangro al padre Antonio, duca di Torremaggiore. Dopo la prematura morte della moglie, Antonio si diede a un’esistenza avventurosa e disordinata, affidando il figlio alle cure del nonno Paolo. “Asservito – come ricorda la lapide dedicatoria – alle giovanili brame”, il duca viaggiò per tutta Europa, ma in vecchiaia, ormai stanco e pentito degli errori commessi, tornò a Napoli, ove trascorse gli ultimi anni nella quiete della vita sacerdotale.

Il gruppo scultoreo descrive un uomo che si libera dal peccato, rappresentato dalla rete nella quale l’artista genovese trasfuse tutta la sua straordinaria abilità. Un genietto alato, che reca in fronte una piccola fiamma, simbolo dell’umano intelletto, aiuta l’uomo a divincolarsi dalle maglie intricate, mentre indica il globo terrestre ai suoi piedi, simbolo delle passioni mondane; al globo è appoggiato un libro aperto, la Bibbia, testo sacro ma anche una delle tre “grandi luci” della Massoneria. Il bassorilievo sul basamento, con l’episodio di Gesù che dona la vista al cieco, accompagna e rafforza il significato dell’allegoria.

Nell’Istoria dello Studio di Napoli (1753-54) Giangiuseppe Origlia definisce a ragione questa statua “l’ultima pruova ardita, a cui può la scultura in marmo azzardarsi”: il riferimento è ovviamente alla virtuosistica esecuzione della rete, che lasciò sgomenti celebri viaggiatori sette-ottocenteschi e continua a stupire i turisti odierni. A tal proposito, si tramanda che – come era già avvenuto al Queirolo anni prima nella realizzazione di un’altra statua – lo scultore dovette personalmente passare a pomice la scultura poiché gli artigiani dell’epoca, specializzati proprio nella fase di finitura, si rifiutarono di toccare la delicatissima rete per paura di vedersela frantumare sotto le mani.

IL SIGNIFICATO DELL'OPERA

Il Disinganno, come attesta ancora l’Origlia, è un’opera “tutta d’invenzione del Principe, e nel suo genere totalmente nuova”, non ritrovandosene altra simile né tra gli antichi né tra i moderni. Tale monumento ha, non a caso, una simbologia ricca e complessa. Il richiamo al contrasto tra luce e tenebre, evocato dall’allegoria principale nonché dal bassorilievo (con la frase “Qui non vident videant”) e dai passi biblici incisi nel libro aperto, appare un chiaro riferimento alle iniziazioni massoniche, in cui l’iniziando entrava ritualmente bendato per poi aprire gli occhi alla nuova luce della Verità custodita dalla Loggia. Bellissima la dedica composta da Raimondo, in cui la vita del padre viene posta a immortale esempio della “fragilità umana, cui non è concesso avere grandi virtù senza vizi”.

IL CRISTO VELATO


GIUSEPPE SANMARTINO, 1753

Giuseppe Sammartino (Napoli, 1720 – 1793) è considerato uno dei maggiori virtuosi della scultura del Settecento in Italia, noto soprattutto per la scultura del Cristo velato nella cappella di Sansevero di Napoli, che è sempre stata oggetto di interesse per l’abilità e la maestria con cui l’artista è riuscito a replicare la leggerezza del velo attraverso l’utilizzo del marmo. La statua ha avuto moltissima fortuna negli anni, al punto che venne visitata più volte da grandi artisti come Antonio Canova e iniziarono a diffondersi diverse leggende intorno alla reale natura del velo, secondo alcuni troppo sottile per essere davvero di marmo (molti ritenevano, infatti, che si trattasse di un reale tessuto cristallizzato secondo processi esoterici).

Vennero compiute alcune analisi e ricerche mirate per confermare che effettivamente Sammartino aveva realizzato il velo in marmo e lo aveva lavorato in maniera magistrale, così come era stato richiesto dal committente Raimondo di Sangro, principe di Sansevero. Il successo del Cristo velato garantì allo scultore numerose commissioni tra la Campania e la Puglia, nella seconda metà del Settecento. Inoltre, venne chiamato spesso su cantieri di altre opere per la propria competenza e consulenza, affermandosi dunque come artista degno di elevata stima tra i suoi contemporanei.“Una statua di marmo scolpita a grandezza naturale, rappresentante Nostro Signore Gesù Cristo morto, coperto da un sudario trasparente realizzato dallo stesso blocco della statua.”

