POETANDO

In questo blog raccolgo tutti gli scritti, poetici e in prosa, disegni e dipinti di mia ideazione. Recensioni stilate da me e da altri autori. Editoriali vari. Pubblico poesie, racconti e dialoghi di vari autori.Vi si possono trovare gallerie d'arte, fotografie, e quant'altro l'estro del momento mi suggerisce di pubblicare. Sulla banda destra della home page, appaiono i miei e-book poetici ed altre sillogi di alcuni autori. Così come le riviste online de L'Approdo e de La Barba di Diogene, tutto si può sfogliare, è sufficiente cliccare sulla copertina. Aggiungo che , sempre nella barra a destra della home page ci sono mie video poesie, con sottofondo musicale. E' sufficiente cliccare sull'immagine per ascoltare testo e musica, direttamente da YouTube. Tutte realizzate dalla eclettica Anna Montella., Ci sono poi i miei libri scritti nel corso di circa 10 anni. Buona lettura e buon ascolto!

sabato, novembre 30

MILLE ANNI PER L’ “AVE MARIA” Terza conferenza per l'Avvento di Padre Claudio TRUZZI OCD «IL SIGNORE È CON TE»

Annunciazione del Beato Angelico

MILLE ANNI PER L’ “AVE MARIA”

Terza conferenza

«IL SIGNORE È CON TE»

Talvolta ci troviamo soli!

E alla solitudine non desiderata seguono l’insicurezza, la paura, l’angustia e persino la pazzia. 

«Senza la grazia che incanta – cantava il poeta – la solitudine dell’eremita spaventa. Più spaventosa ancora, però, è la solitudine di due in compagnia». Perché non c’è nulla di terribile come la solitudine del cuore. Niente. Nessuna tanto drammatica; nessuna tanto nefasta.

Se da una simile solitudine passiamo alla vicinanza con la persona amata, allora tutti i soli brillano all’aurora. Sentendoci in compagnia, acquistiamo in sicurezza, in gioia, in pace …

Per un credente non c’è nessuna compagnia tanto gratificante e totalizzante quanto quella del suo Dio. Nulla di strano, quindi, che l’angelo del Signore s’affrettasse a cancellare il turbamento di Maria con le parole che ora commentiamo: «Il Signore è con te!». Dio era già con lei; lo era da sempre, come abbiamo appena visto, nel contemplarla “piena di grazia”. L’angelo, però, ricorda ed evidenzia simile compagnia. 

Per una breve riflessione opportuno sarà soffermaci su tale vicinanza.

Di fatto, Dio è con noi?

Sembra che in alcuni momenti anche i più grandi credenti l’abbiano sentito lontano, Dio. «Dal profondo a te grido, Signore. Signore, ascolta la mia voce!», supplica il salmista. Molto più prossimo ci risuona il grido addolorato del buon fra Giovanni della Croce: 

«Dove ti sei nascosto, Amato, e mi hai lasciato gemente. 

Uscii dietro a te, e te ne eri andato!». 

Da ogni parte, infine, ci avvolgono rumori, lamenti e proteste sul silenzio di Dio e persino sulla morte di Dio.

Nonostante tutto, nonostante le traversie del deserto e di tutte le notti oscure che l’uomo di fede deve affrontare, Dio, però, è sempre molto vicino a chi lo supplica, a chi l’invoca sinceramente. 

A quel popolo della Bibbia – nostro predecessore –, che si autodefinì come “gruppo in cerca del suo Signore”, Dio lo ricordò ripetutamente: «Non temete nulla …, perché sono con voi per salvarvi e liberarvi dalla sua mano», (Geremia 42, 11), riferendosi a un reucolo di quel tempo. 

«Io sto con voi» – ricorda Jahvè al suo popolo per bocca del profeta Aggeo (1, 13). 

«Ecco, io starò con voi fino alla fine dei secoli» – conforta i suoi e li rassicura Gesù, nel momento in cui tutto odorava di commiato (Mt 28, 20).

Nell’Annunciazione, la presenza del Signore si rende definitiva. 

Il Signore Dio, più che “stare vicino”, più che “stare con”, si “fonde” con Maria nella seconda Persona della Santissima Trinità, il Verbo. Egli diventa corne della sua carne e sangue del suo sangue nel più stupendo anticipo di quelle parole che un giorno avremmo udito: «Se qualcuno mi ama, osserverà le mie parole, e mio Padre l’amerà e verremo a lui e in lui porremo la nostra dimora».

Non si può leggere la relazione dell’Annunciazione senza riconoscere la presenza di questi altri personaggi, di cui l’angelo era semplice ambasciatore: Dio Padre, Dio Figlio, Dio Spirito Santo. Non si confondono: ognuno gioca il proprio ruolo. 

– Il Padre ha inviato il suo angelo. 

– Lo Spirito copre Maria con la sua ombra (ogni domenica ripetiamo nel Credo che Gesù fu concepito per opera e grazia dello Spirito Santo e nacque da Maria Vergine).

– Il Figlio è colui che da quel momento, diviene tale tanto del Padre come di questa giovane ragazza che dialoga con l’angelo. Evidente: il Signore è con lei e in lei!

Simile affermazione non è stata mai tanto vera quanto nel momento in cui contempliamo Maria convertita in figlia del Padre, in madre del Figlio e in sposa dello Spirito Santo.

A Nazareth, tutte le promesse di vicinanza e di presenza divina si convertono in gioiosa realtà: 

«Concepirai e darai alla luce un figlio, cui porrai il nome di Gesù.  Egli sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo, e il Signore Dio gli darà il trono di Davide, suo padre; regnerà sulla casa di Giacobbe per i secoli e il suo regno non avrà fine». (Lc 1, 31ss.)

Tutto ciò accadde a Nazareth “in quel tempo”. E sempre “in quel tempo”, Gesù insegnò ai suoi – e a noi – che la vita intima di Dio, quella del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, sarà, d’ora in poi, aperta a quanti eseguono ed  “incarnano”– ne fanno vita – la sua Parola. (Rileggiamo Giovanni, 14, 23).

Non ci augura frequentemente il sacerdote in ogni nostra Eucarestia: «Il Signore sia voi!»? Ebbene, quest'augurio e desiderio – realizzato già nel seno di Maria – oltre che esser eco delle parole dell’angelo, deve essere da parte nostra impegno di disponibilità ed apertura alla grazia.

Ascoltiamo s. Teresa d’Avila:

“Possiamo considerare la nostra anima come un castello fatto di un sol diamante o di un tersissimo cristallo, nel quale vi siano molte mansioni, come molte ve ne sono in cielo. 

Se ci pensiamo bene, che cos’è l’anima del giusto, se non un paradiso, dove il Signore dice di prendere le sue delizie? Ed allora, come sarà la stanza in cui si diletta un Re così potente, così saggio, così puro, così pieno di ricchezze? No, non vi è nulla che possa paragonarsi alla grande bellezza di un’anima e alla sua immensa capacità!

