Deborah, la dottoressa che cura i
pazienti con il Pronto soccorso poetico
16/08/2015
federico taddia
Un’ambulanza. Un
lettino. E una dottoressa dai capelli rossi e lo sguardo di chi sa ascoltare.
Niente flebo, defibrillatori e bombole di ossigeno però: qui le urgenze si
curano a colpi di versi letterari. E’ il “Pronto soccorso poetico”, il
presidio sanitario per l’anima da duemila pazienti all’anno, ideato da Deborah
Alma, scrittrice inglese che a bordo di un’ autolettiga degli anni ’70
acquistata su eBay viaggia da nord a sud della Gran Bretagna prescrivendo
poesie contro il mal di vivere.
“Fin da bambina
volevo fare la scrittrice” – spiega – “Quando mi sono trovata a dover
crescere due figli da single, con pochissimo tempo a disposizione, mi sono
avvicinata alla poesia perché mi permetteva di essere immediata, di creare
qualcosa negli spazi ridotti che avevo per me. Con la scrittura ho poi
lavorato sia con persone affette da demenza senile e sia con i bambini nelle
scuole primarie: nel constatare quotidianamente il benessere che possono
dare le parole giuste dette o lette al momento giusto è nata l’idea della
«Emergency poet»”.
La dinamica è
semplicissima: una volta indossato il camice l’atipica dottoressa invita le
persone a coricarsi sulla barella per sottoporle alla visita. La diagnosi
arriva infatti dopo una lunga chiacchierata durante la quale si toccano i punti
critici delle proprie esistenze. “Formulo domande in grado di evocare zone
belle e tranquille della mente. Citando il poeta irlandese Yeats, per esempio,
chiedo di descrivermi la stanza ideale per quando saranno “vecchi, grigi,
sonnolenti, col capo tentennante accanto al fuoco”, entrando in empatia con
loro e offrendo così un canale per sognare e aprirsi senza inibizioni. In
questo confronto faccio una sorta di radiografia di chi ho davanti a me:
chi è, cosa pensa, quali sono le sue abitudini, cosa lo rende felice e
infelice, quanto è abituato a rilassarsi o a prendersi cura di sé. Poi, una
volta individuati i sintomi, cerco la poesia più adatta tra le oltre 300 che
conservo nel mio archivio”.
Per riprendersi da un
amore non corrisposto il farmaco generico ideale risulta così essere “Amore
dopo amore” del premio Nobel Derek Walcott, contro lo stress e lo sfinimento da troppo lavoro
invece il trattamento prevede “Poscritto” dell’irlandese Séamus Heaney, per
alleviare e rielaborare i lutti ecco “Andrà tutto bene” del nord irlandese
Derek Mahon. Una sorta di ricostituente preventivo, adatto per tutte le
stagioni, è “Agio” del gallese William Henry Davies: un inno alla vita e al suo
flusso da godersi istante per istante.
“Tra le emergenze più
diffuse che mi trovo ad affrontare c’è la solitudine, il bisogno di trovare
qualcuno di cui fidarsi e con cui sentirsi complici. E poi c’è la grande
contraddizione della nostra società: tante persone sanno cosa potrebbe farle
stare meglio e cosa potrebbe nutrire il loro essere. Però non si muovono,
non cambiano niente: sono bloccate a combattere qualcosa di vuoto, come la
carriera, il guadagno o lo status sociale. Mentre si accontenterebbero di cose
più semplici e minute. E allora mi chiedo perché non si diano una mossa a
variare direzione: non esiste un domani, bisogna vivere per l’oggi”.
Tra i progetti nel
cassetto della vulcanica Alma, che si guadagna da vivere organizzando workshop
di scrittura creativa e partecipando a festival letterari, ci sarebbe quello di
portare la sua ambulanza fuori dai confini del Regno Unito, prima in un
tour negli Stati Uniti e poi lungo le strade dell’Europa. Sempre accompagnata
dal marito James, poeta di professione e “poemedic”, ovvero un paramedico della
poesia, per amore. Per ora però le giornate passano nel tentativo di smaltire
le code sotto la veranda allestita a sala d’aspetto. O nel rispondere agli sms
o alle lettere di chi scrive per raccontare gli effetti della ricetta
prescritta. “Ovviamente non sono un dottore. Mi sento una sorta di indovina:
ascolto, capto, colgo le sfumature e con leggerezza oriento gli umori.
E ogni
incontro è una storia a sé: ricordo di una signora molto chiusa, titubante,
quasi sospettosa, che al termine della seduta mi ha chiesto disperatamente
qualcosa sull’amicizia. Poche ore prima aveva perso la sua migliore amica.
Allora le ho consigliato “Friendship” di Elizabeth Jennings, che parla proprio
dei legami che non finiscono mai. E, ancora una volta, sono rimasto sbalordita
nell’osservare quanto una poesia, solo una singola poesia, possa fare la
differenza”.
Amore dopo amore (Derek
Walcott)
Tempo verrà
in cui, con esultanza,
saluterai te stesso
arrivato
alla tua porta, nel tuo
proprio specchio,
e ognuno sorriderà al
benvenuto dell’altro
e dirà: Siedi qui.
Mangia.
Amerai di nuovo lo
straniero che era il tuo Io.
