POETANDO

In questo blog raccolgo tutti gli scritti, poetici e in prosa, disegni e dipinti di mia ideazione. Recensioni stilate da me e da altri autori. Editoriali vari. Pubblico poesie, racconti e dialoghi di vari autori.Vi si possono trovare gallerie d'arte, fotografie, e quant'altro l'estro del momento mi suggerisce di pubblicare. Sulla banda destra della home page, appaiono i miei e-book poetici ed altre sillogi di alcuni autori. Così come le riviste online de L'Approdo e de La Barba di Diogene, tutto si può sfogliare, è sufficiente cliccare sulla copertina. Aggiungo che , sempre nella barra a destra della home page ci sono mie video poesie, con sottofondo musicale. E' sufficiente cliccare sull'immagine per ascoltare testo e musica, direttamente da YouTube. Tutte realizzate dalla eclettica Anna Montella., Ci sono poi i miei libri scritti nel corso di circa 10 anni. Buona lettura e buon ascolto!

sabato, dicembre 31

DIALOGO DAL SAHEL. UN'INTERVISTA SCRITTA SULLA SABBIA di P. MAURO ARMANINO

Dialogo dal Sahel. Un’intervista scritta sulla sabbia

Con Abdourahamane Idrissa ci si è conosciuti nel 2015. In seguito alla nota e tragica vicenda della pubblicazione della caricatura del profeta dell’Islam su Charlie Hebdo, inediti vandalismi vennero operati sui luoghi di culto cristiani a Zinder e Niamey. In quel frangente notai un articolo scritto, appunto, da Idrissa su un sito Web, che manifestava stupore, sconcerto e dolore per quanto accaduto. Scoprii che l’autore in questione, politologo ed esperto in islamologia, si trovava in quel momento nella capitale del Niger. Da allora il nostro incontro si è trasformato in dialogo e poi in collaborazione, fino a creare assieme ad altri amici del posto, l’Associazione ‘Università del Bene Comune’. Essa ha come finalità principale di contribuire a ricreare spazi di incontro e di dialogo aperto e libero nella società. Quanto accaduto nel 2015, ha evidenziato, tra l’altro, la carenza di un luogo di scambio e di crescita politica intesa come il vivere bene assieme nell’orizzonte del Bene Comune. 

Abdourahamane Idrissa è politologo con orientamento storico. Il suo dottorato in scienze politiche, rivolto ai percorsi democratici e all’Islam politico in Africa, ebbe luogo nell’università di Florida, negli Stati Uniti. Prima di raggiungere il Centro Studi sull’Africa di Leiden in Olanda, Idrissa ha fondato e coordina il think tank EPGA (Economia Politica e Governo Autonomo) che forma studenti e coordina progetti fondati su analisi di economia politica focalizzati sulle migrazioni, il lavoro dei giovani e la demografia. Idrissa è altresì associato al Laboratorio di ricerca Lasdel, basato a Niamey.

Di ritorno da Dubai via Parigi, dove sta scrivendo il suo prossimo libro sull’impero Songhay, Idrissa, dopo aver pranzato assieme, continua volentieri il momento conviviale del quale questo scambio a ruota libera è l’espressione.

Come ti definisci?

Un ricercatore del Lasdel, a Leiden, nel think tank EPGA e attualmente in residenza di studio a Sharjah, presso l’Africa Institute, negli Emirati Arabi Uniti.

Come vedi l’Occidente, tu che sei un ‘passeur’ tra i vari continenti?

Vive ancora malgrado tutto come in una situazione di ‘egemonia’ nei confronti del resto del mondo. Si pensa ancora come ‘centro’. Guarda e giudica tutto a partire da lui, con scarsa capacità di ascolto. Crede di avere molto da dare e poco invece da imparare ma questo non lo sa o non lo vuole sapere. L’idea di superiorità non l’ha abbandonato e favorisce la sua chiusura a capire e ‘sentire’ l’altro.

Perché da molte parti nel Sahel si vive una situazione così drammatica per la gente?

Il discorso è lungo e complesso. Per passare ad un tempo più vicino a noi basterebbe citare quanto accaduto in Libia nel 2011 per opera della Nato...L’uccisione di Gheddafi, l’anarchia nel paese e l’enorme quantità di armi in circolazione. Evidentemente nel Sahel sedimentava già un ‘combustibile’ pronto a bruciare o esplodere. Possiamo citare, tra le altre cose:

-La grande povertà per tanta gente

-Il conflitto soprattutto economico tra agricoltori e allevatori

-L’assenza dello stato in molte zone periferiche 

Direi che i conflitti a carattere etnico di cui si parla molto hanno soprattutto radici economiche o in reazione al timore di ulteriori esclusioni sociali e politiche come nel caso dei Peuls soprattutto nel Mali. 

E il fattore religioso, in tutto ciò, che ruolo ha assunto?

In origine si è trattato di militanti jihadisti di origine maghrebina esiliati soprattutto dall’Algeria nel nord del Mali e ancora esterne sono state le influenze dell’Arabia Saudita dell’Islam di matrice wahabita. Questi fattori hanno operato particolarmente nelle zone rurali e dunque nei villaggi...Come detto sopra le popolazioni Peuls, già marginalizzate, si sono sentite ulteriormente minacciate dalla ribellione dei tuareg in cerca di maggiore autonomia politica ed economica. Ciò ha condotto alla nascita di un movimento di reazione armata che ha coinvolto una parte di Peuls...in seguito si è fatto, soprattutto nel Mali e nel Burkina Faso d’ogni erba un fascio, condannando in blocco i Peuls come ‘terroristi’. A questo punto il conflitto diventa anche etnico.

