POETANDO

In questo blog raccolgo tutti gli scritti, poetici e in prosa, disegni e dipinti di mia ideazione. Recensioni stilate da me e da altri autori. Editoriali vari. Pubblico poesie, racconti e dialoghi di vari autori.Vi si possono trovare gallerie d'arte, fotografie, e quant'altro l'estro del momento mi suggerisce di pubblicare. Sulla banda destra della home page, appaiono i miei e-book poetici ed altre sillogi di alcuni autori. Così come le riviste online de L'Approdo e de La Barba di Diogene, tutto si può sfogliare, è sufficiente cliccare sulla copertina. Aggiungo che , sempre nella barra a destra della home page ci sono mie video poesie, con sottofondo musicale. E' sufficiente cliccare sull'immagine per ascoltare testo e musica, direttamente da YouTube. Tutte realizzate dalla eclettica Anna Montella., Ci sono poi i miei libri scritti nel corso di circa 10 anni. Buona lettura e buon ascolto!

domenica, febbraio 2

SENZA PUDORE E SENZA PIETA' PER I POVERI di PADRE MAURO ARMANINO

 Senza pudore e senza pietà contro i poveri


L’eliminazione delle categorie pericolose si perpetra ormai a cielo aperto. Nella storia sono stati utilizzati campi di concentramento, di sterminio e ogni altro tipo di segregazione. Oggi non più. Tutto accade sotto i nostri occhi resi opachi dall’assuefazione, il controllo e una propaganda martellante che ci conduce a sinistri ricordi. Il politico e filologo Joseph Goebbels, ministro della Propaganda durante il regime nazista in Germania scrisse che...’una menzogna detta una volta rimane una menzogna ma una menzogna ripetuta mille volte diventa una verità’. Ciò accade coi mezzi di comunicazione in mano a coloro che trasformano la realtà a immagine e somiglianza del loro potere di dominazione.
Il disprezzo dei poveri, una delle perpetue categorie pericolose della società, si esprime nella politica, nell’economia e persino nella religione che di fatto è spesso legata ad entrambe. Essi, i poveri, sono letteralmente scomparsi da ogni agenda politica che si rispetti. Gli interessi sono ben altri e il neoliberalismo imperante e sfacciato di questi tempi lo evidenzia attorno al pianeta terra. Dal vergognoso vertice di Davos in Svizzera, nato per governare il capitale, alle ultime politiche del neo rieletto presidente Donald Trump dell’America prima di tutto. Per finire poi alle nostrane politiche saheliane governate dalla sabbia e dal vento. I poveri sono semplicemente cancellati perché inutili.
Senza pudore e senza pietà è in atto, da tempo, una lotta di classe che neppure si nasconde ... ‘La lotta di classe esiste e l’abbiamo vinta noi’...Così disse Warren Buffet, uno degli uomini più ricchi del pianeta, commentando qualche anno fa l’ennesimo sgravio fiscale per i redditi più alti negli Stati Uniti. La grande menzogna si riferisce anzitutto a questa guerra reale che si maschera a seconda delle stagioni politiche ed economiche con lo sfruttamento, la sottomissione, l’egemonia del pensiero nelle università, I think tank e la fabbrica dei ‘giovani leader’ del futuro. Una guerra spietata che usa la guerra delle idee e le armi della guerra per governare con il timore di perdere i privilegi di classe.
Non apparirà casuale che le categorie ritenute vulnerabili nelle varie società siano come non mai sottoposte alla ferocia della violenza, giustificata per assecondare l’ordine della classe dominante. Sarà sufficiente osservare, ad esempio, come una parte dei migranti, rifugiati e sfollati diventino sempre più ‘ingombranti’ a livello globale. Incatenati, deportati, torturati, venduti, osteggiati, sfruttati e infine espulsi. Senza saperlo si trasformano in uno specchio del nostro mondo violento che riduce alla marginalità coloro che non entrano nel sistema controllato dei potenti. Eludono le frontiere armate che permettono a soldi, petrolio e affini di passare mentre le persone sono considerate come dei ‘disertori’. Mai fidarsi dei potenti che promettono pace e giustizia col denaro, le armi e l’inganno.
L’umiliazione dei poveri è senza limite. Non contano quando vivono e meno ancora quando muoiono. Nel Sahel sono i poveri contadini ad essere uccisi e spesso, come nel mare Mediterraneo, scompaiono senza bandiera, lutto o menzione di onore. I poveri sono traditi da promesse, parole e illusioni che si tramandano da regime a regime con, non raramente, l’avallo dei capi religiosi che godono della loro fiducia. Solo che questi ultimi, come diceva un amico, temono più le creature che il Creatore e dunque tacciono oppure si trasformano in garanti del sistema. Eppure, come dice il saggio... vanità delle vanità, tutto è vanità... e cioè soffio che il vento disperde. Dei potenti quel giorno non rimarrà nessuna traccia di eternità. Il mattino di quel giorno comincerà la storia, mai raccontata, dei poveri.

