POETANDO

In questo blog raccolgo tutti gli scritti, poetici e in prosa, disegni e dipinti di mia ideazione. Recensioni stilate da me e da altri autori. Editoriali vari. Pubblico poesie, racconti e dialoghi di vari autori.Vi si possono trovare gallerie d'arte, fotografie, e quant'altro l'estro del momento mi suggerisce di pubblicare. Sulla banda destra della home page, appaiono i miei e-book poetici ed altre sillogi di alcuni autori. Così come le riviste online de L'Approdo e de La Barba di Diogene, tutto si può sfogliare, è sufficiente cliccare sulla copertina. Aggiungo che , sempre nella barra a destra della home page ci sono mie video poesie, con sottofondo musicale. E' sufficiente cliccare sull'immagine per ascoltare testo e musica, direttamente da YouTube. Tutte realizzate dalla eclettica Anna Montella., Ci sono poi i miei libri scritti nel corso di circa 10 anni. Buona lettura e buon ascolto!

sabato, luglio 30

ARMANDO CUGNOD: un ricordo di ALESSANDRA GIUSTI

 


ARMANDO CUGNOD

Vorrei dedicare un ricordo ad un caro amico poeta a vent’anni dalla sua scomparsa, avvenuta il 31 luglio 2002. Ringrazio di cuore l’amica Dani che mi offre la possibilità di farlo.

Armando Cugnod, nato a Brusson in Valle d’Aosta l’8 novembre 1911, figlio di una famiglia contadina di nove fratelli, studiò Letteratura presso il Seminario Maggiore di Aosta dove era stato accolto avendo espresso l’intenzione di farsi sacerdote; ma lungo il cammino capì che non era quella la sua vocazione. In seguito, lavorò presso l’Ufficio di Collocamento in vari paesi della sua Valle d’Ayas, una delle più belle vallate valdostane laterali. Profondamente credente, tutta la sua vita fu un inno al Creato, tanto da far percepire a coloro che hanno avuto il dono, come me, di conoscerlo, di trovarsi di fronte ad un piccolo gigante. La sua statura fisica, infatti, non rispecchiava quella morale, ma appena incominciava a parlare, ecco che la grandezza spirituale si manifestava in tutta la sua potenza. Un antesignano della difesa dell’ambiente, un illuminato che sapeva vedere lontano. La sua fede si esprimeva, oltre che tramite la sua poesia, attraverso la sua capacità di accoglienza del prossimo, la sua disponibilità nei confronti dei più deboli, il suo profondo senso di giustizia, la sua attenzione alle piccole cose, ai fiori, alle piante, alla Terra intera. Visse tutta la sua vita insieme alla sorella Graziella, di salute cagionevole, dedicandosi a lei con vero amore fraterno. Ecco, dunque, qual era la strada che il Signore aveva tracciato per lui.

Il “supporto” che amava di più per le sue poesie non era cartaceo: erano le pietre, per l’esattezza le “lose”, sottili lastre di ardesia spaccate a mano e utilizzate per la copertura dei tetti delle case, sulle quali egli scriveva con eleganti pennellate bianche, esponendole poi fuori di casa alla portata di tutti. Ogni passante rimaneva colpito e si fermava a leggere e, se Armando era sulla soglia, invitava le persone ad entrare: ascoltarlo era sempre un piacere e un arricchimento. Scriveva in francese, italiano e latino e la sua voce dolce incantava l’ascoltatore. Ebbe la gioia, poco prima della sua scomparsa, di vedere pubblicate, questa volta su carta, le sue composizioni nel volume “Rime e Pensieri”, di cui si occupò personalmente con l’aiuto di alcuni volenterosi compaesani affascinati dal suo scrivere. Sulla copertina del libro sono ritratti Armando e Graziella.

Da “Rime e Pensieri” riporto la seguente poesia, priva di titolo, come spesso le sue composizioni:

Je vous aime humbles fleurs de la montagne,

des glaciers vous êtes les fidèles compagnes…

c’est vous si petites, si pures, si belles

qui m’apprenez à gravir la mystique échelle

qui de sommet en sommet mène à Dieu.


Alessandra Giusti


giovedì, luglio 28

LA VIA ESTREMA ED IMPERVIA DELLA MAGREZZA: IL CORPO COME STRUTTURA RELAZIONALE delle dott. CHIARA MASSOBRIO E ZARINA ZARGAR

 


Dott.ssa CHIARA MASSOBRIO

Dott.ssa ZARINA ZARGAR

La via estrema ed impervia della magrezza: Il corpo come struttura relazionale

Metro e bilancia. Misurare.

Che cosa?

I centimetri, i chilogrammi, distribuiti in forme che si assottigliano progressivamente fino a diventare esili certezze, sotto l’attento controllo di un carceriere.

Lo spirito, l’anima a cui ogni giorno la pelle si avvicina, scavalcando la gabbia tracciata dalle ossa.

È questa la via estrema e impervia della magrezza.

Si parla di anoressia, ovvero di un’alterazione del comportamento alimentare legato ad una distorsione patologica dell’immagine del proprio corpo. Le giovanissime sempre più spesso si trovano a dover fare i conti con veri e propri carcerieri interiori finendo spesso in circuiti di privazione molto severi.

Ad un certo punto ogni cosa diventa corpo, forma corporea, l’intera identità si svuota e diviene illusoriamente rintracciabile solo attraverso l’immagine esteriore.

Parlando con una persona che soffre di questo disturbo, dopo aver ascoltato minuziose descrizioni di cosa va bene e cosa va male nel proprio corpo, sulle quantità, sugli etti, sull’abbronzatura, ecc., viene naturale domandare:

“E tu dove sei? Dietro a questo corpo cosa c’è? O meglio dentro questo corpo cosa vediamo se ci sforziamo per un attimo di ridirezionare lo sguardo verso l’interno?”

E lì le descrizioni lasciano spazio al silenzio.

Di silenzio spesso si tratta, di un mancato sentire interiore, di una pienezza smarrita o di un deficit nella costruzione del Sè, potrebbero dire alcuni.

Ed è forse da questo stesso silenzio che si può partire.

Gli aspetti emotivi giocano sempre un ruolo importante e un lavoro sul contatto con le emozioni può essere il primo avvicinamento al mondo interiore da riscoprire. In questi pazienti i vissuti di rabbia e di paura non elaborati possono essere molto intensi e continuare a riproporsi.

La paura, che arriva fino ad un vero e proprio terrore di ingrassare può spiegare di per sè i comportamenti restrittivi, le condotte di espulsione e la necessità di controllo che configurano questa patologia.

Grasso a cui viene evidentemente attribuito un significato più profondo ed essenziale del semplice fattore estetico, significato talmente costitutivo e centrale da giustificare le condotte estreme.

Per certi versi si può parlare di anoressia nervosa come di un disturbo relazionale: il corpo è una struttura relazionale.

Si plasma attraverso la relazione e ad essa rimanda, parla agli altri, li cerca e li respinge senza usare voce.

