che troverete nello spazio dedicato alla bravissima pittrice o digitando nella casella ricerca Galleria d'Arte Norma Trogu, o semplicemente scrivendo il suo nome e cognome.
COLORI INTENSI ALLEGRI CHE PORTANO GIOIA!
che troverete nello spazio dedicato alla bravissima pittrice o digitando nella casella ricerca Galleria d'Arte Norma Trogu, o semplicemente scrivendo il suo nome e cognome.
COLORI INTENSI ALLEGRI CHE PORTANO GIOIA!
Dipinto di Anne Marie Zilberman
LACRIME
Lacrime rotolano sulle guance
come chicchi d'uva
scivolano giù in silenzio
e bruciano gli occhi
Allora vorrei scavalcare i balconi
per venire da te
e forse anche tu vorresti
-non so-
dimenticare gli ostacoli
e sciogliere il dolore
in un abbraccio
Prima che venga tardi
prima che ci raggiunga il buio
gelido
della notte
Renata Rusca Zargar
Albenga, 19 marzo 2023
LA SOLITUDINE
In questi giorni, ho capito per la prima volta cosa sia la solitudine.
In realtà, a me piace essere sola perché non ho paura a stare con me stessa. Inoltre, ho tante cose che adoro da fare. Prima di tutto, curo il mio blog con il quale cerco di veicolare contenuti progressisti che ritengo utili per la società. Qualche volta, poi, quando ho qualcosa di particolare da dire, scrivo un articolo, un commento, una recensione o altro. Infine, ma non per ultimo, sto lavorando a un romanzo sull'imperatore Tiberio nel periodo in cui visse a Capri. Questo testo, che ha anche una parte moderna su un pescatore di Capri, è molto impegnativo.
Stare sola vuol dire anche avere tutto il tempo della giornata per sé, suddividerlo senza obblighi di orari, mangiare quando viene fame, dormire quando viene sonno. Tutti aspetti che reputo positivi.
Ora, però, sono sola e la solitudine mi opprime, rende il mio tempo lunghissimo, libero sì, ma inutile perché non ho voglia di fare niente.
Vedo scorrere lentamente le ore, quelle che mi avvicinano al termine della vita e che detesto perdere senza renderle produttive perché so che non torneranno.
Ma non ho voglia di fare nulla.
I figli sono lontani e sono stata proprio io a insegnare loro che sia necessario andare, seguire la propria strada, i propri interessi. Non sacrificare mai se stessi per i genitori.
Il punto è, però, che il compagno di una lunga parte della mia vita è stato operato. Quell'operazione (di routine, al ginocchio, nulla di particolarmente drammatico) è come se l'avessi subita io. Ho avuto tanta paura che morisse, prima, che stesse male, che soffrisse, dopo.
In più, dato che è lontano, sentirlo solo per telefono è tristissimo perché non lo vedo e penso che forse non stia bene, mi pare abbia la voce sofferente, forse, che abbia troppo dolore, chi lo sa!
Ho sperimentato così, per la prima volta, questo sentirmi sola, impotente e inutile.
Un tempo, scavalcavo le sbarre degli ospedali per andare la mattina all’alba, prima che aprissero, da mio padre che, negli ultimi anni, aveva subito tanti ricoveri. Ero sempre presente. E l’ho fatto non solo con mio padre ma con tutti i parenti che negli anni a turno sono stati malati. Poi, si sa, sono morti tutti, purtroppo, perché si arriva sempre là.
Ora non sono più in grado, tutto mi spaventa perché non sono più giovane e quello che facevo ridendo, facilmente, ormai non riesco più farlo.
Qui, a Savona, un tempo l’ospedale era in centro città. Quando avevo qualcuno da assistere, finito l’orario di visita, mi cacciavano dal reparto. Io, allora, rientravo passando dall’obitorio: salivo delle scale interne e arrivavo al piano del ricoverato di turno. Nonna, genitori, zie, zii...
Lo facevo con determinazione e leggerezza perché volevo fare coraggio a chi stava soffrendo.
Ora il vecchio ospedale non esiste più ma, se anche ci fosse, io sarei come tutti in portineria, in attesa dell’orario permesso, schiacciata dagli eventi. Non più capace di saltare la vita con l’incoscienza e la sicurezza di un tempo.
Mia madre diceva sempre “Largo ai giovani” e aveva completamente ragione.
Largo ai giovani, dunque, sempre che i giovani non siano, come spesso succede, vittime di indifferenza e menefreghismo.
Renata Rusca Zargar
Crimini senza criminali
e Lazzaro con la brocca d’acqua
Il banchetto di Epulone
XVIII secolo, Scuola napoletana
di Renata Rusca Zargar
Care figlie Samina e Zarina, da tempo pensavo di indirizzarvi una lettera per parlarvi di noi: una specie di ultimo testamento d’Amore. Mi capita, dunque, l’occasione e la scrivo ora, in coincidenza della Festa di San Valentino che, per varie vicissitudini storiche e religiose, è diventata la festa degli Innamorati. Veramente, io non credo nelle feste convenzionali che, spesso, di buono hanno solo di movimentare il commercio per i regali quasi obbligatori mentre non hanno conservato affatto i valori di riferimento.