                      Mauro Armanino, Niamey, febbraio 2025

 Ndr:Qoh 1,2; 2,21-23
Vanità delle vanità, dice Qoelet, vanità delle vanità: tutto è vanità. Chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con successo dovrà poi lasciare la sua parte a un altro che non vi ha per nulla faticato. Anche questo è vanità e un grande male. Infatti, quale profitto viene all’uomo da tutta la sua fatica e dalle preoccupazioni del suo cuore, con cui si affanna sotto il sole? Tutti i suoi giorni non sono che dolori e fastidi penosi; neppure di notte il suo cuore riposa. Anche questo è vanità!


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martedì, gennaio 28

FUCSIA poesia e foto di Padre NICOLA GALENO OCD


 

SMEMORIA E MEMORIA POETICA di DANILA OPPIO ...ricordando chi non c'è più e chi ancora esiste nella mia vita.


Questo mio libro, scritto e pubblicato nel maggio del 2013 la cui impaginazione e progetto grafico  e di Anna Montella,  e le illustrazioni interne sono della stessa autrice, ovvero  mie, di Danila Oppio

https://versiinvolo.blogspot.com/search?q=Smemoria+e+memoria+poetica 

Per ricordare Gavino Puggioni, con la sua prefazione del mio libro Smemoria e Memoria poetica, che il mio ringraziamento arrivi nell'Altrove dove recentemente è andato.

Danila Oppio

SMEMORIA memoria poetica  PREFAZIONE di Gavino Puggioni 

Chi scrive e desidera essere letto ha sempre qualcosa da comunicare agli altri e in una qualsiasi forma, sia essa poetica o in prosa.

L’autrice scrive di cultura, di arte, di viaggi e di fiabe, per i bambini e i loro genitori. Di fiabe che sono rivolte anche agli adulti, se l'adulto vuol capire, di un’umanità infinita, piene d'amore per il prossimo e per il mondo che ci circonda. 

Scrive da sempre poesie e qualcuna di esse si leggerà in questo libro.

Ora, e c'è da augurarsi sia solo l'inizio, si è cimentata in questo lungo racconto. 

C'è, in tutte le righe che lo compongono, la ricerca del senso della vita che è tema a me caro.

E questa ricerca Danila l'ha fatta e si è affidata a un suo alter ego particolare, confuso e reale, immemore, altalenante fra un pensiero vero e uno, quello successivo, che ne mette in dubbio la sua stessa essenza.

Il titolo, “Smemoria” è il cuore di quel suo raccontare fantastico seppure vero, come vera è ormai tutta la nostra scrittura, ospitata virtualmente nei più svariati siti telematici.

Penso sia la prima volta che si mette per iscritto un dialogo privato, quasi intimo, che intercorre su internet e poi trasferito su carta per mandare in stampa.

Sibilla e il signor G sono i due personaggi che danno vita al racconto, lo animano, lo rendono vero in una sequela di e-mail prima timide e poi più coraggiose.  Parlano di poesia, di personaggi più o meno famosi, dove fanno librare sentimenti in una catarsi tutta loro, intima seppure sconosciuta.

S’innamorano di quella loro scrittura, la esaltano pur sapendo della sua virtualità, che potrebbe celebrare l'abisso delle menti umane o, al contrario, sublimarne i contenuti seppur evidentemente privati.

