POETANDO

In questo blog raccolgo tutti gli scritti, poetici e in prosa, disegni e dipinti di mia ideazione. Recensioni stilate da me e da altri autori. Editoriali vari. Pubblico poesie, racconti e dialoghi di vari autori.Vi si possono trovare gallerie d'arte, fotografie, e quant'altro l'estro del momento mi suggerisce di pubblicare. Sulla banda destra della home page, appaiono i miei e-book poetici ed altre sillogi di alcuni autori. Così come le riviste online de L'Approdo e de La Barba di Diogene, tutto si può sfogliare, è sufficiente cliccare sulla copertina. Aggiungo che , sempre nella barra a destra della home page ci sono mie video poesie, con sottofondo musicale. E' sufficiente cliccare sull'immagine per ascoltare testo e musica, direttamente da YouTube. Tutte realizzate dalla eclettica Anna Montella., Ci sono poi i miei libri scritti nel corso di circa 10 anni. Buona lettura e buon ascolto!

mercoledì, gennaio 15

Polvere, fuoco, cenere e vento. A dieci anni delle chiese incendiate nel Niger. Padre Mauro Armanino


Polvere, fuoco, cenere e vento. 
A dieci anni delle chiese incendiate nel Niger

Fin dall’inizio c’è la polvere nella quale siamo stati impastati una mattina. Poi arrivò il soffio di vento e la creatura umana divenne vivente, Adama, fango che cerca la vita. Nel Sahel la polvere nasce con noi, ci avvolge, accompagna e diventa inseparabile compagna del nostro vivere quotidiano. La polvere prima osserva e poi, con sapienza millenaria, copre le umane vicende. Sui fatti e le parole scende una coltre di polvere che seppellisce imperi, dittature, regni, repubbliche, monarchie e avvenimenti.
La polvere ha coperto, da tempo, quanto accaduto a Zinder, la prima capitale del Paese e a Niamey, l’attuale. Il 16 e 17 gennaio del 2015, in relazione con quanto pubblicato dalla rivista francese Charlie Hebdo e un contesto politico nazionale teso, furono bruciati buona parte dei luoghi di culto, istituzioni e case di cristiani. Quel venerdì e sabato marcarono, a suo tempo, una sorta di frontiera tra un prima e un dopo. Stupore, desolazione, incredulità, sentimento di tradimento e dolore fu il fuoco.
Quanto accaduto ebbe mandanti ed esecutori. L’impressione che il tutto fosse stato orchestrato con un piano le cui finalità rimangono a tutt’oggi immaginabili e oscure ad un tempo. Vi furono veicoli che contenevano bidoni di benzina e, non casualmente, un pò dappertutto i punti d’acqua furono resi inservibili. Vi furono anche una decina di vite umane perse per sempre. Il fuoco fu il protagonista delle due mattinate. Non il fuoco che purifica o quello che si trasmette nel tempo, Un fuoco di morte.
Nelle ore che seguirono gli attacchi alle chiese e istituzioni cristiane (e francesi, in alcuni casi), nei luoghi incendiati rimase la cenere. Una cenere densa, triste e consapevole di essere stata il frutto di un grande inganno. In effetti, lo sappiamo per esperienza che c’è cenere e cenere. Quella che rimane dopo aver bruciato la legna per la cucina o per scaldare la casa e la famiglia. Una cenere pulita, che conserva a lungo le braci che possono servire ad altri per il fuoco. E poi la cenere delle chiese, vuota.
Per fortuna qualcuno ha inventato il vento. Pulisce e spazza via la polvere che copriva gli avvenimenti. Fa del suo meglio, anche se con maggiore difficoltà, per rimuovere pure la cenere. Entrambe, polvere e cenere costituiscono la nostra memoria selettiva. Ci sono cose che si coprono di polvere e altre che si coprono di cenere. E accaduto coi cristiani nelle città citate e succede nei villaggi attorno alla capitale nella zona delle ‘Tre Frontiere’. Musulmani e cristiani vittime della stessa follia di morte.
Compito e azione del vento è rivelare la nudità di quanto era rimasto. Allontanata la polvere e la cenere riemerge la verità dell’accaduto. Qualcosa di grave che in qualche ora ha potuto bruciare e distruggere quanto pazientemente intessuto in decenni di paziente rispetto reciproco. Ridare una memoria ripulita dal tempo e la dimenticanza, ecco quanto il vento ha saputo fare nel suo migrare tra le vicende umane. Polvere, fuoco, cenere e vento i fattori di quella verità che illumina. Non la lotta ma la verità rende liberi.



