Alle soglie dei 90 anni, Regione Lombardia omaggia l'artista milanese con una mostra antologica a Palazzo Pirelli a Milano. Le sue opere oggi sono in luoghi pubblici, in collezioni e chiese in tutto il mondo. I testi biblici sono spesso la sua fonte di ispirazione: «Sono come un naufrago che si aggrappa a Cristo», dice di sé.
di Luca FRIGERIO
22 Settembre 2023
Con l’avanzare dell’età può capitare che l’ispirazione si inaridisca, che la pigrizia porti a ripetere modelli collaudati, che per il quieto vivere ci si rifugi in proposte rassicuranti. Non è il caso di Alessandro Nastasio. Che alle soglie dei 90 anni – lui è della classe 1934 – continua instancabilmente a creare e produrre, cose nuove e diverse, originali e sorprendenti: provocatorie, perfino. Il suo segreto? La passione. Per la vita, prima ancora che per l’arte. Che poi, per lui, sono in fondo la stessa cosa.
I nostri lettori conoscono bene il nome di Nastasio. Perché l’artista milanese è amico di lunga data della stampa diocesana, e da molti anni ormai a Natale e a Pasqua, come anche in altre occasioni particolari, ci omaggia di una sua opera inedita. Ma in realtà la sua firma è una delle più note e apprezzate del panorama artistico contemporaneo, anche internazionale. Merito di un’intensa e proficua attività – «carriera», si potrebbe dire, ma l’interessato non gradirebbe – che ha attraversato la seconda metà del Novecento arrivando fino ai nostri giorni, tra committenze pubbliche e private, lavori sacri e profani, ma sempre di forte impegno.
Dopo numerosi riconoscimenti, oggi è Regione Lombardia a celebrare Alessandro Nastasio con un’ampia mostra antologica presso lo Spazio eventi di Palazzo Pirelli a Milano, in corso fino al prossimo 5 ottobre. Il titolo, «La ricerca del vero e del bello», riassume bene il lungo percorso artistico di quest’uomo solare e curioso, capace di impastare colori e ironia, fondendo filosofia e teologia, plasmando umanesimo e utopia.
Come un moderno maestro rinascimentale, infatti, Nastasio in oltre settant’anni di artistica laboriosità si è cimentato con le tecniche più diverse, dalla pittura all’incisione, dall’intaglio al disegno, spesso divertendosi a «mischiare» materiali e forme differenti per ottenere effetti insoliti e risultati inattesi. Così Alessandro da Milano, con segno personalissimo, ha cercato di dare corpo e immagine alle emozioni più profonde, ai sentimenti più intimi, alle verità nascoste: secondo la sua sensibilità, certo, ma dando voce anche a questo nostro tempo, così confuso, così smarrito, così bisognoso di una parola di speranza.
Ancora adolescente è stato allievo di Kodra. Poi ha lavorato con Figini e Salvadori, insieme a Sarra e a Purificato, confrontandosi con Fabbri, Manzù, Marini, Minguzzi e gli altri protagonisti della scena artistica italiana negli anni Sessanta e Settanta. Mostrando il suo talento in rassegne ed esposizioni, in Italia e all’estero, e offrendo quindi la sua esperienza in molti anni di insegnamento, all’Accademia di Brera e in vari istituti d’arte. Le sue opere, oggi, sono in importanti collezioni private, ma anche nelle piazze e nelle chiese di tante città, in tutto il mondo.
Lo sguardo divertito, la battuta pronta, Nastasio è un giovanotto dalla barba bianca che gioca spesso, ma senza prendere in giro nessuno. Tutt’altro. Il suo è un serio ludere, come dicevano gli antichi. Un divertissement per raccontare questioni importanti con tono leggero, un espediente per andare al fondo delle cose senza sentirsi oppressi dall’abisso in cui ci si sta calando.
Un esempio, tra i tanti? I suoi «Alfabeti». Ci sono parole che lasciano il segno, che plasmano il vivere. E parole inutili, vuote, più inconsistenti del fumo. Nastasio ci mostra l’«Alfabeto celeste», che poggia su piedi torniti, di biblica memoria: i calcagni che calpestano la serpe, simbolo di malvagità, mentre si alza la preghiera, un’invocazione che sale fino al cielo, rosario di mormorate parole. Diverso, opposto, contrario è invece l’«Alfabeto logoro»: qui nulla si eleva, ma le lettere precipitano in una melassa collosa, si disfano, si liquefanno. Parole prive di significato, destituite di senso. Parole in libertà, a nascondere l’inconsistenza mentale, il nulla interiore.
E poi c’è un’altra Parola, quella sacra, quella divina, che è spesso protagonista delle opere di Nastasio, affascinato dalle pagine bibliche (il Qoèlet, il Cantico dei cantici e i Vangeli, soprattutto), che ha avuto come compagno di ricerca anche il cardinal Ravasi.
«Da sempre cerco la Luce, e mi pare di vederla, ma così come si vede il sole fra i rami scuri di un albero», ci ha confidato ancora recentemente. Dicendoci, Nastasio, di sentirsi come uno di quei «naufraghi» che ha raffigurato così spesso nelle sue opere: condizione esistenziale, peraltro, comune a tutti gli uomini. «Ma sono un naufrago – ha aggiunto – che vuole aggrapparsi a quella zattera che è Cristo. Ecco, forse la chiave di tutto sta nell’Incarnazione del Verbo che ha permesso all’Invisibile di rendersi visibile, nel molteplice che si ricongiunge nell’Uno. Vero uomo e vero Dio è il volto di Cristo che cerco. Dipingendolo come in uno specchio, con tutti i miei limiti, come un accattone che raccoglie briciole di Bellezza». Buon lavoro, maestro!
