POETANDO

In questo blog raccolgo tutti gli scritti, poetici e in prosa, disegni e dipinti di mia ideazione. Recensioni stilate da me e da altri autori. Editoriali vari. Pubblico poesie, racconti e dialoghi di vari autori.Vi si possono trovare gallerie d'arte, fotografie, e quant'altro l'estro del momento mi suggerisce di pubblicare. Sulla banda destra della home page, appaiono i miei e-book poetici ed altre sillogi di alcuni autori. Così come le riviste online de L'Approdo e de La Barba di Diogene, tutto si può sfogliare, è sufficiente cliccare sulla copertina. Aggiungo che , sempre nella barra a destra della home page ci sono mie video poesie, con sottofondo musicale. E' sufficiente cliccare sull'immagine per ascoltare testo e musica, direttamente da YouTube. Tutte realizzate dalla eclettica Anna Montella., Ci sono poi i miei libri scritti nel corso di circa 10 anni. Buona lettura e buon ascolto!

lunedì, dicembre 25

FESTEGGIAMO IL NATALE CON VARI PRESEPI e dai DISCORSI DI SAN LEONE MAGNO, PAPA





Dai “Discorsi” di San Leone Magno, Papa

(Disc. 1 per il Natale, 1-3; PL 54,190-193)

Riconosci, cristiano, la tua dignità


 Il nostro Salvatore, carissimi, oggi è nato: rallegriamoci! Non c’è spazio per la tristezza nel giorno in cui nasce la vita, una vita che distrugge la paura della morte e dona la gioia delle promesse eterne. Nessuno è escluso da questa felicità: la causa della gioia è comune a tutti perché il nostro Signore, vincitore del peccato e della morte, non avendo trovato nessuno libero dalla colpa, è venuto per la liberazione di tutti. Esulti il santo, perché si avvicina al premio; gioisca il peccatore, perché gli è offerto il perdono; riprenda coraggio il pagano, perché è chiamato alla vita.

 Il Figlio di Dio, infatti, giunta la pienezza dei tempi che l’impenetrabile disegno divino aveva disposto, volendo riconciliare con il suo Creatore la natura umana, l’assunse lui stesso in modo che il diavolo, apportatore della morte, fosse vinto da quella stessa natura che prima lui aveva reso schiava. Così alla nascita del Signore gli angeli cantano esultanti: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama» (Lc 2,14). Essi vedono che la celeste Gerusalemme è formata da tutti i popoli del mondo. Di questa opera ineffabile dell’amore divino, di cui tanto gioiscono gli angeli nella loro altezza, quanto non deve rallegrarsi l’umanità nella sua miseria! O carissimi, rendiamo grazie a Dio Padre per mezzo del suo Figlio nello Spirito Santo, perché nella infinita misericordia, con cui ci ha amati, ha avuto pietà di noi, e, mentre eravamo morti per i nostri peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo (confr. Ef 2,5) perché fossimo creatura nuova, nuova opera delle sue mani.







MENTRE IN EUROPA...di P. MAURO ARMANINO




Mentre in Europa...