Dal documento contabile firmato da Raimondo di Sangro a favore di Giuseppe Sanmartino per la realizzazione della statua. COSÌ PERFETTO DA SEMBRARE TESSUTO

La fama di alchimista e audace sperimentatore di Raimondo di Sangro ha fatto fiorire sul suo conto numerose leggende. Una di queste riguarda proprio il velo del Cristo di Sanmartino: da oltre duecentocinquant’anni, infatti, viaggiatori, turisti e perfino alcuni studiosi, increduli dinanzi alla trasparenza del sudario, lo hanno erroneamente ritenuto frutto di un processo alchemico di “marmorizzazione” compiuto dal principe di Sansevero.

LA VERITÀ SUL VELO

In realtà, il Cristo velato è un’opera interamente in marmo, ricavata da un unico blocco di pietra, come si può constatare da un’osservazione scrupolosa e come attestano vari documenti coevi alla realizzazione della statua. Ricordiamo tra questi un documento conservato presso l’Archivio Storico del Banco di Napoli, che riporta un acconto di cinquanta ducati a favore di Giuseppe Sanmartino firmato da Raimondo di Sangro (il costo complessivo della statua ammonterà alla ragguardevole somma di cinquecento ducati).

Nel documento, datato 16 dicembre 1752, il principe scrive esplicitamente: “E per me gli suddetti ducati cinquanta li pagarete al Magnifico Giuseppe Sanmartino in conto della statua di Nostro Signore morto coperta da un velo ancor di marmo…”. Anche nelle lettere spedite al fisico Jean-Antoine Nollet e all’accademico della Crusca Giovanni Giraldi, il principe descrive il sudario trasparente come “realizzato dallo stesso blocco della statua”. Lo stesso Giangiuseppe Origlia, il principale biografo settecentesco del di Sangro, specifica che il Cristo è “tutto ricoverto d’un lenzuolo di velo trasparente dello stesso marmo”.

UN CAPOLAVORO RICAVATO DA UN UNICO BLOCCO DI MARMO

Il Cristo velato è, dunque, una perla dell’arte barocca che dobbiamo esclusivamente all’ispiratissimo scalpello di Sanmartino e alla fiducia accordatagli dal suo committente. Il fatto che l’opera sia stata realizzata da un unico blocco di marmo, senza l’aiuto di alcuna escogitazione alchemica, conferisce alla statua un fascino ancora maggiore.

La leggenda del velo, però, è dura a morire. L’alone di mistero che avvolge il principe di Sansevero e la “liquida” trasparenza del sudario continuano ad alimentarla. D’altra parte, era nelle intenzioni del di Sangro – in questa come in altre occasioni – suscitare meraviglia: non a caso fu egli stesso a constatare che quel velo marmoreo era tanto impalpabile e “fatto con tanta arte da lasciare stupiti i più abili osservatori”.

UNA DELLE OPERE PIÙ SUGGESTIVE AL MONDO

Posto al centro della navata della Cappella Sansevero, il Cristo Velato è una delle opere più suggestive al mondo. Nelle intenzioni del committente, la statua doveva essere eseguita da Antonio Corradini, che per il principe aveva già scolpito la Pudicizia. Tuttavia, Corradini morì nel 1752 e fece in tempo a terminare solo un bozzetto in terracotta del Cristo, oggi conservato al Museo di San Martino. Fu così che Raimondo di Sangro incaricò un giovane artista napoletano, Giuseppe Sanmartino, di realizzare “una statua di marmo scolpita a grandezza naturale, rappresentante Nostro Signore Gesù Cristo morto, coperto da un sudario trasparente realizzato dallo stesso blocco della statua”. Sanmartino tenne poco conto del precedente bozzetto dello scultore veneto. Come nella Pudicizia, anche nel Cristo velato l’originale messaggio stilistico è nel velo, ma i palpiti e i sentimenti tardo-barocchi di Sanmartino imprimono al sudario un movimento e una significazione molto distanti dai canoni corradiniani.

L’INTENSITÀ DRAMMATICA DELLA SCULTURA

La moderna sensibilità dell’artista scolpisce, scarnifica il corpo senza vita, che le morbide coltri raccolgono misericordiosamente, sul quale i tormentati, convulsi ritmi delle pieghe del velo incidono una sofferenza profonda, quasi che la pietosa copertura rendesse ancor più nude ed esposte le povere membra, ancor più inesorabili e precise le linee del corpo martoriato.

