POETANDO

In questo blog raccolgo tutti gli scritti, poetici e in prosa, disegni e dipinti di mia ideazione. Recensioni stilate da me e da altri autori. Editoriali vari. Pubblico poesie, racconti e dialoghi di vari autori.Vi si possono trovare gallerie d'arte, fotografie, e quant'altro l'estro del momento mi suggerisce di pubblicare. Sulla banda destra della home page, appaiono i miei e-book poetici ed altre sillogi di alcuni autori. Così come le riviste online de L'Approdo e de La Barba di Diogene, tutto si può sfogliare, è sufficiente cliccare sulla copertina. Aggiungo che , sempre nella barra a destra della home page ci sono mie video poesie, con sottofondo musicale. E' sufficiente cliccare sull'immagine per ascoltare testo e musica, direttamente da YouTube. Tutte realizzate dalla eclettica Anna Montella., Ci sono poi i miei libri scritti nel corso di circa 10 anni. Buona lettura e buon ascolto!

domenica, marzo 24

Xilografie sul Cantico dei Cantici di Alessandro Nastasio


Questo volantino mi è giunto ad esposizione finita, ma desidero ricordare l'artista Alessandro Nastasio, milanese, per le sue straordinarie opere. Qui sotto la sua biografia. Aggiungo una chicca non riportata sulla biografia del pittore: è stato per oltre 10 anni consulente  artistico presso la Diocesi di Milano (Duomo) voluto dal Card. Gianfranco Ravasi. 


Alessandro Nastasio nasce a Milano nel 1934. Nel 1947 il pittore albanese Hibraim Kodra ne intuisce le native disposizioni per l'espressione figurativa e lo avvia nella ricerca del proprio originale percorso artistico. Dopo aver gia' conseguito promettenti risultati per la felice scioltezza del suo segno espressivo, nel 1952 segue la "scuola libera del nudo", tenuta da Aldo Salvatori. Nel 1966-67 otterrà la cattedra all'Accademia di belle arti di Brera e per trent'anni si dedicherà all'insegnamento di Educazione Artistica in diversi istituti scolastici.
Nel 1960 frequenta l'Atelier di Giorgio Upilio dove lavorano Giacometti, Lam, Fontana, De Chirico, di cui ha modo di studiare le tematiche, i miti ispiratori e il linguaggio tecnico espressivo. Affina le istintive capacità manuali, che metterà sempre generosamente al servizio del suo mondo artistico, prima presso la fonderia MAF con il maestro Tullio Figini che gli spiega i segreti della fusione rinascimentale a cera persa e incontra i maestri Crocetti, Manfrini, Manzù, Minguzzi, Fabbri, spostandosi poi a Quinto de Stampi alla fonderia De Andreis dove operano Marino Marini, Pomodoro, Rudy Wach, Strebelle, Negri e Rosenthal.
Assiduo lettore dei grandi testi sapienzali dell'antichità, si e' formato in particolare sulla Bibbia di cui ha illustrato con xilografie, acquetinte, acqueforti e linoleografie, soprattutto il Cantico dei Cantici, il libro del Qoelet e diverse pagine dei Vangeli, ma ha attinto la sua ispirazione anche alla tradizione filosofico-religiosa del mondo orientale attraverso la lettura di Rig-Veda, Upanisad e il Matnavi di Rumi. Assiduo e appassionato ricercatore delle strutture invisibili che danno coesione e significato a tutta la dimensione fenomelogica dell'esistere, si è mosso costantemente sulle tracce della sacralità e del mistero segreto delle cose, degli archetipi che rappresentano le leggi del divenire, delle essenze e dei principi che dalle pagine delle fiabe, dei miti, e dell'epica ha cercato di trasporre in immagini sempre avvolte da un grande alone fiabesco e intrise di straordinario fascino evocativo e allusivo. Per questo i suoi soggetti sono spesso calati in dimensioni atemporali mediante soluzioni eteree che talora creano un contesto squisitamente esoterico. Non trascura peraltro il rapporto tra l'espressione della bellezza in relazione all'oggetto utile per cui ama inventare soluzioni decorative con uno spirito ludico particolarmente geniale, e al tempo stesso si impegna nel realizzare grandi opere, sia pittoriche che plastiche in collaborazione con architetti famosi quali: Figini e Pollini, De Carli, Gardella, Faranda, Selleri, Ponti. Le sue opere si impongono presto all'attenzione di diversi mercanti d'arte: prima Max G. Bollag di Zurigo e Paul Marmaridis di Atene e successivamente Georges Zeenny di Beiruth acquistano le sue opere e lo inseriscono fra i grandi maestri dell'Arte contemporanea. La Phillys Lucas di New York lo propone come grafico e gli fa conoscere Salvador D ali'. Ha esposto in numerose personali in Italia e all'estero ricordiamo le ultime: nel 2013, Incontri e suggestioni verdiane (1813-1913), Spazio Oberdan, Milano e Trezzo sull'Adda; Antologica di bronzi e dipinti presentati da Laura Bosio, Comune di Pessano con Bornago; nel 2014 Portale Bronzeo "Porta Fidei", SS. Martiri Nazaro e Celso, presentazione di Renzo Sala.
Espone le sue sculture da Ada Zunino e Rinaldo Rotta.
Vive e lavora a Milano nell'Atelier in via Eustachi, 22.
Contatti:

Alessandro Nastasio


giovedì, marzo 21

Un giretto in giardino di Danila Oppio

Un giro in giardino, aspettando che fioriscano anche i rododendri. 
Primo giorno di primavera, ma era già in anticipo giorni fa.





Camelie rosa




 Camelia bianca



Camelia rossa


Forsizia


Nocciolo contorto


Abete e pruno in fiore


Fontanella e palma


Maonia


Violette

mercoledì, marzo 20

A trent'anni dal crollo del muro di Berlino - di Danila Oppio


Crollo del Muro di Berlino
Il crollo del Muro di Berlino, 9 novembre 1989, sancisce la nascita della Germania unita ed è considerato il simbolo della fine dei regimi comunisti in Europa. 

MAPPA DEL MURO DI BERLINO - Il Muro di Berlino era stato fatto costruire il 13 agosto 1961 dal governo della Germania Est per evitare che gli abitanti della Berlino Ovest potessero circolare liberamente proprio nella Germania Est. Il Muro era lungo più di 100 Km  e spezzava in due la città di Berlino. Dal momento della sua costruzione, anche persone della stessa famiglia erano state divise tra chi viveva nella Berlino Est e chi nella Berlino Ovest. Molte sono state, negli anni, le persone uccise perché stavano cercando di scavalcare il muro per passare nella Berlino Ovest  

QUANDO FU ABBATTUTO IL MURO DI BERLINO - Il 9 novembre 1989 il Governo della Germania Est ha annunciato l'apertura della "frontiera" tra Berlino Est ed Ovest. E migliaia di persone si arrampicarono sul muro per raggiungere Berlino Ovest. Nelle settimane successive molte parti del muro sono state portate via dalla popolazione, finalmente in festa per la ritrovata libertà di poter passare da una parte all'altra della città (e della Germania intera) senza il pericolo di essere arrestato o ucciso. 

Mio nipote, con un viaggio culturale organizzato dalla sua scuola, si trova ora proprio in questa città e mi ha appena inviato alcune foto dei graffiti dipinti sul quel che resta del muro, come simbolo di una nuova libertà, non solo di un popolo, ma anche come espressione d'arte.











