POETANDO

In questo blog raccolgo tutti gli scritti, poetici e in prosa, disegni e dipinti di mia ideazione. Recensioni stilate da me e da altri autori. Editoriali vari. Pubblico poesie, racconti e dialoghi di vari autori.Vi si possono trovare gallerie d'arte, fotografie, e quant'altro l'estro del momento mi suggerisce di pubblicare. Sulla banda destra della home page, appaiono i miei e-book poetici ed altre sillogi di alcuni autori. Così come le riviste online de L'Approdo e de La Barba di Diogene, tutto si può sfogliare, è sufficiente cliccare sulla copertina. Aggiungo che , sempre nella barra a destra della home page ci sono mie video poesie, con sottofondo musicale. E' sufficiente cliccare sull'immagine per ascoltare testo e musica, direttamente da YouTube. Tutte realizzate dalla eclettica Anna Montella., Ci sono poi i miei libri scritti nel corso di circa 10 anni. Buona lettura e buon ascolto!

domenica, marzo 9

MODELLO DEL LAICO CRISTIANO - SAN GIUSEPPE _ conferenza di Padre CLAUDIO TRUZZI OCD

 

87 MODELLO DEL LAICO CRISTIANO
SAN GIUSEPPE

1 – LA FIGURA DI SAN GIUSEPPE
«Rev.mo Padre, non so se sbaglio, ma sono incoraggiata a scrivere da una vostra risposta, in cui avete lamentato il fatto che san Giuseppe non abbia ancora, negli studi teologici e nella venerazione dei fedeli, il posto che gli compete. Mi sembra carente anche la liturgia (il suo nome è stato riammesso solo recentemente nel Canone della Messa); e soprattutto mi pare che si abbia paura a parlare di Maria come sua sposa. Eppure, il Vangelo ce la presenta così». Anna Mada P. - Napoli
È certo che l'Incarnazione del Verbo è avvenuta per opera dello Spirito santo nel seno della Vergine Maria, ma è altrettanto evangelicamente certo che Maria è «la sposa di Giuseppe, della casa di Davide» (cf. Mt 1, 18.20; Lc 2,4s.). Il titolo di "sposa" di Giuseppe è indispensabile a Maria per l'onore della sua maternità; il titolo di "figlio di Davide", riconosciuto a Giuseppe, è necessario per la messianicità di Gesù. Se, dunque, il Verbo di Dio ha voluto l'istituto della famiglia per incarnarsi, se ne deve dedurre che l'omissione di s. Giuseppe nel quadro della "maternità" di Maria non rispetta l'economia dell'Incarnazione, per la quale i titoli mariani di "vergine" e sposa sono inseparabili.
Una devozione che consideri Maria fuori della sua dimensione di "sposata", ne impoverisce indubbiamente la figura, in quanto non esprime esaurientemente la realtà storica del mistero dell'Incarnazione, che include la presenza di Giuseppe. Isolare Maria e Gesù da Giuseppe non è rispettare il disegno di Dio, il quale non ha voluto né Gesù senza "padre", né Maria senza "sposo".
Tutto questo comporta una equilibrata conoscenza della figura e della missione di san Giuseppe.
GIUSEPPE NEI VANGELI
Dove attingiamo i dati su san Giuseppe? 
Naturalmente dai Vangeli. 
E allora: Che cosa ci dicono i Vangeli?
Genealogia di Gesù Cristo
– Giacobbe generò Giuseppe, il marito di Maria, dalla quale nacque Gesù, che è chiamato Cristo (Mt 1,16).
– Gesù, quando iniziò a insegnare, aveva circa trent'anni ed era figlio, come si credeva, di Giuseppe, di Eli. (Lc 3,23).
Dai Vangeli dell’Infanzia di Gesù 
•  Annunzio della nascita di Gesù Cristo (Lc 1, 26-29)
«Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu inviato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth, ad una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: – Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te –. A queste parole ella rimase turbata e si chiedeva che senso avesse un tale saluto. 
•  Giuseppe e l’angelo (Mt 1, 18-25)
«Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: – Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Ella partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli, infatti, salverà il suo popolo dai suoi peccati –. 
Tutto questo avvenne affinché s’adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: 
– Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio 
che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi–. 
Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù». 
•  Nascita di Gesù a Betlemme (Lc 2, 1-7) 
«In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città. Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazareth e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. 
Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto.
Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo».
•  Fuga in Egitto (Mt 2,13-15)
«Essi (i Magi) erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: – Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo –. 
Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, affinché s’adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: ******
•  Giuseppe ritorna dall'Egitto e si stabilisce a Nazareth (Mt 2,19-23)
Dopo la morte di Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe, in Egitto, e gli disse: «Alzati, prendi il bambino e sua madre, e va' nel paese d'Israele; perché sono morti coloro che cercavano di uccidere il bambino». Egli, alzatosi, prese il bambino e sua madre, e rientrò nel paese d'Israele. 
Ma, udito che in Giudea regnava Archelao al posto di Erode, suo padre, ebbe paura di andare là; e, avvertito in sogno, si ritirò nella regione della Galilea, e venne ad abitare in una città detta Nazareth, affinché si adempisse quello che era stato detto dai profeti, che egli sarebbe stato chiamato Nazareno. 
•  Adorazione di Simeone e di Anna (Lc 2, 25-32) 
«Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d'Israele; lo Spirito Santo che era sopra di lui gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore. Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge, lo prese tra le braccia e benedisse Dio: – Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele –».
•  Gesù dodicenne al tempio (Lc 2, 41-52)
«I suoi genitori si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono di nuovo secondo l'usanza; ma trascorsi i giorni della festa, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. 
Credendolo nella carovana, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. 
Dopo tre giorni, lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. 
Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: – Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo –. Ed egli rispose: – Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio? –. Ma loro non compresero le sue parole». 
Partì dunque con loro e tornò a Nazareth e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini».
Testimonianze
– «Non è questi il figlio del falegname? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda?» (Mt 13, 55).
– «Non è questi il falegname, il figlio di Maria, e il fratello di Giacomo e di Iosè, di Giuda e di Simone? Le sue sorelle non stanno qui da noi?» E si scandalizzavano a causa di lui (Mc 6, 3).
– Tutti gli rendevano testimonianza, e si meravigliavano delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca, e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?» (Lc 4, 22).
– Filippo trovò Natanaele e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella legge e i profeti: Gesù da Nazareth, figlio di Giuseppe. (Gv 1, 45).
– Dicevano: «Non è costui Gesù, il figlio di Giuseppe, del quale conosciamo il padre e la madre? Come mai ora dice: "Io sono disceso dal cielo?"» (Gv 6,42).