… Che confusione e pietà non poter, per colpa nostra, intendere noi stessi e conoscere chi siamo. Non sarebbe grande ignoranza se uno, interrogato chi fosse, non sapesse rispondere, né dare indicazioni di suo padre, di sua madre, né del suo paese di origine? …

Se questo è indizio di grand'ottusità, assai più grande è senza dubbio la nostra, se non procuriamo di sapere chi siamo, per fermarci solo ai nostri corpi. Sì, sappiamo di avere un’anima, perché l’abbiamo sentito e perché l'insegna la fede, ma così all’ingrosso. Ben poche volte pensiamo alle ricchezze che sono in essa, alla sua grande eccellenza ed a Colui che vi in-abita. E ciò spiega la nostra gran negligenza nel procurare di conservarne la bellezza. Le nostre preoccupazioni si fermano tutte alla rozzezza del castone, alle mura del castello, ossia a questi nostri corpi”.  (S. Teresa di Gesù, Mansioni I, 1, 1-2)

4 – “BEATA FRA LE DONNE”

Ora è la volta di Elisabetta, e nel suo saluto concorda con l’arcangelo. Combaciano i due nel vedere Maria come la più bella delle creature e la più amata da Dio. 

Si corrispondono, anche se uno la vede come “angelo”, l’altra come “donna”.

In questa duplice benedizione a Maria appare il movimento d’ogni benedizione: 

– la prima una direzione discendente, che parte da Dio e che culmina nella Vergine; l

– l’altra, in moto ascendente. Questa, da che mondo è mondo, parte dall’uomo e dalle altre creature e che oggi vediamo concretata in Elisabetta. Nella ricchezza di tale benedizione ascendente – dell’uomo verso Dio – è dove confluisce quella che sgorga dalle nostre labbra verso Lei. 

– Quella che “dice bene” di lei (giacché proprio questo significa “benedire”). 

– Quella che lei stessa profetizzò, quando assicurò che le generazioni l’avrebbero chiamata “beata”.

– Quella che consiste nell’esprimerle “il nostro bene”, cioè, il nostro amore di figli.

Una benedizione da figli, certo; ma pure da uomini. Benediciamo Maria come la più «benedetta fra le donne», come s’espresse l’angelo. Chiaro che da sempre – anche prima che Maria nascesse a Nazareth – tutte le donne sono state in qualche modo “benedette”.

Segnate con quella particolare benedizione, sia fisiologica che biblica, che è la maternità, tutte le donne sono in qualche modo guardate con benevolenza da Dio; anche coloro in cui la maternità è soltanto potenziale e non realizzata. Quel liquido, dentro cui tutti siamo stati protetti per lunghi mesi, quello che sgorga dal loro seno, sono come una misteriosa acqua benedetta, come un'epifania di tutte le posteriori benedizioni.                                              

Gabriele, però, le annuncia che, tra tutte le “benedette”, lei è “la Benedetta”, perché in lei la donna raggiunge la maggior grandezza. Ella è la quintessenza della femminilità, di quella porzione che molti considerano come un grado misteriosamente superiore d’umanità. Cosicché, tra tutte le donne, Maria è il culmine, la sintesi di tutta quella particolare benedizione con cui Dio le benedice.

Di là d’ogni sogno letterario o esegetico, si potrà parlare di una certa predilezione di Dio per la donna? Senz’addentrarci in disquisizioni teologiche, ci sono ragioni per propendere verso il sì. 

Ricordiamo, fra altri, quel misterioso personaggio femminile che, al primo albeggiare del mondo, là nel Genesi, schiaccia col piede la testa del serpente. E quell’altro in cui Dio, alla vista della malvagità delle creature, arriva a pentirsi d’aver creato l’uomo; e la sua collera contro lo Spirito del Male, quando il Creatore sembra legarsi a lei in un'enigmatica alleanza: «Porrò inimicizia tra te e la donna …».

Una volta che Maria appare nella storia, come non capire che la vera opposizione al Maligno proviene da Maria e si trova in Maria? E in lei, tutte le donne possono essere contemplate idealmente come l’antagonismo del Male. «Senza la donna – afferma Leonardo Boff – saremmo meno vicini a Dio; lei è l’insostituibile cammino verso di Lui».

Lo sapevamo. Ora, però, esplicitiamo il motivo per cui Maria è “benedetta fra tutte le donne”. Perché...

–  ella “è immacolata” fin dal primo istante della concezione,

–  rimase vergine nel parto e dopo il parto,

al termine della vita terrena fu “assunta” in corpo ed anima al cielo,

– e generazioni e generazioni la considerano madre e dispensatrice di tutte le grazie …?

Sempre, la radice è la medesima: 

il frutto del suo ventre, Gesù.

°° Che risonanze acquista in tale contesto il termine “ventre-seno”! 

Come dissipa tanta ipocrisia con cui durante secoli abbiamo avvolto le meraviglie della procreazione! Con tali parole si esprime e cantiamo la gestazione del Verbo infinito di Dio nelle viscere di Maria: 

– Segreto, laborioso processo, come quello che avviene in tutte le madri al nascere di tutti i loro figli.

– Mistero di profondità e d'interiorità che esprime la fusione di Maria con l’embrione divino.

Nel contempo, giacché Maria è vergine – perché non ha concepito secondo le leggi della natura; giacché questo frutto è sbocciato per opera e grazia dello Spirito Santo...–, il figlio che sta per nascere è “anche” figlio di Dio! Anche! Perché, se è un dato inconfutabile che Maria è madre di quell’uomo, nessuno le toglierà la gloria di essere la “Dei genitrix”, la genitrice di Dio, la Madre di Dio.

*  Fu concepito Cristo; però in Maria.

*  Nacque Cristo; però da Maria.

*  È adorato dai pastori e dai magi; sempre nelle braccia di Maria.

*  Gli s’impone il nome di Gesù, perché dall’angelo lo ricevette Maria.

*  È presentato al tempio, da Maria.

*  Fugge in Egitto e ritorna a casa, portato da Maria.

*  Lo ritrova nel tempio fra i dottori, Maria.

*  Passa trent’anni, nascosto nella casa di Nazareth, al lato di Maria.

*  Compie il primo miracolo a Cana di Galilea, su richiesta di Maria.

*  Pende dal legno della Croce, ai cui piedi, eretta, sta Maria.

*  Già morto e risuscitato e salito al cielo, si rende presente in mezzo ai suoi, riuniti intorno a Maria.

Non ostiniamoci. Sono inseparabili.  Sono due cuori in un unico corpo! 

 E grazie a quest'identità, Maria sarà sempre il nostro miglior luogo di appuntamento per un incontro con Gesù. Mai gli uomini avrebbero potuto immaginare che uno di loro – un figlio nato da una donna – avrebbe potuto essere, contemporaneamente, Dio. 