Quale speranza per la politica nel Niger?

Le prospettive sembrano francamente inquietanti. Ogni nuova generazione di uomini politici in questo Paese sembra dimenticare la storia delle generazioni precedenti. Accade in ambito politico come un abbassamento nel livello di competenza e motivazione. L’attuale classe dirigente deriva dai movimenti degli anni ‘50 e ‘60 ma senza lo spirito di quell’epoca. Si assiste alla nascita di generazioni di élite politiche senza ideali!

 E quale, invece, un futuro possibile per il Niger?

Non si distingue alcune direzioni apprezzabili, tutto appare molto opaco. Le classi dirigenti passate, con tutti i limiti del caso, possedevano comunque alcuni ideali o valori sui quali orientare la politica, per esempio il ‘progresso’ o la costruzione dello ‘stato’. Terminata la modernità si è giunti alla profetizzata ‘post-modernità’ nella quale questi ‘valori’ sono stati spazzati via. Nel Niger ciò non l’abbiamo assimilato!

In questo contesto ‘sabbioso’, quale potrebbe essere, a tuo giudizio, il contributo dell’Africa?

L’Africa, più ancora che l’Occidente e altre regioni culturali, ha fatto esperienza, anche drammatica, di pluralismo culturale, di diversità ed ha mostrato una grande capacità a con-vivere con la diversità, a modo del ‘rizoma’ di cui parlava, tra gli altri, l’opera di Edouard Glissant, della Martinica. La colonizzazione, l’Islam, il Cristianesimo...altrettante componenti che hanno messo piede e radici nel continente africano. L’Africa potrebbe rappresentare un ‘laboratorio’ della diversità come convivialità.

E gli intellettuali africani in tutto ciò?

A loro, appunto, spetterebbe contribuire alla realizzazione di questo grande cantiere. Purtroppo, mancano tra loro, progetti reali di società. Lo stesso tanto decantato panafricanismo appare piuttosto come un patetico e acritico ritorno al passato, con gli idoli di sempre. Kwame Nkrumah o Thomas Sankara, senza d’altra parte alcuna traccia di spirito critico della loro storia. Gli intellettuali sembrano più interessati a piacere al potere di turno. L’intellettuale non possiede la vocazione a trasformarsi in adulatore!

Quale ruolo, invece, per il fattore religioso?

Le religioni, per loro natura, dovrebbero sprigionare ‘energia spirituale’, motivazioni etiche e spirito di unificazione. Quando una religione arriva a dividere con la violenza e magari a cercare il potere, allora tradisce la sua missione. Ben venga un politico che, per la sua appartenenza religiosa, opera onestamente per il bene di tutti!

 Un messaggio finale

Per cambiare le cose occorre lavorare!

       Mauro Armanino, Niamey, 1° gennaio 2023

                                       


 

sabato, dicembre 24

NATALE CON I TUOI E IN ESILIO CON CHI PUOI di P. MAURO ARMANINO

 


  Natale coi tuoi e in esilio con chi puoi

Sembrava la santa famiglia di Nazareth aumentata di uno. Perché la Vigilia di Natale succede sempre qualcosa di particolare, sono arrivati assieme. Francis, Mimì e, appunto, due bambini piccoli. Awa, la bimba, di tre anni e lui, l’ultimo per ora, chiamato Success nato due anni fa in esilio. Erano partiti nel 2019 dalla Liberia che, dopo la guerra civile offre al suo popolo la lotta quotidiana per la sopravvivenza. Il solito amico aveva consigliato a papà Francis, elettricista di professione, di tentare di riaccendere la luce della sua vita in Algeria, dove c’erano improbabili possibilità di lavoro ben remunerato. Una volta in Algeria, dell’amico in questione neppure l’ombra e allora Francis lavora per un minimo salario come muratore nei cantieri di Tamanrasset. Sua moglie Mimì, di professione parrucchiera, rimane in casa e inventa acconciature a buon mercato per le donne migranti che popolano e seducono la città algerina. Due anni or sono nasce il piccolo e, per rincuorarsi, lo chiamano Success, nome solo apparentemente inadatto in quel contesto.

Forse per scongiurare la sorte o semplicemente per darsi coraggio l’hanno chiamato con l’unico nome che poteva dare loro un futuro. Il Successo non è solamente l’accaduto ma soprattutto quanto potrebbe accadere: nuove prospettive di vita per loro che si trovavano in esilio lontano da casa. Francis, come buona parte dei migranti e rifugiati in territorio algerino, è stato identificato e, essendo senza permesso di soggiorno, derubato dei suoi averi ed espulso con la famiglia nel deserto adiacente alla frontiera col Niger. Il solito meccanismo di deportazione ed espulsione che, ormai da anni e nell’impunità assoluta, caratterizza la politica migratoria dell’Algeria dei colonnelli. ‘Senza nulla sei venuto in questo Paese e senza nulla lo lascerai’, questo il motto che accompagna le esportazioni della ‘mercanzia migrante’, pur utile quando si tratta di sfruttarla sui cantieri di lavoro. Altre seccature e minacce erano in agguato durante il viaggio di ritorno effettuato su un camion che trasportava cipolle nigerine verso il Benin, sull’Oceano Atlantico.