Danila Oppio 

sabato, marzo 16

L'EGLI: CADUTA E ASCESA DI UN MORTO CHE CAMMINA




L’EGLI: CADUTA E ASCESA DI UN MORTO CHE CAMMINA
Giro di vite, giro di boa
Senza se e senza ma
Ma la bontà
Di un provvedimento, o di una provvidenza sì personale
Fronteggiando l’eterno sospetto per chi non tratta del particulare
E vuole niente e lo vuole subito, se poi soprattutto
Per un istante non veste a rutto…
No, fra ridanciane lagrime e languori
Non più distingue farsa e pudori
“Lo ricordo come fosse ieri”
Fra ceroni , campane e c’eri
“Lo ricordo come fosse mai”
Non imbraccerà dunque abbracci né furia né rancore
Giacché creder non puote a codesta camera ad ore
Né all’ultima Parola
Avesse trovato un’idea sola, la sòla,
Uno straccio di bandiera in cui avvolgersi le sembianze
Ridurre ad una le innumerevoli danze
Ma la coperta era sempre corta
E la mano morta
Non basta già più
“Mi darò, se non del Noi, quantomeno dell’Egli”
Fine, forse, del parapiglia
“Nessuno mi vuole, nessuno mi cerca”
Un antibarbiere di Siviglia
Non ha nereide, sirena, sibilla
Sguscia e dibatte come un’anguilla
Non la darà vinta, Egli, alla vita truffaldina:
“Avrò la compiacenza di considerarmi un morto che cammina”
Ma quante esigenze, quante pretese ancora, il morto che cammina!
E prosegue difatti la manfrina
Ad esempio: com’è bello per Egli il trovarsi qui, solo soletto, senza un’anima, senza denaro, senza l’Idea ma con l’ideuzza
“Mi appoggerò su questa panchina”
Ecco il posticino che sempre ha sognato
Molti cipressi, di brezza alcun afflato
“Era per questo che tanto abbiamo massacrato?”
Suoi sono i passi incerti, curiosi e terrorizzati,
Stancamente nuovi, certo avventati
Del bambino che imparò tardi a camminare,
Smarrito per le vie inferiori, a tergiversare
Cercando un dirupo per tastar con mano la gravità sua
Per darsi un peso e non volarsene via
Scuote la testa: sin dalla culla
Troppo rumore, rumore per nulla
Troppi allarmi: allarme maltempo, all’erta …
Per non parlar, poi, della coperta!
Quella coperta che sempre era corta
E la mano morta
Non scrive già più
I nomi invisi, la gloria, la crisi
L’oro, l’alloro, il foro, il lavoro
E via, e vai
Di gran carriera
L’avvilita sua criniera
Qual fiorire di pensiero, e io non c’ero o c’eri, c’ero
Il sarcasmo, l’arguzietta, il pensiero raffinato
Non scontato, in contanti, e di già rigiustiziato
Meritocratica la dignità, l’autorevolezza, l’autorità
Riconoscersi reciprocamente, lasciapassare, voilà
C’è senza dubbio il grande tema
C’è qualcuno che contro rema
Fra impegnatissimi, intelligenti,
Popolar-aristocratici paraventi
Cercava soltanto l’arte, Egli, di farsi da parte
Ma la coperta era sempre più corta
E la mano morta
Sporgeva già un po’
…E i piedi?
Uno scalpiccio lo sveglia e lo molesta… Egli stesso!
Novello Lazzarone, si prodiga in certi risvegli e marcette su Roma…
“Ma dov’è il prode Carlomagno
E com’è bella giovinezza
Che si fugge tuttavia
Eziandio malinconia!”
Avrà pur la compiacenza di considerarsi un morto che cammina
E però la metafora si fa ormai poco canterina (tanto cristallina)!
In barba a tale prosa, realismo, didascalia
Quell’antibarbiere barbugliò: “Ebbene, così sia”
Ma perfino sulla lapide si sorprese ancora a dire
Nuovamente a pontificare, a dirimere, e a chiarire:
“Odio gli allarmi, i diritti, i doveri, odio il maltempo, odio i richiami!
Giro di boa, giro di vite, raggiungetemi, marrani!
Senza se e senza ma, chissà (più) perché e percome…
E non chiamatemi per nome!”

 Coucou  Sèlavy
Non posso immaginare Coucou senza la sua Silvia!




STORIA DEL BRUCO E DELLA FARFALLA di Angela Fabbri . parte seconda

Mi scrive Angela Fabbri: 

Mi è capitato sotto gli occhi per caso. Ma sai che è ancora attuale? Non c'è appena stata una manifestazione mondiale sul CLIMA?
E' solo un suggerimento. L'hai pubblicato il 10 febbraio 2018.
Ciao, a domani. Buon caffè.
Angie
Sono andata a cercare l'articolo e per comodità lo riporto integralmente qui, anche se potete trovarlo a questo link:

Premessa 

In questo periodo di negazione dell’esistenza di un clima globale, con recenti esempi di opposizione a una società globale tramite l’aumento dei dazi a China e Sud Korea (Asia) da parte di Trump che pensa di ‘incarnare’ così il Continente America.