Ugualmente noi uomini non avremmo potuto mai immaginare che una semplice donna – nata come tutte le donne – col partorire Lui, sarebbe diventata allo stesso tempo “madre nostra”.

Se il Gesù-Dio è il “frutto del suo ventre”, giacché formiamo un medesimo corpo mistico, il cui capo è Lui, allora, la sua maternità spirituale verso di noi è irrefutabile! Allora, tutto cambia. Meglio ancora: ora si completa il panorama di questa preghiera che chiamiamo “Ave Maria”.

                                La lode a Maria di Dante

VERGINE MADRE…

«Vergine madre, figlia del tuo figlio,

umile e alta più che creatura,

termine fisso d’eterno consiglio,

tu se’ colei che l’umana natura

nobilitaste sì, che ‘l suo fattore

non disdegnò di farsi sua fattura.

Nel ventre tuo si riaccese l’amore

per lo cui caldo ne l’eterna pace

così è germinato questo fiore.

Qui se’ a noi meridïana face

di caritate, e giuso, intra i mortali,

se’ di speranza fontana vivace.

Donna, se’ tanto grande e tu non vali,

che qual vuol grazia ed a te non ricorre,

sua disïanza vuol volar sanz’ali.

La tua benignità non pur soccorre

a chi domanda, ma molte fïate

liberamente al dimandar precorre.

In te misericordia, in te pietate,

in te magnificenza, in te s’aduna

quantunque in creatura è di bontate».

Dante Alighieri – Paradiso – canto 33

•••

Un “difetto” nella DONNA

Quando Dio creò la donna, era già al suo sesto giorno di lavoro facendo pure gli straordinari. 

Apparve un Angelo e gli chiese: «Come mai ci metti tanto tempo con questa?».

E il Signore rispose: «Hai visto il mio Progetto per lei?». Ella

– Dev’essere completamente lavabile, però non deve essere di plastica; 

– avere più di 200 parti movibili, tutte sostituibili

– ed essere capace di funzionare con una dieta di qualsiasi cosa avanzi; 

– avere un grembo che possa accogliere quattro bimbi contemporaneamente;

– avere un bacio che possa curare da un ginocchio sbucciato ad un cuore spezzato, … 

… e lo farà tutto con solamente due mani.

L’Angelo si meravigliò dei requisiti. 

«Solamente due mani...? Impossibile! E questo è solamente il modello di base? È troppo lavoro per un giorno... Aspetta fino a domani per terminarla...». 

«Non lo farò» – protestò il Signore. «Sono tanto vicino a terminare questa creazione che ci sto mettendo tutto il mio cuore. Ella si cura da sola quand’è ammalata, e può lavorare 18 ore al giorno...».

L’Angelo s’avvicinò di più e toccò la donna. «Però, l'hai fatta così delicata, Signore!».

«É delicata» – ribatté Dio –. «Però l'ho fatta anche robusta. Non hai idea di ciò che è capace di sopportare od ottenere».

"Sarà capace di pensare?" -– chiese perplesso l'Angelo.

Dio rispose: "Non solo sarà capace di pensare, ma pure di ragionare e di trattare".

L’Angelo allora notò qualcosa, ed allungando la mano toccò la guancia della donna...: «Signore, pare che questo modello abbia una perdita...».

«T’avevo detto che stavo cercando di mettere in lei moltissime cose. Non c'è nessuna perdita...: è una lacrima» – lo corresse il Signore.

«A cosa serve la lacrima?» – chiese l'Angelo.

E Dio disse: «Le lacrime sono il suo modo d’esprimere la sua gioia, la sua pena, il suo disinganno, il suo amore, la sua solitudine, la sua sofferenza e il suo orgoglio".

Ciò impressionò molto l'Angelo. «Sei un genio, Signore: hai pensato a tutto. 

La donna è veramente meravigliosa».

«Lo è! – rispose il Creatore. 

Le donne hanno delle energie che meravigliano gli uomini.

Affrontano difficoltà, reggono gravi pesi, però hanno felicità, amore, gioia.

Sorridono quando vorrebbero gridare, cantano quando vorrebbero piangere, 

piangono quando sono felici e ridono quando sono nervose.

Lottano per ciò in cui credono. Si ribellano all'ingiustizia.

Non accettano un “no” per risposta, quando credono che ci sia una soluzione migliore. 

Si privano per mantenere in piedi la famiglia.

Vanno dal medico con un'amica timorosa. 

Amano incondizionatamente.

Piangono quando i loro figli hanno successo e si rallegrano per le fortune dei loro amici. 

Sono felici quando sentono parlare d’un battesimo o d’un matrimonio.

Il loro cuore si spezza, quando muore un’amica. 

Soffrono per la perdita di una persona cara. 

Senza dubbio, sono forti proprio quando pensano di non avere più energie.

Sanno che un bacio ed un abbraccio possono aiutare a curare un cuore spezzato. 

Non ci sono dubbi, 

nella donna c'è un “difetto”: 

ed è che 

si dimentica di quanto lei valga!

domenica, novembre 24

MILLE ANNI PER L' "AVE MARIA" 2° CONFERENZA D'AVVENTO DI PADRE CLAUDIO TRUZZI OCD


MILLE ANNI PER L’ “AVE MARIA”