    Mauro Armanino, Niamey, 17 gennaio 2025

sabato, gennaio 11

Sovranità senza sovrani. Finzioni e realtà del Sahel di Padre Mauro Armanino

Sovranità senza sovrani. Finzioni e realtà del Sahel

C’era una volta un re. Cominciavano così le favole che un tempo si raccontavano ai bambini. La fantasia senza limite dei bimbi creava mondi, situazioni, scenari inverosimili e tanto veri da sembrare reali. Le favole, adesso, si raccontano tutti i giorni perché, grazie anche ai mezzi di comunicazione e manipolazione più sofisticate, tra realtà, favola e fantasia le frontiere si sono imbrogliate. Com’è noto dalla psicologia non è necessario che qualcosa sia vero in sé. Diventa vero se è creduto tale da una parte della società, quella che ‘conta’ e racconta. Vero, falso, verosimile e credibile si confondono.

Ad esempio, col tema, molto attuale nel Sahel e in altre parti del mondo, della Sovranità. Con la ‘maiuscola’ questa parola assume un’identità e portata considerevole secondo il contesto nel quale essa si coniuga e si traduce. La parola stessa deriva dal latino e fa allusione al ‘superiore’, al sovrano inteso come autorità suprema. Politicamente essa è il diritto assoluto di esercizio di un’autorità legislativa, esecutiva e giudiziaria su una regione, un Paese e un popolo. Tuttavia, alla base del concetto e della pratica della sovranità si trova la persona umana in tutta la sua dignità.

Si potrebbe che osare affermare la Sovranità, quella maiuscola della politica, dell’economia e della giustizia implica la sovranità reale del cittadino comune. La fondamentale sovranità originaria è sempre relativa e appartiene alla persona come soggetto di diritti e doveri nei confronti di se stesso e della società. La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che molte costituzioni pongono come preambolo e traducono poi in diritti inderogabili, offre alla citata ‘sovranità’ la concretezza necessaria. Una persona la cui occupazione principale è la sopravvivenza quotidiana, non è affatto sovrana.

Che non mangia a sufficienza, manca di lavoro, casa, mezzi per curarsi, istruzione di base, libertà di movimento, pensiero, religione, espressione e associazione non può esercitare la sovranità che è inerente al suo statuto di persona. La partecipazione politica del popolo, nel quale sappiamo risiede la sovranità, è del tutto illusoria quando le condizioni di vita sono tali da ridurre i cittadini a mendicanti o a ‘non persone’. La sovranità di coloro che, ormai da anni, vivono nella paura di attacchi di gruppi armati o di minacce di espulsione dai propri villaggi di origine, è confiscata.

Così come suona immaginaria e talvolta fuorviante l’assolutizzazione di una Sovranità che, non dimentichiamolo, è sempre relativa e relazionale. Per i credenti la sovranità risiede anzitutto nella divinità e negli stati democratici essa risiede nel popolo, di problematica definizione, che la esercita secondo modalità concertate e stabilite dalla legge. Chi esercita la sovranità in nome del popolo dovrebbe farlo con timore e tremore, per non profanare quanto di più sacro esiste in politica. La retorica della Sovranità sul territorio, il cibo, le risorse, la moneta, la sicurezza, definita Sovranità interna esigerà quella esterna per la difesa da nemici che, reali o presunti, non mancheranno mai.

