POETANDO

In questo blog raccolgo tutti gli scritti, poetici e in prosa, disegni e dipinti di mia ideazione. Recensioni stilate da me e da altri autori. Editoriali vari. Pubblico poesie, racconti e dialoghi di vari autori.Vi si possono trovare gallerie d'arte, fotografie, e quant'altro l'estro del momento mi suggerisce di pubblicare. Sulla banda destra della home page, appaiono i miei e-book poetici ed altre sillogi di alcuni autori. Così come le riviste online de L'Approdo e de La Barba di Diogene, tutto si può sfogliare, è sufficiente cliccare sulla copertina. Aggiungo che , sempre nella barra a destra della home page ci sono mie video poesie, con sottofondo musicale. E' sufficiente cliccare sull'immagine per ascoltare testo e musica, direttamente da YouTube. Tutte realizzate dalla eclettica Anna Montella., Ci sono poi i miei libri scritti nel corso di circa 10 anni. Buona lettura e buon ascolto!

domenica, novembre 3

IL LIBRAIO DI RABAT editoriale


IL LIBRAIO DI RABAT

Il libraio settantaseienne (1948) Mohamed Aziz, vive a Rabat, in Marocco e trascorre dalle 6 alle 8 ore al giorno leggendo libri. Ha letto più di 5.000 libri in diverse lingue: francese, arabo e inglese, e rimane il libraio più antico di Rabat, dopo più di 43 anni nello stesso luogo. Alla domanda di perché lascia i suoi libri incustoditi fuori dal negozio, dove potrebbero essere potenzialmente rubati, risponde che chi non sa leggere non ruba libri, e chi sa leggere non è un ladro.
È conosciuto come il libraio più fotografato al mondo. Dal 1963 svolge la sua attività di vendita di libri usati nella Medina, il quartiere più antico di Rabat, la capitale del Marocco. Rimasto orfano all'età di sei anni, cercò di fare il pescatore per realizzare il suo sogno di diplomarsi al liceo, ma all'età di quindici anni abbandonò la scuola perché non poteva permettersi i libri di testo, perché erano troppo costosi per la sua famiglia. Frustrato e senza studi, decise di aprire una libreria, mettendo i libri su un tappeto per terra sotto un albero e da più di mezzo secolo gestisce il suo negozio, realizzando il suo sogno di studiare.
La sua giornata è di dodici ore. Prima di aprire la libreria, cerca i libri usati in altri negozi, per leggerli e venderli. Ormai più che settantenne, dice che bastano due cuscini e un libro per sentirsi felici. Accumula torri di libri e quando gli viene chiesto quanti ne ha, risponde, non abbastanza. Interrompe la lettura solo per pregare, fumare, mangiare, servire e consigliare i clienti interessati ad argomenti specifici. Col tempo la sua libreria è diventata famosa e molti turisti la visitano per acquistare un libro e scattare fotografie. (Natura)

MILLE ANNI PER LA "AVE MARIA" - Conferenze di Padre CLAUDIO TRUZZI in preparazione all'Avvento 2024


PER L'AVVENTO / DAL 16 NOVEMBRE AL 21 DICEMBRE (sabato, ore 16)

Terrò una serie di riflessioni sulla Ave Maria- come farla nostra per meglio incontrare Maria a Natale. Allego lo schema del corso con le date.


COMPLEANNI E RICORRENZA DELL'ORDINAZIONE DI PADRE NICOLA GALENO OCD.

Il 3 novembre del 1968 veniva ordinato sacerdote da Mons. Stella nella Chiesetta del Monastero di Cascine Vica (TO) Padre Nicola Galeno, mentre infuriava l'alluvione del Piemonte.