** Il Santo Padre, Giovanni Paolo II, aveva affidato il Giubileo a Maria, 
«Un atto dovuto a Maria … non potrebbe essere una meditazione tranquilla sulla sua grandezza e bontà, rivitalizzando la preghiera che più spesso le rivolgiamo, l’“Ave Maria”?
Sicuramente dall’infanzia siamo cresciuti recitando “avemarie”. Può darsi che da allora l’abbiamo recitata migliaia di volte, questa semplice preghiera, una delle prime mandate a memoria. 
Perché non provare a recitarla, a meditarla, come se fosse la prima volta che lo facciamo, liberandola, cioè, da ogni peso di possibili abitudini meccaniche e monotonie, con cui talvolta la circondiamo?
Proprio così. Può darsi che l’ “Ave Maria”, 
– produca in alcuni l’eco di preghiere stanche e sonnolenti; 
– o suggerisca mormorii e bisbigli di vecchiette, più o meno devote;
– o ci trasporti a quei rosari parrocchiali detti da “avemarie mordi-la-coda”, perché sembra che stia lottando un gruppo con l’altro per iniziare la propria parte prima che l’altro abbia terminato la sua...
Tuttavia, né questo modo di pregare, apparentemente meccanico, è tanto negativo; né l’ “Ave Maria” può ridursi ad un pregare meccanico. 
– Primo, perché dietro quest’apparente automatismo labiale con cui si sgranano milioni di “avemarie”, non cessa d’esserci virtù: l’inestimabile virtù d’essere giunti a convertire la propria preghiera in qualcosa tanto spontaneo  – e per ciò stesso, meccanico – come la propria respirazione. 
– E sosteniamo il secondo, giacché, in verità, l’ “Ave Maria” è un tesoro che non possiamo camuffare nel biascicare di parole pronunciate a cascata. ...
L’ “Ave Maria” è una vera perla composta da verità rivelate e definizioni dogmatiche. In essa, una sola parola equivale a un piccolo inno; e termina con una supplica che è come un gemito sgorgante dal profondo della tragedia umana – fatta di peccato e di morte – e che poi si scioglie in un’attitudine di speranza e d’abbandono.
Nell’ “Ave Maria” si compie per intero il ciclo della maternità mariana. Riconosciamo Maria 
– come la madre che ci diede la vita; 
– come madre che veglia sulla nostra esistenza; 
– come madre, il cui influsso trascende la nostra piccola storia 
– come madre da cui dipende la nostra nascita alla luce, alla vita che non ha fine.
°   Di questa preghiera si sono date infinite definizioni. Da parte nostra consideriamola come il grido della coscienza collettiva del Popolo di Dio, che converte in lode e supplica il nucleo del messaggio rivelato»
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Quindi per questo prepariamoci a pregare insieme e con calma queste quarantuno parole, così, come se avessimo appena scoperto questa commovente formula di amore filiale. 
E contempliamo, passaggio per passaggio, col medesimo stupore di chi va scoprendo, una dopo l’altra, le diverse meraviglie dietro ogni angolo del cammino.
AVE!
Fra conoscenti è sempre stato normale salutarsi, per quanto fugace fosse stato l’incontro. 
Per questo pure Maria avrà salutato moltissime volte; e, a suo turno, sarà stata salutata da molti, sempre che, per esempio, s’incrociasse con qualche conoscente sulla strada. In un villaggio come Nazareth, tanto piccolo che neppure le meticolose mappe dei romani lo segnavano, tutti conoscevano la giovane Maria; tutti l’avrebbero salutata incontrandola, mentre andava alla fonte o con il gregge o in giro per qualche commissione. Tutti l’avranno stimata una ragazza buona, amabile e, sicuramente, tutti le avranno ricolto un saluto.
“La pace sia con te!” era il saluto più abituale di allora. Ebbene, anche oggi gli ebrei continuano a salutarsi con la medesima espressione, “Shalom!”. Finché un bel giorno... «Dio inviò l’arcangelo Gabriele in una città della Galilea chiamata Nazaret, ad una vergine, sposa di un uomo di nome Giuseppe della casa di Davide: il nome della vergine era Maria. Entrò da lei e le disse:“Salve, piena di grazia, il Signore è con te”!» (Lc 1, 6 ss.). 
Naturalmente questo saluto era molto più pregnante e sublime di quegli altri che accennavamo.
Fermiamoci un attimo ad approfondirne il significato e la ricchezza..
Il primo termine che l’angelo rivolge a Maria è la parola “Ave”. In italiano essa significa semplicemente “Io ti saluto”, “Dio ti salvi”. Equivale, né più né meno, al nostro “buon giorno!”. 
“Ave”, tuttavia, è un termine latino e l’arcangelo Gabriele certamente non si rivolse a Maria in latino, ma nel suo dialetto aramaico. Gabriele avrà usato la parola “Rannì”. Luca, però, non scrive il suo vangelo in latino o in aramaico, ma in lingua greca; e traduce “rannì” con “kairè”.
Perché tanta spiegazione d'idiomi? Per sondare nel vero significato di simile saluto, per scoprirne tutto un invito alla gioia. In effetti, quest'espressione greca significa: "Rallegrati!". Ed ogni volta che la dirigiamo a Maria, dovremmo farlo in questa chiave e con tale disposizione d’animo. Quando ripetiamo:
– «Rallegrati, Maria!», col profeta Gioele esclamiamo: «Alza grida di gioia, figlia di Sion. Rallegrati …, figlia di Gerusalemme. Non temere, perché Dio è con te!».
– «Rallegrati, Maria!», con le medesime parole dell’Angelo manifestiamo la ragione di tale gioia: «Tu concepirai e darai alla luce un figlio, che si chiamerà Figlio dell’Altissimo».
– «Rallegrati, Maria!» ti ripetiamo con il sacro autore, perché «tu sei la gloria di Gerusalemme, tu la gioia di Israele, tu l’orgoglio del nostro popolo».
È interessante sottolineare come la gioia suscitata in Maria da tale saluto non poté esaurirsi a quel momento; né possiamo ridurla a un puro ricordo di qualcosa che passò. Al contrario. Dobbiamo essere convinti che noi stessi possiamo riprodurlo nel suo cuore ogni qualvolta le ripetiamo con amore tali parole.
Dopo l’esperienza della sua Annunciazione, Maria sarà continuamente salutata in mille ed una occasione dal popolo cristiano. E Maria capterebbe tutte le sfumature, come anche noi differenziamo i saluti a seconda di chi ce li rivolge e secondo le espressioni e i toni. E se questo è vero, che emozione per lei quando i suoi figli la salutano con le stesse parole che quell’arcangelo usò in quell’occasione. La gioia e trepidazione che sperimenta ogni volta che le ripetiamo: «Ave, Maria!».