La vasta letteratura sui disturbi dell’attaccamento mostra come esistano effettivamente correlazioni tra pazienti anoressiche e modelli relazionali insicuri costruiti, questi ultimi, all’interno di famiglie in cui la scarsa vicinanza emotiva o l’intrusività e l’iperprotettività erano preponderanti o venivano percepiti come tali (Cavanna et al., 2012; Tasca et al., 2014).

Come evidenziato nei tanti anni di ricerca clinica e scientifica, comunque, sarebbe riduttivo ricondurre lo sviluppo patologico solamente all’ambiente di vita familiare, perché sono sempre numerosi i fattori che poi portano a un determinato esito (Le Grange et al., 2009).

Nella stanza della psicoterapia sono numerosi gli aspetti su cui si può concordare di lavorare con il paziente.

Le persone che sviluppano un disturbo del comportamento alimentare, tendenzialmente hanno aspetti caratteriali e di personalità rigidi che si direzionano verso perfezionismo e bassa autostima.

Il perfezionismo, ad esempio, è uno stile di personalità caratteristico e multidimensionale che fa riferimento all’auto imposizione di elevati standard, al timore degli errori, all’imponente considerazione delle aspettative altrui, a dubbi sulle azioni da compiere e la conseguente necessità di avere un’organizzazione meticolosa. Il perfezionismo, in ogni caso, non costituisce di per sé un tratto patologico e lo diventa nel momento in cui il timore dell’errore e l’ipotesi dello stesso diventano inaccettabili per la persona (Frost et al., 1990).

Come il perfezionismo, anche la bassa autostima è considerata un fattore determinante nello sviluppo di un disturbo del comportamento alimentare. Le persone affette da questo disturbo, infatti, tendono poi a darsi un valore legato esclusivamente al peso e alla forma corporea (Fairburn et al., 2003), ma sono primariamente condizionate pervasivamente dalla convinzione di non essere adeguate e competenti nei diversi ambiti richiesti dalla vita. È proprio questa convinzione che le porta per lungo tempo a soffermarsi sugli aspetti negativi di sé e alimentare il rimuginio che le spinge poi a cercare una soluzione alternativa alla propria insoddisfazione (Vitousek e Hollon, 1990; Kerkhof et al., 2000).


In conclusione, metro e bilancia sono solo un aspetto esteriore, che si riesce facilmente a notare, ma che non dice tutto di chi soffre di un disturbo del comportamento alimentare.

A un’analisi più attenta e approfondita emergono tanti aspetti da considerare che, se affrontati e trattati nel modo corretto, possono concorrere alla ricostruzione di un sé maggiormente coeso e degno di fiducia, ma soprattutto alla ripresa di una vita libera e portatrice di soddisfazione.

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Bibliografia

– Cavanna, D., Delogu, A. M., & Zavattini G. C., (2012). Le prospettive dell’attaccamento nei disturbi del comportamento alimentare. Psicologia Clinica dello Sviluppo, 16, 1, 3-36, doi: 10.1449/37088.

– Tasca, G. A., & Belfour, L. (2014). Attachment and eating disorders: A review of current research. International Journal of Eating Disorders, 47, 7, 710-717, doi: 10.1002/eat.22302.

– Le Grange, D., Lock, J., Loeb, K., & Nicholls, D. (2009). Academy for eating disorders position paper: The role of the family in eating disorders. International Journal of Eating Disorders, 43, 1-5, doi: 10.1002/eat.20751

– Frost, E. O., Marten, P., Lahart, C., & Rosenblate, R. (1990). The dimensions of perfectionism. Cognitive Therapy and Research, 14, 449-468.

– Fairburn, C. G., Cooper, Z., & Shafran, R. (2003). Cognitive behaviour therapy for eating disorders: a “transdiagnostic” therapy and treatment. Cognitive Behaviour Research and Therapy, 41, 509-528.

– Vitousek, K. B., & Hollon, K. B. (1990). The investigation of schematic content and processing in eating disorders. Cognitive Therapy and Research, 14, 191-214.

– Kerkhof, A., Hermas, D., Figee, A., Laeremans, I., Pieters, G., & Aardema, A. (2000). The Penn State Worry Questionnaire and the Worry Domains Questionnaire: First Results in Dutch and Flemish in- and outpatient group. Gedragstherapie, 33, 135-145

domenica, luglio 24

DIARIO DEL RITORNO AL PAESE NATALE di P. MAURO ARMANINO

 


     Diario del ritorno al paese natale

Dal luglio del 2019 a quello del 2022 fanno tre anni rotondi di assenza. Questo è il tempo passato, anch’esso di sabbia, dall’ultimo mio soggiorno in Italia, madre e patria secondo le migliori tradizioni di una volta. Eppure, in questa porzione di vita, di cose ne sono accadute e altre avrebbero potuto accadere a seconda degli avvenimenti. Tra questi c’è anzitutto da notare, dopo oltre due anni di cattività nel deserto del Sahara, la liberazione dell’amico e compagno di viaggio Pierluigi Maccalli. Parlavo di lui ancora assente, nell’ultima permanenza nel Paese, come di un albero che, piantato e radicato nella savana, coi suoi rami contorti, tiene il cielo e la terra attaccati l’uno all’altro. Dell’avventurosa prigionia si è portato dietro tre segni: un pezzo di catene, due legni a forma di crocifisso e i grani di stoffa di un rosario che tace raccontando le sue lacrime. Era il mese di ottobre quando la notizia filtrò a Niamey durante un incontro di persone che mai avevano smesso di pregare perché le catene coniugassero il verbo più bello di tutti.
Intanto gli altri continuavano a rapire, uccidere e generare sofferenze senza che questo destasse eccessiva attenzione mediatica. Centinaia di contadini sgozzati, migliaia di sfollati, bambini terrorizzati, scuole e dispensari chiusi. La desolazione è uno dei nomi nuovi di molte zone del Sahel. Paziente, tenace, radicata, nella quasi impossibilità di raccontarla, indecifrabile nelle motivazioni eppure coerente con la follia. La desolazione ha accompagnato questi tre anni vissuti nel luogo il cui nome dice tutto: Sahel, spazio tra due rive. I migranti lo sanno bene perché, da decenni o da secoli, passano tra una riva e l’altra di questa porzione d’Africa. A migliaia attraversano frontiere ogni volta più armate e inospitali dove si contendono il bottino commercianti, contrabbandieri, banditi, gruppi armati terroristi, jihadisti e antiche carovane di sale. Cercano altrove, rischiano tutto, investono soldi, anni e perizie per sopravvivere alla prossima morte nel mare o nel deserto dell’indifferenza di chi crede che il modello di vita si la stabilità dei cimiteri.
Arrivò poi il totalitarismo sanitario, di immediata esportazione cino - occidentale, sotto la sapiente regia dell’Organizzazione Mondiale della Sanità fiancheggiata dalle realizzazioni teatrali di Davos in Svizzera. LA malattia, LA pandemia, LA paura come sistema principale di governo con l’appoggio ben pagato dei mezzi di comunicazione addomesticati al sistema dominante. La gente continuava, qui, a morire di malaria e di fame e della violenza armata ma bisognava fermare le frontiere, lavarsi le mani (ma prima c’era da trovare l’acqua), tenere le distanze e soprattutto imparare a vaccinarsi perché finalmente la salvezza era arrivata. Il nuovo aeroporto turco internazionale di Niamey era tristemente vuoto di aerei, voli, prenotazioni e le decine di lavoratori erano in lista d’attesa. C’erano infatti i VERI morti, i morti COVID (poche decine in tutto il periodo) e gli altri che si contavano a migliaia ma molto meno importanti. Fortuna che la gente non c’è cascata e, con la complicità della sabbia, del sole, della giovane età, la prossimità con la morte, le cure locali, né le maschere, né la distanza sociale, né la propaganda intimidatoria, mai ha preso piede nel Niger.
Poi, in questi tre anni c’erano loro, i signori della strada. Gli asini che tirano sempre lo stesso carro e sono pestati ad ogni passo, i cammelli che seguono in fila, le mandrie di buoi che si nutrono delle piante che il comune ha piantato la stagione precedente e i capri che contano i giorni prima di essere sacrificati alla maniera di Abramo, anni or sono. Le strade di Niamey che la sabbia avvolge ogni sera e che gli addetti alla pulizia raccolgono il mattino seguente prima che rispunti più folta di prima. Gli altoparlanti che invitano i fedeli alla preghiera più volte al giorno cominciando presto perché si levi il sole. Gli uffici dei ministeri che aprono a seconda delle circostanze e degli immancabili funerali che non mancano l’appuntamento settimanale. I cortei nuziali di auto e motociclette che deridono i limiti di velocità, per matrimoni che durano qualche mese prima di sciogliersi e provare di nuovo altrove. I venditori di tutto che appaiono e scompaiono a seconda delle ore del giorno e la stagione dell’anno e i disoccupati che vivono d’attesa. Le donne, eleganti come regine col velo che le rende più fatali, parcheggiando in doppia fila per gli acquisti.