Proseguo con un altro articolo di Luca Frigerio:
018/04/2008
di Luca FRIGERIO
Dodi, mio amato, mia diletta. Per oltre trenta volte questo dolce vezzeggiativo risuona nel Cantico dei cantici, cioè il cantico per eccellenza, quello più bello, inno all’amore di straordinaria intensità e di ineguagliata poesia. «Il mondo intero non è degno del giorno in cui il Cantico è stato donato a Israele», affermava colmo di meraviglia, quasi duemila anni fa, rabbì Aquila , uno dei maestri del Giudaismo. «Magna Charta dell’umanità » è tornato a definirlo nel nostro tempo il grande teologo protestante Karl Barth. Un poemetto lirico solo apparentemente “avulso” dal resto dei testi biblici, e invece ammantato di autentica religiosità, perché parla della condizione umana magnificandone uno degli aspetti essenziali, il rapporto fra l’uomo e la donna, allegoria dell’alleanza stessa fra il Creatore e la sua creatura.
A dare vita e forma artistica agli evocativi versetti del Cantico dei Cantici è oggi Alessandro Nastasio, attraverso venticinque xilografie di ammaliante bellezza, che sono state presentate a Milano presso la basilica di San Babila con un’introduzione di monsignor Gianfranco Ravasi. Immagini vigorose, sensuali, vivacissime, capaci di rendere fin dal primo impatto visivo tutta la vitalità, e perfino la fisicità, del sapienziale componimento attribuito a Salomone. Con segno essenziale, potentemente espressivo, dalla comunicatività immediata, e tuttavia con poetica levità.
Non è occasionale l’interesse di Nastasio per la pagina biblica. L’artista milanese, classe 1934, nella sua lunga e prolifica carriera si è infatti confrontato con le tribolazioni di Giobbe, con gli ammonimenti di Qoèlet, e soprattutto con il Vangelo giovanneo, da dove ha tratto la consapevolezza stessa della sua arte, che è per sua stessa natura “incarnata”, secondo il Mistero di un Dio che si è fatto uomo per amore. Tanto gli basta, così, per rivendicare una sua originale e convincente ricerca, tenendosi alla larga da edulcorate immaginette devozionistiche quanto da inconcludenti figurativismi astratti: illustrazioni, le une e le altre, che sotto una smaccata pretesa di religiosità spesso non hanno nulla di veramente sacro . Né di umano, infine.
Dal Cantico dei cantici Alessandro Nastasio spreme dunque il “succo”, dolce dei baci e degli abbracci dei biblici sposi, pieno delle quotidiane occupazioni, pungente dei timori per l’amato bene. Così che ogni opera appare in realtà come divisa in due parti, alto e basso, nella rappresentazione dell’azione e del pensiero, del positivo e del negativo, delle cose terrene e di quelle celesti. Senza però dualismi manichei né forzate contrapposizioni, riconducendo invece il tutto a quella divina armonia che solo l’amore può interamente ricreare.
Ma queste tavole, tirate da matrici in legno di tiglio che il nostro maestro ha inciso con gusto artigiano, prima ancora che con artistica abilità, colpiscono soprattutto per l’esuberanza dei colori. Blu marini, gialli solari, rossi infuocati, verdi smeraldini, accostati seguendo le vibrazioni e i sussulti del dialogo fra i due biblici sposi, facendo compartecipare lo spettatore alla
medesima gioia, con la stessa emozione. E non è solo la suggestione del testo, crediamo. È come se Nastasio, generoso artisticamente e umanamente, con il passare degli anni e l’avanzare dell’età, a differenza di molti suoi colleghi che si chiudono e imprecano, vada scoprendo una ritrovata serenità, una rinnovata gioia di vivere. Contagiosa, speriamo.
Le 25 matrici xilografiche su legni di tiglio
che illustrano il Cantico dei Cantici,
incise con sgorbie da Alessandro Nastasio,
sono in mostra fino al 19 aprile a Milano
presso la Sala Ceriani (Corso Venezia, 2/A),
dalle ore 16 alle 19.
Tirate in 33 esemplari, sono introdotte da monsignor Gianfranco Ravasi
e presentate da Alberico Sala.
Dopo la chiusura della mostra sarà possibile comunque
contattare Alessandro Nastasio nel suo atelier a Milano,
in via Eustachi 22.
Aggiungo una serie di fotografie scattate presso Villa Clerici a Milano, dove si è svolta la recente mostra dell'artista!
Ed ora facciamoci un giretto nello splendido giardino di Villa Clerici
In questo blog ho pubblicato molte altre opere dell'artista. Qui il link del dono meraviglioso che ho ricevuto a sorpresa dall'autore:
Se digitate il nome Alessandro Nastasio nel sullo spazio della home page di Versi in Volo, troverete tutto il resto che ho pubblicato dell'artista.
Ringrazio dal profondo il Poeta, insegnante e critico letterario Prof. Roberto Vittorio Di Pietro per avermi messo in contatto con il Maestro di cui stiamo parlando.
Sono convinta che le vie del Signore sono davvero infinite!
Danila Oppio