Offri vino. Offri pane.
Rendi il cuore
a se stesso, allo
straniero che ti ha amato
per tutta la tua vita,
che hai ignorato
per un altro e che ti sa
a memoria.
Dallo scaffale tira giù
le lettere d’amore,
le fotografie, le note
disperate,
sbuccia via dallo
specchio la tua immagine.
Siediti. È festa: la tua
vita è in tavola.
Poscritto (Seamus
Heaney)
E trovare il tempo a
volte di andare in auto a Ovest,
Nel Clare, lungo la
Flaggy Shore,
A settembre oppure
ottobre, quando il vento
E la luce si contrastano
Così che da una parte
l’oceano è pazzo
Di schiuma e di
bagliori, mentre all’interno tra le pietre
La superficie di un lago
grigio ardesia è illuminata
Dal lampo terreno di uno
stormo di cigni
Le piume arruffate e
mosse, bianco su bianco
Le teste adulte e
testarde
Chine o affioranti o
indaffarate sott’acqua.
Inutile pensare di
parcheggiare e di afferrarlo
Meglio. Non sei né qui
né là,
Nel premere e passare di
cose estranee e note
Mentre soffici e forti
raffiche prendono l’auto di traverso
E colgono il cuore alla
sprovvista, e lo spalancano.
Agio (William Henry
Davies)
Cos’è questa vita se,
pieni di preoccupazioni,
Non abbiamo il tempo di
fermarci ad osservare.
Non il tempo di fermarci
sotto i rami
Ed osservare a lungo
come le pecore o le mucche.
Non il tempo di vedere,
quando passiamo nei boschi,
Dove gli scoiattoli
nascondono le noccioline nell’erba.
Non il tempo di vedere,
alla luce del giorno,
Ruscelli pieni di stelle
come cieli di notte.
Non il tempo di volgere
lo sguardo alla bellezza
Ed osservare i suoi
piedi danzare.
Non il tempo di spettare
che la sua bocca arricchisca
Il sorriso che i suoi
occhi hanno cominciato.
Povera vita è mai questa
se, piena di preoccupazioni,
Non abbiamo il tempo di
fermarci ad osservare.
Perdita di una persona
cara
“Oche selvatiche” (Mary
Oliver)
Non devi essere buono.
Non devi camminare sulle
ginocchia
per un centinaio di
miglia attraverso il deserto del pentimento.
Devi solo lasciare che
l’animale tenero del tuo corpo
ami ciò che ama.
Parlami di disperazione,
la tua, e ti dirò la mia.
Nel frattempo il mondo
va avanti.
Nel frattempo il sole e
i chiari cristalli della pioggia
si muovono attraverso i
paesaggi,
sulle praterie e le
distese di alberi,
le montagne e i fiumi.
Intanto le oche
selvatiche, alte nell’aria blu e tersa,
ancora una volta fanno
ritorno a casa.
Chiunque tu sia, non
importa quanto solo,
il mondo si offre alla
tua immaginazione,
ti chiama come le oche
selvatiche, severe ed emozionanti
ripetutamente
annunciando il tuo posto
nella famiglia delle cose.
Per il cuore spezzato
dall’amore
Un estratto dal poemetto
“East Cocker” di T.S.Eliot
Ho detto alla mia anima:
taci, e lascia che il buio scenda su di te,
sarà l’oscurità di Dio.
Come in un teatro,
si spengono le luci per
poter cambiare la scena
con un cupo rombo d’ali,
con un movimento dell’oscurità sul buio,
e noi sappiamo che le
colline e gli alberi, il panorama lontano
e l’imponente ardita
facciata, tutto, tutto viene arrotolato e messo via –
O come quando un treno
della metropolitana si ferma troppo a lungo tra due stazioni
e allora la
conversazione cresce, poi un po’ per volta svanisce nel silenzio.
E vedi che dietro ad
ogni faccia si spalanca il vuoto mentale
lasciando soltanto il
terrore di non avere nulla a cui pensare;
o quando, sotto l’etere,
la mente è cosciente, però cosciente di nulla –
Ho detto alla mia anima:
resta in silenzio, e attendi senza speranza
perché la speranza
sarebbe speranza mal riposta: aspetta senza amore
perché l’amore sarebbe
mal riposto; resta la fede ma la fede
e l’amore e la speranza
sono tutte nell’attesa.
Attendi senza pensiero,
perché tu non sei pronta al pensiero:
cosí l’oscurità sarà
luce, e la quiete danza.
Contro la solitudine
“Nessun uomo è un’isola
(Meditazione XVII)” di John Donne
Nessun uomo è un’Isola,
intero in se stesso.
Ogni uomo è un pezzo del
Continente,
una parte della Terra.
Se una Zolla viene
portata via dall’onda del Mare,
la Terra ne è diminuita,
come se un Promontorio
fosse stato al suo posto,
o una Magione amica o la
tua stessa Casa.
Ogni morte d’uomo mi
diminuisce,
perché io partecipo
all’Umanità.
E così non mandare mai a
chiedere per chi suona la Campana:
Essa suona per te.
Ringrazio Padre Nicola Galeno, per aver condiviso con me questo articolo, ricevuto a sua volta da un suo amico bolognese.
Danila
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