PROFILO DI UN’ESISTENZA  
Componendo i vari tasselli come in un mosaico, così possiamo delineare l’esistenza di san Giuseppe. 
[I singoli aspetti caratteristici della sua figura saranno ripresi in seguito e approfonditi] 
•    Il Nuovo Testamento non attribuisce a san Giuseppe neppure una parola. 
•  Quando inizia la vita pubblica di Gesù, egli è probabilmente già scomparso (alle nozze di Cana, avvenute con Gesù ormai trentenne, infatti, non è menzionato), ma noi non sappiamo né dove né quando sia morto; non conosciamo neppure la sua tomba, mentre ci è nota quella di Abramo che è più vecchia di secoli. 
•  Il Vangelo gli conferisce l’appellativo di “Giusto”. Nel linguaggio biblico è detto “giusto” chi ama lo spirito e la lettera della Legge, come espressione della volontà di Dio. 
•  Giuseppe discende dalla casa di David, ma ormai vive soltanto del suo lavoro; di lui, infatti, sappiamo che era un artigiano che lavorava il legno. 
•  Non era affatto vecchio – come la tradizione agiografica e certa iconografia ce lo presentano, secondo il cliché del “buon vecchio Giuseppe” che prese in sposa la Vergine di Nazareth per fare da “padre putativo” al Figlio di Dio. Al contrario, egli era un uomo nel fiore degli anni, intraprendente, dal cuore generoso e ricco di fede, indubbiamente innamorato di Maria. 
•  Con Maria si fidanzò secondo gli usi e i costumi del suo tempo. Il fidanzamento, per gli ebrei, equivaleva al matrimonio. Esso durava 1 anno e non dava luogo a coabitazione né a vita coniugale tra i due; al termine dell’anno si teneva la festa di nozze durante la quale s’introduceva la fidanzata in casa del fidanzato ed iniziava così la vita coniugale. Se nel frattempo fosse stato concepito un figlio, lo sposo copriva del suo nome il neonato, riconoscendolo come proprio. Nel caso, invece, che la sposa fosse ritenuta colpevole d’infedeltà, ella poteva essere denunciata al tribunale locale. La procedura da rispettare era a dir poco infamante: la morte all’adultera era comminata mediante la lapidazione. Appunto nel Vangelo di Matteo leggiamo che “Maria, essendo promessa sposa a Giuseppe, si trovò incinta per virtù dello Spirito Santo, prima di essere venuti ad abitare insieme. Giuseppe, suo sposo, che era un uomo giusto e non voleva esporla all’infamia, pensò di rimandarla in segreto” (Mt 18-19). 
Mentre era ancora incerto sul da farsi, ecco l’Angelo del Signore a rassicurarlo: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Ella partorirà un figlio, e tu lo chiamerai Gesù; egli, infatti, salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt 1,20-21).  
In ogni vocazione che si rispetti, al mistero della chiamata di Dio fa sempre da contrappunto l’esercizio della libertà, giacché il Signore non violenta mai l’intimità delle sue creature, né mai interferisce sul loro libero arbitrio. Giuseppe, quindi, può acconsentire o no. Per amore di Maria egli accetta: nelle Scritture leggiamo che “fece come l’Angelo del Signore gli aveva ordinato, e prese sua moglie con sé” (Mt 1, 24). 
Egli ubbidì prontamente all’Angelo e in questo modo disse il suo sì all’opera della Redenzione. Perciò quando noi guardiamo al sì di Maria dobbiamo anche pensare al sì di Giuseppe al progetto di Dio. Forzando ogni prudenza terrena, e andando al di là delle convenzioni sociali e dei costumi del suo tempo, egli seppe far vincere l’amore, mostrandosi accogliente verso il mistero dell’Incarnazione del Verbo. 
Non è possibile, tuttavia, determinare esattamente l'età di Giuseppe al tempo del matrimonio con Maria: doveva probabilmente oscillare sui 30-40 anni. E se morì poco prima dell'inizio della vita pubblica di Gesù, doveva avere alla morte ca. 60-70 anni, tenuto conto che la vita nascosta di Nazareth duro ca. 32-34 anni
– Nella schiera dei suoi fedeli, il primo in ordine di tempo, oltre che di grandezza, è lui: san Giuseppe è senz’ombra di dubbio il primo devoto di Maria. Una volta conosciuta la sua missione, si consacrò a lei con tutte le sue forze. Fu sposo, custode, discepolo, guida e sostegno: tutto di Maria.
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 «San Giuseppe è un patriarca»?
«Padre, mi trovo alle volte in difficoltà classificare san Giuseppe tra i Patriarchi dell'Antico Testamento o del Nuovo. Ho visto più volte le due versioni, ma mi pare che debba prevalere la seconda, dal momento che compare nel Vangelo e che svolge il suo ruolo verso Gesù e Maria. Che ne pensa?».     Giacomo T, - Udine
Nell'uso corrente intendiamo per patriarca il capostipite di una nazione, il padre d’un popolo, d’una stirpe. Per l'Antico Testamento sono dunque patriarchi gli antenati del Popolo di Dio, «i padri» con cui Dio strinse un'alleanza, che riguardava tutti i loro discendenti. Allorché l'Autore sacro inizia a narrare la liberazione dall'Egitto, dopo aver accennato alla durezza dell'oppressione sofferta dal Popolo di Dio, osserva: «Allora Dio ascoltò il loro lamento, si ricordò della sua alleanza con Abramo e Giacobbe» (Es 2,24). 
E la stessa Vergine, nel cantico del Magnificat, riferendosi alla salvezza operata da Dio per mezzo di Gesù, esclama: «Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza per sempre» (Lc 1 ,54-55). «I nostri padri», ossia «i patriarchi» di Israele, sono soprattutto Abramo, Isacco, Giacobbe e i suoi figli. 
L'età patriarcale si conclude con l'ingresso in Egitto, di cui narra il libro del Genesi.
Prima ancora d’essere pontefice con il nome di Benedetto XIV, questi scrisse riguardo a san Giuseppe: «San Giuseppe deve essere chiamato patriarca, perché egli è il padre putativo di Gesù Cristo, il capo di tutti gli eletti». Giuseppe può, quindi, ben essere chiamato patriarca (anche se questo titolo è oggi meno in uso di un tempo), perché ebbe una discendenza prodigiosa nel Figlio di Dio e di Maria. E nessun altro, fuori di Giuseppe, può essere detto patriarca fra i personaggi del Nuovo Testamento.
Sia la genealogia di Matteo, sia quella di Luca conducono a Giuseppe, e ciò soltanto tramite a Gesù. Perché san Giuseppe è l'ultimo anello degli antenati di Gesù. Egli è colui che lo inserisce nella famiglia di Davide, nel popolo di Dio, anzi nella stessa grande famiglia umana, che ha inizio con Adamo. (Cfr. Lc 3,23-38). Gesù è infatti il capostipite della nuova umanità, dell'umanità santificata. In lui c’è la benedizione promessa da Dio ad Abramo si realizza per ogni credente: «Non c’è più giudeo, né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28).