Non c’era posto per loro da nessuna parte in città e, nell’attesa, sono ospiti da qualche giorno nella stazione principale dei bus Rimbo, una delle compagnie più rinomate della piazza che si sta saturando di nuove e fiorite sigle. Hanno preso inutilmente contatti con l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, OIM, che ha per ora sospeso nuove iscrizioni per i ritorni volontari nei Paesi di partenza dei migranti. Vivono accampati nel salone di aspetto su materassini di spugna rivestiti di plastica offerti dalla ditta di viaggi. Il censimento dei passeggeri volontari avrà luogo a tempo debito quando gli uffici dell’OIM saranno riaperti e funzionali. Success è nato in esilio perché la sua famiglia, onde salvarlo dal Re Erode della miseria che voleva eliminarlo nel suo Paese, l’ha fatto nascere a Tamanrasset. Si trova in salvo nella stazione dei bus bianco-blu Rimbo di Niamey, prima che suo padre decida di tornare a casa.

  Mauro Armanino, Niamey, 25 dicembre 2022

martedì, dicembre 20

IL GOVERNO DEL PIANETA di RENATA RUSCA ZARGAR

                                                  

Il Governo del Pianeta

Seguo con profondo dispiacere la storia di Saman, che pure è solo una delle tante donne uccise nel silenzio perché si sono rifiutate di aderire all’imperativo familiare.

Donne che nessuno cercherà mai e per le quali nessuno sarà mai punito.

Nella vicenda di Saman, quello che mi rende più triste è la figura della mamma: mi pare impossibile che abbia caldeggiato, come afferma l’accusa, e accettato la morte della propria figlia, quella che si era staccata un giorno dal suo ventre ma che era stata parte del suo stesso corpo, carne della sua carne.

Non capisco come abbia potuto non salvarla e non fuggire insieme a lei da quell’associazione a delinquere della loro famiglia.

Sappiamo che i figli non assecondano tutto ciò che vorrebbero i genitori perché imparano a pensare con la propria testa. Eppure, di solito, non vengono uccisi anche perché, se le generazioni non avessero avuto pensieri diversi dalle precedenti, non sarebbe mai esistito il progresso.

Oggi, nei tempi moderni, immaginare un matrimonio combinato fa semplicemente orrore. Andare a vivere, mangiare, dormire, fare sesso, con una persona che non si è scelta, che non si conosce, per la quale non si provano sentimenti che aiutino a superare le difficoltà della convivenza, è una punizione enorme sia per il maschio che per la femmina. Può essere che l’uomo sia contento di sfogare semplicemente i suoi istinti di animale, visto che non può fare altrimenti, ma è ben triste cosa.

Una volta, forse, il matrimonio combinato poteva essere una difesa affinché i figli non finissero con cattive persone, specialmente in società di tipo tribale.

D’altra parte, siamo stati tutti nelle grotte nella preistoria e andava bene così, era una protezione. Poi abbiamo progredito.

Infine, Saman si era fidanzata con un pakistano come lei, non si voleva allontanare troppo dalla sua cultura di origine. Perché, in fondo, non si abbandona mai completamente la propria cultura natale.

Eppure, ai genitori non è andato bene neppure così.

Ora sento che il Pakistan gioca a rimpiattino per non consegnare alla giustizia italiana gli assassini.

Mi verrebbe da pensare che, in fondo, in quel paese diano ragione ai carnefici e non vogliano cederli perché riconoscono giusta l’uccisione.

Ho imparato, però, che gli Stati non seguono nulla di ciò che potrebbe essere giusto o ingiusto, perseguono solo interessi di potere ed economici ed è là che bisogna indagare per capire se l’Italia è abbastanza conveniente per ottenere l’estradizione.

D’altra parte, se il Qatar, uno stato che rispetta i diritti umani ancora meno del Pakistan (ma è infinitamente più ricco), ha ottenuto di ospitare i mondiali di calcio ed è stato pure giustificato e difeso (per denaro) da persone belle, ricche, colte, famose, libere, europee, cosa possiamo chiedere a questi genitori pakistani tribali e ignoranti?

Non c’è umanità né moralità né credenza religiosa.

Qui, sul nostro Pianeta, governa solo il demonio.

Renata Rusca Zargar

domenica, dicembre 18

IL BRACCONAGGIO NEL SAHEL (E ALTROVE) di P. MAURO ARMANINO


Il bracconaggio nel Sahel (e altrove)

La caccia illecita di animali è diffusa anche nel Sahel. Più d’uno mette in relazione il bracconaggio col terrorismo. Il Parco del W, condiviso da tre Paesi (Niger, Benin e Burkina Faso), di una superficie di oltre 3 milioni di ettari, è, secondo alcuni osservatori, un esempio eloquente del sistema di bracconaggio. Caccia o pesca illegale di specie o in zone protette, con mezzi non autorizzati, in epoche in cui la caccia o la pesca sono vietate. Oppure manca semplicemente l’autorizzazione formale delle autorità. Etimologicamente bracconaggio deriva dal francese ‘Braques’, nome dei cani guidati per fare il ‘lavoro’.