Mai come oggi tutto è legame, relazione, rete, scambio, mobilità e commercio. Difficile presumere la Sovranità completa e sciolta da sentieri comuni in un contesto nel quale i fatti e le notizie valicano le frontiere in tempo reale. Sembra urgente ripartire dai volti, reali, dei minori abbandonati al loro destino, dei contadini senza più terra da coltivare, dai giovani in cerca di identità, delle donne che portano sul dorso il futuro del continente e degli addetti al lavoro informale. Senza di loro ogni altra pretesa di Sovranità rischia di creare, come nelle favole di un tempo, un Paese senza sovrani.

          Mauro Armanino, Niamey, gennaio 2025


domenica, gennaio 5

MIGRANTI E MIGRAZIONI NEL SAHEL di Padre MAURO ARMANINO




Migranti e migrazioni nel Sahel

Dice che voleva andare a pregare in Israele. Nato nella minuscola Guinea Bissau, Pascal aveva già viaggiato molto nell’Africa costiera. Di professione imbianchino aveva trovato lavoro in Costa d’Avorio, Ghana, Togo e Benin. Di ritorno al Paese era passato in Gambia e infine nel Senegal. Ha messo da parte una somma di franchi locali e si è avventurato nel Mali e, attraversando la città di Gao, ha raggiunto l’Algeria. A Tamanrasset il suo viaggio alla volta di Israele si è concluso con l’arresto, la confisca del suo telefono cellulare, i soldi che rimanevano e la sua agenda di viaggio mentale. Con l’aiuto di compassionevoli viandanti arriva ieri a Niamey con la compagnia di bus Sonitrav. Per solidarietà un senegalese gli offre un precario riparo sotto la veranda della sua casa e Pascal solo desidera, adesso, di tornare al suo Paese natale.

Loro sono invece una ventina. Tra bambini, madri e giovani raggirati da un venditore ambulante di sogni. Nella capitale Monrovia, in Liberia, il venditore in questione aveva promesso di condurli nientemeno che in Europa per una modica somma di qualche centinaio di dollari americani. Giunti nel Mali, dopo aver passato la Guinea, i migranti sono stati abbandonati dalla ‘guida’ al loro destino. Una volta raggiunto Gao, ospiti per qualche giorno nella ‘Casa del Migrante’, sono stati incamminati a Niamey e infine accolti dai liberiani da tempo installatisi in una zona periferica della capitale. Nove i bambini e cinque le madri mentre dei padri non c’è traccia alcuna. Accampati in un paio di camere affittate per l’occasione i più giovani chiedevano da che parte si trovava l’Europa e guardandosi attorno hanno capito, tardi, di essere stati raggirati.

Gli altri sono invece migranti forzati. Appena prima della fine dell’anno e immediatamente dopo, i gruppi armati hanno loro ingiunto di abbandonare i loro villaggi. Ci troviamo ad un centinaio di kilometri dalla capitale del Niger, al confine con Burkina Faso nella temibile zona delle ‘Tre Frontiere’. Il Mali, il Burkina e il Niger coalizzatisi in Associazione degli Stati del Sahel, AES in breve, dove continuano a subire attacchi da parte dei gruppi ‘djihadisti’ che i contadini si ostinano a chiamare ‘banditi’. A centinaia hanno dovuto abbandonare case, campi e futuro in poche ore dopo aver ricevuto la minaccia di rappresaglie. Numerosi villaggi attorno a Kankani e a Makalondi si sono svuotati dei loro abitanti. Hanno portato con sè qualche sacco di miglio come provvista per l’esodo verso il centro ‘protetto’ di Makalondi. Migrazioni forzate che durano da mesi nell’assordante silenzio del potere.

