Misi un piede dentro e poi l’altro, la mano destra appoggiata allo stipite di sicuro legno. Entrai anch’io. E mi trovai dalla parte opposta al trono.
Là in fondo, percorsi con gli occhi la scia giallastra, c’era una persona seduta che dava le spalle a quella luce e ne veniva ampliata.
Distinguevo le mani, appoggiate ai braccioli, distinguevo la testa coi capelli rialzati ai lati, quasi a forma di cuore. E qualche ombra-luce dava sguardo sul volto di quella signora. Ne intravedevo il naso, una parte della bocca, il mento, l’arcata sopra gli occhi e adesso anche le guance, magre ma vive e quasi qualche leggero difetto della pelle. Tutto questo per via di quella luce giallastra a cui era appoggiata ma che le scivolava addosso rivelandola lentamente. Sapevo chi era.
<<Certo che lo sai>> la sua voce era severa, tagliente come è la realtà.
“Nonna! Ho sempre desiderato parlarti. Ma ero troppo giovane per te. Questo mi hai fatto capire, anche senza dirmelo”
<<E adesso, allora, vorresti farmi dire, in questa tua storia che stai vivendo, quello che io non ti ho mai detto?>>
“Che sei una donna dura me l’hanno sempre ripetuto. Quindi non mi aspetto regali da te. Ma questa scena, questa qui, che mi è apparsa improvvisamente, talmente forte che era impossibile mandarla via, ho dovuto affrontarla”
<<Ma questa scena è un sogno, è un tuo sogno, un tuo desiderio che è saltato fuori così, chissà da dove e chissà perché>>
“Ma non ci sarebbe se non avessi aperto la porta. Se non fossi entrata a guardarti.
E ti sto guardando, nonna. Dimmi che ho avuto coraggio!”
<<Non c’è coraggio. Certo c’è una grande animalità in te>>
“Dimmi perché da cattolica sei diventata protestante”
<<Tu hai studiato. Hai scelto e scartato alla grande. Nel mio piccolo, io ho fatto lo stesso>>
“In questo momento, nonna, mi sento come l’erede al trono, pronta a inginocchiarsi davanti alla sua sovrana. Nel tuo piccolo, tutti si sono prima o poi inginocchiati davanti a te. Vuoi che lo faccia anch’io?”
<<Non ti è stato chiesto quando ero viva, per via della tua giovane età, perché dovresti farlo adesso che sono morta?>>
“Perché ho bisogno di cedere di fronte a qualcuno che stimo! Perché ho bisogno di sapere che c’è qualcuno più grande di me!”
<<Qualcuno più grande di te? Non c’è. Vuoi sapere altro?>>
“Come, non c’è? Allora io sono sola!”
<<Lo sono stata anch’io. Allora, come ci si sente a essere il Dio della storia?>>
“Male. Senza rimedio. Male”
<<Tu hai studiato. Hai scelto e scartato. E adesso vedi solo ombra e luci gialle sulla faccia di una vecchia signora che hai paura di incontrare davvero.
Inginocchiarti? Cedere le armi? Avere la mia approvazione? Questo ti farebbe felice?
Mi sa che hai ancora un peso bel grande da portare. Stai male. E allora forse la scena non è ben fatta, devi lavorarci ancora, sulla tua vita.
Senti, tu, per me, non sei mai entrata da quella porta.
Sei uno scrittore, puoi rifare la scena.
Mettici un po’ di umanità al momento giusto.
Scrivi qualcosa come ‘Adesso vorrei abbracciarti, nonna, adesso che sono io, con tutto quello che ho passato, e capisco anche tutto quello che hai passato tu’.
E smettila di immaginare porte che si aprono sul buio e su vecchie signore che in tal modo proteggono la loro vecchiaia. Un giorno sarai anche tu così >>
Angela Fabbri
Ferrara, 20 settembre 2014
Il racconto finisce qui, ma da questo momento, c'è stato un intenso scambio di corrispondenza tra l'autore del racconto, e il gestore del blog.
Le nostre email si sono incrociate. E mentre tu mi scrivevi che preferivi sapere cosa ne pensavo del tuo racconto, io te lo stavo dicendo nella mia. Che forse ti è arrivata un istante fa. Ma sai che ti dico? Che quanto mi hai inviato e che ho appena letto e riletto, meriterebbe il Nobel della Letteratura. O, quanto meno, un primo premio ad un concorso letterario.
Ecco, forse adesso mi sono espressa meglio. Nella precedente, ero sbalordita, la bocca aperta e asciutta, incapace di esprimere le sensazioni che ho provato nella lettura. Quella nonna ti ha detto (attraverso le tue parole) la cosa più importante del mondo.