Nel periodo delle grida di portata atomica di Kim-Jong-Un che ci fa sempre presente

<< Non sono minuscolo! Posso fare più e più male di voi! >>.
E infine, visto che qui in Italia, all’estrema periferia dell’Europa, siamo in periodo elettorale…
Desidero raccontarvi una breve storia non mia. Quella di un Bruco e di una Farfalla.
Nell’ascoltarla tenete presente che è rivolta solo a noi bambini.


      Storia del Bruco e della Farfalla

Un piccolo Bruco camminava verso una grande montagna. Lungo la strada incontrò una Coccinella che gli domandò:

“ Dove vai? “.

Il bruco rispose: “ Ieri ho fatto un sogno nel quale mi trovavo sulla cima di una montagna e da lì potevo vedere tutta la valle. 
Oggi voglio realizzare il mio sogno “.
Sorpresa, la Coccinella gli disse:
“ Devi essere matto! Tu sei solo un piccolo bruco. Per te un sassolino sarà una montagna, una pozzanghera sarà un mare e ogni cespuglio una barriera impossibile da oltrepassare “.
Ma il piccolo Bruco era già lontano e non la sentì.
Incontrò poi un Coniglio: “ Dove vai con tanto sforzo? “.
Il piccolo Bruco rispose: “ Ieri sera ho fatto un sogno, ho sognato di essere sulla cima della montagna e da lì potevo ammirare tutta la valle. Mi è piaciuto quello che ho visto e oggi voglio realizzare il mio sogno “.
Il Coniglio si mise a ridere e disse “ Nemmeno io, con le mie grandi zampe e con i miei grandi salti, affronterei un’impresa così difficile “. E, sempre ridendo, rimase a osservare il piccolo Bruco che procedeva per la sua strada.
La stessa cosa accadde con la Rana, la Talpa e il Topo.
Tutti gli consigliarono di fermarsi, dicendo: “ Non arriverai mai..! “.
Ma il piccolo Bruco, determinato e coraggioso, continuò a camminare.
Ormai stremato, ad un tratto decise di fermarsi a riposare.
Con un ultimo sforzo si preparò un posto per dormire quella
notte. “ Così mi sentirò meglio “ disse fra sé il piccolo Bruco.
Ma morì.
Per giorni, gli animali si avvicendarono a vedere da vicino i suoi resti.
Lì c’era l’essere più pazzo del mondo, lì c’era l’ultimo rifugio di un piccolo bruco morto per aver inseguito un sogno.
All’improvviso però quel bocciolo grigiastro si ruppe. Comparvero due occhioni, due antenne e due bellissime ali dai mille colori. Era una Farfalla!
Gli animali restarono senza parole, stupiti da quella creatura  meravigliosa che in un istante, preso il volo, raggiunse la cima della montagna. Il sogno del Bruco, diventato Farfalla, si realizzò. Il sogno per il quale aveva vissuto, per il quale aveva lottato, era finalmente diventato realtà. Qui la storia finisce ma l’ho sentita tanto intensamente che, come Autore, non ho potuto fare a meno di darle un seguito:  
La Montagna accolse la nuova creatura con queste parole:
“ Così, eccoti arrivata! Ti aspettavo. Ho seguito da quassù, con questi miei occhi d’Aquila, tutto il tuo faticoso e coraggioso viaggio. Adesso goditi questa nuova vita: vola dovunque vuoi senza risparmiarti mai! E’davvero una gioia guardarti!“
E infatti la Farfalla correva instancabile dalle pendici alla cima
scorrendo i fiori e l’erba che coprivano i fianchi della montagna.
“ Io, sono qui da così tanto tempo che ho perso il conto e davvero non mi viene d’immaginarmi di diventare qualcos’altro.
Tu, invece… mi sembri un tipetto piuttosto irrequieto.
Cosa vorrai mai essere la prossima volta? “
Ma la Farfalla non lo sentiva già più. Era volata in valle fra le braccia del vento.
Nota
La storia mi è arrivata in un librettino della Lega del Filo D’Oro (l’Associazione Onlus di Osimo che si occupa dei bambini sordo ciechi) e ha disegni semplici, colorati e bellissimi, lo dico da disegnatore.
Adesso che l’ho trasmessa, passerò il librettino originale a mia cognata Alda, maestra elementare, che quest’anno qui a Ferrara insegna ai bimbini di Prima nella Scuola proprio di fianco a casa mia.
Angela Fabbri (Ferrara, 19-20-21-22-24-25 gennaio 2018)