       Mauro Armanino, Niamey, 24 luglio 2022 

martedì, luglio 19

PRIGIONIERA NELLO SPAZIO - Considerazioni sul mio ultimo romanzo di fantascienza - di RENATA RUSCA ZARGAR


Considerazioni sul mio ultimo romanzo di fantascienza
Prigioniera nello spazio

Scrivere di fantascienza è un'esperienza affascinante. Infatti, non si pongono limiti come per gli altri generi letterari, nulla può essere sbagliato perché tutto è basato su qualcosa che potrebbe avvenire ma non si sa.
Si tratta, dunque, di scatenare liberamente la fantasia e immaginare avvenimenti che non sono e, probabilmente, non saranno mai.
In fondo, però, ogni scrittore/trice è diverso/a e, dunque, come potrà costruire un futuro lontano che non conosce?
Forse, qualcuno di noi si chiederà persino se, un domani, ci saranno ancora sentimenti così come li intendiamo oggi e persino se esisterà l'amore.
Purtroppo, per come vediamo il mondo in questo periodo, tutto incentrato su militarizzazioni e guerre, al posto dell’amore sta vincendo la sopraffazione dell'uomo presunto "civile" sull’altro uomo. Quello che conta davvero è la guerra e lo sterminio di altri esseri umani insieme alla distruzione del Pianeta.
Io, viceversa, ho sempre creduto nell'amore: vengo da un tempo in cui si cantava: "mettete dei fiori nei vostri cannoni". Forse, perché anche allora c’era la guerra.
Ebbene, quando provo a fantasticare su un futuro sconosciuto non posso fare a meno di raccontare una storia d'amore e di sperare che i sentimenti prevalgano, infine, sulla brama di distruzione dell’umanità.
Credo anche che, se abbiamo una qualsiasi fede o convinzione morale, ci convenga sperare che l'amore esisterà ancora e che darà senso alle prossime esistenze. Un universo di carnefici, dalle mani sporche di sangue, non sarebbe bello da vivere per nessuno.
Amando le altre creature, spesso, si soffre, è vero, ma anche si è felici e si può trovare conforto ai dolori della vita.
Così, nella mia storia, ho narrato che un gruppo di donne terrestri venga rapito durante un viaggio aereo di linea e trasportato sul Pianeta Blu a novanta anni luce dalla Terra. Proprio perché alcuni extraterrestri di colore blu, molto più avanzati mentalmente e tecnologicamente, vogliono unirsi a donne del nostro Pianeta. In cambio, condivideranno con gli umani il loro progresso.
Nonostante la traumaticità del rapimento, Arianna, una giovane studentessa dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, si innamora di Axel, uno scienziato di quel pianeta.
Dovrà, infine, decidere: tornare sulla Terra dove c’era la sua vita e i suoi sogni o andare a vivere su quel Pianeta unendosi a una creatura tanto diversa?
Il mio romanzo, pertanto, non sarà un capolavoro della letteratura fantascientifica e non avrò inventato nuove armi di distruzione di massa per fare contenti i grandi della Terra.
Avrò però dato una speranza: che ci sia un momento, seppur lontano, in cui altri esseri come noi daranno spazio al bene e non al male. Preferiranno l'amore superando le differenze, invece di scegliere l'omicidio criminale generalizzato e impunito che è la guerra.
Qui si può leggere un estratto:



Renata Rusca Zargar


ACQUA di RENATA RUSCA ZARGAR


ACQUA

Ram ha 15 anni e vive a Delhi in India. È un guidatore di risciò, la tipica carrozzella tirata da una bicicletta, e, tutto il giorno, fatica, sudando e trascinando, per poche rupie, i suoi passeggeri.
Quando viene la sera, si affianca al marciapiede in una strada tranquilla e si sdraia per dormire sul suo carrettino.
Quella è la sua casa, da quando è giunto in città, e si sente già fortunato ad averla, considerando che molti, invece, non possiedono, per casa e giaciglio, che uno straccio allargato sul marciapiede.
“Ti ringrazio, Shiva, - pensa ogni notte, osservando le stelle - per avermi mandato tanti clienti anche oggi. Forse, un domani, chissà, potrò tornare in campagna, comprare un piccolo terreno e lavorare da contadino...”
E così, tranquillo, si addormenta.
Alla mattina, quando spunta il sole, si avvicina a uno di quei grossi rubinetti che ci sono un po’ dappertutto per le strade e, con l’aiuto di un secchio, in piedi sul marciapiede, si lava puntigliosamente ogni parte del corpo, insaponandosi con cura. Anche il lunghi che porta, il tipico pezzo di stoffa girato sui fianchi e lungo al ginocchio quasi come una gonna, viene ripulito insieme a lui; dopo di che riparte con coraggio verso una nuova giornata di lavoro, nel traffico afoso e bollente.