sabato, novembre 2

COMPLOTTI, COSPIRATORI E COMPLICI NEL SAHEL di Padre MAURO ARMANINO


Complotti, cospiratori e complici nel Sahel


Denunciare tentativi di complotti, svelare intrighi per destabilizzare l’ordine o il disordine costituito, sembra essere una delle specialità dei regimi polizieschi, militari o dittatoriali. Nell’Unione Sovietica staliniana, ad esempio, sappiamo che ogni tentativo di messa in discussione della rivoluzione aveva condotto alla creazione di un un mondo sommerso di campi di detenzione. In essi milioni di persone considerate ‘dissidenti’ e dunque traditori della patria, passavano anni di rieducazione mentale spesso assieme a ‘delinquenti’ comuni. La denuncia regolare, sistematica, organizzata e studiata di complotti, veri o presunti, segue canovacci che si ripetono. Accadono in momenti particolari di difficoltà e credibilità del regime, offrono valide alternative alle critiche e soprattutto compattano una parete dei cittadini increduli. In genere non manca mai, come nei film polizieschi, una spia o un ‘pentito’ che rivela le macchinazioni segrete dei nemici esteriori. Ad ogni regime i propri complotti.
 Certo anche nelle democrazie ben radicate ciò talvolta accade. Per questo ci si affretterà a sottolineare quanto le istituzioni abbiano agito con tempestività ai tentativi di destabilizzazione del regime democratico. Il tutto seguendo norme, principi e senza ricorrere, in genere, a stati di eccezione anche nel caso di cospirazioni. Sono cospiratori coloro che, animati da uno stesso respiro o soffio, preparano e organizzano strategie volte a sovvertire il tipo di società che essi ritengono tradire i principi che li animano. Com’è noto il consenso sulla parola ‘terrorismo’ è tutt’altro che acquisto. Il padre di colui che scrive, giovane partigiano che lottava contro la dittatura nazi-fascista nel suo paese, per alcuni era un ribelle, per altri un patriota e, naturalmente, per i fascisti e i tedeschi null’altro che un criminale. Eppure, le cospirazioni esistono e c’è da sperare che non manchino mai persone che ‘respirino assieme’ il desiderio di un mondo differente. Ad ogni regime i propri cospiratori.
Rimangono, infine, i complici. Coloro che prendono parte in modo attivo, passivo e spesso secondario ai processi sociali in atto. Visibili, invisibili, presenti e assenti allo stesso tempo. La maggioranza silenziosa, o allora coloro che Norbert Zongo, giornalista del Burkina Faso assassinato durante il regime di Blaise Compaoré, definiva ‘ il silenzio dei buoni’. Lo stesso Zongo commentava che spesso ci sia impegna ma a ‘condizione che’ questo non arrechi problemi alla carriera, alla famiglia, alla vita. Grazie ai complici un regime prende il potere, si stabilizza, lo perpetua e lo giustifica. Questa categoria di persone si presenta in modo trasversale ma sono soprattutto i ceti intellettuali e i circoli religiosi che sembrano intuire con maggiore prontezza i vantaggi di tale affiliazione. Essa si trasmette per contagio, convenienza, interessi e timore di perdere i privilegi acquisiti. Spesso, ma non necessariamente, di padre in figlio e di professione in professione. Alcune di queste sembrano più predisposte. In cambio dell’adesione al sistema al potere la garanzia di un posto di prestigio. Ad ogni regime i suoi complici. 

          Mauro Armanino, Niamey, novembre 2024



martedì, ottobre 29

MILITARIZZAZIONI DI POLVERE NEL SAHEL di Padre MAURO ARMANINO

Scorcio del cimitero di Niamey -Niger

Militarizzazioni di polvere nel Sahel

Le cronache quotidiane di attualità assomigliano in modo palese a bollettini di guerra. Per un fenomeno assai conosciuto di assuefazione ciò diventa come parte dello scenario decorativo delle notizie. Si scivola in ciò che c’è di più terribile nella vita e cioè la ‘normalizzazione’ della violenza armata come unico sistema di risoluzione dei conflitti tra cittadini, classi sociali, Paesi, religioni, culture e interessi. Ad ognuno la sua guerra verrebbe da dire. Uno dei segnali inequivocabili di questo fenomeno è rappresentato dalla crescita delle spese militari in tutti i Paesi che se lo possono permettere. Dopo una leggera contrazione delle spese in seguito alla fine della guerra fredda e la provvisoria scomparsa dell’Unione Sovietica, ci si è accorti che rimanere senza nemici era ancora più difficile che averne uno. La guerra globale al terrorismo, l’asse del male, gli stati canaglia e soprattutto la ri-militarizzazione giustificata da questa guerra infinita, hanno implicato l’ennesima corsa ad armarsi di più, meglio e soprattutto prima del nemico. Quest’ultimo, come noto, è ovunque e soprattutto là dove si desidera fabbricarlo. Armi, guerra e paura sono ottimi ingredienti per rilanciare l’economia, controllare i movimenti ‘pericolosi’ e giustificarsi al potere per decenni.

La guerra nel Nord del mondo, il civilissimo Occidente, la guerra infame del Medio Oriente, le guerre nel continente africano, talvolta lontane dagli sguardi indiscreti dei mezzi di comunicazione e la guerra nel Sahel che affonda le sue radici più prossime alla distruzione voluta della Libia, nel 2011. Da questo Paese, in quel momento con un sistema sanitario, educativo, agricolo ed economico tra i più apprezzati in Africa, sono state esportate armi, rabbia e gruppi armati ben formati da anni di addestramento. Altre cause furono concomitanti e però non slegabili da quanto accaduto prima in Irak, Afganistan, Siria e altrove. Gruppi armati finanziati da chi aveva interessi di farlo si sono gradualmente installati nella zona del lago Tchad et la parte occidentale del Sahel. Antiche rivendicazioni autonomiste, l’arrivo di gruppi formati da ideologie salafiste esportate dall’Arabia Saudita, il Katar e altre entità affiliate, malesseri locali e divisioni latenti, hanno creato una miscela che si è rivelata ‘esplosiva’. Anche perché interessi ideologici, religiosi, politici, commerciali e di potere hanno trovato un terreno propizio nell’assenza dello stato, la crisi economica e lo smantellamento delle strutture culturali di gestione dei conflitti. Il senso di frustrazione di gruppi etnici e di giovani hanno organizzato il resto. 