••• San Giuseppe appartiene all'Antico o al Nuovo Testamento? 
Come ripete san Paolo, e anche noi ricordiamo nella Santa Messa, la nuova alleanza s’inaugura nella morte e resurrezione di Gesù: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue» (1 Cor. 11,25). 
Tutto fa capire, nel Vangelo, che Giuseppe morì prima della vita pubblica di Gesù. Morì dunque sotto l'antica alleanza, e da questo punto di vista, prima che lo Spirito scendesse sulla Chiesa, prima che fosse donato il battesimo di Gesù.
Ma il passaggio dall'antico al nuovo non si realizzò in un momento, non fu un evento istantaneo. La morte e la resurrezione di Gesù si completarono nella Pentecoste. E quella morte e resurrezione vennero preparate da tutta la vita antecedente, a partire dal momento dell'Incarnazione. 
In tutta quella parte dell'esistenza di Gesù, che va dalla Incarnazione alla vita pubblica, Giuseppe ebbe un compito straordinario, assolutamente unico. 
Toccò a lui, formare alla vita, soprattutto formare alla vita di unione con Dio, Gesù. La morte di croce distrusse proprio quel corpo che era stato affidato a Giuseppe ancor prima della nascita.  
Giuseppe fu l'unico uomo che Gesù ebbe a maestro e che chiamò «Abbà» – cioè babbo –, quel nome che egli rivolgeva nella preghiera a Dio e che insegnò ai discepoli ad usare. La condanna a morte di Gesù venne motivata religiosamente proprio per l'intimità e la confidenza dl figlio che egli manifestava verso Dio.
Come Giovanni Battista, anche Giuseppe mori prima di Gesù. Ma di lui parlano soltanto i libri del Nuovo Testamento. Perciò egli appartiene al Nuovo Testamento, come vi appartiene la concezione, la nascita, l'infanzia e la crescita dl Gesù.
I conseguenza: «dal momento che compare nel Vangelo e che svolge il suo ruolo verso Gesù e Maria», Giuseppe è il patriarca del Nuovo Testamento. Ed è l'unico. Di lui parlano i Vangeli scritti dopo la resurrezione; la sua figura viene ricordata nella fede di Gesù Figlio di Dio e solo a motivo dl questa fede; viene trasmessa alla luce dello Spirito donato alla Chiesa.
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La missione occulta di Giuseppe
Giovanni il Battista fu incaricato di annunciare la venuta ormai imminente del Messia. Si può pertanto affermare che fu lui il maggiore precursore di Gesù nell’Antico Testamento. 
È così che si devono intendere le parole di Gesù in Matteo, XI, 11: «In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista».  
Il Signore, tuttavia, aggiunge subito: «Tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui». 
Il “regno dei cieli”, è la Chiesa della terra e del cielo: è il Nuovo Testamento, più perfetto dell’Antico, benché certi giusti dell’Antico fossero più santi di molti del Nuovo. E allora, chi nella Chiesa è il più piccolo? 
Le parole misteriose di Gesù sono state interpretate in diverse maniere. Fanno pensare a quelle pronunciate più tardi da Gesù: «Poiché chi è il più piccolo tra tutti voi, questi è grande» (Lc., IX, 48). Il più piccolo, vale a dire il più umile, il servo di tutti, che per la connessione e la proporzione delle virtù, è colui che possiede la più alta carità. 
E chi nella Chiesa è il più umile? Colui che non fu né Apostolo, né Evangelista, né martire (almeno esteriormente), né pontefice, né sacerdote, né dottore, ma che conobbe e amò Cristo Gesù non meno degli apostoli, degli evangelisti, dei martiri, dei pontefici e dei dottori..., l’umile artigiano di Nazareth, l’umile Giuseppe.  
Gli Apostoli furono chiamati a fare conoscere agli uomini il Salvatore, a predicare loro il Vangelo per salvarli. La loro missione, come quella di san Giovanni Battista, è dell’ordine della grazia necessaria a tutti per la salvezza. 
Ma esiste un ordine superiore a quello della grazia, costituito dal mistero dell’Incarnazione, l’ordine dell’unione personale dell’Umanità di Gesù alla stessa Realtà Trinitaria. 
A quest’ordine superiore appartiene la missione unica di Maria, la maternità divina, e anche, in un certo senso, la missione occulta di Giuseppe.  
               