L’altra migrazione ‘forzata’ è, appunto, quella della politica intesa come partecipazione libera e cosciente alla costruzione di una ‘casa comune’ dove abitare e vivere. E’ stata sospesa, per decreto, ogni attività politica dei partiti e di altre associazioni della società civile dal colpo di stato di fine luglio 2023. Da allora si naviga a vista tra decreti, decisioni irreversibili come l’abbandono della Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale, CEDEAO, da parte dell’AES sopra citato e una costante accusa nei confronti di nemici interni o esterni. Una migrazione, quella politica, che corre il rischio di assomigliare alle migrazioni di cui sopra. Come notato, il lungo viaggio termina col desiderio di tornare al Paese che essi avevano lasciato. Lo scopo di una politica che meriti questo titolo sarà quello di tornare a mettere nel suo cuore il grido dei poveri. Solo per questo è stata inventata. 


Mauro, Niamey, gennaio 2025

martedì, dicembre 31

COME DISARMARE LE PAROLE di PADRE MAURO ARMANINO

 


Come disarmare le parole

In conclusione, del suo diario di prigionia ‘Catene di libertà’, l’amico e confratello Pier luigi Maccalli invitava a ‘disarmare le parole’. Due anni da ostaggio nel deserto, tra pietre, sabbia, polvere e stelle, lo avevano convinto che il cammino della pace intesa come convivialità delle differenze’ non potesse che germogliare da mani nude. Disarmare le parole implica, appunto, andare in giro con le mani nude, liberi da preconcetti, ideologie di morte e frontiere da usare per inventare nemici a piacimento. 

Scriveva che, a parte le catene che mai l’avevano abbandonato, era stato in genere rispettato dai rapitori che si avvicendavano nel deserto. Ciò che invece l’aveva profondamente segnato e ferito erano state le parole dei rapitori. Parole come pietre che feriscono mentendo, insultando, rendendo in definitiva l’altro una ‘non persona’. Si sentiva una cosa indefinibile la cui esistenza è utile solo per quanto potrà dare in termini monetari con prezzo del riscatto. Una merce di scambio e nulla più.

Nell’introduzione a ‘Il libro del potere’ di Simone Weil, Mauro Bonazzi scrive...’L’unico modo per contrapporsi al dilagare della forza intesa come violenza è la ricerca della verità...e ciò significa prima di tutto, prendersi cura delle parole perché esse sono lo strumento di cui ci serviamo per capire noi stessi e il mondo. Ed è distorcendo le parole che ci creiamo, consapevoli o no, delle comode barriere per proteggerci dagli altri’. Prendersi cura delle parole e della loro verità significa ‘disarmarle’.

Dal Sahel, dove queste note sono scritte, siamo da anni assediati da gruppi armati ‘terroristi’, interessi strategici, venditori d’armi, di ideologie religiose e finanziamenti occulti. Gli sfollati e i rifugiati a causa dei conflitti armati si contano a milioni mentre le sofferenze sono incalcolabili anche per le cicatrici che lasceranno alle prossime generazioni. All’inizio di tutto questo dramma, ancora prima delle divisioni etniche, religiose o economiche stanno loro, le parole. Lo ricorda bene proprio Simone Weil.

Nel libro citato la Weil mette in evidenza che ...’Mettiamo la maiuscola a parole prive di significato e, alla prima occasione, gli uomini spargeranno fiumi di sangue, a furia di ripeterle accumuleranno rovine su rovine...niente di reale può davvero corrispondere a tali parole, poiché non significano niente. Il successo coinciderà esclusivamente con l’annientamento di uomini che lottano in nome di parole diverse’. La lista di parole con le ‘maiuscole’ sarebbe interminabile, così come le fosse comuni.

Mettere la maiuscola alle parole prive di significato che non sia quello imposto da chi detiene il potere è quanto si industria a fare la propaganda e soprattutto il silenzio complice ‘dei buoni e degli onesti’. Ogni comunità, struttura educativa, mezzi di comunicazione, famiglie, organizzazione politiche e religiose dovrebbe mettere come priorità quella di ‘prendersi cura delle parole’. Avremmo allora, come auspicava Pierluigi, parole disarmate da affidare al vento perché sussurrino la pace al mondo.

