Al-Kindi, il padre
della crittoanalisi
Abu Yūsuf Yaʻqūb ibn ʼIsḥāq aṣ-Ṣabbāḥ
al-Kindī [nacque nell’801 a Bassora, Iraq e
morì a Bagdad nell’873] è conosciuto come «il filosofo degli arabi» ma fu anche
un sapiente, un matematico, un medico, un musicista ed un crittologo. Fu il
primo filosofo peripatetico arabo ed è ancora comunemente considerato come il
padre della filosofia araba per la sua sintesi, il suo adattamento e la sua
promozione della filosofia greca classica ed ellenistica nel mondo musulmano.
In questa sede analizziamo il suo
contributo alla crittologia.
Consideriamo,
a scopo di esempio, la cifra monoalfabetica [cioè che ha un solo alfabeto
cifrante] ebraica nota come Atbash. In
essa abbiamo un alfabeto chiaro [in verde nella tabella] ed un alfabeto
cifrante [in rosso nella tabella].
a
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b
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c
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d
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e
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f
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g
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h
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i
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j
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k
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n
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q
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v
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w
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y
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z
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Z
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Y
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X
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W
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U
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H
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G
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F
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E
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D
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C
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B
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A
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Per
cifrare il messaggio: «crittografia classica», prendiamo una lettera alla
volta del messaggio chiaro, dalla prima all’ultima e la cerchiamo nell’alfabeto
chiaro [verde]. Una volta che l’abbiamo trovata scendiamo nella riga inferiore
della tabella e prendiamo la lettera della casella corrispondente. La successione
di tali lettere costituisce il messaggio cifrato o cifra.
In questo
esempio la prima lettera del messaggio, la c, viene cifrata con la X, la seconda lettera, r, viene
cifrata con la I e così fino alla fine del messaggio chiaro, la cui cifra è: XIRGGLTIZURZ
XOZHHRXZ .
Ma se un
terzo personaggio, diverso dal mittente e dal destinatario, venisse in possesso
del messaggio cifrato e non conoscesse l’alfabeto cifrante potrebbe comunque
«leggerlo in chiaro?»
1.
La risposta è: «Sì! Grazie al contributo di Al-Kindi».
Ipotizzando
che la lingua in cui è stato scritto il messaggio sia l’italiano e che la
distribuzione delle frequenze delle lettere del messaggio sia simile a quella
della lingua italiana, allora prendiamo un vocabolario della lingua italiana e
scegliamo tutte le parole con esclusione della loro definizione allo scopo di
calcolare queste frequenze. Quindi contiamo tutte le a presenti in queste parole
del vocabolario, poi tutte le b, poi tutte le altre lettere a seguire. Quindi
dividiamo tutti questi valori per il numero totale delle lettere [moltiplicato per
cento] ed otteniamo così la frequenza percentuale di ogni lettera. La e è la
lettera più frequente: la sua frequenza corrisponde circa al 10% del totale, la
a all’8%,
la i
al 9% e così a seguire.
[Nota. Le
lettere accentate o con altri segni diacritici vanno sostituite con le lettere
del’alfabeto di base: cioè la lettera è = e, ê = e, ç = c, ecc.].
Adesso
passiamo al cifrato: in esso calcoliamo la frequenza percentuale di ogni
lettera. Poi paragoniamo le frequenze del messaggio cifrato e della lingua
italiana: ad una data frequenza di una lettera del messaggio cifrato, potrebbe
corrispondere un’analoga o simile frequenza di un’altra lettera della lingua
italiana, possiamo allora porre una relazione di corrispondenza tra le due
lettere, cioè una lettera è la cifra dell’altra. Esempio: se la lettera del messaggio cifrato K ha una
frequenza nel cifrato pari al 10% circa, probabilmente la K del
messaggio cifrato corrisponde alla e del messaggio chiaro [anch’essa ha una
frequenza del 10% circa]. Così, con pochi tentativi, si riesce a risolvere il
messaggio cifrato. Il metodo dell’analisi delle frequenze è stato il contributo
di Al-Kindi alla crittologia: questa tecnica ha costituito il primum movens della
crittoanalisi, una branca della crittologia.
E vediamo la
crittoanalisi in funzione… La regina di Scozia Maria Stuarda, cattolica, complotta
con il cattolico Lord Babington contro sua cugina Elisabetta I, protestante, che
la tiene prigioniera nella torre di Londra ma non ha alcuna intenzione di
sopprimerla. Tra Maria Stuarda e Lord Babington intercorre un fitto scambio di
messaggi che vengono intercettati dal controspionaggio di Elisabetta. Un uomo
dei servizi segreti di Elisabetta, Felipes, a conoscenza della crittoanalisi di
Al-Kindi, risolve tutti i messaggi cifrati con la cifra monoalfabetica dei
congiurati. Questi messaggi dimostrano in modo incontrovertibile la partecipazione
di Maria Stuarda alla congiura per assassinare la regina Elisabetta e per
questo viene processata e condannata a morte mediante decapitazione che avverrà
l’8 febbraio 1587.
Da questo
episodio storico si evince come la cifratura monoalfabetica non sia affatto sicura.
La
risposta dei crittografi all’analisi delle frequenze fu il ricorso alla
cifratura polialfabetica che provocò un’analoga contro risposta crittoanalitica
e questa guerra di tecniche e di ingegni continua ancor oggi!
Silvio dr
Coccaro, medico – chirurgo, ex allievo 1972-1973
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