L’autrice usa un linguaggio riflesso su dubbi, su ricordi evanescenti di una memoria che tale non è più, perché violentata da avvenimenti che Sibilla ha cancellato, riponendoli in quei cassetti che solo il signor G riuscirà ad aprire.

Sibilla è una creatura vera, senza memoria, appunto, ma ha confidenza con quel diavolo del suo computer col quale scrive e riscrive, in cui aveva conservato innumerevoli lettere, scritture, anche poesie sue e di amici che lei, pian piano, ritrova, se ne meraviglia, e ne chiede verità a quel suo corrispondente, anche lui rimosso dai ricordi, ma conservato nella memoria del Mac con l'indirizzo di posta elettronica.

L'autrice fa giocare Sibilla, la sollecita, la solletica nei suoi sentimenti e nelle emozioni che può aver provato, la spinge a ricordare, forse, un amore ma solo epistolare, che diventa enigmatico, non privo, però, di qualche verità che la stessa Sibilla e il signor G si ritrovano ad affrontare, facendo uso di alcune poesie, inviate come lettura, come emozione in cui credere.

Come si fa a ricordare quando la (s)memoria gioca a nascondino, coprendo e scoprendo inusitate ma anche tragiche verità che andranno ad affiancarsi a quelle loro due vite che vogliono vivere, ma che sono trascinate da dubbi, da insicurezze quotidiane e da sentimenti ancora poco conosciuti?

Il racconto diventa un condensato di emozioni che, nella realtà quotidiana, si possono provare a prescindere che siano lette in pagine elettroniche o vissute alla presenza del bene amato.

Leggendolo, se ne possono trarre considerazioni e anche pensamenti che occupano normalmente la mente umana e la portano a esaminare anche molti lati della vita nostra della quale crediamo giustamente di esserne protagonisti. E questo può e deve avvenire, perché se la vita va comunque vissuta, di essa dobbiamo scandagliare tutti i punti, le anse, gli aspetti positivi e negativi, che devono dare a ciascuno di noi l'esatto metro di quel che facciamo, al buio, nella luce, nei crocevia dei nostri sentimenti, nei rapporti col prossimo, con i bambini e con gli adulti.

Alla fine, Smemoria mi ha regalato pensieri e parole che per me, poco aduso alle mirabilie odierne, vanno tradotte, direi incastonate, in quello scrigno aureo il cui contenuto, solo e unico, si chiamerà sempre amore e... senso della vita.     

E per ricordare Tommaso Mondelli e altre persone che gentilmente hanno scritto una loro recensione di SMEMORIA e Memoria poetica.

   Romanzo SMEMORIA di Danila Oppio

Recensione di Tommaso Mondelli

      Sono china su un blocco di appunti, con la matita in mano, indecisa se disegnare un volto umano, o se far svolazzare qualche verso.

         Un modo meraviglioso di usare la penna e disporre le parole per un racconto romanzato.

        Il racconto di Danila Oppio, inizia con queste parole ed è tra questi svolazzanti fogli di carta che sono pensieri, che inizia il tormentoso viaggio del personaggio Sibilla diretto alla ricerca di se stessa, della sua identità e della sua memoria, svanita nel nulla. Così che tutto si inabissa in un tunnel che appare senza via di uscita.

        La tenue luce di quegli appunti e il ritrovo di una consonante nell'alfabeto, della lettera G. che dice tutto e nulla e insieme a delle poesie vergate senza principio né fine, inizia quel cammino che, passo dopo passo, seguito da una fiammata generata da una sigaretta sufficiente a squarciare quel velo che toglie le parentesi di una vita virtuale interpretata in modo singolare dall'autrice di questo prezioso manoscritto. Di particolare attenzione risulta la differenza tra i due dialoganti: Sibilla un personaggio conosciuto, il proprio, mentre  quello di G. è un personaggio sconosciuto, anonimo, ma idoneo tuttavia a dare vita ad un armonioso e singolare dialogo.