La vena gonfia e ancora palpitante sulla fronte, le trafitture dei chiodi sui piedi e sulle mani sottili, il costato scavato e rilassato finalmente nella morte liberatrice sono il segno di una ricerca intensa che non dà spazio a preziosismi o a canoni di scuola, anche quando lo scultore “ricama” minuziosamente i bordi del sudario o si sofferma sugli strumenti della Passione posti ai piedi del Cristo. L’arte di Sanmartino si risolve qui in un’evocazione drammatica, che fa della sofferenza del Cristo il simbolo del destino e del riscatto dell’intera umanità.

La pudicizia Velata

La scultura che vi propongo oggi è la Pudicizia di Antonio Corradini, nota anche come la Verità Velata, scolpita dall’artista per la Cappella di Sansevero nel 1752.

Raimondo di Sangro dedicò l’opera alla memoria di Cecilia Gaetani dell’Aquila di Aragona, sua madre che morì il 26 dicembre del 1710. Era il giorno di Santo Stefano e Raimondo ancora non aveva compiuto il primo anno di vita.

Antonio Corradini, nato a Venezia nell’ottobre del 1688, era uno scultore rinomato al livello europeo e a Vienna aveva lavorato al servizio dell’imperatore Carlo VI.

Fu chiamato a Napoli dal Principe di Sansevero per partecipare all’ambizioso progetto della sua cappella e gli affidò la realizzazione della Pudicizia. Il fato volle che Corradini morì lo stesso anno che terminò di lavorare a quest’opera, nel 1752 e una lapide posta da di Sangro al pilastro del suo capolavoro, lo ricorda.

Non era la prima volta che Corradini si cimentava con le figure velate ma nel caso della Pudicizia raggiunse l’apice, riuscendo a scolpire un velo che accarezza le forme dell’allegoria in modo naturale. Sembra un velo umido che aderisce al corpo evidenziandone le fattezze. Il velo ricade sulle braccia della donna, terminando in un sublime panneggio ornato da una ghirlanda di rose.

Nell’opera si ritrovano simboli direttamente collegati all’esistenza spezzata troppo presto della madre del committente. La figura mostra uno sguardo perso, è presente l’albero che simboleggia la vita e la lapide spezzata.

Allo stesso tema della vita e della morte è riconducibile il bassorilievo posto sul basamento che mostra l’episodio del Noli me tangere, momento in cui Cristo appare dinnanzi alla Maddalena nei panni di un ortolano.

La scultura della Pudicizia non solo celebra la memoria di Cecilia Gaetani ma offre più livelli di lettura. La donna velata può essere intesa come un’allegoria della sapienza ma è anche un’esplicita citazione di Iside, la dea velata amata dalla scienza iniziatica. Anche in quest’opera, come nel caso del Disinganno di Queirolo presente nella medesima Cappella di Sansevero, non manca il riferimento alla massoneria. Non è un caso infatti che gli storici Joseph Rickwert e Rosanna Cioffi abbiano riscontrato che la figura della Verità Velata nel frontespizio della celebre Encyclopédie settecentesca abbia molto a che fare con la Pudicizia del Corradini.




LA VELATA 

Antonio Corradini, La Velata Il busto in marmo, comunemente chiamato la 'dama velata', raffigura probabilmente un’Allegoria della Fede cristiana, cui rimanda la croce radiante sul petto. Antonio Corradini fu uno dei più apprezzati scultori del Settecento veneziano che non a caso, oltre a fornire i progetti per la decorazione dell’ultimo bucintoro, lavorò per molte corti europee e italiane. Finì la sua vita a Napoli dove si era recato per decorare la Cappella Sansevero su commissione del principe alchimista Raimondo di Sangro. Rispetto ad altri scultori che tradussero in forma tridimensionale i vibranti effetti luministici della pittura rococò, egli optò per un composto classicismo, per niente rigoroso, venato da eleganze neo-ellenistiche. Corradini fu apprezzato già presso i suoi contemporanei per il virtuosismo tecnico con cui realizzava figure femminili ricoperte da un drappo bagnato. La lieve trasparenza del velo invece di nascondere l’immagine, ne lasciava trapelare i lineamenti sottostanti, raggiungendo esiti di intrigante sensualità, che in questo caso stride con il significato religioso della statua.