 Ci si industria a orientare, controllare, limitare, punire e organizzare le migrazioni qui, dall’altra parte del mondo chiamato creativamente Sahel, ci sono altre realtà con le quali fare i conti. Ad esempio c’è Emanuel, liberiano di nascita, che soleva passare spesso a salutare e chiedere consigli e soprattutto aiuti. Non si vedeva da tempo perché imprigionato per un anno per una storia inverosimile. E’ stato rilasciato ieri, per grazia ricevuta, onde decongestionare il carcere civile di Niamey la cui popolazione è cresciuta in modo insostenibile in questi ultimi anni. Ha sopravvissuto solo per via dei miracoli che si moltiplicano senza darlo a vedere da queste parti del mondo poco strutturato per tali sventure. Ha dovuto pagare il ‘re’ della cella per un posto letto di alcune decine di centimetri quadrati. Lavarsi era un’avventura occasionale quotidiana. Mentre in Europa si compra il Natale spesso rinnegandolo nei fatti, ritorna alla ribalta dopo qualche mese Camara, originario della Costa d’Avorio. Espulso dal Marocco, dall’Algeria e poi gettato nel deserto era sbarcato con l’intenzione di trovare se stesso tra i meandri della vita. Si trovava tra coloro che erano stati ripescati nel mare dalla guardia costiera marocchina. Aveva visto l’altra riva da lontano e da allora non l’aveva più dimenticata. Dice che, una volta tornato al suo Paese, preparerà i documenti personali e di viaggio per partire regolarmente dall’altra parte. Cerca qualcosa con cui coprirsi dal fresco delle notti passate nei pressi degli uffici dell’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni. Dice che non mangia da un paio di giorni e che, per imbrogliare lo stomaco, beve acqua a non finire. Attende un regalo per Natale. Mentre in Europa ci si interroga su identità di genere e in generale il matrimonio è in cerca d’autore passano a salutare Celestine e Boa. Si sposeranno a fine mese in cattedrale a Niamey. Lei togolese e lui liberiano, con un figlio adottato nell’attesa forse di altri che forse arriveranno, da migranti come tutti, su questa terra che diventa un esilio per troppe persone. Si sono incontrati qui, entrambi stranieri in questo Paese che dopo essere stato per qualche giorno nei primi titoli dei notiziari è in fretta tornato alla sabbia da dove veniva. Non sarà certo il loro matrimonio a cambiare le sorti del colpo di stato militare che tiene fino ad oggi imprigionato il presidente eletto, dubbiosamente, nel 2021. Non ci sarà nessun viaggio di nozze vista la chiusura delle frontiere che persiste finora. Il riso degli sposi sarà messo da parte per la cucina. Mentre in Europa si è smarrito il sentiero della vita e si è adottato l’effimero come unico orizzonte, arriva, trafelato, l’amico Khalifa, libico di origine. E’ scappato dal suo Paese a causa della persecuzione religiosa dopo aver scelto di diventare cristiano. Incarcerato, battuto e minacciato di morte scappa in Algeria e da lì, espulso come di prammatica dai militari, arriva fortunosamente a Niamey e si presenta all’ufficio dell’Alto Commissariato per i Rifugiati. Accolto dai funzionari riceve in cambio un foglio plastificato col nome, la data di arrivo , un numero di riconoscimento e poi più nulla. Non si allontana dall’ufficio che centralizza i servizi e, stanco di non mangiare e dormire accetta di alloggiare nella casa degli amici del Togo. Passa perché pure lui non mangia da alcuni giorni e teme il ritorno al Paese. L’essenziale per lui è il cibo e una croce al collo. Mentre in Europa si fanno le guerre per procura, si investono sempre più soldi nella fabbricazione, l’acquisto e la vendita di armi. Nella tacita ipocrisia accettata e riprodotta da buona parte dei media compiacenti, ci si presenta al mondo come paladini del diritto e della pace. Nessuno ci crede più perché le promesse di giustizia, equità, solidarietà e bene comune sono state da tempo abbandonate o buttate al macero. Qui si sentono e soffrono le conseguenze delle armi, guerre e geopolitiche in subappalto. Milioni di persone col diritto di vivere si trovano nella categoria degli sfollati, rifugiati, abbandonati, dimenticati e liquidati sull’altare di interessi politici, religiosi e soprattutto economici. Il Dio, preso come ostaggio da una parte o dall’altra dei poteri, sta coi bambini della Sierra Leone che qui non hanno neppure una mangiatoia.

Mauro Armanino, Niamey, 24 dicembre 2023


mercoledì, dicembre 20

Qualche immagine del Natale a Brusson - Aosta (Val d'Aosta) e aurora a Busto Arsizio

 

Albero di Natale in piazza ad Aosta



Presepe di Alessandra della Thun

Banchi di NATALE


PISTA DI PATTINAGGIO


AURORA A BUSTO ARSIZIO (VA)

martedì, dicembre 19

Il CALENDARIO 2O24 DI ANNA MONTELLA, CHE CONTIENE UNA SPLENDIDA POESIA DI MA RAJA

 








Ho trovato qualcosa per sorridere...il riso fa buon sangue vero?

 










Buon Natale da Arenzano… con un aggiornamento da Bangui! di Padre Provinciale Federico Trinchero



Buon Natale da Arenzano… con un aggiornamento da Bangui!

Notiziario n°34, 17 Dicembre 2023

Carissimi amici,

questa volta non vi scrivo dal Centrafrica, ma dall’Italia. Come forse alcuni di voi avranno già saputo, nel mese di aprile, i miei confratelli mi hanno eletto Provinciale dei Carmelitani scalzi della Liguria e quindi ho lasciato la missione di Bangui. La Provincia ligure (fondata nel lontano 1584, a soli due anni dalla morte di Santa Teresa) si compone attualmente di sette conventi e quattro monasteri, ma comprende anche due delegazioni all’estero: quella nella Repubblica Centrafricana (fondata nel 1971 e con cinque conventi) e quella nella Repubblica Ceca (fondata nel 1993, con due conventi e due monasteri). Si tratta di una grande famiglia di circa 100 frati, 60 monache e più di 300 laici carmelitani sparsi in tre paesi e di differenti nazionalità.