          Ma chi è questo G. ancora avvolto nel mistero che fa dire a Sibilla: Ho letto quei tuoi versi. Hanno suscitato in me domande, che ora ti porgo: quella poesia l'avevi scritta per me? Ero io colui la cui presenza  t'illuminava? E tu ora dove sei? Quelle altalene senza corde, cosa rappresentano? La risposta di G. non si fa attendere: "Sibilla cara lo sai molto bene che le poesie sono moti dell'anima, che non sempre si rifanno a fatti o sentimenti davvero vissuti e provati". La forza della poesia è la potenza dell'amore verso la catarsi che è luce della mente e del cuore.  

         Strada facendo, come spesso accade, il personaggio G. si innamora di Sibilla e a quel punto la stessa raccoglie il fatto con un certo imbarazzo e quasi di colpevolezza, ma il dialogo fortunatamente continua e questo indica come a volte una gestione irriflessa di un aspetto può condurre a situazioni estreme, che in questo caso, per qualche istante di attesa ha scongiurato la possibile chiusura del dialogo e favorito la soluzione fortunata della vicenda.

       Il romanzo Smemoria di Danila Oppio varca la soglia principale dell'edificio ed entra nel novero delle opere letterarie per la scorrevolezza e un nuovo moderno stile, tanto per struttura quanto per significato.

       L'aspetto strutturale è nuovo ed entra nell'argomento con una certa timidezza, con un filo di incertezza sull'itinerario da seguire e una dubbia apertura ai due personaggi del romanzo di un uomo e donna, di amore e dolore, incertezza e speranza. I capitoli in numerazione romana indicano le tappe che sono XII, come le dodici tavole. E una significativa appendice sull'amore cantato da Fabrizio De André dal titolo la Marcia Nuziale.

            L'apertura allo scorrere fluido e l'alternarsi dei due personaggi immaginari, Sibilla e G, posti ai due lati della scacchiera che l'autrice muove alternativamente con la genialità di un maestro d'orchestra, si avvia speditamente e con spettacolare chiarezza verso l'epilogo che conduce all'incontro tra Sibilla e la propria memoria. Non meno significativa è la scoperta e l'incontro col personaggio G., pedina necessaria e insostituibile per il ritorno della temporanea assenza della memoria.

              Quando con abile maestria di consumata scrittrice si alterna da una sedia all'altra del tavolo della scacchiera a tessere il dialogo dei personaggi dalla stessa inventati, interpretati, e dei quali ha vissuto l'ansia e la struggente ricerca della memoria che può avvenire solo col raggiungimento della stessa.      

                 Quel faticoso cammino appiccicato su quegli insignificanti pezzi di carta, senza capo né coda spalancano a Sibilla, e tenacemente voluto  dall'autrice, finestre chiuse che si affacciano sulla via della serenità e dell'amore. Onde evitare che: ... se si esauriscono le parole tra due persone che si amano, magari rimangono gli sguardi, i sorrisi ... talvolta anche le lacrime. Sono modi per comunicare, che ad alcuni mancheranno sempre. Come a un monco manca la mano, e a un orbo, l'occhio.     

                 Tutto il racconto procede in modo da portare la lettura al capitolo successivo e così fino all'ultimo senza pausa, tra il suono vibrante delle parole che sono il frutto e il colore e il calore di forza che nasce dal profondo di un cuore nutrito di alti sentimenti che non s'arrende davanti alle difficoltà dell'esistente e alle sconfitte disseminate lungo il cammino dell'avventura umana.

                    "Essere poeti non significa solo sapere scrivere versi. La poesia è uno stato d'animo, quello che ti fa guardare alle persone, alla natura, agli eventi con uno sguardo d'amore, di dolcezza, di comprensione, di sofferenza, ma sempre uno sguardo profondamente umano, diretto all'altro e non rivolto alla propria persona. Questo pensiero è lineare ad uno stile di vita che va al di là del concetto cristiano di amare il prossimo tuo come te stesso.    

            Si deve leggere il romanzo Smemoria di Danila Oppio per sentire appieno la forza dell'amore, per uscire a rivedere la luce di una memoria e vivere il perché della nostra unica e fenomenale esistenza terrena.

                 Danila, non fermare il tuo cammino su questa strada, che davanti a te è un'autostrada.

            Ego gratulor tibi.