(Père Réginald Garrigou-Lagrange (17 – 1)

sabato, marzo 8

I PAESI DA EVITARE QUEST'ANNO di PADRE MAURO ARMANINO



Finora ho collegato l'Isola che non c'è con l'articolo di Padre Mauro, ma ho solo voluto alleggerire il problema che invece è molto grave! Padre Armanino non specifica a quale Paese si riferisca, ma penso abbia in mente tutti quei Paesi occidentali che credono solo al dio denaro e non tengono in considerazione quei popoli che invece avrebbero un gran bisogno di aiuti concreti!
 I Paesi da evitare quest’anno


Quali frontiere sono le più pericolose da attraversare? Safeture, piattaforma svedese la cui missione è quella di allertare i turisti sui rischi possibili del viaggio, ha stilato la lista annuale dei Paesi più pericolosi nel 2025. La carta prevede cinque livelli distinti di pericolosità, passando dal rischio ‘limitato’ per i Paesi più sicuri al ‘rischio critico’ per i Paesi da evitare. I criteri presi in considerazione tengono conto del livello di sicurezza, la criminalità, il rischio sanitario, l’ambiente e la qualità delle cure mediche. La destinazione più sconsigliata, per Safeture, è il Burkina Faso.

Segue poi la Repubblica Centroafricana soprattutto per la presenza del gruppo Wagner. Il Libano è da evitare, così come Myanmar, il Niger, i territori palestinesi, la Somalia, il Sudan, la Siria e lo Yemen. Altri Paesi, fuori lista ma citati sono l’Iran, l’Ucraina e il Mali. In effetti è da tempo che nel Paese dove vivo da 14 anni, il Niger, non è più ambita meta turistica malgrado i paesaggi offerti dal deserto. Vero, la situazione nell’ambito della sicurezza, dopo il rapimento dell’amico Pierluigi Maccalli nel 2018, è peggiorata. A giusto titolo sembra che fare turismo in questa zona del Sahel sia sfidare il buonsenso.