Per questa ragione, e anche se il mio servizio comporterà frequenti spostamenti, per i prossimi tre anni risiederò normalmente nel convento di Arenzano, vicino a Genova. Vivo nella stessa comunità con padre Anastasio, anch’egli di ritorno in Italia dopo 25 anni trascorsi a Praga, e con padre Davide, nuovo responsabile dell’animazione missionaria. Lasciare l’Africa – e soprattutto i miei confratelli e la missione di Bangui – non è stato semplice. Dopo quattordici intensissimi anni – vissuti tra i giovani in formazione, l’insegnamento, tanti progetti, la guerra, i profughi, il faticoso cammino verso la pace e poi il cantiere per il nuovo convento – il Centrafrica era diventato la mia seconda patria e il Carmelo centrafricano la mia famiglia. Sicuramente molte cose sono rimaste a metà; ma è anche bello lasciare che altri portino avanti ciò che si è iniziato. Questo è ancora più vero e urgente per i miei confratelli centrafricani, chiamati ormai a raccogliere il testimone dalle mani dei missionari italiani e a continuare l’opera di evangelizzazione e di trasmissione del carisma carmelitano. Si tratta di un passaggio delicato e necessario, quasi una scommessa sulla quale, con tanta fiducia e non poco coraggio, ci è sembrato fosse arrivato il momento di puntare. Per quanto mi riguarda, invece, posso solo dire che la nuova missione che mi è stata affidata è sicuramente impegnativa, ma posso contare sull’aiuto e la dedizione di tanti confratelli e consorelle, ognuno generosamente concentrato nella sua piccola o grande missione.

Per fortuna continuerò a recarmi regolarmente in Centrafrica. Ci sono stato nel mese di ottobre, in occasione della professione solenne di fra Rufin e dell’ordinazione sacerdotale di fra Alfred, fra Wilfrid e fra Aimé. Non posso nascondere la gioia, e anche un briciolo di orgoglio, nel poter vedere questi giovani, dopo tanti anni di cammino, arrivare finalmente alla meta.  Fra Alfred, originario di un piccolissimo villaggio nel nord del Centrafrica, arrivò in convento con la sua vecchia bicicletta scassata e senza freni. E non si fermò più, nonostante alcune difficoltà negli studi, fino a diventare finalmente sacerdote. Fra Rufin, invece, è il primo carmelitano di Bossemptelé. Padre Niccolò, fondatore della missione, lo battezzò appena nato. Le suore della missione, intuendo profeticamente le buone disposizioni del bambino, lo accolsero nella loro scuola: unico maschio in una classe di sole femmine. Poi Rufin entrò in Seminario e percorse tutto il cammino di formazione. Come è vero che c’è chi semina – senza vedere i frutti del proprio lavoro –, chi innaffia con fiducia, chi pota con pazienza e chi raccoglie con gioia e riconoscenza! Certo non avrei potuto immaginare che un giorno avrei avuto l’onore di accogliere nelle mie mani – nella situazione non prevista di Provinciale – l’impegno definitivo di fra Rufin nell’Ordine del Carmelo.

E siccome la famiglia cresce, anche la costruzione del nuovo convento procede a buon ritmo grazie al contributo di tante persone: i cinquantacinque operai dell’impresa Le Prevost, Sylvie, Zowé, Révocat, l’architetto Giovanni, i miei confratelli padre Aurelio, padre Mesmin e padre Cyriaque, che mi ha sostituito al Carmel. In questi ultimi mesi si sono aggiunti alcuni volontari italiani: Enrico, Alessio, Mario, Giovanni, Maurizio. Grazie alla loro generosità e alla loro competenza stiamo per terminare questa grande opera. Gli ambienti del secondo piano sono stati completati e siamo già arrivati al tetto. Sono state installate le vetrate della cappellina (opera di padre Aurelio) e sono stati costruiti ben 48 archi di mattoni nelle verande del primo piano e all’ingresso. È in corso l’installazione dell’impianto elettrico e idraulico, delle porte, delle finestre e delle inferriate. Nei prossimi mesi inizierà la posa dei sanitari, dei pavimenti, dei soffitti in legno, la tinteggiatura e lo scavo dei canali di scolo. Anche se è noto che le rifiniture richiedono molto tempo e molta pazienza, possiamo dire che iniziamo a vedere il traguardo all’orizzonte. L’opera non è ancora terminata, e occorrerà arredare tutti gli ambienti, ma contiamo di poter inaugurare il nuovo convento nel corso del prossimo anno. Poi ci attende un’altra avventura: la costruzione della foresteria e della chiesa. 

