POETANDO
sabato, settembre 28
NULLA DI NUOVO SOTTO IL SOLE (E LA PIOGGIA) DEL SAHEL di P. MAURO ARMANINO
sabato, settembre 21
DOV'È IL DOLORE, LÀ IL SUOLO È SACRO di PADRE MAURO ARMANINO
Dov’è il dolore, là il suolo è sacro
Per il dolore è come per l’ingiustizia. Non ci si dovrebbe mai abituare alla loro pervasiva presenza. Molto spesso il dolore è una conseguenza dell’ingiustizia. Entrambi sono a loro modo una rivelazione. Il dolore è una delle risposte, quella forse più immediata e drammatica, alla separazione tra la realtà e l’anelito alla pienezza di vita. Rivela un disagio, spesso incomunicabile, con se stessi, gli altri e il mondo. L’ingiustizia si esprime come un tradimento perpetrato alla persona che viene privata del primo e fondamentale diritto che è il riconoscimento della sua inalienabile dignità umana.
‘Dov’è il dolore, là il suolo è sacro’, scrisse il drammaturgo e poeta di origine irlandese Oscar Wilde. Il Sahel è dunque un luogo sacro e come tale andrebbe accolto e rispettato. Il suolo di cui parla il poeta non è solo quello geologico o geopolitico. Il primo suolo sacro è costituito dalle persone, i corpi, le speranze e l’immaginario che caratterizzano ogni umana avventura. Il dolore che non trova parole per raccontarsi perché indicibile e prezioso come un pianto di madre. Il dolore che sembra arrivare ancora prima di nascere al mondo. Il dolore dei poveri che lo trasmettono, in silenzio, da padre a figlio.
Il dolore della morte per la fame che, secondo l’Ufficio di coordinazione delle azioni umanitarie, mette a rischio la vita di 33 milioni di persone nel Sahel. Questa carestia è la conseguenza di crisi che, come il deterioramento della sicurezza, l’instabilità e il clima, minacciano i mezzi di sussistenza delle famiglie. La violenza dei conflitti armati obbliga milioni di persone a fuggire dalle case e dalle terre per cercare un futuro precario altrove. Una vita passata scappando da un luogo all’altro e da una guerra alla seguente. Sembra difficile trovare un dolore che somigli a quello raccontato dagli scampati.
Perché il dolore è una maledizione, un mistero, un silenzio, parole che non bastano, un miracolo non accaduto e un grido inascoltato. C’è un dolore collettivo che non è la somma dei dolori individuali e che neppure i libri di storia riescono ad evidenziare. Il dolore lo si porta dentro come fanno i padri che la vita ha reso curvi e fieri per non aver pianto davanti ai figli. C’è il dolore del parto e quello che sembra del tutto irriverente e sterile. Il dolore tace perché difficilmente trova una riva dove approdare con la sicurezza di essere compreso. Come quello dei bambini che pochi sanno decifrare.
Il loro dolore, quello dei bambini, non ha ancora trovato un lessico capace di trasmetterlo alle generazioni che verranno. I bambini presi come ostaggi per farne mendicanti sulle strade delle città e per impietosire i distratti consumatori di beni. Obbligati a lavorare nei cunicoli scavati in terra in cerca di minerali preziosi per l’industria e il commercio dei grandi. Il dolore dei bambini strappati troppo in fretta dall’abbraccio delle madri e dal futuro che i consigli del padre non potrà più ascoltare. Un recente rapporto sul Sahel rivela che i bimbi costretti a fuggire da casa sono circa 1, 8 milioni.
Il dolore del tradimento sofferto o perpetrato non ha ancora trovato un’unità di misura per stimarlo. Le conseguenze di scelte politiche funzionali alle ideologie dominanti aggiungono dolore ai poveri che il sistema di dominazione ha reso inutile periferia. Il dolore dei giovani a cui vengono espropriati, venduti e manipolati i sogni di un futuro possibile. L’accanimento globale contro i migranti che ne sono una delle espressioni più libere e pure, genera rivoli di dolore che, come fiumi sotterranei, prepara sorgenti nel deserto. Nessun dolore andrà perduto perché scritto sulla palma della mano, sacra, di una madre.
Mauro Armanino, Niamey, Settembre 2024
lunedì, settembre 16
LE PAROLE E LE COSE NEL SAHEL: ISTRUZIONI PER L'USO di P. MAURO ARMANINO
Le parole e le cose nel Sahel: istruzioni per l’uso
...La risposta che Confucio (VI sec. a.C.) diede a un suo discepolo che gli chiedeva: «Maestro, che cosa faresti per prima cosa, se fossi capo dello stato?» «La prima cosa che farei – rispose Confucio – sarebbe quella di raddrizzare i nomi.»