Sempre in India, ma molto più a nord, nel Ladakh, chiamato anche piccolo Tibet, un altro ragazzo, Rimpoche, osserva con affetto le montagne aride e desolate che circondano il suo paese. Nella sua casa non c’è un rubinetto vero e proprio, ma suo padre ha scavato un piccolo canale per far scorrere, dal fiume fino al suo giardino, una modesta quantità di acqua che lì, a 4000 metri, è un bene assai prezioso.
E così, sua madre è là, china a sbattere gli indumenti sulle pietre, voltandoli e rivoltandoli, fino a farli diventare puliti.
Rimpoche non si lava molto volentieri perché è abituato, in inverno, a non poterlo fare dato che la temperatura è, di solito, intorno ai 40 sotto zero e non ha voglia di cambiarsi gli abiti pesanti che porta in tutte le stagioni.
Poco tempo fa, sua sorella è stata molto male a causa dell’acqua, dicono, o forse della verdura che adesso, da quando hanno portato i concimi chimici dal sud, cresce anche in questa zona arida.
Nessuno sa perché, ogni tanto, qualcuno lasci questo mondo. Allora, quel corpo viene portato lassù, sulle montagne in una piccola cassettina di legno.
Lo spirito, invece, spinto dalla preghiera, attraversa oscuri spazi popolati da mostri per ritrovarsi, poi, insieme a Buddha, nell’incessante fluire del fiume di tutte le esistenze.

Touadì è un ragazzino che vive in un villaggio nella brughiera africana.
Il pozzo da cui prendere l’acqua pulita è molto lontano, vicino, però, c’è un piccolo stagno dove vivono anche i coccodrilli.
Sua madre, come le altre donne, va a prendere l’acqua allo stagno e, per purificarla, la filtra attraverso un tessuto.
Poi la usa per cucinare e per lavare.
Touadì è un bambino fortunato: può andare a scuola in un altro villaggio lontano solo qualche chilometro.
Il maestro gli ha insegnato che l’acqua degli stagni può far ammalare le persone e che bisogna usarla solo se bollita.
Allora ha capito perché molti dei suoi amici si siano ammalati tanto spesso e qualcuno sia morto. L’ha spiegato alla mamma che non ha più usato quell’acqua senza farla bollire.
Forse, poi, gli uomini del villaggio cercheranno di scavare un pozzo per avere anche da loro dell’acqua pulita.


-Bene, ragazze, siete state brave. - è la voce squillante dell’insegnante di aerobica della palestra Priamar a Savona - Alla prossima volta.-
L’entusiasmante lezione a suon di musica è finita.
Le allieve, quasi tutte non giovanissime e magari anche con un po’ di pancetta da smaltire, si avviano agli spogliatoi. Una di loro apre l’acqua della doccia e la lascia scorrere a vuoto, mentre continuano a chiacchierare.
- Si potrebbe andare a prendere un bel gelato da “Superfrutto”...
- No, meglio un frappé, c’è quella nuova gelateria in Corso Tardy e Benech che lo fa buonissimo!
- Io preferisco la farinata, perché non andiamo a mangiare la farinata? -
Finalmente, una di loro va sotto la doccia, si insapona a lungo, si sciacqua.
- Te la lascio aperta? - chiede poi a un’altra.
- Sì, adesso vengo, lasciala pure aperta...- e insiste a discorrere del più e del meno.
I minuti passano, l’acqua calda scorre inondando la stanza di vapore inutile...

§§§§§

Circa 2,2 miliardi di abitanti del pianeta non dispongono di un accesso all'acqua potabile gestito in sicurezza, ben 4,2 miliardi non possiedono servizi igienici adeguati e complessivamente 3 miliardi non hanno gli strumenti basilari che occorrono per un semplice ma indispensabile comportamento igienico: lavarsi le mani.

Si stima che 1 abitante del pianeta su 10 -785 milioni in tutto - non abbia ancora un accesso sicuro all’acqua, inclusi quei 144 milioni di persone che per bere attingono l'acqua da bacini non controllati.
Ogni anno, nel mondo, 297.000 bambini sotto i 5 anni muoiono a causa di diarrea legata a carenze idriche e igieniche.
 
Per dare acqua e strutture igieniche a chi ne è privo, occorrerebbero nove miliardi di dollari. Solo negli Stati Uniti si spendono 8 miliardi di dollari all’anno per i cosmetici.
Inoltre: un pomodoro “costa” 13 litri d’acqua, un foglio di carta A4 (pensate a quando li appallottolate con poche righe scritte sopra, invece di riusarli!) 10 litri, una fetta di pane 40, un paio di scarpe di cuoio addirittura 8 mila. E quanto inquinamento provoca la produzione di quei beni?

Renata Rusca Zargar

domenica, luglio 17

REVIVAL, MIGRANTE MADE IN USA di P. MAURO ARMANINO



CHARLES TAYLOR


                    Revival, migrante made in USA

Nel 1995, all’età di 17 anni, assiste al massacro di almeno 200 persone e allo stupro di varie donne ad opera dei ribelli di Charles Taylor. Siamo in Liberia e precisamente nella cittadina di Greenville. Revival, chiamato così a causa della sua affiliazione ad una Chiesa pentecostale, non ha mai dimenticato quella scena. Si salva, fa un voto a Dio e fugge nel fiume con una piroga. Cammina malgrado la poliomielite che gli intorpidisce una gamba e si trova un rifugio in Costa d’Avorio. Ci sono guerre che non finiscono mai e questo Revival l’ha vissuto nella sua carne con gli esodi che, finora, l’hanno guidato fino a Niamey. È in attesa di una somma di denaro che gli permetta di continuare fino in Ghana. Da lì partirebbe poi per Stati Uniti dalla sorella.



Piroga


Sua sorella minore, come molte altre migliaia di liberiani, si trova in America e vorrebbe che suo fratello la raggiungesse. Revival, insegnante di storia e letteratura nel suo Paese e studente universitario, era scappato perché, essendo della stessa etnia del defunto presidente Samuel Doe, temeva per la sua vita. È ospite, per un certo tempo, in un campo per rifugiati in Costa d’Avorio. Nella circostanza, ha una figlia   di nome Grace che vive adesso in Liberia. Ricorda che lei ha compiuto 24 anni ed è madre di un bimbo di cui Revival mostra con fierezza la foto nel cellulare. In Liberia non si sente più a casa sua e decide di partire.

Raggiunge il Senegal nel 2019 e si associa ad un venditore di auto usate per oltre un anno. In Marocco svolge la medesima attività finché riceve l’invito da sua sorella che gli consiglia di andare nel Ghana da dove potrebbe partire. Attraversa l’Algeria e i suoi soldi finiscono a Niamey, dove spera di entrare in possesso della somma promessa dalla sorella minore, sposata negli USA. L’unico freno al sogno americano è il pensiero dei suoi due figli in Liberia, di cui uno ha giusto sei anni. Gli spiacerebbe lasciarlo crescere senza padre e senza madre. In più sente la nostalgia di sua figlia e del nipote non ancora conosciuto. Assicura di possedere un terreno a Monrovia, non lontano dallo stadio. Confessa con pudore che il voto fatto, mentre da bambino si salvava dal massacro, è quello di costruire un tempio per il Signore.