Padri Maccalli e Armanino

      Mauro Armanino, Niamey, 29 dicembre 2024

TANTI AUGURI DI FELICE ANNO NUOVO, CON LA POESIA DI ANDERSEN "LA DILIGENZA DI CAPODANNO"

“La diligenza di Capodanno” poesia di Hans Christian Andersen: mezzanotte suonò




Mi piace questa poesia, perché appare il nome di chi l'ha tradotta in lingua italiana, poiché  suppongo che Andersen l'abbia scritta in danese, la sua lingua madre. Vedo che la poesia qui riprodotta è stata pubblicata, non so dove, con il nome dell'autore tradotto in italiano, Giovanni Cristiano Andersen, tipico del periodo fascista, dove ogni nome straniero appariva anche nei libri di testo. Infatti ricordo Tommaso Moro, al posto di Thomas Moore, Cartesio ovvero René Descartes che nacque nel 1596 in Francia, nel paese di La Haye en Tourraine (oggi il paese si chiama Descartes in suo onore). È conosciuto come Cartesio perché alla sua epoca gli intellettuali avevano l’abitudine di latinizzare il proprio nome, essendo il latino la lingua dei dotti. Descartes divenne perciò Cartesius e in italiano Cartesio. Potrei continuare, ma credo sia sufficiente citare questi autori.
Questa poesia mi è stata inviata dalla carissima amica Alessandra Giusti per cui colgo l'occasione di ringraziarla ancora una volta e di porgerle i miei più sentiti auguri di Buon Anno e per il suo compleanno che cade proprio nel primo giorno dell'anno nuovo! Auguri di cuore Alessandra cara, a te e alla tua splendida famiglia.
Danila




Hans Christian Andersen (Odense, 2 aprile 1805 – Copenaghen, 4 agosto 1875) fu uno scrittore e poeta danese, celebre soprattutto per le sue fiabe.
Tra le sue opere più note vi sono “La principessa sul pisello” (1835), “Mignolina” (1835), “La sirenetta” (1837), “Il soldatino di stagno”, “Il brutto anatroccolo” e “La piccola fiammiferaia” (1845).

HANS CHRISTIAN ANDERSEN 

L’attività letteraria di Andersen, piuttosto vasta (le opere complete in lingua danese, pubblicate a Copenaghen tra il 1854 e il 1879, comprendono ben trentatré volumi) inizia, di fatto, alla fine degli anni Venti del XIX secolo e coincide sostanzialmente con il termine del periodo di studi.
Un collega di teatro di Hans aveva parlato di lui come di un “poeta”: spinto dalla sua vocazione artistica, il giovane prende la cosa molto sul serio, indirizzando le proprie energie creative verso la scrittura, divenendo il maggior esponente della cultura letteraria del periodo nel suo Paese.
“La diligenza di Capodanno” è una poesia che Andersen scrisse per commemorare l’anno vecchio che lascia il posto all’anno nuovo.
Alcune citazioni di Hans Christian Andersen:

“Non importa nascere in un cortile di anatre quando si ha poi la fortuna di diventare un cigno.”

“Quando le parole falliscono, la musica parla.”

“Il talento non è nulla, eccetto nelle circostanze fortunate.”

“La diligenza a dodici cavalli/ arriva con dodici signori.” – tratto da “La diligenza di Capodanno”

Antoine de Saint-Exupéry- IL PICCOLO PRINCIPE E Consuelo Suncin Sandoval - editoriali vari, compresa Danila Oppio

 



Antoine de Saint-Exupéry davanti all'aereo che pilotava e dentro il quale ha trovato la morte dopo che fu colpito nel 1944

Di questo scrittore si conosce soprattutto il il suo testo IL PICCOLO PRINCIPE, ma molti non conoscono vita dell'autore.