La citata piattaforma omette, per ovvi motivi, il Paese in assoluto più pericoloso, per turisti, viaggiatori, esploratori e curiosi. I parametri usati per gli altri Paesi ivi sono applicabili solo in parte. Detto Paese non si trova nelle carte geopolitiche ad uso dal grande pubblico anche perché, a tutt’oggi non possiede confini ben delimitati. Al contrario si tratta di frontiere ‘porose’ determinate dalla classe sociale e soprattutto dal capitale finanziario potenzialmente incalcolabile. Messo assieme, il reddito di alcuni cittadini di questo Paese, vale tanto quanto un centinaio di Paesi possono vantare.

Il Paese non ha un nome, esattamente come il ricco alla porta del cui palazzo si metteva il povero Lazzaro nella nota parabola del Vangelo di Luca. I poveri hanno un nome ma non questo Paese. Si trova senza nome ma coloro che lo compongono il nome l’hanno ed è ben conosciuto. Non possiedono una terra specifica a cui legarsi. Solo attivano interessi, banche, agenzie di notazione, speculazioni finanziarie e sfruttamento senza pudore dei lavoratori nelle industrie o attività economiche. Il profitto e la moltiplicazione illimitata del loro capitale sono il loro passaporto.

La legge che regge e governa il Paese è quella dell’esclusione della parte del mondo considerata inutile, superflua e, non raramente, deleteria. Ogni realtà giudicata ‘vulnerabile’ e di ostacolo per la buona marcia del loro sistema di spoliazione e sfruttamento globale sarà eliminato, con le buone e soprattutto le cattive maniere. Il Paese ha infatti dalla sua parte una sorta di polizia altrettanto globale che ha per mandato di mettere a tacere le voci dissidenti o critiche rispetto al loro sistema. I cittadini di questo Paese sono notoriamente molto religiosi e offrono quotidiani sacrifici al loro dio denaro.

Questo è dunque, in pochi tratti sommari, il più inaffidabile dei Paesi, poco citato e temuto ma in realtà l’unico che sarebbe da boicottare. Purtroppo, la trappola funziona ancora. Artisti, intellettuali, imprenditori politici e religiosi si lasciano lusingare da vane promesse di un mondo fatto a immagine e somiglianza di questo Paese da temere. Meglio ancora, in conclusione, i nostri Paesi di sabbia, di vento e di polvere. Ricchi di contraddizioni e della loro povertà. Pericolosi per i turisti ma ancora e malgrado tutto, umani.

               Mauro Armanino, Niamey, marzo 2025

giovedì, marzo 6

Ciclo su "LETTERA AI POETI" di PAPA FRANCESCO . e lirica di Padre NICOLA GALENO OCD







Per chi volesse approfondire, questo è il link dove trovare maggiori informazioni:


Nel frattempo ringrazio Padre NICOLA GALENO OCD per avermi procurato il materiale e scritto la sua splendida poesia qui riportata

domenica, marzo 2

L'ERA DEL DISPREZZO di padre MAURO ARMANINO

L’era del disprezzo

Ci sono molti modi per qualificare il nostro tempo e dargli il nome che gli spetta. Tra i possibili titoli che lo riassumono, rappresentano e esemplificano quello del ’tempo del disprezzo’ pare sufficientemente eloquente e azzeccato. Il disprezzo è considerare qualcuno indegno di stima, da disdegnare, svilire, abbassarne il valore. Tutti i campi di detenzione, le carceri, particolari luoghi di lavoro e le relazioni di classe sono attraversati da questa unica alterazione umana chiamata disprezzo. 

Il disprezzo di tutto quanto è fragile e vulnerabile, indifeso come un bimbo appena nato o da nascere accompagna il nostro tempo. Un mondo che si basa sul potere della quantità di armi, denaro, prestigio e potere non può che disprezzare chi non appartiene all’esigua minoranza che ha pieno diritto di decidere la vita e la morte dei più. I primi ad essere disprezzati sono i poveri e i miserabili che vanno eliminati, espunti perché indecorosi nelle città a misura dei ricchi e opulenti oligarchi.

Il disprezzo per coloro che non si rassegnano a scomparire come inutile zavorra da buttare quando necessario per il sistema. Chi non entra in schemi e moduli prefissato è indegno di stima perché pericoloso come una parola nelle mani di un poeta o un sogno nascosto di un innamorato. Gli sfollati, i richiedenti asilo, i migranti e i rifugiati sono categorie marginali, di frontiera. Gente sfrontata che osa pensare e rischiare la vita per un destino scritto nella polvere. Gente del tutto fuori posto.