Posso riproporre il tuo racconto Il Bruco e la Farfalla, perché è vero che è attualissimo.
Perché gli esseri umani non hanno ancora capito che se distruggono la natura, il danno si ripercuote su loro stessi? E' tanto difficile da comprendere? O la sete di denaro offusca la loro vista, e l'egoismo li avvolge in una coltre di tenebre, così che non vedono che le generazioni presenti e future crolleranno sotto il peso dei loro enormi sbagli? 
Mi guardo intorno, quel piccolo mondo che sa ancora di antico, che mi circonda. Ieri ho rasato l'erba del giardino e annaffiato, visto che non piove e il vento dei giorni scorsi stava seccando le piante, alcune delle quali già in piena fioritura, e altre con piccoli germogli. Intanto osservavo il volo degli uccelli. Ascoltavo il gracchiare dei corvi, l'elegante movimento delle ali delle gazze, simile al volo degli angeli. Il cinguettio dei passerotti, il tubare dei colombi e allora mi si è aperto il cuore. Ci sono ancora angoli di mondo incontaminati dall'inquinamento atmosferico o, per lo meno, non troppo corrotti dall'indifferenza umana. Però nella mia via, qualche giorno fa, hanno abbattuto abeti e altri alberi nei giardini dei vicini perché, al loro dire, le radici spaccavano i muretti e i marciapiedi. E poi erano stanchi di doverli far potare ogni anno. Mi si è stretto il cuore. Non sapevano che quegli alberi sono il polmone verde delle città? Che meno vegetazione c'è, meno ossigeno ci sarà? Una deforestazione in miniatura, come quella che avviene in Amazzonia. Non so se hanno ragione loro, i tagliatori di piante, o io. So solo che se muoiono gli uccellini, che non hanno più dove fare il nido e dove nutrirsi, lentamente tutto morirà. Mi hanno detto che dei 6 piccioni che venivano a prendere il cibo da me, insieme ai merli e ai passerotti, tre di loro li hanno trovati morti in giardino, e hanno dato la colpa ai corvi. I corvi non si nutrono di volatili, al massimo rubano le uova dai nidi. E se i piccioni fossero stati preda di rapaci, (e non di corvi) non si sarebbero trovati morti e interi. Mi sa che anche qui c'è stato lo zampino dell'uomo-lupo, quello che non bada alla vita degli altri, fossero anche alberi o animali. Quello che pensa che la vita appartenga solo a lui. Ecco perché la natura va rispettata, cosa che accade ben di rado. Ecco il motivo per cui tu mi piaci tanto, perché cerchi di salvare anche un opilionide, o le formiche che invadevano il tuo lavandino in cucina. O i vesponi che entrano in casa tua. 
Grazie per avermi dato l'occasione di scrivere queste considerazioni, che magari non sono una novità, ma se non si dicono e ridicono, prima a noi stessi e poi gridarli forte al mondo, la gente diventa sempre più egoista e indifferente. 
Ciao 
Dani

Tornando al discorso dei bruchi, c'è quest'altra storiella indicata per le prossime festività pasquali. Mi pare bello ricordarla, visto che Angela me lo ha suggerito e lo faccio volentieri