Antoine Jean Baptiste Marie Roger de Saint-Exupéry, noto anche come Tonio, è stato uno scrittore e militare francese.

È conosciuto per essere l'autore del romanzo Il piccolo principe, che nel 2024 ha raggiunto il numero di 600 traduzioni in lingue e dialetti diversi ed è il testo più tradotto se si escludono quelli religiosi[3], e per i suoi racconti sul mondo dei primi voli aerei, tra i quali Volo di notteTerra degli uomini e L'aviatore. Scrittore riconosciuto, vinse vari premi letterari durante la sua vita, in Francia come all'estero.

Durante la seconda guerra mondiale si arruolò nell'aeronautica militare francese e, dopo l'armistizio, nelle Forces aériennes françaises libres, passando dalla parte degli Alleati. La sua scomparsa nel corso di un volo di ricognizione, avvenuta sul finire della guerra, restò per molti anni misteriosa, finché nel 2004 venne localizzato e recuperato il relitto del suo aereo nel mare antistante la costa marsigliese. In seguito è stato possibile accertare che fu un caccia tedesco della Luftwaffe ad abbatterlo.

Di lui non si conosce chi fu la moglie che gli ispirò il testo del racconto IL PICCOLO PRINCIPE riempiamo questo vuoto!

Consuelo la moglie di Antoine 


Un couple de légende : Consuelo et Antoine de Saint-Exupéry au Boléro de Versoix.  