Il disprezzo della verità, della bellezza e di tutto ciò che è gratuito perché sono cose senza prezzo. Da di-sprezzare in quanto non traducibili in merci e dunque non commerciabili. Il disprezzo dei cittadini da parte di chi ha il dovere e potere di decidere la loro sorte ha assunto, in questi anni, proporzioni inedite. Solo esistono sudditi, schiavi, servi, prigionieri e esiliati da tutto ciò che rende la vita degna di essere vissuta. Le scuole per le élite dei giovani leader insegnano il disprezzo dei piccoli.

Il disprezzo della politica e della democrazia ne costituiscono la condizione essenziale. Dopo aver profittato dell’una e dell’altra per arricchirsi e raggiungere il potere saranno entrambe mandate al macero. Con loro sono rottamati i diritti fondamentali della persona umana, conquistati con lacrime e sangue. Basta osservare come i diritti dei lavoratori sono stati erosi in questi anni nei quali lo sfruttamento e i morti sul lavoro sono la guerra di cui nessuno più parla. Morti bianche per disprezzo.

L’era del disprezzo per la vita fabbrica, commercia, diffonde armi e guerre come diamanti e terre rare da coltivare con mercenari e gruppi armati. Si disprezza la pace perché regni sovrano il terrore che tutto immobilizza e crea sofferenze che non interessano a nessuno dei potenti. Il disprezzo del dolore, poi, è il sommo tradimento di quanto costituisce l’umano che ci dovrebbe accomunare. Il disprezzo del tempo tradisce il giorno, le ore della notte e tutto trasforma in un baraccone da circo perenne.

Difficile ipotizzare cosa seguirà all’attuale età del disprezzo. Ciò che importa sarà dunque seminare, le mani nude e con paziente follia, l’eretica utopia di parole nuove gettate al vento.



                        Mauro Armanino, Niamey, marzo 2025


lunedì, febbraio 24

MAHMOOD E ORNELLA VANONI CANTANO “SANT’ALLEGRIA” a Che tempo che fa (esi...


Ho seguito a spizzichi e bocconi alcune sequenze del Festival di Sanremo 2O25, e mi ha fatto molta tenerezza Lucio Corsi. Ma guardando un video di un pezzo musicale cantato da Ornella Vanoni, di 90 anni compiuti, unsieme all'elegantissimo Mahmood, mi sono commossa fino alle lacrime.
Lei ha ancora una bella voce, e il testo della canzone non si può ignorare: 

Sant’allegria di Ornella Vanoni

E sale e sale e risale più a fior di pelle
In cima a una montagna piena, piena di stelle
Scende e scende la sera, ma è così breve stasera
Nera, nera riviera, c’è chi spera e chi va

Una preghiera, due preghiere pregherò
Nel dubbio della sera
Un’altra frase, mezza frase aspetterò
Sperando che sia vera

E sole, sole che sale, rosso che brilla
In mezzo a un desiderio cade, cade una stella
Stella, stella che cade fra le cose e le strade
Questo è quello che accade per chi viene e chi va

Sant’allegria, sant’amore che vai via
Ascoltami stasera
Un’altra frase, mezza frase aspetterò
Sperando che sia vera

Ah, ah
Ah-ah, ah-ah
Ah, ah

E sale, sale e risale l’ombra di un fiore
Sereno arcobaleno, da dolore a dolore
Scende, scende la sera, ma è così breve stasera
Nere, nera riviera, c’è chi spera e chi va

Una preghiera, due preghiere pregherò
Nel dubbio della sera
Un’altra frase, mezza frase aspetterò
Sperando che sia vera

Sant’allegria, sant’amore che vai via
Ascoltami stasera
Un’altra frase, mezza frase aspetterò
Sperando che sia vera

Ah, ah
Ah-ah-ah-ah
[Outro]
Un’altra frase, mezza frase aspetterò
Sperando che sia vera


domenica, febbraio 23

LA MILITARIZZAZIONE DELLA POLITICA OSSIA LA POLITICA MILITARIZZATA di PADRE MAURO ARMANINO

La militarizzazione della politica ossia la politica militarizzata

In vari stati dell’Africa Occidentale (e non solo) i militari sono al potere e la militarizzazione della politica che scaturisce da questo binomio dipinge dell’inconfondibile colore kaki le foto di famiglia di ministeri, governi e istituzioni. L’avvenuto colpo di stato alla politica non nasce affatto per caso perché si è estesa l’applicazione del molto citato detto di Carl von Clausewitz ...‘ La guerra non è, dunque, solamente un atto politico, ma un vero strumento della politica, un seguito del procedimento politico, una sua continuazione con altri mezzi’. Nella nostra epoca hanno apparente vinto i guerrafondai, i fabbricanti di armi e di guerre perché alla base l’economia si è ridotta ad un campo di battaglia. La politica che avrebbe dovuto orientarla al servizio del bene comune ha scelto di camuffarsi come sua ancella obbediente e sottomessa. Con una democrazia schiava del denaro il fascino delle divise dei colonnelli e generali è quasi irresistibile per chi si è sentito tradito da avidi politici corrotti.