Autore Antonio Corradini (Este 1688 - Napoli 1752) Data 1720 circa Museo Ca' Rezzonico Collocazione Sala Guardi Tecnica Marmo scolpito

La Velata (vestale Tuccia)




Il soggetto dell'opera è Tuccia, leggendaria vestale romana, accusata ingiustamente di aver violato il voto di castità. La donna provò la sua innocenza, raccogliendo dell'acqua del Tevere con un setaccio, trasportandola fino al Tempio di Vesta, senza neanche farne cadere una goccia. Nella rappresentazione del Corradini, Tuccia tiene il setaccio sul fianco sinistro.

L'artista cominciò a lavorare sull'opera non appena arrivò, da Vienna, a Roma, dove avrebbe preso consapevolezza dell'importanza delle sacerdotesse vestali e della vicenda di Tuccia. In antichità, il principale compito delle vestali consisteva nel tenere sempre acceso il sacro fuoco alla dea Vesta, rappresentativo della vita della città; a tali sacerdotesse, inoltre, erano rigorosamente vietate le relazioni sessuali ed era ritenuto imperdonabile non rispettare il voto di castità. Qualora una vestale avesse perso la verginità, ciò avrebbe potuto rappresentare una minaccia per la Repubblica romana: per tale motivo, le vestali impure e non caste venivano seppellite vive.


LA VERGINE VELATA
di Giovanni Strazza

Un’opera dal grande impatto realistico che nel corso del tempo ha conquistato il mondo intero. Una scultura che mostra tutto il potenziale della pietra marmorea, capolavoro dello scultore italiano Giovanni Strazza

 La Madonna velata fu scolpita in marmo di Carrara dallo scultore italiano Giovanni Strazza (1818-1875) a Roma. Si tratta di un gioiello perfetto di arte. Nonostante non sia una scultura antichissima, non si sa molto della creazione della Vergine Velata. Gli storici ritengono che lo scultore milanese abbia realizzato il pezzo mentre lavorava a Roma, negli anni ’50 dell’800, e nel contesto del Risorgimento italiano raffigurasse metaforicamente l’Italia.

Il volto femminile mostra la Vergine Maria con gli occhi chiusi, la testa inclinata verso il basso, con uno sguardo che sembra essere assorto nella preghiera o in un pacifico dolore, entrambe espressioni classiche delle raffigurazioni della Vergine.

La scultura è realizzata in prezioso marmo di Carrara, uno dei supporti privilegiati per gli scultori italiani del periodo. Il marmo toscano era inoltre un grande classico per la rappresentazione dei veli, che furono un motivo scultoreo popolare durante i contemporanei dello Strazza. Fra le altre sculture in marmo di Carrara si ricordano la “Dama Velata” di Pietro Rossi e Raffaele Monti.

L’opera fu inviata nel 1856 in Canada, dove l’allora vescovo di Terranova, John Thomas Mullock, elogiò con queste parole la nuova acquisizione: “Ho ricevuto una bellissima statua della Beata Vergine Maria in marmo da Strazza (…) E’ una gemma d’arte perfetta“. Il suo trasferimento fu documentato con grande entusiasmo da un giornale locale, The Newfoundlander: “Dire che questa rappresentazione supera nella perfezione dell’arte qualsiasi pezzo di scultura che abbiamo mai visto, trasmette, ma debolmente, la nostra impressione della sua squisita bellezza. La possibilità di un simile trionfo dello scalpello non era mai entrata nella nostra concezione. Il linguaggio ordinario fallisce sempre nel rendere giustizia a un soggetto come questo, alle rare emozioni che produce in chi lo guarda“.

La scultura venne custodita nel Palazzo Episcopale della cattedrale di San Giovanni a Terranova e Labrador finché nel 1862 non è stata spostata nell’adiacente convento delle Suore della Presentazione.

Ed ora diamo un po' di spazio anche ai capolavori moderni, sempre sul genere di statue velate.



Capolavoro velato investito dal vento di Luo Li Rong scultrice cinese.





Scultura : panneggio moderno...  