Sicuramente, quando il 16 luglio 2021 avevamo posato la prima pietra, non potevamo immaginare cosa avrebbe comportato la gestione di un cantiere così importante. Se non sono mancati ostacoli e imprevisti di diverso tipo – sia tecnici che economici – dobbiamo veramente ringraziare il Signore per averci sostenuti fin qui. Mi sia permesso di ringraziare ancora una volta il nostro Ordine, le nostre consorelle di clausura, alcuni organismi e tanti benefattori che ci hanno aiutato con generosità e fiducia nei nostri confronti. La realizzazione di questa grande impresa non sarebbe stata possibile senza il vostro aiuto. Anche chi ha potuto dare poco – fosse anche per un solo mattone, una carriola di sabbia o un sacco di cemento – può legittimamente ritenere di aver collaborato alla costruzione di questo grande convento.

Buon Natale!

Padre Federico

Se volete offrire un contributo per la costruzione del nuovo convento, della foresteria o della nuova chiesa potete fare:

1) Un bonifico bancario a MISSIONI CARMELITANE LIGURI usando l'IBAN: IT42D0503431830000000010043 (CODICE SWIFT per un bonifico dall’estero: BAPPIT21501).

2) Un versamento tramite Conto Corrente Postale n. 43276344 intestato a AMICIZIA MISSIONARIA ONLUS.

NB: Indicate nella causale: NUOVO CONVENTO E NUOVA CHIESA CARMEL DI BANGUI

Più informazioni sul sito www.amiciziamissionaria.it





Professione

Ordinazione

Seminaristi Yole

Cantiere

Cantiere

Cappella


Frati








Mario

Alessio e Giovanni
Giovanni


COSPIRAZIONI E COSPIRATORI NEL SAHEL di P. MAURO ARMANINO


     Cospirazioni e cospiratori nel Sahel

La prima cosa che respiriamo assieme, in questa stagione del Sahel chiamata dell’HARMATTAN è la polvere. La respiriamo proprio tutti seppure in misure distinte. C’è chi mette le mascherine da Covid e chi, più rispettoso della tradizione, copre buona parte del volto col turbante sullo stile dei ‘tuareg’ che in questo ambito hanno una grande esperienza. Respirare assieme è proprio ciò che significa, etimologicamente, una ‘cospirazione’. Lo ricorda il dizionario...’ La parola cospirazione deriva dal latino cum spirare (respirare con), e cioè essere animati dal medesimo afflato, per indicare un accordo profondo, intellettuale e sentimentale, in direzione del conseguimento dell'obiettivo prefissato’. il respiro e lo spirito affondano nella stessa radice etimologica. Che quindi i cospiranti, alla fine, sono quelli che condividono un medesimo spirito, un uguale, affratellante slancio dell’animo. Talvolta condividono anche l’avversione o sovversione del sistema.
Nel Sahel ci sono infatti cospirazioni e cospiratori ma non solo per causa della polvere che si respira. C’è chi cospira per mestiere e chi per convenienza, chi si accontenta di un cambiamento di facciata e chi vuole la rivoluzione. Abbiamo gruppi armati che aspirano ad una trasformazione radicale dell’assetto sociale e troviamo nella stessa zona i banditi che applicano all’oggi le razzie di un tempo con l’appoggio di mercanti di armi, droga e persone umane. Anche i milioni di sfollati, rifugiati e profughi, a modo loro, vivono assieme la cospirazione più profonda e unica che ci sia, quella della sofferenza silente e spesso inosservata. I migranti, gli ‘esodanti’, gli avventurieri dal destino segnato per sempre, a loro volta, cospirano per un mondo differente a cominciare dalle frontiere. Spesso senza saperlo si concorre, respirando assieme, alla creazione di una comune frontiera che alcuni si ostinano a chiamare speranza.
La prima cosa che respiriamo assieme in questo spazio, noi cospiratori e fautori di cospirazioni, è la polvere. Fine com’è, ci unisce e ci tradisce proprio come fa la storia umana. Verrebbe allora da suggerire al pallido vento che unisca le polveri di tutto il mondo! La polvere della dignità si congiunge con quella della giustizia per imparare a resistere come solo i poveri, fatti di polvere, hanno imparato a fare per sopravvivere. Respiro, soffio, alito e vento sono ciò che unisce i cospiratori perché della stessa polvere di vento sono impastati. Un vento che passa e si dirige dove non sa, senza frontiere e destinazione, anarchico e imprevedibile, incurante dei regimi di transizione, di eccezione, civili e militari. Un vento che la polvere che la politica di questi mesi dal colpo di stato ad oggi cerca con tenacia invano di mettere a tacere. Nel Sahel i veri cospiratori sono coloro che rincorrono il vento e gli affidano la libertà perduta.