Sono nati così, strada facendo, l’operazione Serval della Francia poi sostituita dall’operazione Barkhane e fiancheggiata in seguito dalla Cedeao, le Nazioni Unite e l’Unione Europea. La conseguenza di questa saturazione di armi, soldi, militari, interessi divergenti sono stati la moltiplicazione dei gruppi armati e delle economie di guerra. Soldi e guerre vanno bene assieme. Nel mezzo di tutto ciò la gente, i civili, il popolo che, abituato a lottare per la propria quotidiana sopravvivenza, si è visto accerchiato, minacciato ed espropriato del futuro. E fu così che i militari, in considerazione del peso economico e politico accresciuto in questi ultimi anni, hanno avuto buon gioco nell’installarsi al potere. Non senza la promessa di proteggere i cittadini e liberare una volta per tutte i Paesi dalle forze oscure del male che affliggono la vita politica e sociale di tutti e gli interessi di ciò che contano. Non sappiamo il futuro ma il contesto porta a credere che questo processo non sarà così rapido ed efficace. La conseguenza più palpabile nella vita quotidiana nelle città è la presenza visibile, palpabile della militarizzazione della vita sociale. I manifesti, la retorica del linguaggio.

‘Parole come combattimento, liberazione, mobilitazione popolare cittadina, impegno patriottico, dignità, sovranità non negoziabile, indipendenza totale...la patria o la morte’... la presenza di militari armati e no, in ospedali, aeroporto, strade e controllo del traffico, hanno militarizzato la vita politica e civile della Regione. Per fortuna, con l’arrivo prossimo del vento del deserto chiamato ‘Harmattan’, anche la militarizzazione, come tutto del resto nel Sahel, è di polvere.                                                                  Mauro Armanino, Niamey, ottobre 2024                                                                                                               

giovedì, ottobre 24

SCONFINAMENTI di Padre MAURO ARMANINO

Sconfinamenti




1) A partire dal suo piano esperienziale "sul campo" quali elementi rilevanti coglie del rapporto tra giustizia sociale e giustizia climatica?

Ho vissuto buona parte della mia vita In ciò che si chiama il ‘Sud’ del mondo e in particolare in Africa Occidentale. Costa d’Avorio, Liberia e Niger da 13 anni. In particolare, in quest’ultimo Paese, nel quale mi trovo attualmente, opero in ambito delle migrazioni internazionali. Le migrazioni sono un ‘punto di osservazione’ unico se vogliamo tentare di capire cosa significhi ‘giustizia sociale’. In effetti il fenomeno migratorio può essere visto come uno ‘specchio’ del nostro mondo. Il modo con cui sono interpretate, gestite e ‘’criminalizzate’ le migrazioni rivelano il tipo di mondo e società nel quale ci troviamo. Disuguaglianze economiche, esclusioni, immaginari sociali e incapacità degli stati a dare concrete offerte di futuro ai giovani sono forme di violenza. Le migrazioni rappresentano uno dei tentativi di risposta alla ‘sparizione’ programmata di migliaia di giovani. La risposta, in genere violenta, alla mobilità umana, dice molto sul tipo di sistema di esclusione che si perpetua nella società. La giustizia implica ‘dare a ciascuno ciò che gli spetta’ in quanto persona relazionale chiamata a realizzare in pienezza la propria esistenza. C’è il diritto di rimanere, di partire, di lasciare il proprio paese e tornarvi senza che questo processo si trasformi in un viaggio ‘verso la morte’ nel deserto, il mare o le frontiere diventate muri.

Quanto alla ‘giustizia climatica’ vedo più complicato definirne i contorni. Nel Sahel, dove mi trovo, i cambiamenti climatici non datano da oggi. Periodi di siccità, talvolta drammaticamente lunghi, sembrano alternarsi a pioggie la cui entità sembra inedita. Sono vari i fattori che interagiscono sulla ‘giustizia climatica’. Tra questi la demografia, la crisi economica, l’assenza marcata dello Stato, l’insicurezza alimentare e la violenza armata di vari gruppi di affiliazione islamica. Altri gruppi rilevano maggiormente del banditismo che canalizza a proprio beneficio le risorse minerarie, droga e armi. Ciò contribuisce a produrre massicci spostamenti di popolazioni, che accentua la crisi ecologica. Soprattutto l’aspetto relazionale sembra il settore maggiormente colpito dal fenomeno citato. Crescono le manipolazioni identitarie, populiste e sovraniste che corrodono la coesione sociale. Ogni tentativo di cambiamento è ‘minato’ dalle divisioni etniche, religiose e politiche.

