Il Festival di Sabbia
‘Grazie molte Mauro. Ho apprezzato tutta questa letteratura di sabbia. Dimmi … che penseresti tu di un Festival di Sabbia? Grazie e a presto, AKM’. .. Confesso che l’idea dell’amico esperto in gestione e sviluppo rurale mi ha intrigato. Se etimologicamente la parola ‘festival’ aveva un connotato festivo è da tempo usata per giustificare l’assemblaggio di una vasta gamma di soggetti disparati. Festival musicali, cinematografici, di bellezza, arte, poesia, danza, scienza, filosofia, religione, sport e moda. Ammetto che non avevo mai pensato ad un ‘Festival di Sabbia’ inteso come improbabile celebrazione di questo elemento che caratterizza la vita, la storia e la politica del nostro tempo. D’altra parte, ciò che viviamo nel Sahel non è che un drammatico e affascinante Festival nel quale la sabbia appare come la protagonista ma non la sola.
Lei e, naturalmente, la polvere che di essa si nutre e propaga. In questa stagione cha da queste parti si chiama ‘Harmattan’, il vento del deserto che sposa la sabbia e da questo connubio nasce la polvere che il vento modella, trasporta distribuisce con superba equità nei vari Paesi del Sahel. Si può dunque affermare senza alcun dubbio che il Festival di Sabbia è inseparabile da quello della Polvere. Proprio lei che ricopre il vestito di Lawrence, originario della Liberia, cantante e chitarrista di classe ‘Reggae della Giamaica’. Dopo quindici anni di guerra civile nel suo Paese canta la pace e, già maturo di età, decide di raggiungere il Marocco e se possibile, passare il mare Mediterraneo un giorno. Arrivato a Niamey, complici le frontiere chiuse per le sanzioni decise dopo il colpo di stato nel Niger, si prende un tempo di meditare la sua vita.
I soldi di Lawrence e la voglia di viaggiare sono entrambi finiti nella sabbia che, inutilmente, la ‘cintura verde’ della capitale e cioè gli alberi piantati come barriera, ha cercato di fermare. Ringrazia, passa più volte in ufficio e, in attesa di un non prossimo rimpatrio, si informa su spazi e luoghi dove poter esprimere il suo talento musicale. Il Festival di Sabbia risponderebbe alla sua attesa e solo mancano le condizioni per pubblicizzarlo quanto basta. A chi, invece, riesce bene l’evento menzionato, sono le scelte politiche dei tre Paesi dove i militari hanno preso il potere. Il Mali, il Burkina Faso e il Niger sono orchestrati da capi in uniforme kaki le cui immagini troneggiano, a tratti, su poster giganti nelle strade, sui giornali e circolano sui telefoni cellulari. Dopo aver estromesso le forze francesi dai territori citati, preso di mira gli accordi europei sul controllo delle frontiere e delle migrazioni, hanno imposto il ritiro dal consesso delle nazioni dell’Africa occidentale, chiamata familiarmente CEDEAO. Un Festival di parole e di velleità che la magia della ‘sovranità’ e la salvaguardia della Patria accendono d’immenso. Si rivela un autentico Festival di Polvere.
La stagione secca rima con venti che soffiano talvolta relativamente forti e per questo ‘fabbricano’ tutta la polvere che altera la qualità dell’aria e può favorire le malattie respiratorie come la tosse, mal di gola e influenze. L’organo maggiormente colpito dal fenomeno dalla polvere sono però gli occhi e dunque lo sguardo che si offusca e smarrisce una visione limpida e onesta della realtà. Attorno alle numerose rotonde che abbelliscono la capitale c’è almeno un agente della polizia nazionale che porta il mitra a tracolla, cosa inimmaginabile fino a un paio di mesi or sono. Quanto alle citate frontiere, per non citare che quella con il Benin, sono diventate un mercato in piena regola nel quale militari, marinai, doganieri e agenti antidroga guadagnano come non mai prima. I numerosi viaggiatori che sfidano la chiusura prendendo la piroga sono discriminati a seconda della nazionalità di origine, i documenti in possesso e la mercanzia che trasportano. Ormai da sei mesi il Festival di Sabbia attraversa il fiume Niger in piroga senza darlo a vedere.
Al momento la Democrazia come strumento politico di cambiamento per la quale molti hanno impegnato lotte, energie e talvolta la vita, sembra una realtà passata di attualità. Per fortuna arriva lei, la sabbia di polvere che il vento trascina, per l’unico Festival che davvero conti. Quello dei poveri che, come la sabbia, sono stati per troppo tempo calpestati e umiliati. Sono loro, di diritto, i primi protagonisti di un Festival che, come Lawrence scappato dal suo Paese per esportare la pace, cantano in silenzio la speranza di un popolo.
Mauro Armanino, Niamey, febbraio 2024
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