Il bracconaggio, peraltro, si sviluppa anche in altri ambienti e con diverse modalità di azione. Non cambia invece lo stile e le finalità che lo definiscono. La politica, l’economia e l’immaginario sociale ne rappresentano le aree più appetibili e consone alle prospettive iniziali. I bracconieri, agenti esecutori del bracconaggio, sono figli d’arte e, assai sovente, formati nelle migliori scuole e università di prestigio per futuri ‘leader’ del popolo o delle imprese. Così come la mafia e altre associazioni criminali pervasive e invasive, possiedono contatti, appoggi, complicità e facilitazioni da parte dello ‘stato profondo’.

In ambito politico il bracconaggio, caccia illecita di voti e votanti, si conferma ad ogni elezione presidenziale e nel rinnovo delle assemblee nazionali. Lo stile che contraddistingue questi momenti democratici esprime anche il contenuto e la finalità della politica stessa. Il Bene Comune, orizzonte del ‘politico’ inteso come discorso nella polis che esprime e propone un progetto e modello di società, è fagocitato dalla gestione ‘amministrativa’ del potere. Il bracconaggio, caccia illecita di persone, idee e strategie, è funzionale al perpetuarsi della classe minoritaria che si trova al vertice del sistema di rapina della democrazia.

Non parliamo dell’economia attuale, finanziarizzata fin dove possibile da una parte del mondo e di sopravvivenza e sfruttamento dall’altra, non è che bracconaggio di persone, risorse, beni e servizi. Si assiste alla mercificazione della società e alla ‘dissoluzione di tutto ciò che è solido in aria’, nella versione originale del Manifesto comunista di Karl Marx e Friederich Engels. Questa poi sarebbe l’esperienza della modernità, come scrisse Marshall Bernman nel libro di qualche anno fa che porta questo titolo. Il bracconaggio del tempo, dello spazio, del mercato e delle persone, da liberare, in Africa come altrove nel mondo. 

Il più grave, nondimeno, è il bracconaggio dell’immaginario sociale e cioè i simboli, la parola e la cultura che, in fondo, costituiscono l’anima di ogni struttura religiosa. Ed è in questo ambito cruciale perché in relazione col senso della vita e delle cose, che si sviluppa il bracconaggio più efferato. In prima fila ci sono gli intellettuali di regime, seguono i commercianti di sogni e, in ultimo ma non minori, gli imprenditori religiosi che cacciano di frodo tra le sofferenze e lo spaesamento del nostro tempo. Operano impuniti i bracconieri tra il Qatar dei mondiali di calcio e l’Europa degli intrallazzi con le migliaia di Ong e le lobby riconosciute.

Gli unici bracconieri che meriterebbero di essere imitati sono i migranti che, nel loro piccolo, vanno a caccia di nuove frontiere. Solo ‘sconfinando’ con loro daremo un nome nuovo alla politica.


Mauro Armanino, Niamey, 18 dicembre 2022,

giornata internazionale dei migranti


venerdì, dicembre 16

LE PAGINE DEL NATALE - RACCONTI E POESIE di AAVV - Antologia edita da LARGOLIBRO

E' arrivata oggi l'antologia LE PAGINE DEL NATALE, per la quale ho partecipato con un mio breve racconto. Colgo l'occasione per pubblicare anche la parte del Segnalibro che tratta di questa bellissima iniziativa da parte dell'Editore FRANCESCO SICILIA di AGROPOLI, che ringrazio e al quale auguro, come a tutto lo staff e a tutti voi, buone Feste!


Autori Vari
Titolo: Le Pagine del Natale
Editore: L’ArgoLibro
Anno di pubblicazione: 2022
Numero pagine: 180
Copertina: a colori con alette
Formato: 15x21
Codice ISBN: 979-12-80205-46-9
Prezzo di copertina euro 15,00
Spese di spedizione euro 5,00 (raccomandata postale)  
Per info e ordini: largolibro@gmail.com
 