C'era una volta un gelso centenario, pieno di rughe e di saggezza, che ospitava una colonia di piccoli bruchi. Erano bruchi onesti, laboriosi, di poche pretese. Mangiavano, dormivano e, salvo qualche capatina al bar del penultimo ramo a destra, non facevano chiasso. La vita scorreva monotona, ma serena e tranquilla. Faceva eccezione il periodo delle elezioni, durante il quale i bruchi si scaldavano un po’ per le insanabili divergenze tra la destra, la sinistra e il centro.
 I bruchi di destra sostengono che si comincia a mangiare la foglia da destra, i bruchi di sinistra sostengono il contrario, quelli di centro cominciano a mangiare dove capita. Alle foglie naturalmente nessuno chiedeva mai un parere. Tutti trovavano naturale che fossero fatte per essere rosicchiate. Il buon vecchio gelso nutriva tutti e passava il tempo sonnecchiando, cullato dal rumore delle instancabili mandibole dei suoi ospiti. Bruco Giovanni era tra tutti il più curioso, quello che con maggiore frequenza si fermava a parlare con il vecchio e saggio gelso.
 "Sei veramente fortunato, vecchio mio", diceva Giovanni al gelso. "Te ne stai tranquillo in ogni caso. Sai che dopo l'estate verrà l'autunno, poi l'inverno, poi tutto ricomincerà. Per noi la vita è così breve. Un lampo, un rapido schioccar di mandibole e tutto è finito". Il gelso rideva e rideva, tossicchiando un po’: "Giovanni, Giovanni, ti ho spiegato mille volte che non finirà così! Diventerai una creatura stupenda, invidiata da tutti, ammirata...". Giovanni agitava il testone e brontolava: "Non la smetti mai di prendermi in giro.
Lo so bene che noi bruchi siamo detestati da tutti. Facciamo ribrezzo. Nessun poeta ci ha mai dedicato una poesia. Tutto quello che dobbiamo fare è mangiare e ingrassare. E basta". "Ma Giovanni", chiese una volta il gelso, "tu non sogni mai?". Il bruco arrossì. "Qualche volta", rispose timidamente. "E che cosa sogni?". "Gli angeli", disse, "creature che volano, in un mondo stupendo". "E nel sogno sei uno di quelli?". "...Sì", mormorò con un fil di voce il bruco Giovanni, arrossendo di nuovo.
Ancora una volta, il gelso scoppiò a ridere. "Giovanni, voi bruchi siete le uniche creature i cui sogni si avverano e non ci credete!". Qualche volta, il bruco Giovanni ne parlava con gli amici. "Chi ti mette queste idee in testa?", brontolava Pierbruco. "Il tempo vola, non c'è niente dopo! Niente di niente. Si vive una volta sola: mangia, bevi e divertiti più che puoi! "Ma il gelso dice che ci trasformeremo in bellissimi esseri alati...". "Stupidaggini. Inventano di tutto per farci stare buoni", rispondeva l'amico. Giovanni scrollava la testa e ricominciava a mangiare.
"Presto tutto finirà...scrunch... Non c'è niente dopo...scrunch... Certo, io mangio..scrunch, bevo e mi diverto più che posso...scrunch... ma...scrunch...non sono felice...scrunch. I sogni resteranno sempre sogni. Non diventeranno mai realtà. Sono solo illusioni!", bofonchiava, lavorando di mandibole. Ben presto i tiepidi raggi del sole autunnale cominciarono ad illuminare tanti piccoli bozzoli bianchi tondeggianti sparsi qua e là sulle foglie del vecchio gelso. Un mattino, anche Giovanni, spostandosi con estrema lentezza, come in preda ad un invincibile torpore, si rivolse al gelso. "Sono venuto a salutarti. E' la fine. Guarda sono l'ultimo. Ci sono solo tombe in giro. E ora devo costruirmi la mia!".
"Finalmente! Potrò far ricrescere un po’ di foglie! Ho già incominciato a godermi il silenzio! Mi avete praticamente spogliato!
Arrivederci Giovanni”: sorrise il gelso.

 "Ti sbagli gelso. Questo...sigh...è...è un addio, amico!", disse il bruco con il cuore gonfio di tristezza.
"Un vero addio. I sogni non si avverano mai, resteranno sempre e solo sogni. Sigh!". Lentamente, Giovanni cominciò a farsi un bozzolo. “Oh” ribatté il gelso “Vedrai”:
  “E cominciò a cullare i bianchi bozzoli appesi ai suoi rami. A primavera, una bellissima farfalla dalle ali rosse e gialle volava leggera intorno al gelso.

 "Ehi, gelso, cosa fai di bello? Non sei felice per questo sole di primavera?".
 "Ciao Giovanni! Hai visto, che avevo ragione io?" sorrise il  vecchio albero.
 "O ti sei già dimenticato di come eri poco tempo fa?".

Oggi parlare di risurrezione agli uomini è proprio come parlare di farfalle ai bruchi.
Molti uomini del nostro tempo pensano e vivono come i bruchi.
Mangiano, bevono e si divertono più che possono: dopotutto non si vive una volta sola?
Nulla di male, sia ben chiaro. Ma la loro vita è tutta qui.
Eppure non sono felici...