Giro di vite, giro di boa
Senza se e senza ma
Ma la bontà
Di un provvedimento, o di una provvidenza sì personale
Fronteggiando l’eterno sospetto per chi non tratta del particulare
E vuole niente e lo vuole subito, se poi soprattutto
Per un istante non veste a rutto…
No, fra ridanciane lagrime e languori
Non più distingue farsa e pudori
“Lo ricordo come fosse ieri”
Fra ceroni , campane e c’eri
“Lo ricordo come fosse mai”
Non imbraccerà dunque abbracci né furia né rancore
Giacché creder non puote a codesta camera ad ore
Né all’ultima Parola
Avesse trovato un’idea sola, la sòla,
Uno straccio di bandiera in cui avvolgersi le sembianze
Ridurre ad una le innumerevoli danze
Ma la coperta era sempre corta
E la mano morta
Non basta già più
Senza se e senza ma
Ma la bontà
Di un provvedimento, o di una provvidenza sì personale
Fronteggiando l’eterno sospetto per chi non tratta del particulare
E vuole niente e lo vuole subito, se poi soprattutto
Per un istante non veste a rutto…
No, fra ridanciane lagrime e languori
Non più distingue farsa e pudori
“Lo ricordo come fosse ieri”
Fra ceroni , campane e c’eri
“Lo ricordo come fosse mai”
Non imbraccerà dunque abbracci né furia né rancore
Giacché creder non puote a codesta camera ad ore
Né all’ultima Parola
Avesse trovato un’idea sola, la sòla,
Uno straccio di bandiera in cui avvolgersi le sembianze
Ridurre ad una le innumerevoli danze
Ma la coperta era sempre corta
E la mano morta
Non basta già più
“Mi darò, se non del Noi, quantomeno dell’Egli”
Fine, forse, del parapiglia
“Nessuno mi vuole, nessuno mi cerca”
Un antibarbiere di Siviglia
Non ha nereide, sirena, sibilla
Sguscia e dibatte come un’anguilla
Non la darà vinta, Egli, alla vita truffaldina:
“Avrò la compiacenza di considerarmi un morto che cammina”
Ma quante esigenze, quante pretese ancora, il morto che cammina!
E prosegue difatti la manfrina
Ad esempio: com’è bello per Egli il trovarsi qui, solo soletto, senza un’anima, senza denaro, senza l’Idea ma con l’ideuzza
“Mi appoggerò su questa panchina”
Ecco il posticino che sempre ha sognato
Molti cipressi, di brezza alcun afflato
“Era per questo che tanto abbiamo massacrato?”
Suoi sono i passi incerti, curiosi e terrorizzati,
Stancamente nuovi, certo avventati
Del bambino che imparò tardi a camminare,
Smarrito per le vie inferiori, a tergiversare
Cercando un dirupo per tastar con mano la gravità sua
Per darsi un peso e non volarsene via
Scuote la testa: sin dalla culla
Troppo rumore, rumore per nulla
Troppi allarmi: allarme maltempo, all’erta …
Per non parlar, poi, della coperta!
Quella coperta che sempre era corta
E la mano morta
Non scrive già più
Fine, forse, del parapiglia
“Nessuno mi vuole, nessuno mi cerca”
Un antibarbiere di Siviglia
Non ha nereide, sirena, sibilla
Sguscia e dibatte come un’anguilla
Non la darà vinta, Egli, alla vita truffaldina:
“Avrò la compiacenza di considerarmi un morto che cammina”
Ma quante esigenze, quante pretese ancora, il morto che cammina!
E prosegue difatti la manfrina
Ad esempio: com’è bello per Egli il trovarsi qui, solo soletto, senza un’anima, senza denaro, senza l’Idea ma con l’ideuzza
“Mi appoggerò su questa panchina”
Ecco il posticino che sempre ha sognato
Molti cipressi, di brezza alcun afflato
“Era per questo che tanto abbiamo massacrato?”