Il grande Concorso nazionale “Le Pagine del Natale”, organizzato da “L’ArgoLibro”, è arrivato quest’anno alla Quinta Edizione. Ancora una volta hanno partecipato diverse centinaia di poeti e scrittori da tutt’Italia, tra di essi la giuria ha scelto gli elaborati che impreziosiscono l’Antologia di quest’anno.
Gli artisti sanno gettare lo sguardo al di là delle banalità e delle superficialità, e questo capita anche riguardo il Natale, la festa “per eccellenza”, forse oggi un po’ troppo preda di consumismo e banalità.
Le pagine che compongono quest’opera vi commuoveranno, vi faranno riflettere, vi inviteranno a vivere il Natale rallentando: abbiamo bisogno soprattutto di questo, oggi più che mai.
Ogni artista affronta il tema con la propria particolare visione: dallo sguardo incantato dei bambini al dolore dei grandi problemi che dobbiamo affrontare, da un verso fulminante e illuminante ad una preziosa considerazione legata alle tradizioni, c’è spazio per una moltitudine di punti di vista che non mancherà di catturare tutta l’attenzione di chi legge.
Ecco, in ordine alfabetico, i nomi delle vincitrici e dei vincitori di quest’anno, a loro va il più profondo ringraziamento:
Angela Anna Acquaviva, Solidea Basso, Sara Beniamini, Milena Bonvissuto, Eleonora Callegari, Fabio Carbone, Melissa Ceccon, Beatrice Ceci, Jaia Mary Chesterfield, Letizia Chilelli, Lorella Cioci, Stefania Cruciani, Giulia De Caprio, Luigi Di Mieri, Marzia Estini, Monica Fiorentino, Umberto Forlini, Marco Fusi, Barbara Gaiardoni, Gaia Maria Galati, Michela Gammino, Carlo Giffoni, Maria Granito, Roberta Guerrieri, Maria Luisa Limongelli, Mauro Lo Sole, Claudio Lucchesi, Sandra Ludovici, Patricia Luongo, Cinzia Mainini, Milena Maniezzo, Rossella Marchese, Giovanni Marino, Elisabetta Mattioli, Giusy Mazzola, Carolina Melfa, Erica Milia, Giovanni Minio, Rita Minniti, Maria Mollo, Concetta Maria Negretti, Antonio Nicolò, Maria Grazia Nocera, Pina Nonominato, Danila Oppio, Teresa Palladino, Marta Palumbo, Alina Pedruzzi, Rosa Penna, Saro Pennisi, Angie Patti Picciolo, Renata Pieroni, Vanda Pirone, Gabriella Pison, Stefania Pitrè, Simona Pruiti Ciarello, Mario Puzzilli, Annamaria Rizzo, Valeria Ruffo, Mariuccia Sciutto, Mario Salvatore Senatore, Maria Spoto, Emilia Tartaglia Polcini, Rosella Tirico, Paolo Zanelli, Zorzetto.
Tutti sappiamo e riconosciamo che ogni anno il Natale può essere ed è un’ottima occasione per far risaltare il “lato umano” che troppo spesso dimentica che bontà, fiducia nel prossimo, altruismo costruttivo, non sono sterili ideali irraggiungibili, ma concrete possibilità che si aprono a noi ogni giorno.
La voce dell’artista, in modo molto più efficace di altre voci, ce lo ricorda. Leggere “Le Pagine del Natale” è un salutare e benefico “strattone” che ci richiama a coltivare speranze concrete, tangibili. Possiamo gettare alle ortiche il pessimismo che si auto-alimenta. Come? Proprio ascoltando la voce di chi non si sottrae al dolore ma al tempo stesso conosce bene la possibilità del riscatto, del nuovo percorso, della possibile “Rinascita” che è poi il messaggio più importante lanciato dalle festività natalizie.
Charles Dickens ha scritto: “Ho sempre pensato al Natale come ad un bel momento. Un momento gentile, caritatevole, piacevole e dedicato al perdono. L’unico momento dell’anno che conosco in cui gli uomini e le donne sembrano aprire consensualmente e liberamente i loro cuori, solitamente chiusi.”
Possiamo lasciarcelo alle spalle, quel “solitamente chiusi”, magari imparandolo proprio dalle parole di questi artisti, che non si tirano mai indietro di fronte alla necessità della consapevolezza.
Tra nostalgia e profumo di nuovo, tra fiabe rivelatrici e sorrisi inaspettati, tra versi commoventi e altri che fanno riflettere, tutto il calore natalizio di questi bravi artisti si fa strada in un mondo che spesso smarrisce la bussola.
Nemmeno in questa edizione mancano vari saggi che sono un ulteriore motivo per dedicare a queste pagine tutta l’attenzione che meritano.
Per acquisti e per contattare la Casa editrice:

La bacchetta magica del Natale

Fata Serenella era perplessa, non sapeva cosa regalare ai bambini del mondo per Natale.
Molti piccoli avevano di tutto, altri proprio nulla. Ma non sono i giochi quel che lei desiderava donare ai bambini, piuttosto cose o situazioni di cui avevano veramente bisogno.
Le guerre esplodevano quasi in ogni luogo, e a lei questa faccenda non piaceva per nulla.
In alcuni luoghi del mondo mancava l’acqua, i bimbi morivano di sete, e non solo loro.
In altre zone soffrivano la fame, o venivano colpiti da malattie piuttosto gravi.
Insomma, Serenella era molto preoccupata, allora chiese alla Regina delle Fate di darle una bacchetta magica che facesse meraviglie.

La Regina le disse che per poterla usare, doveva caricarla di tanto Amore, altrimenti non avrebbe funzionato a dovere. 
- Oh, di amore ne ho tanto nel cuore, ma quella bacchetta dovrebbe farlo nascere anche nel cuore degli umani, altrimenti quel che desidero donare ai bambini non sarebbe sufficiente.

- Stai tranquilla, farò in modo che questa bacchetta trasformi i cuori degli uomini.

- Grazie mia Regina!

Fata Serenella pensò che dovesse cominciare a volare sul mondo molto prima di Natale, per riempire i cuori di tanto Amore.
Volò sopra i Paesi dove infuriavano le guerre, e gettò la polverina magica che fuoriusciva della bacchetta.
Poi volò sopra quei Paesi dove non pioveva da tanto tempo e la siccità bruciava ogni cosa. 
Fece piovere, di una pioggia leggera che non causasse alluvioni o allagamenti.
Inviò poi medicine per curare quelle malattie che facevano soffrire i bambini.
Quindi, sempre usando un particolare movimento della bacchetta, creò una carovana di camion pieni di cibarie, di ogni tipo e sapore, per nutrire i bambini e le loro famiglie, che da tempo non avevano nulla da mettere sotto i denti. 