REVIVAL CON P. MAURO ARMANINO


                                                                                  
Mauro Armanino, Niamey, 17 luglio 2022

giovedì, luglio 14

DISSOCIAZIONI VATICANE di P. MAURO ARMANINO

 


Dissociazioni vaticane

Mauro Armanino 

13 Luglio 2022

Si dice che Mayer Amschel Rothschild, fondatore di uno dei più onnipotenti imperi della storia moderna, sostenesse che qualora gli fosse stato concesso di emettere e controllare la moneta di una nazione, avrebbe potuto disinteressarsi del tutto delle sue leggi. Su queste pagine, lo abbiamo scritto spesso: il denaro non è una cosa. Cela, astraendole, relazioni sociali. Nel nostro tempo, poi, riesce a farlo così bene che quella astrazione gli assicura il dominio sulla vita delle persone quasi in ogni angolo del mondo. Anche per questo ci è sembrato così significativo che un evento, solo in apparenza “numismatico”, abbia suscitato tanta indignazione in Mauro Armanino, missionario in Niger. La scintilla che ha scatenato quell’indignazione – e la conseguente sacrosanta necessità di dissociarsi da quella e altre gravi scelte – è una serie di monete coniate dal Vaticano che hanno un’enorme portata simbolica. L’iconografia è esplicita: c’è il medico (la scienza), l’infermiere (la cura) e il ragazzo cui viene somministrato (un verbo tremendo a cui ci siamo purtroppo abituati durante la pandemia) qualcosa con la siringa. Non può che trattarsi del vaccino che salva l’umanità, benedetto dalla piccola croce, che in tutto il tempo segnato dal Covid è stata usata e abusata, spiega Armanino, per giustificare o proteggere le scelte governative di controllo sociale col pretesto della gestione della malattia. Una sorta di religione sanitaria degli Stati in cui la presunta difesa della “nuda” vita, a qualsiasi costo, poteva permettere di calpestarne la dignità sopprimendo e schiacciando libertà di ogni tipo, dall’autodeterminazione e la possibilità di toccarsi dei corpi all’incontro e la socialità. La lettera di Mauro, quasi un’invettiva, investe molte altre grandi questioni entrando nel vivo di problemi discussi più e più volte ma anche urlati in modo spesso avvelenato, manipolato, strumentale, in fin dei conti desolante, per lunghi mesi. Comune ha pubblicato centinaia di articoli sul virus del terrore, mai tacendo su quel che ci pareva utile dire, anche in modo assai plurale, ma cercando di sottrarsi alle semplificazioni e ai veleni utili solo a distrarre dai processi che intanto metteva in atto il sistema che ci domina. Quel che ci preme di più sottolineare, in questo caso, è che un pur risibile procedimento amministrativo “per non compimento vaccinale”, segnalato solo nel post scriptum della lettera, nei confronti di Mauro Armanino, una delle voci più libere e preziose di queste nostre pagine, ha il valore simbolico di una piccola minaccia anche alla nostra libertà. Un’offesa piccola piccola, come quella croce numismatica, che riesce a offendere l’autonomia del pensiero e la sacralità del corpo di chiunque creda in qualcosa.

Da Comune.info

 La numismatica vaticana 


Dissociare

V. tr. [dal lat. dissociare, der. di socius «compagno», col pref. dis–1] (io dissòcio, ecc.). – 1. Separare, scompagnare idee, cose, o anche persone, che stanno o si pensano comunemente insieme: d. il concetto di solidarietà da quello di patria; d. le forze; d. le proprie responsabilità, dichiarare di non condividere le opinioni e le azioni di qualcuno del proprio gruppo; nel rifl., staccarsi, dividersi da altri, soprattutto in questioni ideologiche: dissociarsi da un’organizzazione (di cui si faceva parte); dissociarsi dalle opinioni, o dalle proposte, della maggioranza; mi dissocio dalla tua iniziativa, non intendo farne più parte. 

(Dalla Treccani in linea)

1. La moneta vaticana

…La serie è composta da 8 monete, sul rovescio ci sono le caratteristiche tecniche uguali per tutti i paesi aderenti alla moneta unica europea. Sul dritto è raffigurato lo stemma di Papa Francesco, Sovrano dello Stato del Vaticano, la scritta “Città del Vaticano” e dodici stelle. La serie è disponibile in due versioni: la prima con la moneta da 20 euro in argento e la seconda con la moneta in oro da 50 euro. La moneta in argento da 20 euro, opera di Chiara Principe, è dedicata ad un argomento attuale che sta molto a cuore a papa Francesco: le cure per contrastare la pandemia e la necessità di vaccinarsi. Sulla moneta sono raffigurati un medico,  un infermiere e un ragazzo  che è pronto a farsi iniettare il vaccino. Il Santo Padre ha più volte sottolineato l’importanza della vaccinazione, ricordando che la cura della salute è “un obbligo morale” ed è importante “proseguire lo sforzo per immunizzare anche i popoli più poveri”… 

(https://www.ilsussidiario.net/news/nuova-moneta-da-20-euro-del-vaticano-medico-e-infermiere-iniettano-vaccino-covid/2361854/)

Ecco come è introdotta la moneta vaticana. L’immagine mi era stata segnalata da Martin Steffens, giovane filosofo francese, critico dell’attitudine ufficiale della gerarchia ecclesiastica sulle politiche riguardanti la gestione dell’epidemia Covid.

Se ancora esistevano dubbi a riguardo, la moneta in questione è una rivelazione, uno smascheramento che insinua più o meno apertamente almeno tre messaggi:

Adesione: mentre ancora ferve il dibattito, almeno contraddittorio, tra chi vuole includere i bambini nella vaccinazione e chi ritiene che essa sia non solo inutile ma dannosa, il ‘Vaticano’ prende posizione. In virtù di un mandato che appartiene al ‘Capo dello Stato vaticano’, lo stesso che molto democraticamente obbliga i propri dipendenti a vaccinarsi pena l’esclusione dal lavoro, diritto e dovere di ogni cittadino. Nello stesso stato vaticano le organizzazioni sindacali sono vietate, malgrado l’esistenza di una ‘Dottrina Sociale’ della Chiesa che ne auspica l’esistenza e l’azione. Tramite l’immagine citata si opera un’adesione incondizionata e evidente alle politiche sanitarie ‘imposte’ da scelte la cui validità scientifica è stata messa in discussione da persone competenti e preparate.

Il fatto di presentare in modo iconico il medico ( la scienza), l’infermiere (la cura), il ragazzo e la siringa è inequivocabile: la salvezza è a portata di…siringa.