Statua di Benjamin Victor personalizzata a grandezza naturale

 la statua della signora di Shangott

Benjamin Matthew Victor è uno scultore americano che vive e lavora a Boise, nell'Idaho. È l'unico artista vivente ad avere tre opere nella National Statuary Hall del Campidoglio degli Stati Uniti. Attualmente sta scolpendo la sua quarta statua per la Statuary Hall, di Daisy Bates. Wikipedia (inglese)

Nascita: 16 gennaio 1979 (età 44 anni), Bakersfield, California, Stati Uniti

Anche questo giovane artista non scherza per nulla, in quanto a panneggio che riveste i suoi angeli e le signore che vestono con drappeggi morbidi, ma non sono tessuti!!

Complimenti a tutti questi artisti di un tempo lontano e attuali!

Danila Oppio



mercoledì, agosto 23

PREMIO SPECIALE STAMPA A RODOLFO VETTORELLO per la poesia BETLEMME È OVUNQUE






Maurizio Picariello & Clara Moroni - Diamond and rust


Ecco il video!

MAURIZIO PICARIELLO - alcuni suoi ricordi

 








Seguendo il suo profilo FB, ho scelto alcuni suoi ricordi, e anche bellissime immagini stilizzate di lui, il menestrello che gira in Italia e del quale si parla molto. Ci sono in questo Blog già altre sue storie, che potrete rintracciare cliccando su :

Vi consiglio di seguirlo, è anche disposto a viaggiare venendo nei vostri oratori, chiese, piazze o location varie, ovviamente previo rimborso spese di viaggio e altro. Vi intratterrà con canti accompagnato dalla sua inseparabile chitarra, e da poesie di sua composizione. 
Un eclettico difficile da inquadrare, Maurizio Picariello quando meno te lo aspetti, ti sorprende. Ingegnere e letterato, ambientalista ma il rispetto della Natura non deve fermare il progresso e il progresso di deve anche misurare in un aumento della felicità del genere umano. Olista nella concezione di vita e professionale, occupandosi anche di medicina, Picariello è un artista completo, cantautore e compositore. Un uomo del Sud che guarda  al mondo, irpino di Montagna che ama anche i variegati paesaggi lucani. Con lui discutiamo di musica, arte e anche filosofia.
el 2021, ricorrono 40 anni dalla morte di Leonardo Sinisgalli, ingegnere, poeta e scrittore. Capace di coniugare campi distanti secondo una prospettiva contemporanea – ma alla fine non troppo, in una prospettiva, più umanistica e cito anche Luciano De Crescenzo . Lei è ingegnere ma anche scrittore, musicista cantante. Insomma un olistico.

“Già Leonardo Sinisgalli, un potentino, un lucano, di Montemurro, della Basilicata, una terra alla quale sono molto legato  e citi,  tra l’altro Luciano De Crescenzo, due ingegneri poeti. Sinisgalli parla di umanesimo.  Ecco quello che cerco di fare io nei miei monologhi, che sto anche adattandoli per gli interventi televisivi, “Pillo e supposte”, sul canale digitale 857, in fondo è quello: l’umanesimo. Umanesimo deriva dal latino humus e, ahimè, ha a che fare sempre con l’uomo, dà sempre l’idea del maschio, e non dell’essere… ma  insomma vorrei mettere anche al centro la donna: uomo e donna insieme come essere unico. Purtroppo,  oltre a umanesimo non c’è una parola migliore. Quindi questa forma di umanesimo è centrale anche in questa mia politica perché poi la mia è una politica:  la polis e la teckhè, la tecnica in greco e l’arte di fare la città-stato, il bene comune. Io penso che oggi i poeti gli artisti sono quelli che facciano veramente  politica.  Però, non mi sento legato a Sinisgalli, sostanzialmente perché innanzitutto è un poeta e io non mi definisco un poeta, è una parola troppo forte mi darebbe molta responsabilità.  Di Sinisgalli mi attrae che lui è un lucano Io amo la tua terra che sento anche un po’ mia, ed il fatto che è ingegnere, e quindi ha dovuto creare questa sincronizzazione tra emisfero cerebrale destro che la sede della poesia e dell’arte con l’emisfero cerebrale sinistro che la sede della logica della fisica della matematica: lui è un ingegnere, mettere insieme i due emisferi che poi credo che sia il problema di oggi cioè oggi l’essere umano è schiavo l’appunto di questa di questa disfunzione, abitando solo nella logica dell’emisfero sinistro. Sinisgalli è stato capace di coniugare campi distanti, ha quindi ha una visione poliedrica ed è bellissima questa cosa. Luciano De Crescenzo lo sento molto mio, soprattutto quando diceva: “Sostituiamo il PIL con il FIL”, Felicità Interna Lorda, una della massime più belle di un artista che ha avuto i riconoscimenti che meritava, come quelli dati a Camilleri, con il suo Montalbano, che però nella vita aveva frequentato i salotti giusti, quelli non praticati da De Crescenzo. Dici olistico, hai ragione, io sono un globalista e non sono un determinista. Sono un operatore olistico, non separo mai le diverse parti del corpo”.

