Sabbia migrante, ossia il mondo visto da qui
Sbarcando a Niamey il mese di aprile del 2011 la parola ‘migrante’ non faceva parte del lessico locale. Si parlava piuttosto di ‘avventurieri’, oppure più semplicemente di ‘esodanti’. Queste due parole nominavano altrettante visioni del migrante, come gli occidentali lo chiamavano. L’avventuriero è una delle figure tipiche dell’immaginario culturale dell’Africa Occidentale perché andare lontano e di preferenza al mare era come un cammino iniziatico. Il giovane diventava ‘uomo’, avventurandosi verso il totalmente sconosciuto per i Paesi del Sahel, il mare! L’immenso, l’ignoto e cioè la grande sfida.
La seconda parola che definiva il migrante era, appunto, ’esodante’. Una parola evocativa che suona come un esilio scelto, un andare senza conoscere come, e se il partente sarebbe tornato.
In effetti nel Niger, da tempo, si praticava una migrazione stagionale che a volte si trasformava in definitiva. I Paesi della costa atlantica o il nord Africa, Algeria, Marocco e soprattutto Libia erano privilegiati. Un esodo provvisorio, per affrontare la stagione di passaggio tra il raccolto e la nuova stagione. Quanto gli avventurieri o esodanti mandavano o portavano a casa permetteva alla famiglia di creare nuove opportunità di emancipazione.
Arrivò poi, dall’Occidente, con una certa violenza, un nuovo lessico che trasformò radicalmente e in modo radicale, la percezione delle migrazioni. L’esodante divenne un ‘migrante’, si trasformò presto in ‘clandestino’, poi in ‘illegale’, ‘irregolare’, in ‘criminale’ o in un ‘illuso’ dall’Eldorado occidentale. L’esternalizzazione delle frontiere europee, peraltro iniziate prima del vertice nel 2015 a La Valette, col Marocco e il Soudan in particolare, hanno completato il processo di ‘criminalizzazione’ della migrazione come fenomeno. Si trattava di bloccare o almeno ridurre il numero di ‘potenziali migranti’ che avrebbero potuto attraversare il Mediterraneo. L’organizzazione Internazionale delle Migrazioni, OIM, l’Unione Europea e gli accordi bilaterali, hanno contribuito a rendere le rotte migratorie più inacessibili, pericolose e onerose. Non solo il mare ma anche il deserto si sono trasformati in cimiteri senza nome e volto. L’agenzia Frontex ha collaborato al respingimento di 27.288 naufraghi tra il 2019 e il 2023. I morti nel Mediterraneo dal 2014, secondo ‘Statista’ sono stati più di 30 mila. Una guerra!
La mobilità è una componente inseparabile della storia dell’umanità. Non casualmente essa è riconosciuta dalla Dichiarazione fondamentale dei diritti umani al numero 13. Ed è proprio dal continente africano, secondo gli specialisti, che si è iniziato il popolamento del mondo. L’Europa, tanto per rimanere in tema di memoria, è stata per oltre un secolo il continente dell’emigrazione verso le Americhe e l’Australia....
Si calcola che tra ‘800 e ‘900 quasi 50 milioni di persone intrapresero un viaggio senza ritorno verso nuove patrie. Le cause di questo fenomeno furono sia demografiche, con l’aumento della popolazione indotto dalla transizione demografica, che economiche, con l’aumento della produttività del lavoro in agricoltura. L’Italia, con quasi nove milioni di emigranti, fu uno dei paesi che contribuirono maggiormente a questi flussi migratori. Le correnti migratorie, innescatesi nella seconda metà del XIX secolo si mantennero sostenute fino al secondo dopoguerra. (www.units.it).
Le ragioni delle migrazioni sono molteplici e, in fondo, ogni migrante è la sua migrazione...Tuttavia, nell’analisi delle cause, non si dovrebbe sottostimare la realtà delle disuguaglianze economiche, le possibilità di formazione, crescita umana e, naturalmente, l’immaginario simbolico. Rimane un fatto inconfutabile che molti economisti di valore sottolineano. Si sostiene che la migrazione è stata finora il mezzo forse più importante per sfidare la povertà. Naturalmente la complessità del fatto migratorio dovrebbe renderci più attenti alle semplificazioni che spesso polarizzano il tema e le posizioni. Ad esempio, l’idea che i popoli africani ‘invadano’ l’Europa appare come fuorviante perchè, com’è noto, la maggior parte delle migrazioni africane si effettuano all’interno dell’Africa, in particolare nell’Africa Occidentale.
I miti da smantellare o perlomeno da ridimensionare sono molti ed è innegabile che un’oculata politica di riflessione e accompagnamento del movimento migratorio, nel dialogo coi Paesi da dove provengono i migranti, gioverebbe a tutti, compresa l’economia dei paesi del Nord. L’inverno demografico dell’Occidente non è irrilevante e compito della politica dovrebbe essere anche quello di prevedere il futuro. Proprio di questo si tratta in fondo. Quale tipo di mondo vogliamo abitare assieme. Se un mondo di muri, reticolati, pattuglie e centri di detenzione esternalizzati o, preferibilmente, un mondo dove l’architettura principale siano i ponti.
Mauro Armanino, Niamey, novembre 2024
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