Arroganza. Detta conclusione ‘monetaria’ appare nel contempo arrogante perché esclude ogni possibile scelta alternativa, per quanto fondata essa sia. La stessa accomodante arroganza, d’altra parte, che ha accompagnato l’adesione alle scelte dei decreti legge durante la ‘crisi’, creata o presunta essa sia stata. Vi sono state decine di dichiarazioni ufficiali, da parte di migliaia di scienziati che hanno messo in serio dubbio le politiche di gestione della pandemia. Dal confinamento, al distanziamento sociale per passare all’uso intimidatorio delle mascherine. Tutto falsamente omogeneo e in consonanza con la scienza che invece è apparsa come la grande perdente di tutte queste operazioni. Lo ricorda l’antropologo della salute Jean Michel Dominique: la medicina non è una scienza ma un’arte che si avvale della scienza…!

Manipolazione. Quasi per caso appare, nell’immagine citata, una piccola croce appena sopra il capo del ragazzo rappresentato, mascherato come i due personaggi che lo attorniano. La croce che, in tutto il periodo citato, è stata usata e abusata per giustificare o proteggere le scelte governative di controllo sociale col pretesto della gestione della malattia. Una profanazione che, vista dal lontano/vicino Sahel dove ben altri sono stati i problemi di questo tempo, ha posto la ‘nuda vita’ , per dirla con l’amico Giorgio Agamben, come la nuova religione assoluta. Dov’era dunque la croce quando morivano, sole e abbandonate le persone anziane nelle case di riposo (eterno), nelle chiese sostanzialmente chiuse (neppure in guerra era accaduto) e nel ‘distanziamento sociale’ (con che coraggio leggere il vangelo nel quale il Cristo ‘tocca’ i lebbrosi?). Si tolga almeno la croce dalla moneta…già i venditori nel tempio era stati avvisati a suo tempo… Dovremmo altresì espungere, come ‘sovversivi, i santi che si mettevano sulle spalle i malati, gli appestati o qualcuno come San Damiano de Veuster, diventato a suo volta lebbroso per non rispetto delle distanze sanitarie. Lo stesso accadde coi primi missionari che, sapendo di vivere per pochi mesi, partivano nelle zone dove la malaria o la febbre gialla li avrebbero falcidiati. Ora si muore, tristemente, di vecchiaia…con la croce del cimitero a fare compagnia.

2. La civiltà cattolica

Organo semi ufficiale del Vaticano, perché diretto dai gesuiti sotto immediata obbedienza papale. È con un notevole senso di sconcerto che, scorrendo un articolo sulla ‘vaccinazione’, si leggeva quanto segue (il grassetto è mio);

…papa Francesco manifesta un approccio accogliente e costruttivo nei riguardi della scienza…mostra che il contributo della ricerca scientifica in campo sanitario, che ha consentito di mettere a punto vaccini sicuri, efficaci, con effetti indesiderati minimi e identificabili, testati clinicamente in modo esteso e rigoroso, può essere al servizio della salute quale bene comune e globale…(Andrea Vicini s.j.- La civiltà cattolica, 4115, 2021, 433). 

Una tale leggerezza, cosciente o meno, è da considerare a-scientifica e, in fondo a-morale, al di là del numero limitato di lettori di questa rivista: è il principio, lo stesso, che viene così riconfermato. Alcune considerazione veloci:

– La palese falsità dell’affermazione. Si sapeva o comunque si poteva supporre che i ‘vaccini’ – vista l’origine sospetta di alcune della case farmaceutiche, la manipolazione riconosciuta dei test vaccinali, l’opacità dei contratti con gli Stati – avrebbe comportato problemi per i vaccinati. Così è stato, com’è ampiamente documentato e riconosciuto dalle statistiche ufficiali. Com’è stato riconosciuto dalle stesse ditte farmaceutiche, i test sono stati scelti, ridotti e manipolati ed i risultati più sconcertanti espunti, con cognizione di causa. La ‘civiltà cattolica’ ha così tolto la propria maschera perché quanto scritto, indebitamente, su questo tema potrebbe essere riferito anche ad altri: con quale credibilità.

(Il database delle reazioni avverse ai farmaci dell’Agenzia europea dei medicinali (EMA) sta ora segnalando 45.752 decessi e 4.522.307 reazioni avverse a seguito dei vaccini COVID-19, mentre il sistema di registrazione degli eventi avversi del vaccino degli Stati Uniti (VAERS) sta ora segnalando 29.031 decessi e 1.307.928 reazioni avverse a seguito della vaccinazione COVID- 19.8…La fonte di queste cifre è il sito Data base Italia https://www.databaseitalia.it/).

– La mancanza di discernimento e dunque l’imprudenza in un ambito nel quale vale il famoso motto della medicina: primo non nuocere…Un farmaco in sperimentazione che arriva di botto ad inondare il mercato farmaceutico, uno dei grandi business dell’epoca in chiave di ‘religione sanitaria’, con buona parte di politici e di comitati di gestione della crisi con conflitti di interesse. Sottacendo che fin dall’inizio sono stato trovate e proposte soluzioni alternative alla vaccinazione genica. Le cure domiciliari precoci, l’insistenza sul rafforzamento del sistema immunitario con l’alimentazione, la somministrazione di sostanze naturali e di sintesi, avrebbero permesso di salvare molte vite. Si è preferito, come da copione sceso (divinamente?) dall’alto di impedire ai medici di operare e si è preferito l’isolamento, l’attendismo e il paracetamolo…Aberrazioni a dir poco criminali dal punto di vista etico e scientifico (https://nouveau-monde.ca/balance-avantages-risques-des-injections-anti-covid19-au-28-juin-2022/).

– Connivenza dunque con la ‘doxa’ accettata, trasmessa, propagandata dai media nazionali e internazionali. Questo dovrebbe destare stupore per l’istituzione ecclesiale che si è sempre vantata di ‘essere nel mondo ma non del sistema’. E invece, con inusuale fretta, le ‘istituzioni vaticane’, tramite il capo supremo e le conferenze episcopali, hanno facilitato il lavoro degli organi statali, come se questi ultimi cercassero davvero il bene personale e comune dei cittadini. Detta attitudine, esplicita o implicita, non ha fatto che favorire lo scivolamento verso un totalitarismo medico le cui conseguenze sull’assetto democratico sono estremamente deleterie. Una divisone tra buoni cittadini e cittadini ‘recalcitranti’ si è potuta verificare con maggiore facilità perché prima c’è stata la classificazione papale tra i buoni e fedeli cristiani (vaccinati o vaccinandi) e gli altri, egoisti, superficiali o perlomeno insubordinati all’ordine pubblico ecclesiale (i non vaccinati). L’idea, a questo proposito, di ‘religione civile’ che puntella la religione sanitaria dello stato, non è estranea ma consustanziale al ruolo che è stato affidato, ormai da tempo, alla religione. Si è contribuito a creare cittadini ‘sottomessi’ all’autorità contro i diritti umani più elementari (di riunione, di lavoro, di culto, di movimento…di aria libera e di un volto umano).