Ambientalista ma non massimalista, sembra che ci sia un ritorno alla natura – molto ha inciso il Covid- oppure è solo una moda, un periodo passeggero. Ritorneremo a convivere e rispettare l’ecosistema oppure a saccheggiare le risorse che infinite non sono. In Brasile, Bolsero ha detto, che l’Amazzonia non è il polmone del pianeta e in pratica ci ha detto di farci gli affari nostri…

“Ambientalista ma non massimalista. Secondo me l’ambientalista oggi è un ideologo, ho conosciuto molti ambientalisti che poi a casa picchiano le mogli, ambientalisti che non sanno cosa fare se la domenica pomeriggio piove e stanno “scofanati” in un divano. Ecco io preferisco essere Maurizio Picariello solo uno che è attento alla vita, un osservatore: l’osservatore influenza la cosa osservata, diceva Capra. Certamente non sono un determinista e neanche un massimalista, in senso stretto, anche se alcune cose che dico sembrano estremiste, ma in realtà sono frutto solo di un ascolto. Le persone spesso non le sentono semplicemente perché non si ascoltano: l’artista non è qualcuno che ha qualcosa più degli altri. L’artista solo è uno che si ascolta più degli altri è un fatto di ascolto interiore. Inclina aurem cordis tui, diceva Benedetto, poni l’orecchio sinistro sul cuore per ascoltarti. Ecco, l’artista non ha niente di più, solo  questo coraggio di ascoltarsi Amazzonia polmone del pianeta.., secondo me Bolsonaro in parte ha ragione. Noi viviamo di etichette, etichettiamo e siamo etichettati. L’Amazzonia non è il polmone del pianeta, è vero che è una superficie enorme ed importante, ma ce ne sono tante che hanno dei funzionamenti ambientali importanti. Non è un fatto di temperatura alta, giacché anche il termine cambiamento climatico è un termine improprio, visto che il clima cambia sempre, il clima è incostante. Ti faccio un esempio: quando i Visigoti entrarono nel 476 dopo Cristo e conquistarono Roma, passarono dalle Alpi in una zona dove oggi non si passa, perché ci sono degli ghiacciai. Quindi significa che nel 476 la temperatura era più alta di oggi. Ancora,  sono state trovare nel basso medioevo molte Tombe dei vichinghi si trovano in Germania anche nella zona confine tra Austria Svizzera e  Italia perché questo perché probabilmente  che avevano lasciato la loro terra la Scandinavia quindi Danimarca, Norvegia, Svezia, Finlandia l’attuale Estonia e  Lituania perché le temperature troppo basse.  Evidentemente, avevano cercato di scampare alla morte andando a cercare climi più favorevoli. Poi, la  temperatura è sempre in variazione. Che la gente ascolti Michael Shellenberger, un ambientalista, uno scienziato non  massimalista”.

 Picariello, lei è di Avellino, un Irpino, dunque un osco come lo erano i Lucani. Qual’è il suo rapporto con la Basilicata.

“Anche da un punto di vista linguistico, osci se vogliamo racchiude una grossa fetta dell’Italia meridionale dal Molise –  altra regione che amo – alla Campania, alla Basilicata, una bella percentuale della Puglia e della Calabria. Si, il mio rapporto con la Basilicata è molto forte. Mi sento un cittadino del mondo, ma gli altopiani Lucani mi fanno impazzire. Tutte le volte che mi tocca venire a fare lo spettacolo della Basilicata, vuol dire ritrovare e riconoscere la bellezza di un territorio che è la tua Lucania, la mia. È una cosa che forse a parole non riesco a dire, come tutte le sensazioni che se ci pensi non si riescono mai a ben spiegare”.

Fa un bel programma visibile anche su Youtube, Pillole, Lei è anche un cosmopolita, ho ascoltato un suo brano in inglese “Diamond e rush”, cantato assieme a una artista dalla vocalità straordinaria, Clara Moroni.