sabato, novembre 23

IL PAESE INVISIBILE OSSIA I CONTADINI SCACCIATI DAI LORO VILLAGGI di Padre MAURO ARMANINO



Il Paese invisibile ossia i contadini scacciati dai loro villaggi

Tutto è a rischio di ‘banalizzazione’. La banalità del male e della violenza è una realtà quotidiana del nostro paesaggio rurale. Non più tardi della settimana scorsa è stato il turno del villaggio di Golidjo Koara, non lontano dalla prefettura di Torodi, ad appena 50 kilometri dalla capitale Niamey. I circa 350 /400 abitanti del villaggio hanno ricevuto l’ordine perentorio di partire. Lo ‘stile’ dei gruppi armati si riproduce ormai da tempo nella zona detta delle ‘Tre Frontiere’ (Burkina Faso, Mali e Niger). Pagare una tassa, convertirsi alla regione islamica come interpretata dalle armi, oppure partire abbandonando tutto sul posto. Il momento scelto, non casuale, sarà quello dei granai ben riempiti di miglio. Chi paga o si ‘converte’ affianca dunque gli abitanti di etnia ‘Peul’ che sono residenti stabili.
Tutto ciò dura da anni. L’abitudine alle notizie di ulteriori sfollati non interessa la cronaca e i motivi sono diversi. Si tratta di semplici contadini e dunque di ‘invisibili’ la cui eventuale sparizione non scalfisce nulla e nessuno se non le eventuali statistiche aggiornate. Sono senza importanza politica e i loro figli, spesso estromessi dal circuito scolastico, non faranno mai parte della nuova élite militare-politica che governerà il Paese, un giorno. Poi parlarne troppo potrebbe mettere in discussione la narrazione ufficiale che continua ad affermare la ‘crescita in potenza’ delle forze armate e più in generale la promessa di rendere più sicuro il Paese. Fu una delle ragioni addotte per il golpe.
Nel frattempo, si assiste a manifestazioni di appoggio all’attuale regime militare da parte della quasi totalità della società civile, sindacati di associazioni degli studenti e delle scuole primarie compresi. Non mancano, in mancanza di meglio, le tavole rotonde, i dibattiti sul neo-imperialismo che, secondo gli organizzatori di tali dibattiti, si trova in mortale difficoltà nei Paesi dell’AES, l’Alleanza degli Stati del Sahel). L’altro motivo per l’invisibilizzazione dei contadini risiede nella preoccupazione, più o meno fondata (e la storia lo dirà), degli attacchi e tentativi di destabilizzazione del Nemico, naturalmente occidentale. Proteggere il regime o i contadini che contribuiscono a nutrire il Paese, di economia agricola, è un dilemma facilmente risolvibile, soprattutto coi i russi e i turchi ormai implicati.
Se Italo Calvino descriveva le ‘Città invisibili’ con l’occhio dell’esploratore e dello scrittore da noi si tratta di un Paese ‘invisibile’, costituito da rifugiati, migranti, sfollati, poveri e, in genere, ‘inutili’ al sistema. Nella nuova Costituzione, ancora in cantiere, si suggerisce di rifondare la Repubblica su nuove basi che non siano quelle della democrazia classica di matrice occidentale. In questa parte del globo essa sembra destinata al macero e si preferisce siano i militari a dettarne le regole e le applicazioni. Tra i suggerimenti che saranno difficilmente presi in considerazione si potrebbe ipotizzare un preambolo innovativo. Una Costituzione che assicurerà un ruolo di eccellenza, riconosciuto e non negoziabile al ‘Paese Invisibile’. Le persone sopra menzionate uscirebbero, per sempre, dall’invisibilità tramite la casa, il lavoro, la scuola e soprattutto la parola.  Ampie garanzie di priorità sarebbero assicurate ai bambini che impareranno di nuovo a giocare con la pace. 


              Mauro Armanino, Niamey, novembre 2024

domenica, novembre 17

1 ORIENTAMENTI PER IL CULTO DELLA VERGINE - conferenze per l'Avvento di Padre CLAUDIO TRUZZI OCD

 


– 1 –
"ORIENTAMENTI PER IL CULTO DELLA VERGINE"
Maria occupa un posto fondamentale nel Cristianesimo, sia riguardo a Dio che nel suo rapporto con i fedeli. La devozione verso di Lei ha seguito lo scandire dei secoli. Il Concilio ha riproposto la Sua figura ed il culto verso Maria nel modo dovuto. Sembra strano, ma ancora ai nostri giorni talvolta si manifesta in forme ed atteggiamenti non sempre adeguati e sani. 
Papa Paolo VI nella Esortazione Apostolica "Culto Mariano" (Marialis cultus), ci offre alcuni orienta-menti di base per il culto a Maria, che renderanno la nostra devozione a Maria, sana, vera, "mariana". 
Il culto a Maria oggi
«La devozione verso la Vergine Maria – scrive il Papa – (...) è elemento qualificante della genuina pietà della Chiesa. Per intima necessità, infatti, essa rispecchia nella prassi cultuale il piano redentivo di Dio, per cui, al posto singolare che in esso ha avuto Maria, corrisponde un culto singolare per lei; come pure, ad ogni sviluppo autentico del culto cristiano consegue necessariamente un corretto incremento della venerazione alla Madre di Dio...
Nel nostro tempo, i mutamenti prodottisi nel costume sociale, nella sensibilità dei popoli, nei modi di espressione della letteratura e delle arti, nelle forme di comunicazione sociale, hanno influito anche sulle manifestazioni del sentimento religioso. Certe pratiche cultuali – che un tempo non lontano apparivano atte ad esprimere il sentimento religioso dei singoli e delle comunità cristiane – sembrano oggi insufficienti o inadatte, perché legate a schemi socio-culturali del passato, mentre da più parti si cercano nuove forme espressive dell'immutabile rapporto delle creature con il loro Creatore, dei figli con il loro Padre.
Ciò può produrre in alcuni un momentaneo disorientamento...». 
Tre orientamenti per il culto della Vergine
* Biblico – «La necessità di un'impronta biblica in ogni forma di culto è oggi avvertita come un postulato generale della pietà cristiana. ... Il culto alla Vergine non può essere sottratto a questo indirizzo generale della pietà cristiana, anzi ad esso si deve ispirare per acquistare nuovo vigore e sicuro giovamento. La Bibbia, proponendo in modo mirabile il disegno di Dio per la salvezza degli uomini, è tutta impregnata del mistero del Salvatore e contiene anche, dalla Genesi all'Apocalisse, non indubbi riferimenti a colei che del Salvatore fu madre e cooperatrice. (...)
L'impronta biblica esige, soprattutto, che il culto della Vergine sia permeato dei grandi temi del messaggio cristiano, affinché, mentre i fedeli venerano colei che è "sede della Sapienza", siano essi stessi illuminati dalla luce della divina Parola ed indotti ad agire secondo i dettami della Sapienza incarnata».
* Liturgico – «... La norma della costituzione Sacrosanctum Concilium (La sacra liturgia), mentre racco-manda vivamente i pii esercizi del popolo cristiano, aggiunge: “Bisogna però che tali esercizi, (...), siano ordinati in modo da essere in armonia con la sacra liturgia, da essa traggano ispirazione, e ad essa, data la sua natura di gran lunga superiore, conducano il popolo cristiano.
... Due atteggiamenti potrebbero render vana nella prassi pastorale la norma del Concilio Vaticano II:
– innanzi tutto, l'atteggiamento di alcuni che si occupano di cura d'anime, i quali disprezzando a priori i pii esercizi – che pure, nelle debite forme, sono raccomandati dal Magistero – li tralasciano e creano un vuoto che non provvedono a colmare; essi dimenticano che il Concilio ha detto di armonizzare i pii esercizi con la liturgia, non di sopprimerli.\
– In secondo luogo, l'atteggiamento di altri che, al di fuori di un sano criterio liturgico e pastorale, uniscono un insieme di pii esercizi e atti liturgici in celebrazioni ibride. Avviene talora che nella stessa celebrazione del sacrificio eucaristico vengano inseriti elementi propri di novene o altre pie pratiche, con il pericolo che il Memoriale del Signore non costituisca il momento culminante dell'incontro della comunità cristiana, ma quasi occasione per qualche pratica devozionale.
A quanti agiscono così vorremmo ricordare che la norma conciliare prescrive di armonizzare i pii esercizi con la liturgia, non di confonderli con essa.
* Antropologico. «Nel culto alla Vergine si devono tenere in attenta considerazione anche le acquisizioni sicure e comprovate delle scienze umane… Si osserva, infatti, che è difficile inquadrare l'immagine della Vergine, quale risulta da certa letteratura devozionale, nelle condizioni di vita della società contemporanea e, in particolare, di quelle della donna nell'ambiente domestico [dove le leggi e l'evoluzione del costume tendono ... a riconoscerle l'uguaglianza e la corresponsabilità con l'uomo nella direzione della vita familiare]; sia nel campo politico, ...; sia nel campo sociale, ...; sia nel campo culturale ....
Ne consegue presso taluni una certa disaffezione verso il culto alla Vergine e una certa difficoltà a prendere Maria di Nazareth come modello, perché gli orizzonti della sua vita – si afferma – risultano ristretti in confronto alle vaste zone di attività in cui l'uomo contemporaneo è chiamato ad agire.
A questo proposito, ..., ci sembra utile offrire, noi pure, alcune osservazioni.
– Innanzi tutto Maria è sempre stata proposta dalla Chiesa all’imitazione dei fedeli non ... per il suo tipo di vita e, tanto meno, per l'ambiente socio-culturale in cui essa si svolse – oggi dovunque superato –; ma perché ella aderì totalmente e responsabilmente alla volontà di Dio; perché ne accolse la parola e la mise in pratica; perché la sua azione fu animata dalla carità e dallo spirito di servizio; perché, insomma, fu la prima e la più perfetta seguace di Cristo: il che ha un valore esemplare, universale e permanente.
– In secondo luogo, vorremmo notare che le differenze sopra accennate sono in stretta connessione con alcuni connotati dell'immagine popolare e letteraria di Maria, non con la sua immagine evangelica, né i dati dottrinali precisati nel lento e serio lavoro di esplicitazione della parola rivelata. (...)
La Chiesa, quando considera la storia della pietà mariana, si rallegra costatando la continuità del fatto, ma non si lega agli schemi rappresentativi delle varie epoche culturali, né alle particolari concezioni antropologiche che stanno alla loro base, e comprende come talune espressioni di culto, perfettamente valide in se stesse, siano adatte a uomini che appartengono a epoche e civiltà diverse».               
Per un "sano culto"....
Dopo aver offerto queste direttive, ordinate a favorire lo sviluppo armonico del culto della Madre del Signore, il Papa ritiene opportuno richiamare l'attenzione su alcuni atteggiamenti cultuali erronei.
«Il Concilio Vaticano II ha già autorevolmente denunciato 
– sia l'esagerazione di contenuti o di forme che giunge a falsare la dottrina, 
– sia la grettezza di mente che oscura la figura e la missione di Maria;
– nonché alcune deviazioni cultuali:
° la vana credulità, che al serio impegno sostituisce il facile affidamento a pratiche solo esteriori; 
° lo sterile moto del sentimento, così alieno dal Vangelo che esige opera perseverante e concreta». (...)
«La vigile difesa da questi errori e deviazioni renderà il culto alla Vergine più vigoroso e genuino:
– solido nel suo fondamento, per cui in esso lo studio delle fonti rivelate e l'attenzione ai documenti del Magistero prevarrà sulla ricerca esagerata di novità o di fatti straordinari; 
– obiettivo, nell'inquadramento storico, per cui si elimina ciò che è manifestamente leggendario o falso; 
– adeguato al contenuto dottrinale, per evitare presentazioni unilaterali di Maria, le quali, insistendo più del dovuto su un elemento, compromettono l'insieme dell'immagine evangelica; 
– limpido nelle sue motivazioni, per cui con diligente cura sarà tenuto lontano ogni meschino interesse. 
Infine, ... vorremmo ribadire che lo scopo ultimo del culto alla beata Vergine è di glorificare Iddio e di impegnare i cristiani ad una vita del tutto conforme alla sua volontà». Papa Paolo VI  2-2-1974