           Tommaso Mondelli 

https://versiinvolo.blogspot.com/2016/05/impressioni-di-lettura-di-scrittori.html

Ed ora ricordo anche Angela Fabbri, che ci ha lasciato qualche anno fa, con un suo scritto email, relativo al mio Smemoria. 

Ti ho solo detto la verità. Che non ricordavi... E tra il cancellare dalla memoria e il cancellare le email...

Mi avrai anche detto? ma lo ricordi o lo supponi? Me l'hai detto o non me l'hai detto?

Insomma, vorrei sapere con chi sto parlando, non ne ho forse diritto? Penso proprio di sì. Ma forse no, chissà cosa ti frulla in testa adesso? E smettila di usare con me espressioni da bambina rimasta allo stadio 'anale'...

Mi chiedo se non sia colpa mia. Per il fatto che io ricordo troppo tu puoi permetterti di non ricordare. Solo che dopo devo spiegarti quello che non ricordi più e non sempre te ne convinci... Non sempre riesci a credermi, e questo per quel tuo non credere che la verità può esistere.

Ecco perché sono importanti i propri ricordi personali, solo così ognuno può sottomettere all'altro con cui parla (e se ci parla vuol dir che lo ama ma non necessariamente tutto dell'altro deve essere per forza esatto) la propria verità e dialogarne insieme.

Sono stata ruvida, lo so, mi sento come se avessi accarezzato un gatto contropelo...

Ma mi accade, è proprio così, quando mi trovo tra un’onda e l'altra e se ne rivien fuori la mancanza di significato della vita e quindi della mia vita.

Non sono una nave, non sono brava come loro a saltare dalla cima di un'onda a quella successiva.

Tra un'onda e l'altra io cado nel fondo, nel buco fra due onde, e lì perdo tutto, tutto quello che ho.

Questo è quello che mi succede, tra un libro e l'altro tra un racconto e l'altro e persino tra un piatto nuovo e l'altro. Questo è quello che mi è sempre successo, solo che è la prima volta che riesco a dirlo così bene. 

E da quel buco devo scalare l'onda dall'interno, per risalire, con fatica e con rabbia, mentre tutta quell'acqua che mi si scarica addosso mi lava via quello che ho fatto. Perché ormai è nel passato. Ecco perché una volta completata un'opera, di qualunque natura sia, letteraria di cucina o di rapporti umani, questa non mi appartiene più. Ecco come non mi appartiene più.

E la cima dell'onda successiva è ancora molto lontana.

Angie

domenica, gennaio 26

AL SUD DEL FUTURO. ELOGIO DELL SILENZIO di Padre MAURO ARMANINO




Al sud del futuro. Elogio del silenzio   

In una intervista che Illich registrò in Giappone con il suo amico Douglas Lummis nell’inverno 1986/87, Lummis lo interroga su un futuro possibile:           

«All’inferno il futuro!» gli risponde Illich, 
«È un idolo mangiatore di uomini. 
Le istituzioni hanno futuro… 
ma le persone non hanno futuro; 
le persone hanno solo speranza»

Questa citazione è presa da uno scritto di David Cayley su Ivan Illic, uno dei massimi pensatori e ‘profeti’ del ‘900. Essa appare all’inizio del libro ‘SPERANZA forza sociale’, pubblicato l’anno scorso. Al ‘sud del futuro’ si trova il Sahel, riva che confina col ‘mare’ chiamato Sahara. D’acchito tutto sembra congiurare contro di lei, la speranza. Sembra provarlo l’insicurezza in molte zone di questo spazio. Le migliaia di morti e gli spostamenti di popolazione come immediata conseguenza dei gruppi armati terroristi di ispirazione islamica. Le carestie che si susseguono e si confermano come rituale statistico di sofferenze nascoste. L’esclusione di contadini, allevatori e lavoratori precari che fanno dell’informale la sopravvivenza quotidiana. I bambini scomparsi dal processo scolastico e i giovani, la maggioranza della popolazione, col futuro confiscato.
C’è chi prova, pure qui, a suggerire un futuro differente a condizione che siano sacrificate vite umane per la salvaguardia della patria, dei confini e di un concetto egemone di sovranità. Poi arriverà finalmente l’attesa aurora di un nuovo Paese, quasi certamente domani, come nell’opera di Samuel Beckett, aspettando Godot. ‘Al sud del futuro’, nel Sahel e nel Sud del mondo forse non si trova futuro ma certamente si incontra la speranza perché lei è di sabbia. Così come le storie incontrate in questi quattordici anni passati su questa frontiera abitata dalla paura e l’attesa.
La speranza, infatti, non è una roccia sulla quale costruire chissà quali fortezze. Non è un recinto dove solo alcuni eletti possano essere accettati. Non somiglia neppure a chissà quale castello ben difeso dai più recenti sistemi di sorveglianza elettronica. Non è solida la speranza perché è fatta di sabbia e come la sabbia è fragile, eterna, resistente, nomade e soprattutto umile. Sono storie scritte sulla sabbia che il vento raccoglie, custodisce, trasforma in polvere e poi affida al silenzio che le porta lontano. Sarà proprio questo silenzio a salvare il mondo. 



