Vittime, vittimismi e vittimizzazioni: appunti dal Sahel
La lista sarebbe lunga e indefinita perché entità e identità delle vittime sono in costante processo di ridefinizione e aggiornamento. Si può operare classificando secondo l’importanza, l’urgenza, l’intensità, le modalità e l’opportunità. Ci sono le vittime designate dalla storia, quelle di circostanza, quelle che contano e quelle che passano, per convenzione, inosservate. Oggigiorno si parla assai di cartografie o di sistemi più sofisticati per interagire, reperire, evidenziare o far scomparire le vittime designate. Lai lista dei prescelti, appare e si nasconde a seconda della geografia politica, economica e quella dello spettacolo.
Il dizionario definisce come vittima un essere umano o animale che, nei riti di alcune religioni, viene consacrata alla divinità e ucciso nel sacrificio. In seconda battuta è chi perde la vita in una sciagura o calamità tipo terremoto, incendio, droga, sulla strada e al lavoro. Oppure, senza includere l’idea della morte, la vittima è, a proposito di chi sia, senza sua colpa, danneggiato da persone o circostanze. Infine, si può trattare di chi si assoggetta alla volontà altrui perché succube e incapace di reagire. Il panorama ‘vittimario’ appare così ampio da includere, ad un momento o l’altro, buona parte dell’umanità.
I nascituri, le madri lasciate al loro destino, le donne violentate, i padri senza autorità, i bambini oggetto di compravendita, gli adolescenti arruolati nelle guerre, i migranti in viaggio, i rifugiati non protetti, gli sfollati non accolti, i carcerati disumanizzati, i malati abbandonati, i perseguitati per motivi politici o religiosi, coloro a chi sono stati sottratti i mezzi per vivere, i disoccupati forzati e le persone rapite. Questi e molti altri sono vittime ufficiali, riconosciute, dimenticate o semplicemente rimosse dalla lista. C’è chi giustifica la sua vita prendendosi cura di loro e chi, grazie a loro, si arricchisce o diventa qualcuno di importante.
In un modo o nell’altro, a seconda delle stagioni della vita e le peripezie della storia, quasi tutti gli abitanti del pianeta sono vittime oppure prezioso e amaro oggetto di vittimizzazione per finire nel vittimismo. Persino da noi, nel Niger dopo il colpo di stato, dichiariamo di essere vittime delle sanzioni economiche, finanziarie e frontaliere. Altri ricordano di essere state vittime del colonialismo e la quasi totalità, di essere vittime sacrificali del sistema capitalista. Persino Dio, col suo particolare statuto, potrebbe sostenere di essere annoverato come indiretta vittima degli umani che, in un momento di debolezza, ha creato.
Non si uscirà da questo circolo vizioso o dalla farsa di questo ambito se si omette di riconoscere che le prime e autentiche vittime della storia sono la dimenticanza, la parola e la verità. La dimenticanza è all’origine di tutto quanto costituisce l’arsenale simbolico che genera le vittime. Obliare la silenziosa e fragile origine dell’umano che ci accomuna dal primo vagito, significa diventare prede della violenza mortale in seguito. La parola, lo sappiamo, è la prima vittima di tutto ciò che racconta e manipola la realtà a seconda degli interessi dell’ideologia che ci comanda. Infine, la verità, che si trasfigura nei volti delle vittime, ha scelto, in mancanza di meglio, di continuare il suo esilio in cerca di amici sinceri.
Mauro Armanino, Niamey, 3 dicembre 2023
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