Padre Norberto, il piede (e la barba) che non c’è più e il missionario che vuole camminare ancora.
Racconto – e qualcosa di più – di un’esplosione di grazia.
Notiziario dal Carmel di Bangui n° 34, 22 Marzo 2023
Come quasi ogni fine settimana, anche il pomeriggio dello scorso 10 febbraio padre Norberto parte dalla missione di Bozoum per recarsi in uno dei venticinque villaggi da lui seguiti, ormai da molti anni, per celebrare l’Eucaristia. La meta è Bokpayan, a 55 km da Bozoum, dove ha intenzione di fermarsi per alcuni giorni. Padre Norberto è accompagnato da fra Igor e da quattro operai perché c’è una scuola da riparare. Dopo aver attraversato un piccolo ponte di legno, e prima di attraversarne un secondo, la macchina guidata da padre Norberto salta improvvisamente su una mina. Gli operai, seduti sul cassone posteriore, vengono scaraventati in aria e la vettura, completamente distrutta nella parte anteriore, si arresta sul fossato a lato della strada. Fra Igor, assordato per il boato e in una nuvola di polvere, riesce ad uscire passando sopra il corpo di padre Norberto che, semicosciente, viene faticosamente estratto dal veicolo dai tre operai rimasti illesi. Fra Igor ha solo ferite lievi, mentre uno degli operai riporta alcune fratture alla spalla. Padre Norberto è invece gravemente ferito ad entrambi gli arti inferiori. Due giovani in moto, avendo sentito l’esplosione, fanno marcia indietro e si recano immediatamente sul luogo dell’incidente. In Centrafrica non esistono le autoambulanze. Bertrand e Emilio, come due buoni samaritani, interrompono il loro viaggio. Questa volta non è un sacerdote che passa oltre indifferente, ma è il sacerdote stesso che, saltato su una mina sulla strada che da Bozoum sale a Bokpayan, giace ferito, con una forte emorragia in corso e quasi morente. Bertrand e Emilio caricano padre Norberto sulla loro moto e lo trasportano all’ospedale di Bozoum, a 22 km di distanza, salvandogli la vita.
Padre Norberto Pozzi, classe 1952, è un missionario Carmelitano Scalzo originario di Lecco. Aveva quasi trent’anni quando, quasi per caso, venne informato che i Frati Carmelitani Scalzi cercavano un volontario per lavorare nella loro missione in Centrafrica. Norberto, che da poco aveva lasciato la fidanzata, lascia anche il lavoro, le canzoni di Celentano e, nel 1980, arriva a Bozoum. E inizia a costruire chiese, scuole, dispensari e un seminario. Dopo otto anni decide di entrare nell’Ordine Carmelitano. Si reca quindi in Italia per il noviziato e gli studi di teologia. E la sua voce, vigorosa e baritonale, si converte al canto dei salmi della preghiera conventuale. È in questi anni che, giovane seminarista, conosco padre Norberto, nominato nostro assistente. Ordinato sacerdote nel 1995, padre Norberto rientra in Centrafrica dedicandosi soprattutto all’evangelizzazione dei villaggi nella savana, alle scuole e agli ammalati, annunciando il Vangelo in quelle chiese che aveva costruito da giovane laico. Ogni tanto padre Norberto si arrabbia, perché all’Africa vuole così bene che non sopporta, quando sono in gioco le esigenze del Vangelo, compromessi o pigrizie. Per ben tre volte è vittima degli agguati dei banditi, in uno dei quali i proiettili si conficcano nel poggiatesta del sedile, in un altro le pallottole raggiungono la scatola delle marce e, in un altro ancora, è derubato e rischia di essere sequestrato.
Ma ritorniamo all’ospedale di Bozoum, dove accorrono padre Marco e padre Juan. Le ferite di padre Norberto vengono ripulite dalle schegge, medicate e poi vengono effettuate due trasfusioni: tutto quello che si doveva e si poteva fare in un piccolo ospedale nella savana del nord del Centrafrica. Ma la situazione necessita al più presto un trasporto nella capitale perché padre Norberto è in pericolo di vita.