“Fondamentalmente, io parlo solo inglese. Il brano a cui alludi è cantato assieme a questa artista che oltre a una voce  straordinaria e anche unaa artista conosciuta, perché  Clara Moroni è l’unica  corista di Vasco Rossi. Un video girato a Parma nel 2014, “Diamond and Rust” il titolo, una mia poesia contenuta in “Diamante e ruggine”. Fa parte dell’album “Wandering Minstrel”, del 2014, masterizzato presso gli Abbey Road Studios di Londra”.

Picariello ma la “Bellezza salverà il mondo” oppure no, diventeremo avatar, controllati da un Grande Fratello digitale?

“C’è un passaggio di Siracide, Antico Testamento: “ Non lodare un uomo per la sua bellezza non detestarlo  per il suo aspetto. L’ape, è il più piccolo degli esseri alati ma il suo prodotto ha il primato fra i dolci sapori. Un testo di almeno 1.000 anni prima di Gesù, già qualcuno si poneva lo stesso problema sulla bellezza. Probabilmente, diventeremo Avatar. Guarda, io credo che il termine Avatar sia bello: deriva da quella parola Indù, ‘avatara’, che significa ‘essere angelico’ è in questo senso è bellissimo diventare Avatar. Oggi però noi diamo il significato degli internauti, tu praticamente ti puoi fare quattro cinque dieci identità diverse su ogni canale social su TikTok su Instagram su Facebook su WhatsApp. Puoi farti la tua identità ed essere così come hai desiderato essere e non sei, e questo è un grosso svantaggio perché io credo che ogni persona debba essere quello che è, perché se non sei quello che sei veramente, poi la malattia compare. Ce l’ha dimostrato la pandemia in atto, e ci ha fatto scoprire anche questa parte nostra questo fatto di non aver mai avuto a che fare con noi stessi e ci siamo trovati molto a disagio: rapporti sgretolati in famiglia; separazioni e divorzi in aumento; litigi e femminicidi;… Questa epidemia è stata anche una pandemia psicologica. Dobbiamo tornare un po’ a noi stessi, come diceva Benedetto: Inclina aurem cordis tui, ascoltare  il nostro cuore, tornare un po’ più bambini. Questo è il mio messaggio: amarci di più, sentire di più l’anima. Forse, per questo trovo spesso le porte chiuse in molte feste, in molte occasioni pubbliche o eventi, laddove gli organizzatori, gli amministratori, i parroci, i presidenti di associazioni preferiscono mettere uno stand gastronomico con vino salsicce e fagioli, cotechino e patate, più che portare un menestrello che fa cultura. Preferiscono curare più lo stomaco che il cuore”.




Intervista tratta da 


Nel prossimo post pubblico la sua canzone di cui parla nell'intervista.

COME UNA BANDIERA AL VENTO di P. MAURO ARMANINO

            Come una bandiera al vento

Bandiera di Haiti

Si celebra oggi, il 23 agosto, la giornata internazionale della memoria della tratta degli schiavi e della sua abolizione. Chissà quale bandiera sventolava nell’isola di Santo Domingo, oggi la Repubblica di Haiti, la notte tra il 22 e il 23 agosto del 1791. La stessa bandiera, calpestata, tradita e mistificata da contemporanee schiavitù e commerci umani, non ha perso la sua caparbia e dolorosa attualità. Già, le bandiere, come simboli riconosciuti di entità politiche che di esse si gloriano e ad esse si affidano per affermare la propria fragile identità. Metafore delle nazioni che danno l’impressione di essere esistite da sempre, nel vento.

Bandiera della Liberia

Il giorno seguente, il 24 agosto, si festeggia la bandiera della Liberia con una sola stella e le strisce sul tipo della bandiera degli Stati Uniti, secondo il numero delle ‘contee’ o regioni. Una bandiera che i migranti liberiani di Niamey si tramandano dall’uno all’altro. Attorno ad essa, per un giorno, sentono e condividono la fierezza di una patria che li ha bruscamente allontanati da sé. Dopo la festa lei, lei tornerà da qualche parte in attesa che un’anima buona si prenda cura di lei. L’amore della libertà ci ha portati qui, sta scritto sulla bandiera liberiana. A scriverlo furono alcuni schiavi liberati d’America che poi inventarono il Paese.