Sperava che per Natale tutti fossero felici, perché non sono le cose inutili a donare felicità, ma il necessario per vivere serenamente. 

Il lavoro di Serenella non è cosa da poco, ma se gli esseri umani non si impegnano ad abbracciare la fratellanza, la generosità e tutti quei sentimenti che fanno parte della parola Amore, la sua sola bacchetta magica può fare ben poco. 

Il Natale più bello è apprendere che le guerre sono scomparse dal mondo, che nessuno muore di fame o di sete, che tutti abbiano l’opportunità di curare la propria salute. 

Cara Fata Serenella, tu fai quel che puoi, e noi ci impegneremo di affiancarti in questi bellissimi doni natalizi, perché l’Unione fa la Forza. Purtroppo, una sola bacchetta magica non serve, se tutta l’umanità non si impegna sul serio. 
Noi abbiamo apprezzato le tue buone intenzioni, ma il cuore degli uomini non sempre accoglie il vero Amore. Che sia un Natale colmo di buone notizie!
Danila Oppio







 

martedì, dicembre 13

L'ANGELO GABRIELE - CORO DI SAN MINIATO davanti al PRESEPE DI LECORE 2014


Ed ecco la versione cristiana dell'antico Greensleeves 

The King's Singers - Greensleeves


Narriamo un po' di storia o di leggenda su questo canto.
LADY GREENSLEEVES

Era l'anno 1580 che vide un susseguirsi di pubblicazioni di un canto d'amore di un gentiluomo alla sua Lady Greensleeves, ("la Signora dalle Maniche Verdi"); Richard Jones e Edward White si contendevano le stampe della canzone: nello stesso giorno del mese di settembre Jones con "A new Northern Dittye of the Lady Greene Sleeves" e White con "A ballad, being the Ladie Greene Sleeves Answere to Donkyn his frende", poi dopo pochi giorni, ancora White con un'altra versione: "Greene Sleeves and Countenance, in Countenance is Greene Sleeves" e qualche mese dopo Jones con la pubblicazione di "A merry newe Northern Songe of Greene Sleeves,"; questa volta la  replica venne da William Elderton, che scrisse la "Reprehension against Greene Sleeves," nel febbraio del 1581. Infine la versione riveduta e ampliata da Richard Jones con il titolo "A New Courtly Sonnet of the Lady Green Sleeves" inclusa nella collezione 'A Handeful of Pleasant Delites' del 1584, fu quella che diventò la versione finale, ancora oggi eseguita (almeno per quanto riguarda la melodia e per buona parte del testo con ben 17 strofe).


 

anne-boleyn-rose

La leggenda vuole che sia stato Enrico VIII a scrivere tale canto per Anna Bolena, nel 1526, all'inizio della loro relazione, quando lei lo faceva sospirare (e gli anni furono sette prima che i due si sposassero).

Enrico VIII ha scritto svariati brani ancora nel repertorio di molti artisti di musica antica (ad es Green Grow'th the holly, Past time with good company per citare i più famosi), tuttavia la poesia non è stata trascritta in nessun manoscritto dell'epoca, e quindi non possiamo essere certi dell'attribuzione. Ma seguendo la leggenda vediamo Enrico VIII mentre compone la canzone nella Serie Tv "The Tudors"

   


Secondo i musicologi la melodia è connotata da uno stile con influenze italiane e alcuni la datano al XVI secolo, in particolare all'epoca elisabettiana.

Per altri la melodia è ritenuta di origine irlandese (o scozzese), forse perché le parole gaeliche "Grian Sliabh" (letteralmente tradotte come "sole montagna") si pronunciano Green Sleeve (il brano è molto popolare in Irlanda soprattutto come slow air).

Il testo ci narra del corteggiamento di un gentiluomo verso una Lady un po' ritrosa che lo respinge, nonostante i suoi generosi regali; più ironicamente, si può interpretare come il lamento di un gentiluomo verso la moglie bisbetica!

Moltissimi gli interpreti, con versioni in stile antico e moderno (anche Yngwie Malmsteen la suona con la sua chitarra) di una melodia che non ha mai perso il suo fascino e popolarità, seppure oggi il testo (quando eseguito) sia solo cantato in parte (tranne che per i gruppi di musica antica).
Ecco il testo:


VERESIONE INTEGRALE
chorus (1)
Greensleeves(2) was all my joy Greensleeves was my delight,
Greensleeves my heart of gold
And who but my lady Greensleeves.
I
Alas, my love, you do me wrong,
To cast me off discourteously.
For I have loved you well and long,
Delighting in your company.

II
Your vows you've broken, like my heart,
Oh, why did you so enrapture me?
Now I remain in a world apart
But my heart remains in captivity.

III
I have been ready at your hand,
To grant whatever you would crave,
I have both wagered life and land,
Your love and good-will for to have.
IV
Thy petticoat of sendle(3) white
With gold embroidered gorgeously;
Thy petticoat of silk and white
And these I bought gladly.
V
If you intend thus to disdain,
It does the more enrapture me,
And even so, I still remain
A lover in captivity.