Le parole sono le strade che percorriamo ogni giorno per arrivare agli altri, a noi stessi e alla realtà. Le parole sono semi che il vento trasporta e che, talvolta misteriosamente, danno frutti insospettati. Le parole sono sassi che feriscono o dei fili spinati che dividono come frontiere armate. Le parole tradiscono la vita oppure sono come sorgenti a cui abbeverarsi per continuare a sperare il futuro. Le parole ci fanno e noi facciamo le parole. C’è chi le custodisce gelosamente e chi le butta come orpelli senza importanza. Le parole indicano la direzione del cammino e, spesso, le scelte che si compiono. Tra parole, pensiero e azione c’è una sorprendente complicità. Nessuna parola, si sa, è innocente.
La perversione della città inizia con la frode delle parole
La citazione è attribuita al noto filosofo greco Platone e trasmette un messaggio difficile a contestare. Chi ha il potere sulla scelta e sul senso delle parole ha anche il potere sulla definizione della realtà. Ci fu un tempo nel quale, nel Sahel, per definire chi cercava altrove fortuna si parlava di ‘esodanti e avventurieri’. Arrivò poi la parola migrante che si tramutò in clandestino e l’illegalità sfociò nell’irregolarità per toccare, infine, la criminalità. La trasformazione delle parole e la padronanza del senso che esse contengono, hanno comportato un cambiamento di visione della realtà migrante.
Sono passati pochi anni e il dizionario sociopolitico del nostro spazio nigerino è stato attraversato da parole, concetti e orientamenti che l’hanno marcato. L’indipendenza, la Costituzione, le Conferenze Nazionali Sovrane, le elezioni e i mandati presidenziali. Il rinascimento, l’africanizzazione dei quadri, lo sviluppo endogeno, il partenariato vincente, la democrazia e la crescita compatibile. Il potere per servirsi del popolo, il pluralismo e la transumanza dei partiti mentre i Nigerini nutrono i Nigerini. Queste ed altre parole hanno segnato la vita sociale del nostro Paese negli ultimi decenni. I reiterati ‘colpi di stato’ ne hanno rivelato e insieme nascosto l’importanza e la drammaticità. In fondo la politica non è che il tentativo di tradurre o tradire, le parole portatrici di progetti sociali di chi detiene il potere in quel momento.
Grazie alla “presa di potere” del Partito, è passata da lingua di un gruppo sociale a lingua di un popolo. Si è impadronita di tutti gli ambiti della vita privata e pubblica: la politica, la giurisprudenza, l'economia, la scienza, la scuola, lo sport, lo sport, gli asili e le camere da letto. (Victor Klemperer, L.T.I).
L’autore citato, filologo di formazione, ha scritto il suo diario durante la dittatura nazista in Germania. Lui, ebreo e dunque perseguitato, ha conservato la lucidità necessaria per sopravvivere grazie anche alla sua ‘decostruzione’del linguaggio dittatoriale del regime al potere. Si tratta di una lezione da imparare a memoria in tutte le circostanze e sotto tutti i regimi, compreso quello di eccezione attuale. L’attenzione alle parole e al loro uso dovrebbe costituire il primo compito degli intellettuali che meritano questo titolo. Essi e i comuni cittadini non dovrebbero delegare a nessuno il dovere di prendere sul serio le parole e usarle con circospezione, sapendone l’impatto sulla realtà quotidiana.
La patria e la sua salvaguardia, la sovranità politica, economica, alimentare, culturale e umanitaria, il nazionalismo, il ritorno alla radici, la dignità, la sacralità delle frontiere e la sicurezza sono parte del nuovo lessico politico. Sappiamo quanto le parole elencate ed altre simili, possano contenere elementi di verità e possibilità di derive e divisioni con chi potrebbe dare loro contenuti diversi.
Il rischio è quello evidenziato, tra gli altri, da Philippe Breton, politologo, ... Il discorso manipolato è una forma di violenza: in primo luogo contro la persona a cui è diretto e in secondo luogo contro il discorso stesso, che è il pilastro centrale della nostra democrazia
Mauro Armanino, Niamey, settembre 2024
Ndr: aggiungo una breve ricerca giusto per far conoscere chi era Victor Klemperer
martedì, settembre 10
IL FUORIGIOCO DI MOUSSA di Padre MAURO ARMANINO
lunedì, settembre 9
ANITA MENEGOZZO AL GRAN CENTRAL LITERARY A VENEZIA