La cantante veneta vive a Piavon, una piccola frazione di Oderzo in provincia di Treviso – Abbandonò la carriera nel 1993, a soli 52 anni, addolorata per la morte del marito – E’ stata una delle più grandi interpreti della seconda metà del secolo Ventesimo – Una vita umile e riservata, ma fantastica come una favola
24 novembre, compleanno di Maria Chiara, grande e straordinaria cantante lirica.
A cercare nei libri di musica, nelle enciclopedie della lirica, nei dizionari delle recensioni discografiche, si trovano poche notizie di lei. Anche gli archivi dei giornali sono avari nei suoi confronti. Eppure, Maria Chiara, soprano lirico spinto, è stata una delle più grandi interpreti a livello internazionale della seconda metà del secolo ventesimo.
E’ un giudizio che a qualcuno potrebbe apparire esagerato. Proprio perché di questa artista si è sempre parlato poco. Ma è un giudizio concretamente oggettivo. Voce bella, potente, appassionata, brunita; presenza elegante, flessuosa, gesto misurato: Maria Chiara resta una protagonista di grande rilievo nella storia del teatro lirico. Ma è stata anche sempre l’emblema dell’umiltà, della riservatezza, e per questo mai oggetto di eccessivo interesse da parte dei media.
Il suo eccezionale valore artistico è documentato dagli appassionati e dagli intenditori musicali.
I critici tedeschi l’avevano battezzata “Belcanto fest”; “gli americani la chiamavano “Maria senza artigli” volendo dire che era brava come la Callas senza avere la “cattiveria” della greca. Anche in Italia il giudizio critico è sempre stato coralmente positivo, entusiasta. La chiamavano “La seconda Tebaldi”. Il più noto e celebrato critico di musica lirica italiano, Rodolfo Celletti, terrore di tutti i cantanti per la sua severità e i suoi giudizi al vetriolo, si è inginocchiato anche lui davanti a Maria Chiara. Recensendo l’incisione di una “Madama Butterfly” del 1971, diretta da Giuseppe Patané, con l’orchestra e il coro della radio bavarese, dopo avere impietosamente stroncato tutti, scrisse: “Ed è Maria Chiara a dominare la situazione con una voce limpida, delicata, fresca, tenerissima”. Quattro aggettivi esaltanti, che Celletti, avarissimo di complimenti, non ha mai usato per nessuno, neppure per Maria Callas.
Personaggio unico nel suo genere, inimitabile anche nella sua decisione di chiudere la carriera: lo fece nel 1993, a soli 52 anni, quando era nel fulgore della forma vocale e fisica. E lo fece per amore.
<<Avevo perduto mio marito>>, mi disse in una intervista <<Era stato tutto per me. Non me la sentivo di continuare ad andare in giro per i teatri senza di lui. E ho smesso>>.
Il marito si chiamava Antonio Cassinelli. Apparteneva a una famiglia della borghesia bolognese. Da giovane era stato un pilota di auto da corsa. Aveva poi intrapreso la carriera lirica. Dotato di una elegante voce di basso aveva fatto una splendida carriera. Maria lo aveva conosciuto subito dopo aver conseguito il diploma al Conservatorio. Si erano innamorati e si erano sposati. Vissero inseparabili. Una coppia invidiata da tutti. Antonio, provetto musicista ed esperto dei problemi teatrali, si prendeva cura di Maria. Costruirono insieme una carriera favolosa e una vita privata inimitabile.
Quando Antonio morì nel luglio del 1993, Maria non ebbe esitazioni: lasciò la carriera di colpo. Si ritirò al paesello natale, Piavon, frazione di Oderzo, in provincia di Treviso. Lì è nata e lì vive serena, stimata da tutti, riverita come una regina, conservando la cordialità, l’eleganza, l’armonia, la riservatezza che la caratterizzava anche sotto i riflettori dei trionfi.
Una donna eccezionale. Una storia, la sua, che sembra una favola.
Figlia di poveri contadini, quarta di dieci fratelli, non aveva alcuna possibilità di poter sperare di diventare un giorno una cantante lirica. Ma la bellezza della sua voce, irresistibile anche quando Maria era una bambina, ha compiuto l’impossibile. A dieci anni faceva da mamma ai suoi fratellini più piccoli. E, la sera, per addormentarli, cantava loro delle canzoni, delle romanze. Cantava con tale trasporto e fascino che la gente, passando per la via, si fermava ad ascoltarla. Attirò l’attenzione dell’organista del paese che ne parlò al parroco. Questi, insieme ad altri notabili della zona, riuscì a convincere il papà di Maria a far studiare la figlia. Problema immane per un contadino con dieci figli da mantenere. Ma egli si rese conto che quella ragazzina aveva ricevuto un dono eccezionale e si sottopose volentieri a sacrifici enormi per aiutarla.