VI

My men were clothed all in green,
And they did ever wait on thee;
All this was gallant to be seen,
And yet thou wouldst not love me.
VII
Thou couldst desire no earthly thing,
but still thou hadst it readily.
Thy music still to play and sing;
And yet thou wouldst not love me.
VIII
Well, I will pray to God on high,
that thou my constancy mayst see,
And that yet once before I die,
Thou wilt vouchsafe to love me.
IX
Ah, Greensleeves, now farewell, adieu,
To God I pray to prosper thee,
For I am still thy lover true,
Come once again and love me


TRADUZIONE ITALIANO
coro
Greensleeves eri il bene dell’anima mia,
eri la mia delizia, il mio cuore d’oro
nessuno c’è al di fuori di te
la mia Signora dalle Maniche Verdi
I
Ahimè amore mio, non mi rendete giustizia a respingermi scortesemente,
vi ho amata per tanto tempo
deliziandomi della vostra compagnia.
II
Le vostre promesse avete spezzato, come il mio cuore. Oh perché mi avete così rapito? Ora sto in un mondo a parte
e il mio cuore resta in prigione
III
Ero pronto al vostro fianco, a concedervi ogni cosa aveste bramato.
E avevo impegnato la mia vita e le mie terre per mantenermi nelle vostre grazie.
IV
Vi ho comprato la gonna di zendalo bianco
sfarzosamente ricamata d’oro,
la gonna di seta bianca
vi ho comprato con gioia.
V
Se così intendete disprezzarmi
ciò mi rende più avvinto
e anche così, continuo a rimanere
un amante imprigionato
VI
I miei uomini erano vestiti tutti di verde
ed erano al vostro servizio
tutto ciò era galante da vedersi
e tuttavia voi non volete amarmi
VII
Voi non potete desiderare cosa terrena
senza che l'abbiate prontamente
La vostra musica ancora da suonare e cantare e tuttavia voi non volete amarmi
VIII
Pregherò Iddio lassù
che voi possiate riconoscere la mia costanza e che una volta prima che io muoia voi possiate infine amarmi
IX
Ed ora Greensleeves addio vi saluto
Pregherò Iddio che voi prosperiate
sono ancora il vostro fedele amante
venite ancora da me ad amarmi


NOTE
1) l'ordine in cui sono cantate le prime due frasi del coro a volte sono invertite e iniziano in senso contrario

2) nel medioevo il colore verde era il simbolo della rigenerazione e quindi della giovinezza e del vigore fisico, significava "fertilità" ma anche "speranza" e accostato all'oro indicava il piacere. Era il colore della medicina per i suoi poteri rivitalizzanti.

Colore dell'amore allo stadio nascente, nel Rinascimento era il colore indossato dai giovani specialmente a Maggio; nelle donne era anche il colore della castità.

3) lo zendalo è un velo di seta


Quel che mi ha stupito e non poco, è che questa melodia è stata trasferita in un canto natalizio, con i versi cambiati, ovviamente.


Qui il testo con spartito:

Nel prossimo post pubblico un video cantato in italiano di questa versione religiosa e natalizia. 


Danila


 

domenica, dicembre 11

LA BANALITA DEL BENE di Padre MAURO ARMANINO

               La banalità del bene

E’ quella che si manifesta nelle migliori occasioni e circostanze. Si fanno tante (troppe?) cose a fin di bene. C’è chi giustifica l’accaparramento del potere a tempo indeterminato, chi cerca di intruppare il mondo per salvarlo da una gestibile pandemia, chi fabbrica medicine, malattie, armi, munizioni e guerre per il bene di una causa e chi, a fin di bene, ricorda che c’è un Dio da obbedire e un inferno, da qualche parte, da evitare. Esattamente come il male, le vie dei fautori di bene sono infinite. Le scuole proprio per questo sono state inventate: a fin di bene. Le ideologie e talvolta le religioni, hanno mandato al macello le migliori gioventù della storia e, sempre a fin di bene, si consiglia a migranti e avventurieri di rimanere a casa loro. Morire nel mare, nel deserto o nei campi di detenzione e tortura non è il massimo che la vita possa offrire. Quanto la natura produce abbisogna di correzioni, miglioramenti e aggiustamenti strutturali, come per l’economia. 

Sempre a fin di bene, una delle sue creazioni più riuscite è la categoria, ormai universalmente accettata e promossa, delle vittime. A fin di bene, infatti, si creano, organizzano e sostengono le divisioni dei bisognosi in ‘categorie’ umane e sociali. Tutto a fin di bene per rispondere nel modo migliore ai bisogni delle ‘vittime’. Oggi, il 10 dicembre, si fa memoria della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, avvenuta a Parigi nel 1948. Com’è noto, il documento, nato in seguito alla conclusione della guerra mondiale, era stato concepito per evitare il riprodursi ancora del dramma accaduto. Il ‘nunca mas’ in Argentina, dopo il dramma dei ‘desaparecidos’, pubblicato nel settembre del 1984 era risuonato alla tribuna delle Nazioni Unite ancora prima per la voce del papa Paolo Sesto, col suo ‘Mai più la guerra’! Era il 4 di ottobre del 1965, si festeggiava San Francesco e i vent’anni della creazione delle Nazioni Unite, naturalmente a fin di bene.