                 



La militarizzazione della politica pervade la società e il quotidiano vivere. Non casualmente i cittadini sono chiamati o destinati a trasformarsi in soldati, pronti a dare tutto per la patria così come immaginata o declinata dai militari. Anche il tempo si militarizza e, ovviamente, negli stati che hanno rovesciato i regimi civili o sostituito quelli militari, si parlerà di transizione, rifondazione, rigenerazione o di un’altra storia che comincia. I regimi militari, ‘obbedienti’ al volere del popolo si prendono un mandato di 5 o più anni (rinnovabili) per ridefinire il quadro ideale di uno stato finalmente e definitivamente sovrano. Ancora il popolo, ostinato, farà di tutto perché la giunta militare al potere possa presentarsi alle future elezioni che, con tutta probabilità, saranno,  libere, trasparenti e inclusive. Tutto sarà finalmente nuovo perché quanto fatto finora non era che volgare politica di arricchimento personale e di demolizione delle prerogative dello Stato.

Nondimeno ciò che si militarizza di più è il pensiero. Dalle parole al pensiero non c’è che un passo perché il pensiero usa le parole e le parole creano e definiscono il pensiero. Un pensiero militarizzato è quello che immagina il mondo e la società a forma di caserma dove tutto è sotto controllo gerarchico. Tra il ‘ministero della difesa’ e il ‘ministero della verità’ il passo è breve e si passa dall’uno all’altro con la conseguenza che la lettura della realtà assomiglia più ad un monolite che a un rivo che scorre secondo il terreno che incontra. Una sola lettura e dunque un’unica strategia, quella che il pensiero militarizzato avrà concepito e che la scontata adesione del popolo renderà effettiva. Con l’assentimento del popolo i militari al potere saranno auto promossi generali e uno di loro avrà il titolo di presidente della repubblica. Un’amnistia è proposta per chi perpetrato il ‘golpe’ mentre il presidente esautorato è ancora prigioniero nel palazzo presidenziale. Il pensiero militarizzato abbisogna di un nemico per ogni circostanza. Bene ricorda il saggio filosofo cinese Xunzi...’ il re è una barca e il popolo è l’acqua. L’acqua può sorreggere la barca e l’acqua può rovesciare la barca'.


      Mauro Armanino, Niamey, febbraio 2025

domenica, febbraio 16

CICLO PITTORICO SU CHIESE DI TRANI (BAT) foto e didascalie poetiche di PADRE NICOLA GALENO OCD

Ciclo pittorico su Chiese di Trani (BAT)


Chiese tranesi 133.376


Volli tornare a visitar le Chiese,

che furon per decenni frequentate

dai Nonni prima ancora che la vita

li facesse puntare verso il Nord.


Chissà perché noi figli nelle vene

ci sentiamo legati a questa terra,

che non ci vide nascere: restiamo

metà pugliesi e metà piemontesi.


Quanto mi affascinavano i racconti


della Nonna su quelle processioni


religiose! Sognavo ad occhi aperti,


sentendo che qualcosa mi mancava.


Sono tornato a rivedere le Chiese

volutamente quando sono chiuse.

Nessuno mai doveva disturbare.

il povero informatico pittore!

LA CATTEDRALE DI S. NICOLA PELLEGRINO 133.377

Come non definirti, Cattedrale,

regina incontrastata della Puglia?

LA CHIESA DEL CARMINE 133.378

Chiesetta accanto al porto, garantisci

ai pescatori tanta protezione!


LA CAPPELLA DEL CIMITERO 133.379

Mi sembri la custode più fedele

di quanti non conobbi sulla terra...

CHIESA DELLA MADONNA DEL POZZO 133.380

Chiesetta, ti vedevo dalla casa

d’un mio caro Zio falegname

LA CHIESA DEL MONASTERO 133.381

Dopo la Cattedrale il mar vedeva

in te la sua Chiesetta prediletta!

LA CHIESA DI OGNISSANTI (ABSIDE) 133.382

La Reginetta sei di questo porto.

Lo sembri tutelar maternamente!

LA CHIESA DI S. CHIARA 133.383

Il traffico si sposta nella storia.

Adesso sembri alquanto emarginata...

LA CHIESA DI S. DOMENICO 133.384

Unica Chiesa che vantare possa

una Villa sì bella al proprio al fianco!

LA CHIESA DI S. FRANCESCO 133.385

In una via tanto trafficata

un’oasi di pace tu mi sembri!


(Legnano 15-2-2025), Padre Nicola Galeno

sabato, febbraio 15

QUANDO TACERE NON E' (SEMPRE) UNA VIRTU' di PADRE MAURO ARMANINO


QUANDO TACERE NON E' (sempre) UNA VIRTU'


C’è silenzio e silenzio. In Africa occidentale si conosce e perpetua a tutt’oggi la ‘cultura del silenzio’ che copre, protegge, assume, soffre e tace su ciò che conta veramente. Spesso si dice l’inutile, il superficiale e l’apparente per tacere su quanto potrebbe far sospettare che qualcosa non quadra con la versione ufficiale dei fatti. C’è il silenzio degli umiliati, gravido di dolore e c’è il silenzio di chi non ha più nulla da dire. Il silenzio di chi resiste e quello di chi si arrende. 