3. L’alleanza tra Vaticano e capitalismo inclusivo

«È necessario e urgente un sistema economico giusto, affidabile e in grado di rispondere alle sfide più radicali che l’umanità e il Pianeta si trovano ad affrontare. Vi incoraggio a perseverare lungo il cammino della generosa solidarietà e a lavorare per il ritorno dell’economia e della finanza a un approccio etico… cercando modi per rendere il capitalismo uno strumento più inclusivo…». 

All’inizio di dicembre del 2019, papa Francesco si era rivolto con queste parole ai membri del nuovo “Consiglio per un capitalismo inclusivo con il Vaticano”. Tra i manager che fanno parte del Consiglio, figurano i dirigenti di colossi come Mastercard, Allianz, Merck, CalPERS, Johnson & Johnson, State Street Corporation, Bank of America, Fondazione Rockefeller. Ma sono presenti anche il presidente di un colosso delle fonti fossili come British Petroleum e perfino un membro del consiglio d’amministrazione della compagnia petrolifera saudita Saudi Aramco.

«La vostra presenza qui – ha affermato Bergoglio – è un segno di speranza, perché avete riconosciuto le questioni che il nostro mondo è chiamato ad affrontare e l’imperativo di agire con decisione per costruire un mondo migliore. Vi esprimo la mia gratitudine per il vostro impegno nel promuovere un’economia più giusta e umana». Inoltre, secondo il Financial Times, il Vaticano avrebbe anche «concesso l’uso del proprio nome», ha scritto Valori nel gennaio 2021. 

Sconfessione della teologia popolare o della liberazione. Sappiamo che non si possono servire (o affidarsi a) due padroni, camminare su due strade differenti. Da un lato si  promuovono alleanze coi movimenti popolari, coi poveri, non oggetti ma protagonisti di trasformazione, come si afferma da sempre nella teologia della liberazione e in quella popolare seguita e promessa finora, almeno nei discorsi, da Roma. Eppure, nel contempo, ci si allea col ‘capitalismo inclusivo’, un ossimoro, una contraddizione in temini, come ben si sa da sempre. Il capitalismo è nato senza cuore e non sarà certamente un innesto chirurgico, sia pure col Vaticano, tutto meno che innocente in ambito finanziario, a cambiarne i connotati. Ciò è semplicemente scandaloso e, malgrado le tresche passate con il potere del momento, i concordati con le dittature e gli arrangiamenti coi detentori della ricchezza, non si era mai giunti a tanto. Com’è possibile andare dai poveri in pellegrinaggio, ad esempio tra i campi per profughi o migranti e nel contempo allearsi con coloro che direttamente o meno creano quanto sta accadendo in termini di esclusione sociale e di sfruttamento globale?

Adeguamento al ‘sistema Davos’, nel senso che, in fondo, le politiche vaticane ‘Covid’ sono state finora sostanzialmente funzionali al piano di ‘global reset’ promosso dalla cricca che organizza i famosi vertici dell’élite economico-politica del mondo nella cittadine elvetica. Un piano che tendenzialmente azzera lo spirito umano, l’anima, i desideri più grandi del cuore umano, per appiattirsi su una rivoluzione trans-umanista che punta al controllo totale del mistero della vita, una sorta di reinvenzione della creatura, fatta a immagine e somiglianze delle intelligenze artificiali. Le scelte vaticane del periodo della pandemia e successive, sono funzionali a questo sistema, senza una parola di critica per favorire le lusinghiere sirene del consenso per attrarre investimenti (in Vaticano?). La profezia di un mondo nuovo si identifica con le politiche vaccinali, ideologiche ed economiche che permettono finalmente la luce promessa dopo il buio dei mesi del confinamento. Nulla sarà più come prima, si ripete incessantemente. Si attende il mondo secondo il vangelo di ‘Davos’, fondamentalmente idolatra (Mammona, in termini profetici), perché pone al centro se stesso come unica salvezza.

La svendita di un patrimonio unico antropologico al miglior acquirente è appunto ciò che sembra accadere. La persona, il volto, la relazione, la com-unione di intenti e di destino, tutto ciò è stato, in questo periodo, svenduto. Distanze, isolamento, disinfezioni, conteggio di morti…Il processo si è rivelato fin dall’inizio, per i più attenti osservatori, come l’uso egemonico-patologico della paura che ha di fatto mutilato la civilizzazione e le più elementari nozioni di convivialità. La morte di persone sole e abbandonate ne è stata la metafora forse più emblematica. Com’è stato possibile rinunciare, in poche settimane e con così poca resistenza, ad un patrimonio così ricco e articolato come quello che ha contraddistinto la visione della persona come mistero di comunione e relazione con il proprio destino, legato a quello degli altri. Si è poi contrabbandato il concetto di ‘bene comune’ per l’obbligo vaccinale mentre tutto, nella società, da anni spinge all’individualismo esacerbato e consumista. Appare perlomeno sospetto che dei perfetti egoisti in economia, politica ed etica diventino, senza colpo ferire, paladini del bene comune e dell’abnegazione.

4. Obbligo morale?

Dal momento in cui è stato disponibile il primo dei vaccini contro l’epidemia Covid-19 un coro pressoché unanime si è levato per sostenere l’obbligatorietà della vaccinazione stessa, chi non volesse sottoporsi al trattamento verrebbe emarginato. Le stesse persone che chiedono questo in nome di un bene collettivo però devono sapere che la somministrazione di un farmaco sperimentale contro la volontà del soggetto è inequivocabilmente in contrasto con le norme del Codice di Norimberga redatto per definire la base giuridica della medicina nazista che si andava a condannare nel tribunale. (Enzo Pennetta, gennaio 2021).

E poi di quale obbligo morale si può parlare, visto che è da tempo risaputo che la ‘vaccinazione’ NON ferma la trasmissione del virus; il vaccinato dunque non è un salvatore e il non vaccinato non è un untore. Si leggano in proposito gli approfonditi studi della Commissione medico scientifica indipendente.

La libertà di coscienza. La stessa Unione europea si è affrettata ad adottare, nel giugno scorso, un regolamento (il n. 953/2021, relativo all’EU Digital Covid Certificate), il cui preambolo afferma la necessità di evitare la discriminazione diretta o indiretta dei soggetti che “hanno scelto di non vaccinarsi”. I principi e le norme in parola sono volti a salvaguardare i diritti e le libertà fondamentali dell’uomo nei confronti delle applicazioni della biomedicina… Rilevano, in modo specifico, il principio del primato dell’essere umano sugli interessi della scienza e della società, nonché i principi di precauzione, di beneficenza, di non maleficenza e di equo accesso alle cure mediche.