Ci sono le vittime degne e quelle che non meritano alcuna considerazione da parte delle istituzioni appositamente create per riconoscerle. Gli abusi sui diritti umani sono a geometrie variabili a seconda dei rapporti di forza e delle geopolitiche del momento. Perfino le guerre possono essere, a fin di bene, umanitarie se servono a creare democrazia e soprattutto altri mercati per il capitalismo globale. Si riconoscono i diritti di quasi tutte le categorie e nel caso se ne inventano di nuove e coloro che sono del tutto indifesi, inizio e fine vita, per il loro bene, sono soppressi e resi in seguito invisibili. Ci sono poi gli Stati buoni e accettabili e quelli infrequentabili e, quanto al commercio e gli interessi, invece, tutto va bene per il bene di tutti. Magari aveva visto giusto il pensatore- profeta Ivan Illic...’Al diavolo le buone intenzioni. Un detto irlandese dice che di buone intenzioni è lastricato l’inferno, tanto per metterla sul teologico’. Siamo il 20 aprile del 1968 e da allora si è continuato a fare delle ‘buone intenzioni’ la nuova religione.

     Mauro Armanino, Niamey, 10 dicembre 2022

Il titolo dell'articolo è di un libro di Enrico Deaglio, penso scelto apposta in contrapposizione al tema della filosofa Hannah Arendt, che scrisse la banalità del male. 

Ndr: allego il documento completo della Dichiarazione Universale di cui al testo di P. Armanino perché ritengo che sia bene conoscerla non solo a grandi linee, ma che solo raramente viene messa in pratica. 











 


giovedì, dicembre 8

CALENDARI 2023 realizzati da ANNA MONTELLA per il Caffè Letterario LA LUNA E IL DRAGO

Tre calendari realizzati dalla instancabile ANNA MONTELLA per il prossimo anno. Chi volesse stamparli, basta cliccare sull'immagine e ingrandirla. Agli elaborati delle raccolte ho partecipato anch'io. 




PREMIO ALLA MEMORIA A TOMMASO MONDELLI

Il nostro amico poeta e scrittore, che ci ha lasciati nell'aprile 2020, ha ricevuto in sua ricordo il PREMIO ALLA MEMORIA dall'organizzazione di Volontariato TEVEROLA per il Premio Internazionale di Poesia "I VERSI NON SCRITTI" Ricevo questa bella notizia dal nipote Carmine Mondelli e ho il piacere di condividerla qui. Tommaso, non ti dimenticheremo mai!  




DUE MERAVIGLIOSE NEVICATE foto di ALESSANDRA GIUSTI

 



Bianco Natale in anticipo!

domenica, dicembre 4

QUEL PROFUMO DI BUCCE DI MANDARINO di MASSIMO MARIANI PAREMEGGIANI

 

I racconti di Massimo Mariani Parmeggiani sono "da rubare" e così ho fatto 
un giro nel suo sito, e quando mi sono imbattuta in questo racconto, ho ritrovato anche la mia infanzia, simile al mio ricordo del profumo di mandarino nel  periodo di Natale. Molto convincente questo ricordo di Massimo! 


Il piacere della scrittura


che vi consiglio di visitare qui:

https://massimomarianistorie.altervista.org/?fbclid=IwAR1MnMhoaPIZNHyQZw8tmZJWhOvN22sqkgoLGVDjq_whX4xwIc-2T7WdmWo&doing_wp_cron=1670155989.9915580749511718750000

Quel profumo di bucce di mandarino. I numeri ch’uno per volta escono dal sacco. Ninetto, la vigilia e le gambe delle donne. L’ambo che ti passa e più non vale. Tombola e tu vai per uno ma c’è il tombolino che il Natale è come suor Teresina della chiesetta bianca appena fuori le mura vaticane. Anche se non vuoi ti consola per forza. I fioretti da colorare ogni volta che li mantieni, il turibolo con l’incenso e la madonnina con la corona di lampadine che s’accendono con dieci lire.

Nonna era quella che sbucciava i mandarini. Io di nonne ne ho avute tre che quella era una zia e mio zio era mio nonno. Di nonni invece solo due che uno dei tre per i debiti del gioco s’era sparato, così che da quel lato, tutto era tornato a posto.  Altri segna numeri che i fagioli son tondi e rotolano via.  Le bucce dei mandarini invece no.
No, le cartelle non si cambiano. La fortuna non può rincorrerti per farti vincere, è già tanto se a Natale ti trova con tutta la confusione che c’è. Non so se avete mai avuto modo di vedere una pianta di mandarini, ma ha le spine. Ha le spine come i rovi di more e le rose ma più lunghe e aguzze come fossero pugnali. Oggi ci sono le clementine e forse, forse non le avete mai viste e chissà, magari, non avete mai visto nemmeno una pianta di clementine che quella in verità non l’ho vista mai nemmeno io. Ma quelle spine le ricordo che appena le tocchi esce subito il sangue e ti fai male.
Sette e mezzo Reale e con la matta, il banco gira ed è tuo. Il profumo dei mandarini si appiccica alla memoria, ancor più delle immagini che a tratti varcano scomposte gli argentei cancelli dei sogni dove sono rinchiuse. L’odore della credenza dei dolci e del cordiale, nera come gli altri mobili del salone. La morbida fragranza del panettone e i regali di cui non serbo nemmeno il ricordo che non c’è nulla da fare, dei mandarini l’odore è il mio Natale.