Mi sa che hai ancora un peso bel grande da portare. Stai male. E allora forse la scena non è ben fatta, devi lavorarci ancora, sulla tua vita.
Senti, tu, per me, non sei mai entrata da quella porta.
Sei uno scrittore, puoi rifare la scena.
Mettici un po’ di umanità al momento giusto.
Scrivi qualcosa come ‘Adesso vorrei abbracciarti, nonna, adesso che sono io, con tutto quello che ho passato, e capisco anche tutto quello che hai passato tu’.
Se all'inizio sembra quasi una pagina di un libro giallo/horror, alla fine si rivela uno spettacolo: psicologia e grande umanità.
Dicevi di essere un attore che recita la sua parte, e in questo racconto sei sulla scena, insieme alla nonna. Ma il protagonista sei tu. La nonna rappresenta il riflesso del tuo sub-cosciente. Straordinario pezzo di prosa.
Dani
Ed era questo il racconto che aspettavi con ansia all'epoca della telefonata. Un brano di cui ti avevo parlato ma che mi spaventava, che era stato ispirato dal libro che stavo rileggendo per vedere se ero in grado di scriverlo.
E c'ero ben tanto, dentro a una fase del libro, perché una notte, quando mi riposo in poltrona guardando la TV, è saltata fuori quest'immagine della nonna, quasi un quadro e niente più. Il quadro di una commedia, intenso e c'ero dentro e ho dovuto rimettermi al tavolo e scriverlo e poi lasciarlo lì come faccio sempre, con su la penna.
Fino al mattino.
Ma dopo avevo paura di rileggerlo mentre vivevano ancora in me le immagini e solo il senso del dialogo.
Tu mi dicesti che forse andava bene per il libro. Io ti risposi che sembrava sì che potesse andar bene per il libro, ma era una cosa a parte, suggerita dal libro come capita che la vita reale ti suggerisca un sogno.
Ti dissi che l'avrei letto a Sesìl per vedere l'effetto che le faceva e ti dissi anche quando. E, quel giorno, quando Sesìl arrivò, tu mi hai telefonato. E poi ti ho passato al telefono Sesiì.
Dopo, io e Sesìl ci disponemmo a leggere. E alla fine lei mi disse che non faceva paura, era bellissimo e rassicurante, proprio perché c'era la nonna e come si fa a avere paura della propria nonna?
I Cinesi hanno grande rispetto amore e riverenza per le nonne.
Tanto tempo dopo ho riletto il brano, l'ho completato e finito. Ed è la versione che hai. Sta su una pagina.
QUALCUNO PIU' GRANDE DI NOI, non è forse quello che tutti cerchiamo? anche se ci ribelliamo al papà e alla mamma pure, loro, quando siamo bambini, ci indicano la strada, perché sono più grandi di noi.
E quando anche noi siamo diventati grandi, non cerchiamo forse qualcuno a cui appoggiarci? un marito una moglie, un amico un'amica? un vecchio signore una vecchia signora? Qualcuno 'che ci sia già passato'?
E, visto che nessuno è mai tornato dalla morte tranne Gesù, non cerchiamo forse Lui, che ci è già passato?
Angela
p.s. Adesso, sinceramente, non mi sembra che meriti tutto il bene che gli attribuisci tu, ma se pensi che leggerlo possa far del bene ad altri, mettilo sul blog.
E poi, adesso l'ho riletto dopo tanti mesi, forse la nonna voleva solo dirmi << Non innamorarti della scena. Vivila Adesso che ci sei entrata>>
Angie
Vedi, Angie, non avevo ancora letto questa tua, perché sono partita dalla prima ricevuta, e sono convinta che la vita vada vissuta, e non recitata o lasciata scorrere tra le dita, come se non ti appartenesse. Nella precedente, il mio pensiero era simile a "cercare di voler bene soprattutto a te stessa."
E questo non corrisponde forse al viverla?
Non solo penso che il brano che hai scritto a suo tempo, possa far bene agli altri, credo che se aggiungo questa tua email (forse solo nella parte finale) faccia ulteriormente del bene. Perché anche queste tue parole scavano dentro.
Io gli attribuisco quel che mi ha trasmesso, un senso profondo di amore per la nonna, per la famiglia e il cercare di voler bene soprattutto a te stessa.
Avevo dubbi sul pubblicare, proprio perché pensavo che si trattasse di un qualcosa che doveva entrare a far parte del tuo libro in cantiere.
buon risveglio e un forte abbraccio
Dani
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