Leggo un testo che ha
condiviso la poetessa Graziella Cappelli, e lo riporto qui, perché fa riflettere sull'andazzo odierno.
Tutti che si sentono giudici,
intelligenti, scopritori di verità e astuti intuitivi del niente che ci
sovrasta.
Nessuno sa chi ha davanti ma si sente in
diritto di criticare e giudicare qualsiasi cosa, dall'atteggiamento, al
vestito, al colore della pelle, alla scelta sessuale o religiosa.Tutti che
additano che infamano, che insultano senza nemmeno soffermarsi sul perché.
Magari molti di questi all'interno delle proprie abitazioni hanno forse il
figlio ladro o il marito ubriacone fedifrago e violento.
Molti sono quelli che mettono i genitori negli ospizi per farsi la giusta e
sperata vacanza.Tanti hanno brutti tarli nei cassetti dove hanno soffocato i
sogni e sono diventati apatici pettegoli. Altri ancora proiettano i propri
veleni perché nella vita reale sono deboli che non sanno reagire.
Fra di loro anche la falsa amica che ti sorride e ti fa credere al suo bene
quando neppure lontanamente si accorge del tuo inferno. La gente parla, parla
parla e non si accorge di quanto in realtà dovrebbe meditare e vedere se
stessa, rendersi conto di quanto i giudizi possono piegare le persone, di
quanto una disattenzione può fare male, di come una sentenza può volere dire
morte interiore. Ogni giorno la gente sputa rabbia e veleno; basta vedere su Facebook, questa piccola società virtuale che ha preso il posto di una
compagnia reale e diretta.
Chi non accetta pensieri diversi dai propri, chi vuole imporre le proprie idee,
chi non capisce il post e offende e ti blocca. Ti blocca...una pugnalata
virtuale, un'uccisione del pensiero dello scambio d'idee, di confronti...
In autobus la gente ha il tablet, lo smartphone, l'iPad...non guardi neppure più
chi hai davanti a te, non sorridi, non osservi, non respiri più preso da un Matrix sempre più reale e letale. A tavola meno dialoghi, la tv una volta
seguita in famiglia, "abita" in tutte le stanze ove ognuno segue
quello che vuole. Nessun confronto, dialogo, parere.
Siamo SOLI e non sappiamo di esserlo, chiusi dentro a scatole di vetro dove la
freddezza umana fatta anche di cuoricini e smile, resta impressa in qualcosa
che non è umano, non ha calore, non ha cuore. Poi ci chiediamo perché il mondo va
così...
E allora nascono i giudici rabbiosi e inclementi dietro a una tastiera dove è
facile sentirsi giganti, una tastiera che ricerca qualcosa che non c'è:
l'UMANITÀ.
Sempre meno uomini e sempre più robot.
Qui alcuni commenti tra cui anche il mio.
Succede. Mai che qualcuno ammetta le proprie mancanze.
Succede. Mai che qualcuno ammetta le proprie mancanze.
Siamo soli dentro la povertà interiore come piccoli
sciocchi.
Hai fatto bene Graziella a condividere questo
scritto di Marzia Carocci. Rispecchia il mio pensiero e l'umana società che ha
perduto il bel senso della vita, e che scarica sul prossimo i propri livori.
Per fortuna ci sono ancora persone che guardano agli altri con il cuore, non
solo con gli occhi!
Penso che l'umanità sopravviva nelle piccole cose: un sorriso a chi incroci sul marciapiede, una parola di conforto, un gesto che dia calore anche solo per un minuto a una persona....perché quel calore le resterà comunque dentro! Ho sempre creduto nella bellezza dei piccoli gesti e nella delicatezza: quella del parlare, del sapere cosa dire e non dire per evitare di ferire l'altro, quella del non essere invadente, quella delicatezza che non dà spazio alla mera curiosità! In tutto ciò credo e felicemente vedo che ancora in talune persone sopravvive. E quanto ti riempie il cuore quando lo trovi....
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