     Mauro Armanino, Niamey, 17 dicembre 2023


1. Unione di più persone che si accordano segretamente per intervenire più o meno radicalmente e violentemente in una situazione politica.
2. Concorso di persone o di energie (non necessariamente ostili) a un determinato fine (non necessariamente dannoso).

martedì, dicembre 12

 Ho ricevuto il segnalibro di dicembre edito da Largo Libro di Acropoli. Da questo ho estrapolato quel che riguarda il mese corrente e il Natale. Sono senza fantasia, oppressa da una malattia che mi sta occupando tanto tempo per esami vari, in attesa di un intervento chirurgico. Quindi ringrazio chi mi invia, come Francesco Sicilia Editore, qualcosa che mi aiuti lo spirito e ad affrontare momenti dolorosi, sia per la perdita di persone care che per la mia salute, intanto comincio da una splendida fotografia scattata dalla mia cara amica Alessandra Giusti, le Alpi Valdostane innevate, visitate da nuvolette rosa, che donano speranza.


Ed ora i "ritagli" del segnalibro  che ho voluto conservare qui sotto.




La neve di Natale di Fausto Valsecchi

Ora nevicherà. Sento l’odore
della neve sospesa nelle stanche
nuvole grigie. E intorno, uno stupore
di cose che fra breve saran bianche.

L’ora ch’io vivo è livida d’attesa.
Una gregge passa, passa lentamente.
L’odore della neve ch’è sospesa
sul mondo sembra quella della mente:

lo stesso odore che le nari agghiaccia,
facendo lacrimare gli occhi stanchi.
Giunge il gregge all’ovile e s’accovaccia,
con gli occhi d’oro sotto i cigli bianchi.

Un altro gregge passa. Ora la neve
incomincia a cadere sugli agnelli.
Io guardo e penso a una carezza lieve
di mani che svaniscono sui velli.

Cade la neve. No, non cade: scende.
È alata. Atterra senza farsi male.
Non s’ode. Io guardo e penso alle leggende…
C’è in terra steso un cielo pastorale.

Gli agnelli andando ne hanno calpestata
la via, così che tutto s’imbruna.
E sul pallore della nevicata
la sera cala come nella luna.

lunedì, dicembre 11

ESPERIENZE E VITE MIGRANTI NEL SAHEL di P. MAURO ARMANINO



Esperienze e vite migranti nel Sahel

La giunta militare al potere nel Niger ha abrogato la legge 036 del 2015 nata su pressioni europee in seguito all’incontro congiunto Europa Africa nella capitale maltese dello stesso anno per il ‘controllo’ dei migranti. Nel frattempo, una novantina di migranti morti nel deserto tra il Niger e l’Algeria, soprattutto donne e bambini in viaggio verso Algeri, soprattutto per esercitare l’antico mestiere della mendicità. L’obiettivo, poco nascosto, dell’abrogazione citata della legge sull’immigrazione, è per demarcarsi dall’Unione Europea che ha rinnovato l’appoggio al presidente Mohammed Bazoum ancora detenuto dai militari. Tra gli obiettivi presunti dell’abrogazione c’è anche quello di avere elementi per negoziare con argomenti ‘sensibili’. La giunta ha pure messo fine ad altre collaborazioni attinenti alle migrazioni, come ad esempio la formazione nella gestione delle frontiere, nel progetto Eucap- Niger. 
Per comprendere e interpretare meglio ciò che sta accadendo nel campo delle migrazioni nel Sahel e altrove, dovremmo fare attenzione a non cadere in alcune trappole:
- La mercificazione o ‘commercializzazione’ dei migranti... usati come "oggetti di scambio" per motivi finanziari o geopolitici... Questo è ciò che fa l'UE, ma anche il Marocco, la Libia, la Tunisia, il Sudan prima della guerra... e il nostro Niger sotto il vecchio regime. Speriamo non accada con le nuove autorità.
- Feticismo per le statistiche, i numeri, il profilo, la cartografia e la classificazione dei migranti e della mobilità in generale per controllare il fenomeno migratorio per meglio usarlo, manipolarlo, controllarlo.
- Accettazione supina e poi assimilata della narrazione dominante che vede la migrazione come un flagello, un'emergenza continua, un problema di sicurezza o umanitario, un problema di scarti residuali....