Consuelo de Saint-Exupéry: la rosa de Il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry
Dietro la celebre figura della Rosa de Il Piccolo Principe, non c’è solo immaginazione e creatività, ma un riferimento ad una persona realmente esistita: Consuelo Suncin Sandoval.
Consuelo de Saint-Exupéry è stata la compagna e amante di Antoine de Saint-Exupéry, divenuta poi moglie, dell’autore del romanzo “Il Piccolo Principe”. La donna, di origini salvadoregne, ha rivoluzionato l’esistenza del pilota e scrittore francese, segnando così tanto la sua vita da dedicarle il più bel personaggio della storia. Consuelo è stata una figura affascinante e complessa, spesso considerata rivoluzionaria e controversa per l’epoca in cui ha vissuto.
Consuelo nasce in una famiglia benestante di El Salvador, figlia di un generale proprietario di piantagioni di caffè. La sua educazione la conduce a distinguersi fin da giovane: a soli 18 anni ottiene una borsa di studio per studiare inglese negli Stati Uniti, un traguardo notevole per una donna della sua generazione. Tuttavia, la possibilità di formarsi in un altro paese è legata ad una condizione inaccettabile per l’epoca: il trasferimento in solitaria, senza marito e senza famiglia. Ma la ragazza è determinata a costruirsi una vita autonoma, per cui decide di inseguire il suo sogno, sfidando le convenzioni del tempo.
Oltre alla passione per lo studio, Consuelo custodisce una certa propensione per i matrimoni. La prima unione avviene con un uomo che si presenta come un militare messicano, ma che in realtà lavora come semplice venditore di vernici. La bugia si rivela il preludio di un matrimonio infelice culminato in un divorzio, poco prima della tragica morte del marito in un incidente ferroviario.
Rimasta vedova, decide di trasferirsi in Messico, ma nasconde lo status da divorziata, celando per questioni sociali la fine del matrimonio avvenuta ben prima della morte del consorte. Infatti, era considerato infamante per una donna separarsi dal marito. Quindi, superata questa complessità, decide di assecondare la sua intraprendenza e si trasferisce in Messico, con in mano una lettera di raccomandazione e nel cuore la speranza di ribaltare ancora una volta la sua vita. Richiede un incontro con José Vasconcelos, uno dei più importanti intellettuali e politici messicani dell’epoca, il quale la riceve dicendole queste parole: “Una donna bella, giovane e vedova non ha bisogno di lavorare, può vivere dei suoi incanti.” Ma lei, determinata ad ottenere un lavoro, gli chiede un secondo incontro che si trasforma poi in una vera e propria relazione.
Quello che ottiene con José è un rapporto particolarmente turbolento e appassionato, contornato da lunghe serate ai circoli letterari e discussioni sull’evoluzione dell’arte con artisti-amici del calibro di Diego Rivera – il marito di Frida Kahlo. Grazie a Josè approda a Parigi, dove incontra Enrique Gómez Carrillo, uno scrittore guatemalteco di fama internazionale. Si innamora perdutamente di lui e lascia il secondo marito, il quale le dedica pagine amare nelle sue memorie, accusandola di avere una “vocazione scandalosa”.
Si sposa in terze nozze, inaugurando un nuovo capitolo nella sua vita. Tuttavia, anche questo matrimonio è di breve durata: Carrillo muore prematuramente, lasciandola vedova per la seconda volta con una consistente eredità, che le concede di formarsi e viaggiare ancora.
Il destino di Consuelo, anima dinamica e indomabile, cambia radicalmente nel 1930, quando decide di trasferirsi a Buenos Aires. Qui incontra Antoine de Saint-Exupéry, l’amore della sua vita. Il pilota, per conquistarla, le offre un volo avventuroso, preludio del loro matrimonio caratterizzato da alti e bassi, ma pur sempre oltre l’ordinario. Antoine, parlando di Consuelo, dirà che lei lo ha “addomesticato”, in un parallelismo che poi troverà eco ne Il Piccolo Principe.
La loro relazione è intensa e travagliata. La società francese e la famiglia di Antoine non vedono di buon occhio Consuelo de Saint-Exupéry o, a causa delle sue origini straniere e della sua reputazione da donna indipendente e controversa. Nonostante i numerosi ostacoli, il loro legame si mantiene però profondo e appassionato, segnato da litigi, riconciliazioni e dalle frequenti assenze di Antoine, sempre in viaggio o impegnato in nuove avventure.
Consuelo de Saint-Exupéry non è solo una moglie, ma è la musa di Antoine. La sua fragilità e il suo carattere unico ispirano la figura della Rosa, l’unico fiore amato dal Piccolo Principe tra migliaia. Come il personaggio letterario, Consuelo è affetta da asma, una condizione che la rende ancora più fragile agli occhi di Antoine, il quale percepisce il bisogno di proteggerla “sotto una campana di vetro.”
Il loro matrimonio, durato 13 anni, fu una danza di contrasti: l’amore di Consuelo per Antoine e il suo spirito libero spesso si scontravano con le infedeltà e il carattere imprevedibile del marito. Eppure, la loro storia d’amore è rimasta impressa come una delle più romantiche e tormentate della letteratura.
Per anni, il ruolo di Consuelo de Saint-Exupéry nella vita di Antoine e nella creazione de Il Piccolo Principe è stato minimizzato. Tuttavia, oggi è chiaro che senza di lei il capolavoro dello scrittore non sarebbe mai esistito. La Rosa, con la sua vulnerabilità e il suo carattere indomito, è una rappresentazione perfetta di Consuelo: un simbolo di amore, forza e unicità.
Dietro le pagine de Il Piccolo Principe, c’è una storia reale di passione e resilienza che continua a ispirare generazioni di lettori. Consuelo de Saint-Exupéry non fu solo una donna che visse al fianco di un grande scrittore; fu la sua musa, la sua Rosa e, in molti modi, il suo cielo.
Ho pensato che fosse giusto raccogliere informazioni esatte sull'autore del libro tanto osannato! Ma forse non lo scrisse da solo, piuttosto avvalendosi dei consigli della colta moglie!
Chi volesse ampliare questo scritto, è sufficiente che ricerchi con Google altre notizie, poiché ho ritenuto che per il momento siano sufficienti queste che ho riportato in questo post.
Danila Oppio