Crimini senza criminali
e Lazzaro con la brocca d’acqua
Il banchetto di Epulone
XVIII secolo, Scuola napoletana
Si trovano negli uffici, nelle banche, nei seggi dei parlamenti, davanti agli schermi dove si gioca d’azzardo con la storia, le azioni della borsa, le delocalizzazioni delle sedi delle ditte e sanno dove si trovano le terre rare che preparano l’avvenire senza inquinamento per il nord del pianeta, nei programmi televisivi e nelle università dove si forgiano le ideologie delle economie politiche del momento, tra gli ‘influenzatori’ dei media, nei dibattiti e dove si prendono le decisioni per come dovrà essere il mondo nei prossimi venti o trent’anni, cosa si deve pensare, comprare, vendere, investire, tra gli interstizi delle forme religiose che addomesticano le coscienze oppure le rendono del tutto succubi delle mortali visioni dell’altro come nemico da eliminare perché seguace di un altro dio. Stanno dietro le decisioni di armarsi e riarmarsi sempre di più perché le guerre non finiscano mai e tornano sempre sul luogo del delitto, investono nella loro sicurezza e inventano, controllano, fabbricano barriere che somigliano a frontiere, tradiscono coscientemente le parole perché ne hanno rapito il segreto che solo i poveri possedevano per farle germogliare, definiscono chi e come si deve nascere, morire, invecchiare e soprattutto coloro che saranno degni di abitare il mondo che loro appartiene perché sono loro, i padroni del mondo.
Non hanno nome; eppure, si trova facilmente il loro indirizzo tra i piani alti delle sedi delle transnazionali e nella classe che attorno a loro si aggrega, banchettano, viaggiano, commerciano, vivono in un modo differente, vestono di porpora e di lino finissimo e non vedono chi si trova accanto alla porta d’ingresso del palazzo ben custodito da telecamere e guardie del corpo, chi invece ha un nome scolpito sulla sabbia che si rinnova ogni giorno. Proprio lui, invece, un nome ce l’ha e si chiama Lazzaro e lui, il sistema mortale che fa finta di non sapere e di non conoscere, eppure stava ogni giorno alla porta, mendicando uno sguardo, un tempo, un presente. Lazzaro, ogni giorno davanti all’ingresso del palazzo dove i cani hanno più fortuna di lui e il sistema che elimina, esclude, uccide, sperpera, condanna, ignora e deporta sempre più lontano dagli occhi e dal cuore chi migra da una scomparsa certa nel nulla globalizzato. Si trovano sempre altrove e da ogni parte si trova la loro traccia e sono apertamente dittatori perché hanno venduto la vita a ciò che vita non dà e cioè il denaro che il mondo adora come dio padre e padrone, si pensano immortali e dimenticano la cenere, la polvere, il vento, la primigenia esperienza di piccolezza nel grembo materno, sono smemorati per necessità e vivono di un presente rubato agli altri e sepolto anzitempo nei cimiteri nascosti delle città.
Si trovano nei consigli di amministrazione dove basta un messaggio per mettere sul lastrico migliaia di persone e poi vedono Lazzaro da lontano, quando è tardi e allora lo riconoscono, supplicano che l’abisso che si è scavato tra i loro mondi sia di colpo eliminato, lo riconoscono e lo chiamano per il nome che prima non avevano mai pronunciato, Lazzaro gridano perché li ascolti e ristori l’arsura che consuma le ultime parole che non hanno mai pronunciato prima, gridano a colui che non avevano visto accanto alla porta d’ingresso, e Lazzaro il povero mendicante, seduto vicino ad Abramo, si alza e porta agli assetati una brocca d’acqua.
Mauro Armanino, Niamey, 19 marzo 2023
Temo che Lazzaro non porterà mai una brocca d'acqua a quei disgraziati che lo hanno fatto soffrire di fame, di sete, di malattie e privato della sua dignità di uomo libero. Ovvio che quel che sto scrivendo è un aforisma. Ma c'è davvero di che piangere, su questa umanità negletta e trascurata da personaggi senza cuore. Danila
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