                                            Testi e contesti

Sappiamo che la storia umana è una storia di migrazioni! Qualsiasi trasformazione sociale avviene attraverso anche tramite la migrazione. Di fatto, la migrazione è uno degli SPECCHI della nostra società!
È il contesto a dettare la nostra agenda, a influenzare le nostre scelte e a guidare il nostro pensiero.... Diamo quindi un'occhiata allo "sfondo" dello scenario che implica e incide sulle migrazioni: innanzitutto, il numero stimato di migranti, circa 300 milioni, a cui vanno aggiunti circa 114 milioni di sfollati e rifugiati. È un mondo in movimento!
I conflitti armati sono almeno in parte responsabili di questi spostamenti, che generano instabilità, insicurezza, crisi alimentari e politiche.
Disuguaglianze sociali, economiche e di genere che non fanno che aumentare il divario tra Paesi, continenti, società e famiglie. Tutto questo non può essere separato dalla crisi e dalla strategia del capitalismo "cannibale", come lo ha definito Nancy Fraser. Il capitalismo sfrutta, spoglia e trasforma tutto in merce. Il suo sistema è un’apartheid applicato: escludere - ridurre l'altro a cosa, disumanizzarlo - usare la violenza per sorvegliare perpetuare il sistema. Senza questa chiave di lettura, non possiamo capire il perché dei muri, il filo spinato, l'esternalizzazione e la militarizzazione dei confini... Il sistema capitalista ha bisogno di schiavi docili, pronti a scomparire quando necessario.
Le politiche continentali, regionali e nazionali devono essere inserite in questo "macro" contesto... Un nuovo regime, le sanzioni, le frontiere, la paura dello straniero... Tutto ciò ha un impatto sulla vita quotidiana e sulla mobilità dei migranti nel Sahel e nel Niger in particolare.
Nel corso degli anni abbiamo imparato che ogni migrante ha la sua migrazione, irriducibile a qualsiasi statistica o "media".  Nel nostro servizio di accoglienza, lavoriamo soprattutto con i migranti di ritorno... quelli che hanno ‘fallito’ (o si è congiurato per farlo fallire) il loro progetto migratorio, almeno per il momento...
- Abbiamo gli espulsi, i deportati, gli espulsi... quelli che hanno finito i loro soldi e vogliono tornare nel loro Paese più o meno liberamente... per questo c’è l'OIM, l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni.
- Poi ci sono i "vecchi" migranti che sono qui da molto tempo... che hanno poche motivazioni per tornare senza soldi o a causa della loro situazione familiare... la vergogna del fallimento... Vivono in alcune zone della città... Altri aspettano di essere accettati...
C’è chi attende l’occasione per tentare di nuovo la fortuna o di trovare altre soluzioni... questi migranti possono sparire da un momento all'altro... oppure sono tornati dopo aver beneficiato dell'OIM e del fondo di re-inserzione al Paese d’origine... Quindi i percorsi sono diversi e a volte lo sono anche le prospettive. La presenza di molti bambini di cui a volte si cercano le madri solleva interrogativi sulla tratta delle persone.

                                        Esperienze e grida 

Il tema che il nostro gruppo di Niamey ha scelto per la prossima Giornata mondiale dei migranti del 18 dicembre è "Migrare per esistere"! Questo ci sembra riassumere l'esperienza dei migranti! La migrazione è infatti un triplice grido:
- Un grido di ribellione contro la società e il mondo così com'è! È un NO al disordine sociale e alla scomparsa generati dalla globalizzazione, dove ci sono pochi vincitori e molti perdenti...
- È un grido di dignità e libertà, nel rispetto del passato, della cultura,  delle radici e dei paesaggi che ci abitano ma allo stesso nel rischio di un altrove che relativizza il determinismo delle origini...
- Un grido di speranza per un futuro che possiamo costruire e immaginare... un mondo diverso in cui le lingue, le religioni e i confini non siano muri ma ponti...
Ecco alcune delle esperienze migranti che sono come simboli o metafore di ciò che si vive nel Sahel:

- Diallo, che è arrivato fino in Marocco, ha cercato di ‘assaltare’ l'enclave di   CEUTA, è stato picchiato, espulso e gettato nel deserto: la tragedia dei confini come filo spinato! Diceva prima di tornare al suo Paese, la Guinea... ’Meglio prigionieri in Europa che liberi in Africa’!