Battesimi a Niamey

             Mauro Armanino, Niamey, gennaio 2025


mercoledì, gennaio 15

Polvere, fuoco, cenere e vento. A dieci anni delle chiese incendiate nel Niger. Padre Mauro Armanino


Polvere, fuoco, cenere e vento. 
A dieci anni delle chiese incendiate nel Niger

Fin dall’inizio c’è la polvere nella quale siamo stati impastati una mattina. Poi arrivò il soffio di vento e la creatura umana divenne vivente, Adama, fango che cerca la vita. Nel Sahel la polvere nasce con noi, ci avvolge, accompagna e diventa inseparabile compagna del nostro vivere quotidiano. La polvere prima osserva e poi, con sapienza millenaria, copre le umane vicende. Sui fatti e le parole scende una coltre di polvere che seppellisce imperi, dittature, regni, repubbliche, monarchie e avvenimenti.
La polvere ha coperto, da tempo, quanto accaduto a Zinder, la prima capitale del Paese e a Niamey, l’attuale. Il 16 e 17 gennaio del 2015, in relazione con quanto pubblicato dalla rivista francese Charlie Hebdo e un contesto politico nazionale teso, furono bruciati buona parte dei luoghi di culto, istituzioni e case di cristiani. Quel venerdì e sabato marcarono, a suo tempo, una sorta di frontiera tra un prima e un dopo. Stupore, desolazione, incredulità, sentimento di tradimento e dolore fu il fuoco.
Quanto accaduto ebbe mandanti ed esecutori. L’impressione che il tutto fosse stato orchestrato con un piano le cui finalità rimangono a tutt’oggi immaginabili e oscure ad un tempo. Vi furono veicoli che contenevano bidoni di benzina e, non casualmente, un pò dappertutto i punti d’acqua furono resi inservibili. Vi furono anche una decina di vite umane perse per sempre. Il fuoco fu il protagonista delle due mattinate. Non il fuoco che purifica o quello che si trasmette nel tempo, Un fuoco di morte.
Nelle ore che seguirono gli attacchi alle chiese e istituzioni cristiane (e francesi, in alcuni casi), nei luoghi incendiati rimase la cenere. Una cenere densa, triste e consapevole di essere stata il frutto di un grande inganno. In effetti, lo sappiamo per esperienza che c’è cenere e cenere. Quella che rimane dopo aver bruciato la legna per la cucina o per scaldare la casa e la famiglia. Una cenere pulita, che conserva a lungo le braci che possono servire ad altri per il fuoco. E poi la cenere delle chiese, vuota.
Per fortuna qualcuno ha inventato il vento. Pulisce e spazza via la polvere che copriva gli avvenimenti. Fa del suo meglio, anche se con maggiore difficoltà, per rimuovere pure la cenere. Entrambe, polvere e cenere costituiscono la nostra memoria selettiva. Ci sono cose che si coprono di polvere e altre che si coprono di cenere. E accaduto coi cristiani nelle città citate e succede nei villaggi attorno alla capitale nella zona delle ‘Tre Frontiere’. Musulmani e cristiani vittime della stessa follia di morte.
Compito e azione del vento è rivelare la nudità di quanto era rimasto. Allontanata la polvere e la cenere riemerge la verità dell’accaduto. Qualcosa di grave che in qualche ora ha potuto bruciare e distruggere quanto pazientemente intessuto in decenni di paziente rispetto reciproco. Ridare una memoria ripulita dal tempo e la dimenticanza, ecco quanto il vento ha saputo fare nel suo migrare tra le vicende umane. Polvere, fuoco, cenere e vento i fattori di quella verità che illumina. Non la lotta ma la verità rende liberi.