La notizia mi raggiunge mentre mi trovo, con i nostri seminaristi, nel monastero delle carmelitane scalze di Yaoundé, in Camerun. Contatto subito l’Ambasciatore italiano che, immediatamente, chiede ai responsabili delle Nazioni Unite in Centrafrica un elicottero per trasportare padre Norberto a Bangui. Purtroppo in Centrafrica non è possibile volare di notte, neanche per un’emergenza. Si esclude un trasporto in macchina fino all’ospedale di Paoua, 120 km a nord di Bozoum. Il viaggio sarebbe troppo lungo e pericoloso. Il volo viene quindi rimandato al mattino, sperando che padre Norberto possa superare la notte.
Mi appresto a celebrare la Messa con i miei confratelli e le mie consorelle. Quando pronuncio le parole “Questo è il mio corpo… questo è il mio sangue…” penso a quanto siano vere per questo mio confratello che sta fisicamente perdendo una parte del suo corpo e versando il suo sangue per l’Africa, per la Chiesa, per i più poveri, per i fedeli del villaggio di Bokpayan per i quali avrebbe voluto celebrare l’Eucaristia. Ora offre un’altra Eucaristia, sull’altare di un letto dell’ospedale di Bozoum, all’esterno del quale si radunano spontaneamente dei cristiani, soprattutto giovani, per pregare perché padre Norberto non muoia. In serata padre Marco gli amministra l’unzione degli infermi. E, a turno, i padri, le suore e i cristiani di Bozoum vegliano tutta la notte accanto a padre Norberto in attesa dell’elicottero. Ma non si prega solo a Bozoum. Un incendio di preghiera, più forte dell’esplosione della mina, divampa improvvisamente in Centrafrica, in Italia e in altri parti del mondo. Tante, tantissime persone pregano per padre Norberto, anche se non l’hanno mai conosciuto. Pregano il rosario, la preghiera preferita e irrinunciabile di padre Norberto.
Al mattino arriva finalmente l’elicottero delle Nazioni Unite del contingente del Bangladesh. Padre Norberto e gli altri feriti vengono trasportati a Bangui. Dopo una sosta all’ospedale civile della capitale, padre Norberto viene trasferito all’ospedale militare dei caschi blu e preso in carico da una équipe di medici serbi. Un’infermiera, con grande dispiacere di padre Norberto, si permette di tagliargli la barba, la barba più bella e più lunga di tutto il Centrafrica. “Meglio la barba che una gamba”, diciamo noi per sdrammatizzare e scongiurare il peggio. L’indomani, dopo un intervento di tre ore, Padre Norberto, i cui parametri vitali sono preoccupanti, viene trasportato d’urgenza, con un aereo delle Nazioni Unite, a Entebbe, in Uganda, e poi ricoverato in terapia intensiva al Nakasero Hospital di Kampala, la capitale del paese. L’Ambasciata italiana si prende immediatamente cura del nostro confratello.
La sera del giorno seguente, lunedì 13 febbraio, mentre mi trovo ancora Yaoundé, padre Norberto subisce un altro intervento chirurgico durante il quale vengo contattato. I medici ritengono necessaria l’amputazione del piede sinistro, quasi completamente distrutto a causa dell’esplosione. Non è una decisione facile. Mi consulto con il medico dell’ambasciata e soprattutto con Claudio, medico e fratello maggiore di padre Norberto. Se il piede è di Norberto, Norberto di chi è? Dei frati o della famiglia Pozzi? Claudio sa bene che, dal 1980, il Carmelo è ormai la famiglia di Norberto. Ma resta pur sempre suo fratello. Con Claudio, medico in pensione, competente e rispettosissimo della nostra famiglia, l’intesa è perfetta e ogni decisione è concordata insieme senza difficoltà. L’arto non può essere recuperato e l’amputazione è inevitabile per evitare il rischio di setticemia e per permettere a padre Norberto di poter tornare a camminare con una protesi. Padre Norberto accetta serenamente. Mi vengono alla mente le parole di Gesù, ascoltate il giorno precedente durante la Messa domenicale: “Se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna”. Il caso di Norberto è un po’ diverso. Non perché si tratta del piede sinistro invece che della mano destra, ma perché – non per scandalo, ma per fedeltà alla propria missione – il Vangelo chiede di lasciare tutto, di perdere sé stessi. Anche una parte del nostro corpo.