Suoi sono i passi incerti, curiosi e terrorizzati,
Stancamente nuovi, certo avventati
Del bambino che imparò tardi a camminare,
Smarrito per le vie inferiori, a tergiversare
Cercando un dirupo per tastar con mano la gravità sua
Per darsi un peso e non volarsene via
Scuote la testa: sin dalla culla
Troppo rumore, rumore per nulla
Troppi allarmi: allarme maltempo, all’erta …
Per non parlar, poi, della coperta!
Quella coperta che sempre era corta
E la mano morta
Non scrive già più
I nomi invisi, la gloria, la crisi
L’oro, l’alloro, il foro, il lavoro
E via, e vai
Di gran carriera
L’avvilita sua criniera
Qual fiorire di pensiero, e io non c’ero o c’eri, c’ero
Il sarcasmo, l’arguzietta, il pensiero raffinato
Non scontato, in contanti, e di già rigiustiziato
Meritocratica la dignità, l’autorevolezza, l’autorità
Riconoscersi reciprocamente, lasciapassare, voilà
C’è senza dubbio il grande tema
C’è qualcuno che contro rema
Fra impegnatissimi, intelligenti,
Popolar-aristocratici paraventi
Cercava soltanto l’arte, Egli, di farsi da parte
Ma la coperta era sempre più corta
E la mano morta
Sporgeva già un po’
L’oro, l’alloro, il foro, il lavoro
E via, e vai
Di gran carriera
L’avvilita sua criniera
Qual fiorire di pensiero, e io non c’ero o c’eri, c’ero
Il sarcasmo, l’arguzietta, il pensiero raffinato
Non scontato, in contanti, e di già rigiustiziato
Meritocratica la dignità, l’autorevolezza, l’autorità
Riconoscersi reciprocamente, lasciapassare, voilà
C’è senza dubbio il grande tema
C’è qualcuno che contro rema
Fra impegnatissimi, intelligenti,
Popolar-aristocratici paraventi
Cercava soltanto l’arte, Egli, di farsi da parte
Ma la coperta era sempre più corta
E la mano morta
Sporgeva già un po’
…E i piedi?
Uno scalpiccio lo sveglia e lo molesta… Egli stesso!
Novello Lazzarone, si prodiga in certi risvegli e marcette su Roma…
“Ma dov’è il prode Carlomagno
E com’è bella giovinezza
Che si fugge tuttavia
Eziandio malinconia!”
Avrà pur la compiacenza di considerarsi un morto che cammina
E però la metafora si fa ormai poco canterina (tanto cristallina)!
In barba a tale prosa, realismo, didascalia
Quell’antibarbiere barbugliò: “Ebbene, così sia”
Ma perfino sulla lapide si sorprese ancora a dire
Nuovamente a pontificare, a dirimere, e a chiarire:
“Odio gli allarmi, i diritti, i doveri, odio il maltempo, odio i richiami!
Giro di boa, giro di vite, raggiungetemi, marrani!
Senza se e senza ma, chissà (più) perché e percome…
E non chiamatemi per nome!”
Uno scalpiccio lo sveglia e lo molesta… Egli stesso!
Novello Lazzarone, si prodiga in certi risvegli e marcette su Roma…
“Ma dov’è il prode Carlomagno
E com’è bella giovinezza
Che si fugge tuttavia
Eziandio malinconia!”
Avrà pur la compiacenza di considerarsi un morto che cammina
E però la metafora si fa ormai poco canterina (tanto cristallina)!
In barba a tale prosa, realismo, didascalia
Quell’antibarbiere barbugliò: “Ebbene, così sia”
Ma perfino sulla lapide si sorprese ancora a dire
Nuovamente a pontificare, a dirimere, e a chiarire:
“Odio gli allarmi, i diritti, i doveri, odio il maltempo, odio i richiami!
Giro di boa, giro di vite, raggiungetemi, marrani!
Senza se e senza ma, chissà (più) perché e percome…
E non chiamatemi per nome!”
Non posso immaginare Coucou senza la sua Silvia!
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