- Violenza sui bambini, assenza di cibo, condizioni di vita pessime, paure... il deserto, le minacce... Donne che non confessano apertamente ciò che hanno subito nei loro corpi...

- Steve, che cambia confini, nomi e nazionalità per farsi accettare. Malato di un tumore al volto... nessuna istituzione, compresa la sua ambasciata, L’UNHCR o l'OIM, si occupano di lui... i poveri possono sparire...
- Boah, un liberiano che si sposerà a fine mese con una donna togolese... anche questa è una migrazione!
Infine, una storia scritta, originariamente in inglese, dall’autore, appena tornato al Paese grazie all’OIM.

                                       IL MIO VIAGGIO MIGRATORIO:

MI CHIAMO ISAAC M. WILLIAMS, SONO UN MIGRANTE DEL GHANA. COME STUDENTE DI INFORMATICA HO ABBANDONATO L'UNIVERSITA’. L'ABBANDONO A QUESTO LIVELLO È STATA LA MIA PIÙ GRANDE DELUSIONE NELLA VITA. SENTIVO CHE SENZA OTTENERE UN TITOLO DI STUDIO IN CAMPO ACCADEMICO ERO UN FALLIMENTO. HO PROVATO INVANO A CERCARE LAVORO PRESSO AZIENDE NEL MIO PAESE, MA NON SONO STATO PRESO IN CONSIDERAZIONE A CAUSA DELL’ABBANDONO CHE MI HA IMPEDITO DI OTTENERE IL MASTER.
HO QUINDI ESCOGITATO UN SECONDO PIANO CHE RITENEVO APPROPRIATO O VANTAGGIOSO PER LA MIA VITA: HO DECISO DI ANDARE IN LIBIA, DOVE UN AMICO MI AVEVA DETTO CHE ERA MOLTO FACILE TROVARE UN LAVORO NEL CAMPO DELLE TECNOLOGIE DELL'INFORMAZIONE E DELLA COMUNICAZIONE.
NON AVENDO SUFFICIENTI INFORMAZIONI SULLA MIGRAZIONE, HO INIZIATO IL MIO VIAGGIO E SONO ARRIVATO A SABHA, IN LIBIA, IL 20 MAGGIO 2022, DOVE SONO STATO ARRESTATO INSIEME A MOLTE ALTRE PERSONE E ACCUSATO DI MIGRAZIONE IRREGOLARE E DI DOCUMENTAZIONE FALSA.
DOPO IL MIO RILASCIO, SONO STATO VENDUTO COME SCHIAVO A UN UOMO ARABO PER IL QUALE HO LAVORATO SENZA RETRIBUZIONE PER QUATTRO MESI; SONO RIUSCITO A FUGGIRE DALLA SUA FATTORIA DURANTE LA NOTTE NEL DESERTO. HO ATTESO CIRCA 38 ORE PRIMA DI INCONTRARE UN UOMO NEL SUO PICK-UP CON LA SUA FAMIGLIA AL QUALE HO SPIEGATO LA MIA SITUAZIONE. MI HA PORTATO IN UN POSTO DOVE HO INCONTRATO DUE LIBERIANI E UN NIGERIANO; UNO DEI LIBERIANI È STATO COMPASSIONEVOLE E MI HA PORTATO DAL SUO MIGLIORE AMICO, UN NIGERIANO, CHE AVEVA UN'OFFICINA DOVE POTEVA RIPARARE APPARECCHI ELETTRICI. SONO POI ARRIVATO A NIAMEY DOVE IL SERVIZIO MIGRANTI E L’OIM MI HANNO AIUTATO. TRA QUALCHE GIORNO TORNO AL MIO PAESE.





   Mauro Armanino,. Niamey, 10 dicembre 2023

Emily Dickinson illustrata con l'opera di Maxim Polyvanyl

 

 Opera di Maxim Polyvanyl


A tutti è dovuto il Mattino,

ad alcuni la Notte. 

A solo pochi eletti 

la luce dell'Aurora.