Bandiera del Niger

Da quando continua il processo del colpo di stato a Niamey la capitale, nei crocevia e alle rotonde della città si vedono bambini e giovani che offrono bandiere di varie dimensioni agli autisti in transito. La bandiera tricolore del Niger, arancio, bianco e verde con in mezzo un disco di colore arancione che rappresenta il sole e poi tante altre bandiere strette assieme. Gli Stati dell’Africa Occidentale e, novità assoluta dal 26 luglio scorso, pure quella della Russia che nessuno aveva prima sognato. A volte le bandiere passano veloci, indossate da motociclisti o da tassisti che sfidano il codice stradale e i vigili coi cellulari.

Bandiera della Russia

Sembrano definire i confini degli Stati e insinuano l’esistenza immutabile delle frontiere che ad essi si confanno. Le bandiere che sventolano sanno di affermare l’immortalità del territorio e della politica che esse disegnano in qualche colore messo assieme. Quanto alla bandiera dell’abolizione della schiavitù, lei si tesse ogni giorno che i fili della dignità si intrecciano coi sogni dei bambini appena nati.

            Mauro Armanino, Niamey, 23 agosto 2023,

 memoria della tratta degli schiavi

C'est dans la nuit du 22 au 23 août 1791 qu'a commencé à Saint Domingue, aujourd’hui République d'Haïti, l'insurrection qui devait jouer un rôle déterminant dans l'abolition de la traite négrière transatlantique.

C'est dans ce contexte que la Journée internationale du souvenir de la traite négrière et de son abolition est commémorée le 23 août de chaque année. Les premières commémorations de la Journée ont eu lieu dans plusieurs pays, notamment le 23 août 1998 à Haïti et le 23 août 1999 à Gorée au Sénégal.

Cette Journée internationale vise à inscrire la tragédie de la Traite dans la mémoire de tous les peuples. Conformément aux objectifs du projet interculturel « Les Routes des personnes mises en esclavage », elle doit être l'occasion d'une réflexion commune sur les causes historiques, les modalités et les conséquences de cette tragédie, ainsi que d'une analyse des interactions qu'elle a générées entre l'Afrique, l'Europe, les Amériques et les Caraȉbes. 


GIORNALISMO? QUALCHE VOLTA FA RIDERE PER CERTI STRAFALCIONI! di DANILA OPPIO

 Leggo le notizie sui giornali online, e a volte non posso resistere al farmi una bella risata, per i vari refusi che divertono. Mi chiedo, per un articolo breve come quello che sto pubblicando ora, ci vuole tanto a rileggere e correggere? Se non lo fa l'autore dell'articolo, lo faccia almeno chi si occupa della pubblicazione!

Ecco dunque di cosa si tratta:


Posso chiudere un occhio, sul fiumo invece che fiumi, su cos' invece che così, e soprattutto LACRUSTRE invece che LACUSTRE, o se ne sbarazzata dove manca il verbo essere, ovvero se n'è sbarazzata,  ma ciò che mi ha divertito è la faccenda della moneta da due ore.
E' vero che ormai il valore dell'euro sta perdendo quota, ma una moneta che duri solo due ore, è pazzesca. Ricordo che quando ero giovane, esisteva la CONTINGENZA, ovvero lo stipendio si adeguava al costo della vita: se aumentavano i prezzi, lo Stato aiutava i lavoratori venendo loro incontro, almeno parzialmente, con tale sistema. Ora i nostri introiti non cambiano da tantissimi anni, mentre nei negozi e nei supermercati, la merce venduta ha subito un notevole rialzo dei prezzi. 
L'inesattezza del testo, oltre a quanto specificato sopra, dove invece che Euro si legge ORE, mi ha portato a pensare che la nostra moneta ha talmente poco valore, tanto da durare solo due ore! Poi non vale più niente, esattamente come il tagliando per entrare nel parcheggio del Super, che se sfori oltre le due ore, devi pagare, mentre se riesci a far la spesa prima della scadenza del tempo, non paghi nulla. 
Quindi ho riportato questo articolo, non solo per chiedermi come mai non si rilegga il testo, soprattutto se è così breve, ma per ragionare sull'inflazione contro cui dobbiamo combattere. Stipendi sempre più bassi, e costi della vita sempre più elevati. 
Buona vita a tutti! 

Danila Oppio