Credo, però, fermamente nell’Amore e credo ancora che possa essere eterno.
In questo ultimo periodo, ho visto un bellissimo film (Le pagine della nostra vita) in cui il protagonista anziano si fa ricoverare nella stessa residenza sanitaria dove si trova la moglie malata di demenza grave. Quando i figli e i nipoti gli chiedono di tornare a casa perché hanno bisogno di lui mentre lei neppure lo riconosce, egli risponde: “La mia casa è qui, con lei”.
Penso che questa frase sia il senso di tutto quello che, probabilmente, ogni essere umano desidera. Un Amore talmente grande da vivere pazzamente e intensamente lungo le stagioni dell’esistenza e così forte da non finire mai.
Quando sono andata in India, moltissimi anni fa, la mia vita era normale ma immobile. Là, nel Kashmir, ho incontrato lui, Zahoor, e da quel momento l’espressione dei suoi occhi dolci non mi ha più lasciata. La rivedevo sempre davanti a me ed era come se mi chiamasse. “Abbi cura di te.” mi aveva detto alla ripartenza di quel lungo giro che avrei fatto in Oriente. Allora, avevo cambiato l’itinerario del mio viaggio ed ero tornata lassù, sui monti della luna, da lui. Avevo riconosciuto l’Amore totale, la follia e l’attrazione alle quali non si può dire di no e che non sono prigione ma libertà e felicità.
La nostra è stata una relazione molto complessa: nel tempo, abbiamo dovuto superare le distanze di mondi, cultura, abitudini, tradizioni; abbiamo incontrato difficoltà, crisi, disgrazie, lutti. Ma non abbiamo mai permesso a noi stessi di cadere nell’abitudine, nell’indifferenza, cioè in quella che io chiamo morte anticipata. Nei momenti più ardui, ci siamo sostenuti puntando sui valori irrinunciabili che ognuno di noi cerca nell’altro.
Per me sono stati la bontà e l’intelligenza.
Lui è buono, voi lo sapete bene, ed è intelligente. Sa adattarsi, cambiare, crescere, informarsi. Perciò l’Amore che provo per lui è stato protetto dall’ammirazione e dalla fiducia.
In questo periodo, ha dei problemi a una gamba. Oggi è domenica e lui è a casa dal lavoro. Di solito, la domenica pulisce e mette in ordine ma ora non può. Io, però, questa mattina dovevo uscire per andare in piscina e, per paura che lui si facesse del male, avevo nascosto l’aspirapolvere sul poggiolo. Quando sono tornata, ho trovato che aveva pulito la cucina e il soggiorno.
Mi ha detto: “Tu sei la mia vera moglie. - (perché ho nascosto l’aspirapolvere per il suo bene) -Ma io sono il tuo vero marito.” (perché ha trovato lo stesso il modo di aiutarmi).
Ha sempre fatto di tutto per me, che non è solo aver lasciato il suo paese e la sua bella e grande famiglia, ma è condividere ogni giorno ogni circostanza: le pulizie, la crescita di voi figlie, l’assistenza ai miei parenti e molto altro.
Così, l’insania amorosa che ci tiene avvinti e che ci rende felici non è mai finita, quando nell’abbraccio dell’altro si trova ancora l’universo tutto.
Chissà come, un destino salvifico (o chi per lui) ci aveva fatti incontrare.
Noi, però, siamo stati capaci in quell’istante di riconoscere quel dono.
È stata una vita meravigliosa e lo sarà ancora nella vecchiaia.
Perciò volevo scrivervi, perché teniate sempre presente che non dobbiamo mai accontentarci: abbiamo diritto alla felicità e per lei dobbiamo sempre combattere.
Come per tutte le nostre grandi Passioni.
12-2-2023
la mamma
Un'altra splendida iniziativa di ANNA MONTELLA per il CAFFE' LETTERARIO LA LUNA E IL DRAGO.
Questa lirica di Roberto Vittorio Di Pietro fa parte della silloge poetica de: IL VERO, IL BELLO...L'ANELLO CHE NON TIENE edita da Edizioni Helicon
Non desiderare la roba d'altri
PECCAMINOSAMENTE
Epitalamio
con il cuore im mano:
né ironico, né pseudoreligioso
Donna, tu felicissima creatura,
di me, che ambisci?...In questa vita l'unico
anello che non ceda è un miglior vero
che già possiedi, e forse è solo tuo.
Immensità oceanica
se il Cielo t'ha voluta,
profonda sii ugualmente: sappi credere
a chi ti frena quanto più t'adora.
Non invidiarlo, a me, quel che più odio
del sesso mio: la boria...l'inclemenza...
la smania d'ogni specie di bruttura...
Pretesco sposo, io?! Oh, fossi, ah strillerei
non puoooi! desiderarla
peccaminosamente
la rooba d'altri! Tanto meno quella
mostruosa!...orrenda! che appartiene
a me.