    Mauro Armanino, Niamey, 17 gennaio 2025

sabato, gennaio 11

Sovranità senza sovrani. Finzioni e realtà del Sahel di Padre Mauro Armanino

Sovranità senza sovrani. Finzioni e realtà del Sahel

C’era una volta un re. Cominciavano così le favole che un tempo si raccontavano ai bambini. La fantasia senza limite dei bimbi creava mondi, situazioni, scenari inverosimili e tanto veri da sembrare reali. Le favole, adesso, si raccontano tutti i giorni perché, grazie anche ai mezzi di comunicazione e manipolazione più sofisticate, tra realtà, favola e fantasia le frontiere si sono imbrogliate. Com’è noto dalla psicologia non è necessario che qualcosa sia vero in sé. Diventa vero se è creduto tale da una parte della società, quella che ‘conta’ e racconta. Vero, falso, verosimile e credibile si confondono.

Ad esempio, col tema, molto attuale nel Sahel e in altre parti del mondo, della Sovranità. Con la ‘maiuscola’ questa parola assume un’identità e portata considerevole secondo il contesto nel quale essa si coniuga e si traduce. La parola stessa deriva dal latino e fa allusione al ‘superiore’, al sovrano inteso come autorità suprema. Politicamente essa è il diritto assoluto di esercizio di un’autorità legislativa, esecutiva e giudiziaria su una regione, un Paese e un popolo. Tuttavia, alla base del concetto e della pratica della sovranità si trova la persona umana in tutta la sua dignità.

Si potrebbe che osare affermare la Sovranità, quella maiuscola della politica, dell’economia e della giustizia implica la sovranità reale del cittadino comune. La fondamentale sovranità originaria è sempre relativa e appartiene alla persona come soggetto di diritti e doveri nei confronti di se stesso e della società. La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che molte costituzioni pongono come preambolo e traducono poi in diritti inderogabili, offre alla citata ‘sovranità’ la concretezza necessaria. Una persona la cui occupazione principale è la sopravvivenza quotidiana, non è affatto sovrana.

Che non mangia a sufficienza, manca di lavoro, casa, mezzi per curarsi, istruzione di base, libertà di movimento, pensiero, religione, espressione e associazione non può esercitare la sovranità che è inerente al suo statuto di persona. La partecipazione politica del popolo, nel quale sappiamo risiede la sovranità, è del tutto illusoria quando le condizioni di vita sono tali da ridurre i cittadini a mendicanti o a ‘non persone’. La sovranità di coloro che, ormai da anni, vivono nella paura di attacchi di gruppi armati o di minacce di espulsione dai propri villaggi di origine, è confiscata.

Così come suona immaginaria e talvolta fuorviante l’assolutizzazione di una Sovranità che, non dimentichiamolo, è sempre relativa e relazionale. Per i credenti la sovranità risiede anzitutto nella divinità e negli stati democratici essa risiede nel popolo, di problematica definizione, che la esercita secondo modalità concertate e stabilite dalla legge. Chi esercita la sovranità in nome del popolo dovrebbe farlo con timore e tremore, per non profanare quanto di più sacro esiste in politica. La retorica della Sovranità sul territorio, il cibo, le risorse, la moneta, la sicurezza, definita Sovranità interna esigerà quella esterna per la difesa da nemici che, reali o presunti, non mancheranno mai.

Mai come oggi tutto è legame, relazione, rete, scambio, mobilità e commercio. Difficile presumere la Sovranità completa e sciolta da sentieri comuni in un contesto nel quale i fatti e le notizie valicano le frontiere in tempo reale. Sembra urgente ripartire dai volti, reali, dei minori abbandonati al loro destino, dei contadini senza più terra da coltivare, dai giovani in cerca di identità, delle donne che portano sul dorso il futuro del continente e degli addetti al lavoro informale. Senza di loro ogni altra pretesa di Sovranità rischia di creare, come nelle favole di un tempo, un Paese senza sovrani.