Nella prospettiva indicata, assume speciale rilevanza il dovere del medico/sperimentatore di rispettare gli obblighi professionali ispirati al rigore, alla prudenza, alla professionalità, all’onestà intellettuale e all’integrità morale non solo nella trasparenza delle decisioni adottate e nell’utilizzo delle migliori conoscenze disponibili, ma anche nella presentazione dei risultati scientifici conseguiti (art. 4 della Convenzione di Oviedo, art. 13 della Dichiarazione universale dell’UNESCO del 1997, art. 18 della Dichiarazione universale dell’UNESCO del 2005).

(Il testo originale del Parere è pubblicato sul sito: www.ecsel.org/cieb, fondato dall’amico Luca Marini, giurista).

La citazione del papa, riportata all’inizio di questa lettera aperta, facente allusione all’obbligo vaccinale

…Il Santo Padre ha più volte sottolineato l’importanza della vaccinazione, ricordando che la cura della salute è “un obbligo morale” ed è importante “proseguire lo sforzo per immunizzare anche i popoli più poveri”…invita ad alcune considerazioni.

La più facile è quella di rilevare che i Paesi più poveri, tra questi il più povero in assoluto nel quale si trova chi scrive, il Niger, è stato solo lievemente sfiorato dalla pandemia. I tentativi di ‘facilitare’ o imporre il vaccino sono sistematicamente caduti nel vuoto. In tutta l’Africa, a parte forse il Sudafrica, il Marocco e l’Algeria colpiti in relativa misura, l’epidemia è stata ben gestita, verrebbe da dire, grazie alla non-vaccinazione! Ma il punto principale è legato, appunto, alla coscienza.

Da un lato, quando conviene, si vogliono persone, cittadini, cristiani, consapevoli e responsabili e dall’altra si ‘obbliga’- pena l’esclusione virtuale e reale dal lavoro, dalla comunità – una parte di coloro che cercano di prendere sul serio la libertà di coscienza. Sembra perlomeno contraddittorio appellarsi al senso critico e alla maturità dei cristiani nei confronti delle ideologie dominanti della società e al contempo ‘imporre’ sotto pena di minaccia una visone unica, accomodante e funzionale al potere del momento in ambito sanitario. Come non rilevare la contraddittorietà del modo di trattare chi, per legittima scelta, ha rifiutato la vaccinazione e si è trovato ai margini della Chiesa. La misericordia e l’attenzione dovuta a chi ha perso il lavoro e, spesso, la reputazione avrebbe dovuto trovare accoglienza e ascolto nelle comunità cristiane.

La censura precoce di altre possibilità terapeutiche si è sviluppata fin dall’inizio e la sola prospettiva vaccinale presa come una garante di uscita dalla crisi dell’epidemia. Come già sottolineato, si sono esclusi tutti i tipi di trattamento di una malattia che in sé non era sconosciuta e di cui esistevano dei protocolli di intervento. Fortunatamente, anche nel momento più forte del totalitarismo del pensiero unico sulla malattia, non sono mai mancate voci ‘furi dal coro’, come ad esempio, in Francia i dottori Laurent Toubiana e Christian Perronne, competenti e stimati (prima delle loro prese di posizioni fuori del coro…).

Uno dei siti alternativi propone un articolo che contesta la narrazione ufficiale sulla gravità della malattia, meno del previsto. Essa tocca prevalentemente una fascia della popolazione, spesso con altre  co-morbosità…

…’La médecine c’est soigner les gens, quant à la science elle consiste principalement en l’observation… Et dans ce domaine, l’observation faite par les praticiens de terrain à travers le monde  a mis en évidence plusieurs associations qui donnent de bons résultats : 

l’association Hydroxychloroquine/Azithromycine/Zinc ou l’association Macrolide/Céphalosporine/Zinc semblent éviter les formes graves à condition d’être prises tôt dans l’infection. Utilisée en Afrique, l’Artemisia annua semble aussi avoir une efficacité contre le covid . Aux stades plus avancés, l’on peut recourir aux corticoïdes comme la dexaméthasone, les anticoagulants pour éviter les phénomènes de thromboses, ou encore l’oxygénothérapie .

( M. Annès Bouria, un des signataires du remarquable Appel adressé par des soignants belges à leur gouvernement). Dal testo originale in francese sul sito Anthropologique, di J.M. Dominique.

Correi dunque di uno stato di cose che ha contribuito a trasformare una relativamente semplice malattia in una pandemia ‘incontrollabile’ con lo scopo, appena larvato, di arrivare ad un certificato vaccinale europeo che permetta di ‘controllare’ ogni cittadino. Le ricadute, non è difficile immaginarlo, potrebbero andare verso una distopia che solo la fantasia degli scrittori di fantascienza, potrebbero lasciar indovinare. Una  pesante responsabilità nei confronti di ciò che, attraverso azioni o omissioni, mette le basi per un mondo (occidentale per ora), sostanzialmente dominato dagli interessi delle grandi ditte farmaceutiche e dei cosiddetti GAFA…

Conclusione

Che tempo fa dall’altra parte del mondo?

Chi scrive ha passato buona parte lontano dai centri di potere, come missionario apprendista in Costa d’Avorio, Argentina, Liberia e, da oltre 11 anni, nel Niger della sabbia. Chi scrive, nel mese di luglio del 1982, è stato salvato da operazioni e cure mediche nell’ospedale pubblico San Martino di Genova e non ha mai disdegnato le vaccinazioni. Chi scrive, oltre quelle dell’infanzia, ha assunto il vaccino contro la febbre gialla e, prima di partire la prima volta per il Niger nel 2011, è stato volontariamente vaccinato contro una delle forme più diffuse della meningite. Non c’è traccia, in chi scrive, di preclusioni nei confronti dei vaccini ma c’è ‘resistenza’ nei confronti di una visione totalitaria della risposta politica alla ‘pandemia’ Covid.

Infatti una cosa è la malattia e altra sono le politiche di uso della malattia per controllare, modificare e preparare un mondo diverso e funzionale all’egemonia di una élite che, per usare una metafora evangelica, sotto l’apparenza di ‘agnelli’ benefattori illuminati dell’umanità, mostra lupi feroci. Peccato che alcune istituzioni vaticane, e non delle minori, abbiano accettato di collaborare con loro. Molti altri, pagando di persona e discriminati all’interno della stessa Chiesa e nella società come cittadini, hanno scelto di r-esistere.

                                      Niamey, luglio 2022

P.S. - In tutti questi anni lo stato italiano mi ha ignorato. Per rinnovare il passaporto scaduto e con un’ambasciata a Niamey, con tanto di militari, di controllo di frontiere e migranti, sono dovuto andare fino ad Abidjan, in Costa d’Avorio…

Da casa mi si comunica che c’è in atto un procedimento amministrativo che comporterebbe una penalità di 100 euro per non compimento vaccinale. Mi è stata chiesta copia della carta d’identità e del codice fiscale. … Ecco il benvenuto in patria dopo tre anni di assenza…

https://www.lepoint.fr/societe/vatican-le-plus-petit-etat-au-monde-dirige-par-le-dernier-monarque-absolu-13-03-2013-1639682_23.php

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e su: 

https://comune-info.net/dissociazioni-vaticane/