Nei vangeli si narra che il Cristo tace dinnanzi al potere politico che gli chiede miracoli e in faccia al potere religioso che l’accusa di voler distruggere il tempio. Il suo precario e infinito tacere bene rappresenta la dignità della verità che non abbisogna di nessuna difesa per salvarsi. Il suo silenzio è denso dell’attesa di un avvenimento che squarci, infine, il velo che copriva il potere della menzogna. Solo più tardi verrà la parola, anzi, il grido che avrebbe ricordato al mondo che la verità non si svende.

Accade di questi tempi nel Sahel quanto durante la propaganda dell’epoca totalitaria fascista veniva scritto sui muri e le coscienze. ‘Taci, il nemico ti ascolta’! Colui che scrive ha visto coi suoi occhi la frase citata su un muro cadente e abbandonato nel suo paese d’infanzia. Il tempo avrebbe infine cancellato tutto e, nel bambino che ero, la scritta è rimasta a lungo. I grandi mi avevano spiegato chi era il nemico e, non avendolo visto di persona, ricordo che da allora per me tacere era una sfida.

Si può tacere per paura delle conseguenze dell’espressione del proprio pensiero in parole dette, scritte o solo immaginate. Diceva con ragione lo scrittore irlandese Oscar Wilde che ...’la società perdona spesso il criminale, non perdona mai il sognatore’. In effetti la prima cosa che ogni totalitarismo cerca di controllare, mutilare e mettere a tacere sono proprio i sogni e cioè la capacità tutta umana di immaginare un mondo differente da colui che il potere impone.

In questo caso si innesca un fenomeno sociale ben conosciuto che va sotto il nome di autocensura. Essa consisterà a espungere da ogni espressione pubblica quanto potrebbe sembrare contradditorio rispetto alla narrazione ufficiale. Ogni regime totalitario crea un ‘ministero della verità’ che aiuta i cittadini a privilegiare quanto è legittimo esprimere in publico e quanto invece sarebbe oggetto di biasimo e di conseguenze nefaste. L’autocensura è una paura preventiva che tace il vero.

Talvolta si tace per complicità rispetto alle menzogne imperanti del sistema. Lo si fa per interesse, per arrivismo, per una fetta di potere o semplicemente per vivere nella mediocre e tranquilla vita che ogni potere garantisce ai propri sudditi fedeli. Complicità e viltà sono compagni di viaggio e l’uno non sta senza l’altro. Chi opera nell’ambito della comunicazione, i sindacati, la classe intellettuale e, non ultimi, i ‘leader religiosi’, ognuno a suo titolo, entra appieno in questo deludente gioco delle parti.

O allora si tace perché si ha tradito, in qualche misura, ciò nel quale si è sempre creduto e sperato. E questo è quanto di più grave possa accadere a chi poi insegna ai propri figli a fare altrettanto. Il silenzio che ne scaturisce non è che tristezza e rimpianto per quanto di più sacro le scelte operate hanno smantellato e ridotto in macerie. L’immagine delle macerie sembra essere il tipo di mondo che ci troviamo tra le mani. Riparare i pensieri, le parole, le relazioni è il lavoro che, in silenzio, ci attende.      Mauro Armanino, Niamey, febbraio 2025




mercoledì, febbraio 12

RICORDI DEL PASSATO, DI OLTRE 60 ANNI FA! di DANILA OPPIO



Gilberto Ziglioli



canzone Diavolo dei New Dada


Questa è la zona di corso Indipendenza, dove mi recavo presso i giardini per ripassare le lezioni scolastiche, insieme alle mie compagne di classe, che abitavano nei dintorni. In quelle vie abitavano anche Gilberto e Paki, che si sedevano in una panchina vicina alla nostra, per suonare le chitarre, e cantare le loro canzoni. Così ho capito che si trattava di uno dei membri dei NEW DADA e di uno del duetto Paki & Paki.  Pasquale Canzi e Pasquale Andriola si conoscono a Milano, città dove vivono, ed essendo entrambi appassionati di musica, decidono di formare un duo e poi divennero I NUOVI ANGELI. 
 


Gilberto con Paki, come si nota, a distanza di anni sono ancora molto amici.






Questa è una foto che ho "rubato" dalla pagina FB di Gilberto, lui è il primo a sinistra delle foto, ma se avete una buona fisionomia, e nonostante il lungo tempo trascorso, forse potrete riconoscere altre persone dello spettacolo, io ne ho visto qualcuna...ma magari potrei sbagliare. Mi ha fatto molto piacere riconoscere quel ragazzino che suonava la chitarra al parco di corso Indipendenza. (Zona Monforte) e apprendere che ha continuato la sua carriera artistica. Lo avevo già notato anche durante una trasmissione dove lui era tra i membri di un'orchestra della RAI.

Danila Oppio