sabato, novembre 16

DANILA OPPIO ha ottenuto il premio Speciale per la composizione poetica PENSIERI SPAZZATI DAL VENTO

 Questo lungo anno molto sofferto, non ho partecipato a nessun concorso per il quale ho ricevuto i relativi Bandi, tranne che per questo indetto da La Luna e il Drago a cura di Anna Montella. 

E ieri ho ricevuto comunicazione di aver meritato il premio speciale da Regina Resta, presidente dell'Associazione VerbumlandiArt . APS editore di VerbumPress. 

Qui il diploma:



e qui sotto la nota critica:


Per questa mia composizione poetica dedicata alla nascita del mio ultimo nipote Leon che è  nato 5 anni fa e vive a Oslo 
Pensieri spazzati dal vento

A fine giorno si spegne la tristezza
mentre l’oscurità illumina le stelle,
accendo una sigaretta, e soffio via
gli strampalati pensieri imbrigliati
nella nuvola azzurrognola di fumo
che m’aleggia attorno in dissolvenza.

L’arrivo di Leon mi fu salutare:
divenne la mia molletta da bucato
per appendere il cielo, come fosse
un lenzuolo steso al sole a sventolare
nel suo color cobalto, allegro nel vento,
fondendosi al colore tra cielo e mare.

E l’astro sorge gettando caldi dardi
creando ombre che stacco dal marciapiede
per farne abiti nuovi. E non è tardi
per arredare l’anima, vuoto ambiente,
con ricordi un po’ nostalgici 
o con i vocii fantastici
del mio nuovo amato erede.

Accendo un’altra sigaretta e riprendo 
con pazienza a districare
quei fili ingarbugliati nella mente.
Ma ne esiste uno, da altri differente:
porta il nome Speranza e vuota
più non è, questa mia stanza. 
Mentre un vagito odo in lontananza.   

Danila Oppio             

ps: da quando ho inviato questa poesia ho smesso di fumare, quindi è merito di Leon se non fumo più!            

SABBIA MIGRANTE, OSSIA IL MONDO VISTO DA QUI di Padre MAURO ARMANINO


Sabbia migrante, ossia il mondo visto da qui

Sbarcando a Niamey il mese di aprile del 2011 la parola ‘migrante’ non faceva parte del lessico locale. Si parlava piuttosto di ‘avventurieri’, oppure più semplicemente di ‘esodanti’. Queste due parole nominavano altrettante visioni del migrante, come gli occidentali lo chiamavano. L’avventuriero è una delle figure tipiche dell’immaginario culturale dell’Africa Occidentale perché andare lontano e di preferenza al mare era come un cammino iniziatico. Il giovane diventava ‘uomo’, avventurandosi verso il totalmente sconosciuto per i Paesi del Sahel, il mare! L’immenso, l’ignoto e cioè la grande sfida.

La seconda parola che definiva il migrante era, appunto, ’esodante’. Una parola evocativa che suona come un esilio scelto, un andare senza conoscere come, e se il partente sarebbe tornato.

In effetti nel Niger, da tempo, si praticava una migrazione stagionale che a volte si trasformava in definitiva. I Paesi della costa atlantica o il nord Africa, Algeria, Marocco e soprattutto Libia erano privilegiati. Un esodo provvisorio, per affrontare la stagione di passaggio tra il raccolto e la nuova stagione. Quanto gli avventurieri o esodanti mandavano o portavano a casa permetteva alla famiglia di creare nuove opportunità di emancipazione.