          Mauro Armanino, Niamey, gennaio 2025


domenica, gennaio 5

MIGRANTI E MIGRAZIONI NEL SAHEL di Padre MAURO ARMANINO




Migranti e migrazioni nel Sahel

Dice che voleva andare a pregare in Israele. Nato nella minuscola Guinea Bissau, Pascal aveva già viaggiato molto nell’Africa costiera. Di professione imbianchino aveva trovato lavoro in Costa d’Avorio, Ghana, Togo e Benin. Di ritorno al Paese era passato in Gambia e infine nel Senegal. Ha messo da parte una somma di franchi locali e si è avventurato nel Mali e, attraversando la città di Gao, ha raggiunto l’Algeria. A Tamanrasset il suo viaggio alla volta di Israele si è concluso con l’arresto, la confisca del suo telefono cellulare, i soldi che rimanevano e la sua agenda di viaggio mentale. Con l’aiuto di compassionevoli viandanti arriva ieri a Niamey con la compagnia di bus Sonitrav. Per solidarietà un senegalese gli offre un precario riparo sotto la veranda della sua casa e Pascal solo desidera, adesso, di tornare al suo Paese natale.

Loro sono invece una ventina. Tra bambini, madri e giovani raggirati da un venditore ambulante di sogni. Nella capitale Monrovia, in Liberia, il venditore in questione aveva promesso di condurli nientemeno che in Europa per una modica somma di qualche centinaio di dollari americani. Giunti nel Mali, dopo aver passato la Guinea, i migranti sono stati abbandonati dalla ‘guida’ al loro destino. Una volta raggiunto Gao, ospiti per qualche giorno nella ‘Casa del Migrante’, sono stati incamminati a Niamey e infine accolti dai liberiani da tempo installatisi in una zona periferica della capitale. Nove i bambini e cinque le madri mentre dei padri non c’è traccia alcuna. Accampati in un paio di camere affittate per l’occasione i più giovani chiedevano da che parte si trovava l’Europa e guardandosi attorno hanno capito, tardi, di essere stati raggirati.

Gli altri sono invece migranti forzati. Appena prima della fine dell’anno e immediatamente dopo, i gruppi armati hanno loro ingiunto di abbandonare i loro villaggi. Ci troviamo ad un centinaio di kilometri dalla capitale del Niger, al confine con Burkina Faso nella temibile zona delle ‘Tre Frontiere’. Il Mali, il Burkina e il Niger coalizzatisi in Associazione degli Stati del Sahel, AES in breve, dove continuano a subire attacchi da parte dei gruppi ‘djihadisti’ che i contadini si ostinano a chiamare ‘banditi’. A centinaia hanno dovuto abbandonare case, campi e futuro in poche ore dopo aver ricevuto la minaccia di rappresaglie. Numerosi villaggi attorno a Kankani e a Makalondi si sono svuotati dei loro abitanti. Hanno portato con sè qualche sacco di miglio come provvista per l’esodo verso il centro ‘protetto’ di Makalondi. Migrazioni forzate che durano da mesi nell’assordante silenzio del potere.

L’altra migrazione ‘forzata’ è, appunto, quella della politica intesa come partecipazione libera e cosciente alla costruzione di una ‘casa comune’ dove abitare e vivere. E’ stata sospesa, per decreto, ogni attività politica dei partiti e di altre associazioni della società civile dal colpo di stato di fine luglio 2023. Da allora si naviga a vista tra decreti, decisioni irreversibili come l’abbandono della Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale, CEDEAO, da parte dell’AES sopra citato e una costante accusa nei confronti di nemici interni o esterni. Una migrazione, quella politica, che corre il rischio di assomigliare alle migrazioni di cui sopra. Come notato, il lungo viaggio termina col desiderio di tornare al Paese che essi avevano lasciato. Lo scopo di una politica che meriti questo titolo sarà quello di tornare a mettere nel suo cuore il grido dei poveri. Solo per questo è stata inventata. 


Mauro, Niamey, gennaio 2025