Emily Dickinson, Poesie (1850-86)


Ringrazio l'artista NORMA TROGU per aver postato questa bellissima opera e la poesia di Emily Dickinson.

giovedì, dicembre 7

LA SCRITTRICE ANGELA FABBRI IERI 6 DICEMBRE 2023 CI HA LASCIATI

 




L'amica comune RENATA RUSCA ZARGAR, che è rimasta in contatto con il fratello di Angela, Stefano Fabbri, mi ha informata ieri della dipartita della scrittrice, della quale ho pubblicato nel corso di diversi anni, sue opere, che trovate qui: 

Insieme abbiamo scritto il libro del quale potete leggere una recensione a questo link

Le mie più sentite condoglianze ai fratelli  Stefano e Daniele, alle cognate e nipoti e a tutte le persone che le hanno voluto bene
Danila Oppio

VITTIME, VITTIMISMI E VITTIMIZZAZIONI: appunti dal SAHEL di P. MAURO ARMANINO

Vittime, vittimismi e vittimizzazioni:                   appunti dal Sahel

La lista sarebbe lunga e indefinita perché entità e identità delle vittime sono in costante processo di ridefinizione e aggiornamento. Si può operare classificando secondo l’importanza, l’urgenza, l’intensità, le modalità e l’opportunità. Ci sono le vittime designate dalla storia, quelle di circostanza, quelle che contano e quelle che passano, per convenzione, inosservate. Oggigiorno si parla assai di cartografie o di sistemi più sofisticati per interagire, reperire, evidenziare o far scomparire le vittime designate. Lai lista dei prescelti, appare e si nasconde a seconda della geografia politica, economica e quella dello spettacolo. 

Il dizionario definisce come vittima un essere umano o animale che, nei riti di alcune religioni, viene consacrata alla divinità e ucciso nel sacrificio. In seconda battuta è chi perde la vita in una sciagura o calamità tipo terremoto, incendio, droga, sulla strada e al lavoro. Oppure, senza includere l’idea della morte, la vittima è, a proposito di chi sia, senza sua colpa, danneggiato da persone o circostanze. Infine, si può trattare di chi si assoggetta alla volontà altrui perché succube e incapace di reagire. Il panorama ‘vittimario’ appare così ampio da includere, ad un momento o l’altro, buona parte dell’umanità.

I nascituri, le madri lasciate al loro destino, le donne violentate, i padri senza autorità, i bambini oggetto di compravendita, gli adolescenti arruolati nelle guerre, i migranti in viaggio, i rifugiati non protetti, gli sfollati non accolti, i carcerati disumanizzati, i malati abbandonati, i perseguitati per motivi politici o religiosi, coloro a chi sono stati sottratti i mezzi per vivere, i disoccupati forzati e le persone rapite. Questi e molti altri sono vittime ufficiali, riconosciute, dimenticate o semplicemente rimosse dalla lista. C’è chi giustifica la sua vita prendendosi cura di loro e chi, grazie a loro, si arricchisce o diventa qualcuno di importante.

In un modo o nell’altro, a seconda delle stagioni della vita e le peripezie della storia, quasi tutti gli abitanti del pianeta sono vittime oppure prezioso e amaro oggetto di vittimizzazione per finire nel vittimismo. Persino da noi, nel Niger dopo il colpo di stato, dichiariamo di essere vittime delle sanzioni economiche, finanziarie e frontaliere. Altri ricordano di essere state vittime del colonialismo e la quasi totalità, di essere vittime sacrificali del sistema capitalista. Persino Dio, col suo particolare statuto, potrebbe sostenere di essere annoverato come indiretta vittima degli umani che, in un momento di debolezza, ha creato.  

Non si uscirà da questo circolo vizioso o dalla farsa di questo ambito se si omette di riconoscere che le prime e autentiche vittime della storia sono la dimenticanza, la parola e la verità. La dimenticanza è all’origine di tutto quanto costituisce l’arsenale simbolico che genera le vittime. Obliare la silenziosa e fragile origine dell’umano che ci accomuna dal primo vagito, significa diventare prede della violenza mortale in seguito. La parola, lo sappiamo, è la prima vittima di tutto ciò che racconta e manipola la realtà a seconda degli interessi dell’ideologia che ci comanda. Infine, la verità, che si trasfigura nei volti delle vittime, ha scelto, in mancanza di meglio, di continuare il suo esilio in cerca di amici sinceri.

         Mauro Armanino, Niamey, 3 dicembre 2023