Arrivò poi, dall’Occidente, con una certa violenza, un nuovo lessico che trasformò radicalmente e in modo radicale, la percezione delle migrazioni. L’esodante divenne un ‘migrante’, si trasformò presto in ‘clandestino’, poi in ‘illegale’, ‘irregolare’, in ‘criminale’ o in un ‘illuso’ dall’Eldorado occidentale. L’esternalizzazione delle frontiere europee, peraltro iniziate prima del vertice nel 2015 a La Valette, col Marocco e il Soudan in particolare, hanno completato il processo di ‘criminalizzazione’ della migrazione come fenomeno. Si trattava di bloccare o almeno ridurre il numero di ‘potenziali migranti’ che avrebbero potuto attraversare il Mediterraneo. L’organizzazione Internazionale delle Migrazioni, OIM, l’Unione Europea e gli accordi bilaterali, hanno contribuito a rendere le rotte migratorie più inacessibili, pericolose e onerose. Non solo il mare ma anche il deserto si sono trasformati in cimiteri senza nome e volto. L’agenzia Frontex ha collaborato al respingimento di 27.288 naufraghi tra il 2019 e il 2023. I morti nel Mediterraneo dal 2014, secondo ‘Statista’ sono stati più di 30 mila. Una guerra!

La mobilità è una componente inseparabile della storia dell’umanità. Non casualmente essa è riconosciuta dalla Dichiarazione fondamentale dei diritti umani al numero 13. Ed è proprio dal continente africano, secondo gli specialisti, che si è iniziato il popolamento del mondo. L’Europa, tanto per rimanere in tema di memoria, è stata per oltre un secolo il continente dell’emigrazione verso le Americhe e l’Australia....

Si calcola che tra ‘800 e ‘900 quasi 50 milioni di persone intrapresero un viaggio senza ritorno verso nuove patrie. Le cause di questo fenomeno furono sia demografiche, con l’aumento della popolazione indotto dalla transizione demografica, che economiche, con l’aumento della produttività del lavoro in agricoltura. L’Italia, con quasi nove milioni di emigranti, fu uno dei paesi che contribuirono maggiormente a questi flussi migratori. Le correnti migratorie, innescatesi nella seconda metà del XIX secolo si mantennero sostenute fino al secondo dopoguerra. (www.units.it).

Le ragioni delle migrazioni sono molteplici e, in fondo, ogni migrante è la sua migrazione...Tuttavia, nell’analisi delle cause, non si dovrebbe sottostimare la realtà delle disuguaglianze economiche, le possibilità di formazione, crescita umana e, naturalmente, l’immaginario simbolico. Rimane un fatto inconfutabile che molti economisti di valore sottolineano. Si sostiene che la migrazione è stata finora il mezzo forse più importante per sfidare la povertà. Naturalmente la complessità del fatto migratorio dovrebbe renderci più attenti alle semplificazioni che spesso polarizzano il tema e le posizioni. Ad esempio, l’idea che i popoli africani ‘invadano’ l’Europa appare come fuorviante perchè, com’è noto, la maggior parte delle migrazioni africane si effettuano all’interno dell’Africa, in particolare nell’Africa Occidentale.

I miti da smantellare o perlomeno da ridimensionare sono molti ed è innegabile che un’oculata politica di riflessione e accompagnamento del movimento migratorio, nel dialogo coi Paesi da dove provengono i migranti, gioverebbe a tutti, compresa l’economia dei paesi del Nord. L’inverno demografico dell’Occidente non è irrilevante e compito della politica dovrebbe essere anche quello di prevedere il futuro. Proprio di questo si tratta in fondo. Quale tipo di mondo vogliamo abitare assieme. Se un mondo di muri, reticolati, pattuglie e centri di detenzione esternalizzati o, preferibilmente, un mondo dove l’architettura principale siano i ponti.

             Mauro Armanino, Niamey, novembre 2024

venerdì, novembre 8

DISUGUAGLIANZE DI POLVERE DIVINA NEL SAHEL di P. MAURO ARMANINO

           Disuguaglianze di polvere divina nel Sahel

All’inizio di tutto c’è la polvere con un soffio di vento. E’ questa l’uguaglianza fondamentale che accomuna persone e cose di questo mondo. Poi, col tempo, la storia e gli avvenimenti, le condizioni della polvere cambiano e si può affermare che, qui come altrove, c’è polvere e polvere. Alcuni son più polvere di altri malgrado il soffio originario conservi tutta la sua creativa bellezza e fragilità. 

Col tempo c’è chi dimentica di non essere che polvere aspira alla vita e presume di diventare potente. Così si sono formate le classi sociali, i gruppi di potere, le élite che governano e il popolo che altro non dovrebbe fare se non aderire a quanto si decide per suo bene. La sovranità di polvere si coniuga con l’indipendenza del vento che ad essa si affida. La polvere si trasforma in aristocrazia o dittatura.

Dalla polvere di natura ugualitaria alla società delle disuguaglianze il passo è assai breve e notabile. Ad esempio, c’è che può mangiare regolarmente ogni giorno e chi deve scegliere l’unico pasto che possa imbrogliare lo stomaco. Chi può mandare i figli nelle migliori scuole private del Paese e chi si contenta delle scuole di Stato...nel passato maggiormente apprezzate di quelle private.

Ammalarsi per la polvere comune è un dramma. Senza soldi e garanzia di accompagnamento anche nel reparto di urgenza si può rimanere per ore e giorni in lista d’attesa. Chi, invece, è fatto di una polvere diversa troverà posto nell’ ospedale di referenza, nelle cliniche attrezzate o semplicemente all’estero. La vita degli esseri di polvere non è uguale per tutti. Alcune vite valgono più di altre.

C’è la polvere che viaggia col vento e nel vento mentre c’è polvere più sofisticata che prende l’aereo con il biglietto di ritorno o per sola andata. Nel primo caso troviamo una certa categoria di migranti e nella seconda gli uomini politici, d’affari, i diplomatici e gli affiliati alle Organizzazioni Internazionali. Per i primi non c’è la certezza dell’arrivo a destinazione. Per i secondi le date sono fissate e sicure.

La polvere delle persone comuni lavora, vive in campagna e rappresenta circa l’ottanta per cento dei 27 milioni che conta la popolazione del Niger. Un altro tipo di persone di povere, circa un milione, ha trovato rifugio nel Paese o vi si trova come sfollato. Nella capitale Niamey si scovano palazzi come castelli fatati di ogni stile architettonico, case blindate, custodite e gemellate con case di terra.