La sera di venerdì 17 Febbraio arrivo finalmente in Uganda, la perla dell’Africa. Kampala, situata poco sopra all’equatore a 1.200 m di altitudine, è una grande e moderna città affacciata sul lago Vittoria, il più grande dell’Africa e dove si trovano le sorgenti del Nilo. Sono ospite del Nunzio Apostolico, mio compaesano, che gentilmente mette a mia disposizione la sua macchina e il suo autista. Prima e durante il mio soggiorno in Uganda tante persone si sono rese disponibili per assistere padre Norberto come la dott.ssa Anne, Johnson, sr. Sylvie, Stefano e Manolita… Non sapevamo di avere così tanti amici a Kampala!
Sabato mattina abbraccio finalmente padre Norberto che si trova ancora in terapia semi-intensiva. Non ricorda nulla dell’esplosione. Non mi parla del piede che non c’è più, ma del desiderio di tornare in Centrafrica, di terminare la costruzione di una chiesa in un villaggio, della necessità di qualcuno che possa continuare il suo lavoro tra i cristiani della savana. E quando gli trasmetto tutti i messaggi ricevuti, da tanti amici conosciuti e sconosciuti, si schermisce, quasi imbarazzato per tanta e improvvisa notorietà. E mi dice di essere, lui, alto e muscoloso, nient’altro che un piccolo uomo.
In pomeriggio riesco a fare una breve visita a Namugongo, il santuario dei martiri ugandesi. Qui, tra il 1885 e 1887, ventidue cristiani cattolici, tra i quali il giovanissimo Kizito, e altrettanti anglicani, servitori del re Mwanga II, vennero torturati, mutilati, trafitti da lance e infine bruciati per aver rifiutato di rinnegare la loro fede davanti alle pretese del sovrano, scrivendo con il loro sangue una delle pagine più intense dell’Africa nera cristiana. Prego per padre Norberto, che per fortuna è vivo, per tutte le persone, soprattutto bambini (ben diciannove nel 2022), che a causa delle mine sono purtroppo state uccise. Prego per la conversione di quegli uomini che, come trappole micidiali, hanno seminato di ordigni le strade del Centrafrica. E che credono, ma si sbagliano, di amare il Centrafrica.
Dopo alcuni giorni – di fronte anche all’eventualità di un’ulteriore amputazione, che per fortuna non avverrà – decidiamo di trasferire padre Norberto in Italia perché possa essere curato a Bologna. Non è un’impresa semplice trasportare un malato in simili condizioni. E non soltanto dal punto di vista economico e burocratico, ma soprattutto tecnico. Con l’aiuto dell’Ambasciata italiana e dei miei confratelli riusciamo ad organizzare l’impresa. La sera di giovedì 23 febbraio lasciamo il Nakasero Hospital e, in ambulanza a sirene spiegate, attraversiamo Kampala, un agglomerato urbano di circa 8.000.000 di abitanti, per raggiungere l’aeroporto di Entebbe. Poco dopo la mezzanotte partiamo, con un volo della compagnia KLM diretto ad Amsterdam, accompagnati da un medico ugandese. Poi, con un piccolo jet dell’Air Ambulance e un equipaggio medico, raggiungiamo Bologna, dove ad attenderci troviamo la Croce Rossa Italiana. Dopo quasi 16 ore di viaggio, da Kampala a Bologna, arriviamo finalmente all’Istituto Ortopedico Rizzoli. Quando abbraccio Claudio, non riesco a trattenere le lacrime: “Missione compiuta!”, gli sussurro, “Siamo riusciti a portare tuo fratello vivo in Italia!”. E mi racconta di Cerry (così lo chiamano nel rione di Acquate), quinto di sei figli e nato settimino. Sua madre utilizzò come incubatrice il calore di una vecchia stufa. Da piccolo, Norberto aveva difficoltà a parlare. Chi l’avrebbe mai immaginato che un giorno sarebbe partito in Africa per annunciare il Vangelo?
“Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza”: sono le parole del profeta Isaia che cantano la bellezza dei piedi di ogni missionario che annuncia il Vangelo e che porta la pace dove c’è la guerra. Tante volte ci ricordate che la nostra missione comporta un rischio per la vita. E noi vi tranquillizziamo, dicendo che non è vero. Per una volta siamo costretti a darvi ragione. Uno di noi, per annunciare il Vangelo, per portare la pace dove c’è la guerra, ha veramente rischiato la vita.
Grazie, padre Norberto, per il coraggio e la dedizione con cui hai annunciato il Vangelo e con cui desideri annunciarlo – anche con un piede solo – in un paese che ancora inciampa sul cammino della pace. Chi di noi, nella tua situazione, avrebbe mantenuto la tua stessa serenità? Starti accanto è stato un onore e un privilegio. La macchina distrutta a Bozoum, la barba tagliata a Bangui, il piede lasciato a Kampala, il cuore rimasto in Centrafrica… ma il missionario vuole camminare ancora.
Padre Federico
A nome di padre Norberto, dei miei confratelli e della famiglia Pozzi desidero ringraziare in particolare alcune persone:
- Bertrand e Emilio.
- Dott. Boris Imere-Mbioko e tutto il personale dell’ospedale di Bozoum.
- Le Nazioni Unite della missione Minusca in Centrafrica, i caschi blu del contingente del Bangladesh e i medici del contingente serbo.
- Le Ambasciate italiane a Yaoundé e a Kampala; in modo particolare gli ambasciatori Filippo Scammacca del Murgo e Massimiliano Mazzanti, il vice-ambasciatore Mario Savona, il dott. Maurizio Destro e la dott.ssa Catherine Namara.
- Il personale del Nakasero Hospital di Kampala; in modo particolare il dott. Edward Nadumba, la dott.ssa Anne Mbiya Kapinga e il sig. Parfait Harerimana.
- Mons. Luigi Bianco, don Krzysztof Seroka e William della Nunziatura Apostolica in Uganda.
- Johnson, suor Sylvia, Stefano e Manolita di Kampala.
- La compagnia aerea KLM, Air Ambulance, la Croce Rossa Italiana di Bologna.
- Il personale dell’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna; in modo particolare il prof. Marco Innocenti e la sua équipe.
- Il Padre Generale dei Carmelitani Scalzi Miguel Márquez Calle.
- Tutte le persone che, in quest’esplosione di grazia, hanno sostenuto padre Norberto con la loro preghiera, la loro amicizia e la loro generosità.
Sarò in Italia dal 15 aprile al 25 maggio.
Se volete aiutarci ad affrontare le spese per i viaggi, le cure mediche e la protesi di padre Norberto e per acquistare un nuovo veicolo per la missione di Bozoum, potete seguire le indicazioni qui sotto:
1) Bonifico bancario:
MISSIONI CARMELITANE LIGURI CONVENTO DEI CARMELITANI SCALZI
IBAN: IT 42 D 05034 31830 000000010043
BIC/ SWIFT CODE: BAPPIT21501
2) PayPal: missioni@carmeliligure.it
3) Conto Corrente Postale n. 43276344 intestato a MISSIONI CARMELITANE LIGURI – CONVENTO DEI CARMELITANI SCALZI
4) Per la detrazione fiscale:
AMICIZIA MISSIONARIA ONLUS
IBAN: IT 72 H 07601014 00000043276444
CCP: 43276444
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