Maria studiò dapprima sotto la guida dell’organista di Piavon e poi venne mandata al Conservatorio di Venezia.
Del Conservatorio ha un ricordo bellissimo e ne parla con un radioso sorriso che le illumina il volto.
<<Ricordo con molta simpatia gli anni di Conservatorio>>, racconta. <<Cinque anni a Venezia, vissuti in un Istituto di suore, perché non potevo permettermi di alloggiare in un albergo o in una pensione.
<<Eravamo un gruppo di studenti affiatato. Alcuni sono diventati poi personaggi famosi. Katia Ricciarelli, per esempio. Rosetta Pizzo, soprano; Lucia Valentini Terrani, contralto che ha fatto una grande carriera; Francesco Signor, basso, che ha sposato Rosetta Pizzo; Maria Luisa Nave, mezzosoprano; Piero Bottazzo, tenore; Giorgio Casellato Lamberti, tenore. C’era una certa Nicoletta Strambelli che studiava pianoforte e canto e che poi è diventata celebre nella musica leggera con il nome di Patty Pravo. C’era Pino Donaggio, violinista, anche lui diventato famoso nella musica leggera prima e poi come autore di colonne sonore di film. In questo settore è oggi una celebrità e vive a Los Angeles. Alla lezione di canto ci trovavamo tutti insieme.
<<Finito il Conservatorio ebbi un formidabile colpo di fortuna. A Venezia avevano allestito una edizione straordinaria di “Otello”, nel cortile del Palazzo Ducale. Un palcoscenico da sogno e c’era una grandissima attesa. Regista, Herbert Graf; direttore, Nino Sanzogno; protagonista, Mario Del Monaco che era l’Otello per eccellenza e accanto a lui la splendida Marcella Pobbe e Tito Gobbi. Si trattò di un evento musicale che richiamò appassionati di lirica da tutto il mondo. E non so per quale ragione, mi offrirono le due ultime recite. Una manna. E data la pubblicità che l’opera aveva avuto, tutti gli occhi erano puntati di su me, sconosciuta debuttante. Ebbi successo, un successo grande, che mi portò a diventare subito famosa. Cominciai così, senza fatica, a lavorare nei più importanti teatri internazionali>>.
Una carriera, la sua, durata 27 anni. Una quarantina di opera in repertorio, undici di Verdi. Presenze continue in tutti i più grandi teatri. Incisioni discografiche, video.
E tanti successi.
<<Per fortuna, il pubblico mi ha sempre voluto molto bene>>, dice. << Ricordo con grande emozione una “Traviata” a Colonia al termine della quale ebbi 46 chiamate al proscenio; un’altra “Traviata” al San Carlo di Napoli con Alfredo Kraus e Renato Bruson: dopo “Amami Alfredo” ebbi dodici minuti di applausi e poi dovetti fare il bis. A Budapest, una serata di gala, dopo l’”Ave Maria” nell’”Otello”, il pubblico balzò in piedi e non finiva di applaudire. Il regista, nel tentativo di placare l’entusiasmo e poter riprendere lo spettacolo, fece spegnere tutte le luci del palcoscenico lasciando il teatro al buio completo. Tre volte dovette ricorrere a questo stratagemma e, finalmente, dopo venti minuti, fu possibile riprendere la recita>>.
I ricordi si fermano al 1993, quando prese la grande decisione di chiudere con il teatro. Da allora vive a Piavon, in una villa che porta il suo nome: “Villa Chiara”. Una grande villa moderna, su tre piani. Arredata con gusto, piena di quadri, di fotografie, di soprammobili che ricordano gli innumerevoli viaggi in giro per il mondo. Tutto tenuto in ordine perfetto.
<<Quando decisi di smettere con la carriera, gli amici mi dicevano che era una scelta sbagliata, che lontano dal teatro mi sarei sentita infelice. Invece non sono mai stata così serena e distesa. Qui a Piavon abitano alcuni dei miei fratelli, che sono sposati ed hanno la loro famiglia. Sono perciò attorniata da familiari. Insomma, ho lasciato il teatro e mi sono reinserita nella vita normale, la più semplice e anonima. A volte guardo le vecchie fotografie di scena, e stento a riconoscermi in quella donna con quegli strani costumi addosso. Maria Chiara cantante è una persona che quasi non conosco>>.
Renzo Allegri
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