C’è chi sostiene che dietro tutto ciò c’è senz’altro una volontà divina. Come dire che la polvere dell’inizio col soffio di vento si è gradualmente divisa e dunque c’è chi potrà vivere più a lungo con dignità e chi, invece, era scritto scomparisse molto prima perché polvere di scarto. Una polvere nobile e degna e l’altra di seconda mano. Tutto scritto nel libro, come cantava il buon Bob Marley a suo tempo.

Difficile crederlo perché, malgrado le pietre tombali, i monumenti e i nuovi nomi dati alle strade e ai ponti, nel cimitero non rimane che lei, la polvere dell’inizio. Il soffio di vento è uguale per tutti ed è proprio la polvere comune, in definitiva, a pareggiare i conti. Appunto per questo la polvere e il soffio di vento hanno inventato la politica. Perché ciò che creava le disuguaglianze tra gli umani fosse rimosso e le polveri di tutto il mondo, uguali, facessero festa assieme.

        Mauro Armanino, Niamey, novembre 2024  

domenica, novembre 3

IL LIBRAIO DI RABAT editoriale


IL LIBRAIO DI RABAT

Il libraio settantaseienne (1948) Mohamed Aziz, vive a Rabat, in Marocco e trascorre dalle 6 alle 8 ore al giorno leggendo libri. Ha letto più di 5.000 libri in diverse lingue: francese, arabo e inglese, e rimane il libraio più antico di Rabat, dopo più di 43 anni nello stesso luogo. Alla domanda di perché lascia i suoi libri incustoditi fuori dal negozio, dove potrebbero essere potenzialmente rubati, risponde che chi non sa leggere non ruba libri, e chi sa leggere non è un ladro.
È conosciuto come il libraio più fotografato al mondo. Dal 1963 svolge la sua attività di vendita di libri usati nella Medina, il quartiere più antico di Rabat, la capitale del Marocco. Rimasto orfano all'età di sei anni, cercò di fare il pescatore per realizzare il suo sogno di diplomarsi al liceo, ma all'età di quindici anni abbandonò la scuola perché non poteva permettersi i libri di testo, perché erano troppo costosi per la sua famiglia. Frustrato e senza studi, decise di aprire una libreria, mettendo i libri su un tappeto per terra sotto un albero e da più di mezzo secolo gestisce il suo negozio, realizzando il suo sogno di studiare.
La sua giornata è di dodici ore. Prima di aprire la libreria, cerca i libri usati in altri negozi, per leggerli e venderli. Ormai più che settantenne, dice che bastano due cuscini e un libro per sentirsi felici. Accumula torri di libri e quando gli viene chiesto quanti ne ha, risponde, non abbastanza. Interrompe la lettura solo per pregare, fumare, mangiare, servire e consigliare i clienti interessati ad argomenti specifici. Col tempo la sua libreria è diventata famosa e molti turisti la visitano per acquistare un libro e scattare fotografie. (Natura)

MILLE ANNI PER LA "AVE MARIA" - Conferenze di Padre CLAUDIO TRUZZI in preparazione all'Avvento 2024


PER L'AVVENTO / DAL 16 NOVEMBRE AL 21 DICEMBRE (sabato, ore 16)

Terrò una serie di riflessioni sulla Ave Maria- come farla nostra per meglio incontrare Maria a Natale. Allego lo schema del corso con le date.


COMPLEANNI E RICORRENZA DELL'ORDINAZIONE DI PADRE NICOLA GALENO OCD.

Il 3 novembre del 1968 veniva ordinato sacerdote da Mons. Stella nella Chiesetta del Monastero di Cascine Vica (TO) Padre Nicola Galeno, mentre infuriava l'alluvione del Piemonte.



sabato, novembre 2

COMPLOTTI, COSPIRATORI E COMPLICI NEL SAHEL di Padre MAURO ARMANINO


Complotti, cospiratori e complici nel Sahel


Denunciare tentativi di complotti, svelare intrighi per destabilizzare l’ordine o il disordine costituito, sembra essere una delle specialità dei regimi polizieschi, militari o dittatoriali. Nell’Unione Sovietica staliniana, ad esempio, sappiamo che ogni tentativo di messa in discussione della rivoluzione aveva condotto alla creazione di un un mondo sommerso di campi di detenzione. In essi milioni di persone considerate ‘dissidenti’ e dunque traditori della patria, passavano anni di rieducazione mentale spesso assieme a ‘delinquenti’ comuni. La denuncia regolare, sistematica, organizzata e studiata di complotti, veri o presunti, segue canovacci che si ripetono. Accadono in momenti particolari di difficoltà e credibilità del regime, offrono valide alternative alle critiche e soprattutto compattano una parete dei cittadini increduli. In genere non manca mai, come nei film polizieschi, una spia o un ‘pentito’ che rivela le macchinazioni segrete dei nemici esteriori. Ad ogni regime i propri complotti.
 Certo anche nelle democrazie ben radicate ciò talvolta accade. Per questo ci si affretterà a sottolineare quanto le istituzioni abbiano agito con tempestività ai tentativi di destabilizzazione del regime democratico. Il tutto seguendo norme, principi e senza ricorrere, in genere, a stati di eccezione anche nel caso di cospirazioni. Sono cospiratori coloro che, animati da uno stesso respiro o soffio, preparano e organizzano strategie volte a sovvertire il tipo di società che essi ritengono tradire i principi che li animano. Com’è noto il consenso sulla parola ‘terrorismo’ è tutt’altro che acquisto. Il padre di colui che scrive, giovane partigiano che lottava contro la dittatura nazi-fascista nel suo paese, per alcuni era un ribelle, per altri un patriota e, naturalmente, per i fascisti e i tedeschi null’altro che un criminale. Eppure, le cospirazioni esistono e c’è da sperare che non manchino mai persone che ‘respirino assieme’ il desiderio di un mondo differente. Ad ogni regime i propri cospiratori.
Rimangono, infine, i complici. Coloro che prendono parte in modo attivo, passivo e spesso secondario ai processi sociali in atto. Visibili, invisibili, presenti e assenti allo stesso tempo. La maggioranza silenziosa, o allora coloro che Norbert Zongo, giornalista del Burkina Faso assassinato durante il regime di Blaise Compaoré, definiva ‘ il silenzio dei buoni’. Lo stesso Zongo commentava che spesso ci sia impegna ma a ‘condizione che’ questo non arrechi problemi alla carriera, alla famiglia, alla vita. Grazie ai complici un regime prende il potere, si stabilizza, lo perpetua e lo giustifica. Questa categoria di persone si presenta in modo trasversale ma sono soprattutto i ceti intellettuali e i circoli religiosi che sembrano intuire con maggiore prontezza i vantaggi di tale affiliazione. Essa si trasmette per contagio, convenienza, interessi e timore di perdere i privilegi acquisiti. Spesso, ma non necessariamente, di padre in figlio e di professione in professione. Alcune di queste sembrano più predisposte. In cambio dell’adesione al sistema al potere la garanzia di un posto di prestigio. Ad ogni regime i suoi complici. 

          Mauro Armanino, Niamey, novembre 2024