2) Quali responsabilità abbiamo? Perché ci riguarda?

L’Occidente porta una grande responsabilità sul tipo di mondo che abitiamo e il sistema che lo regge. In effetti il neoliberalismo capitalista non è solo un sistema economico quanto un’interpretazione della realtà. Quando tutto e tutti diventano ‘mercanzia’, e cioè oggetto che ha un prezzo di vendita sul mercato, capiamo perché lo sfruttamento di beni e persone non ha limiti. Se il solo parametro è il profitto nel tempo più rapido, la conseguenza non può che essere una guerra permanente di tutti contro tutti. Proprio come nella giungla, la sola legge che vige è quella del più forte ed è così che il mondo è fondamentalmente governato da poche migliaia di persone che costituiscono l’élite finanziaria del pianeta terra. La stessa politica sarà asservita a questo tipo di progetto economico e societario. Saranno gli interessi della piccola classe dominante a prevalere sull’interesse comune. Il capitalismo è nato e prosperato in Occidente ed è stato ‘esportato’ dappertutto dalla conquista dell’America fino all’epoca delle colonizzazioni per passare dal fenomeno della tratta degli schiavi. La natura, le relazioni umani, il senso stesso della vita hanno sofferto una terribile divisione. Da un lato un progetto di vita, di comunione, di armonia e di ‘ buen vivir’ (vivere bene) e dall’altro un progetto di morte dovuto all’appiattimento delle persone e del destino ad una sola dimensione, quella del profitto. Ogni tentativo di risanare il mondo, l’ecologia, l’economia ‘green’, l’uguaglianza e la giustizia che non contemplino la messa in discussione radicale del sistema capitalista è destinato a fallire. Solo nuovi stili di vita e di economia, basati su una sana politica di ricerca del bene comune e la contestazione delle spese militari e delle guerre come ‘distruzione creativa’ potrà sperare di dare futuro al futuro.
 

3) Dal suo "punto di osservazione" che percezione ha delle consapevolezze (o meno) dell'Occidente?

Dall’osservatorio di ‘sabbia’ del Sahel, rilevo tre tipi di naufragio dell’Occidente. Il primo si trova nello ‘sguardo’. In effetti, malgrado le critiche, i lavori degli antropologi e i cambiamenti occorsi nell’interpretazione delle culture, lo sguardo dell’Occidente sulle Afriche, e più in genere sul ‘Sud’ del mondo, non riesce a liberarsi dal passato ‘coloniale’. Uno sguardo, quello occidentale, che continua a presumersi unico e dunque in grado di giudicare, dal ‘suo’ centro e punto di vista ogni differenza in fondo intesa come inferiorità rispetto al modello unico europeo. 
Forse non si è capito ancora che anche gli africani hanno smesso di parlare con la bocca degli altri e di guardare con gli occhi degli altri. Hanno scelto di usare la propria bocca e i propri occhi per raccontarsi. L’incapacità di mettersi all’ascolto dell’altro è proprio ciò che ha costituito il secondo naufragio dell’Occidente. L’arroganza del potere della tecnica, dell’economia e, non dimentichiamo, delle armi, ha creato la temibile malattia della sordità europea che parla di se stessa e a se stessa senza mai uscire da se stessa. In tutti questi anni di progetti di sviluppo, assistenze umanitarie e accordi bilaterali il grande assente è stato l’ascolto attento e umile di chi avrebbe potuto salvare l’Europa da se stessa.
Infine, alla radice dei naufragi giace il grande tradimento che avrebbe comportato lo smarrimento del pensiero e dell’etica ad esso conseguente. Si tratta della drammatica separazione della spiritualità dalla vita quotidiana, la mutilazione non casuale di ogni interiorità, la perdita del sacro, dell’anima e di quanto costituisce la dignità della persona. L’espropriazione di questa dimensione essenziale è stata l’opera fondamentale del capitalismo che il neoliberismo continua a completare. Le Afriche non accetteranno facilmente di essere svenduti alle ideologie dominanti nell’Occidente etico. Per chi ‘ogni giorno in più è una vita’ non è credibile che il cambiamento di sesso dei bimbi o le bandiere arcobaleno LGBT siano una priorità.
                        
                                   Mauro Armanino, ottobre 2024