La violenza, la prepotenza e
l’invadenza della pubblicità
Anche se di rado, mi capita di accedere alla versione
elettronica di due quotidiani di rilevanza nazionale. Ma ben presto ne interrompo
la lettura, perché mentre do una rapida scorsa ad un articolo che suscita il
mio interesse, mi viene sparato a tutto schermo un chiassoso video
pubblicitario, che dovrei sorbirmi per forza. Allora, come reazione, abbandono
il sito. È evidente la natura ricattatoria della pubblicità ospitata dal
giornale: «Vuoi leggere l’articolo senza pagare? Allora fammi guadagnare lo
stesso attraverso la pubblicità che t’impongo!».
Mi piace molto comprare su Internet, perché vi è una scelta
senza fine di prodotti che spesso non sono reperibili nei comuni negozi al
dettaglio e che tramite i corrieri mi vengono recapitati comodamente a casa. Il
sito che più utilizzo è Amazon in cui vi è una pubblicità discreta che accetto.
Ad esempio, se visualizzo un articolo, la sua pagina web me ne propone altri
simili come alternativa. Poiché sono intenzionato, almeno potenzialmente, ad
acquistare, questo lo trovo utile per affinare e ampliare la mia ricerca. Poi
vi è una sezione un po’ più invasiva, che posso consultare oppure no, che mi dà
consigli in base ai miei ordini precedenti. E fin qui, per me, ci siamo.
Ma anche Amazon fa, come tanti altri, un uso della pubblicità
che non mi piace e per il quale devo ancora trovare una soluzione. Di che cosa si
tratta? Ho appena detto che Amazon tiene traccia non solo dei miei acquisti ma
anche e soprattutto degli articoli che ho solo visualizzato. Ebbene, questi, con
mio sommo dispiacere, li trovo inseriti nelle pagine di altri siti Internet che
sto visitando! E questo fenomeno riguarda gran parte delle aziende di commercio
elettronico e Google, che ne cura la tecnica. Non posso navigare liberamente nel
Web senza essere perseguitato da un codazzo infernale di avvisi pubblicitari
non voluti e, perciò, odiosi! Libri, scalpelli,
seghetti, frese, cacciaviti e altre chincaglierie mi seguono come un’ombra nei
miei spostamenti nel ciberspazio. Ma io non comprerò su pressione
pubblicitaria. Deciderò autonomamente, scegliendo e la merce e il venditore e il
momento che più mi aggradano!
Per non parlare delle televisioni! Innanzitutto, per me, i
loro programmi sono di uno squallore senza fine! Nonostante ciò, esse hanno un
grande seguito e naturalmente i loro dirigenti ne approfittano per propinare
agli utenti, che paghino o no un canone, messaggi pubblicitari sempre più beceri
e di basso profilo, interrompendo i programmi nei momenti in cui si prevede la
massima attenzione del pubblico. Altro aspetto ricattatorio, ma che rende molto
all’emittente, che incassa fior di quattrini per questa pubblicità «efficace»,
soprattutto se in prima serata.
Quando sono alla guida della mia autovettura, intento a scrutare
la segnaletica stradale, inevitabilmente i miei occhi s’imbattono in miriadi di
cartelloni pubblicitari che dal bordo della strada mi si offrono allo sguardo.
Non si valuta abbastanza quanto deturpino il paesaggio e quanto possano essere
pericolosi perché distolgono l’attenzione dei guidatori dalla strada e dal
traffico. Lungo alcune strade ad alta densità di circolazione essi si
susseguono ininterrottamente.
A casa ho ancora il telefono fisso. Inesorabilmente, all’ora
di pranzo o a quella della pennichella o perfino di sera, il telefono squilla…
«Chi sarà mai? Che cosa sarà successo a quest’ora?» Calma, gente! È quasi sempre
una telefonata pubblicitaria con cui un telefonista lontano cerca, con una
insistenza che spesso rasenta la maleducazione, di impormi un contratto, di farmi
acquistare un bene, di abbonarmi a qualche giornale, addirittura militare… E
dire, che il mio numero di telefono è presente nel Registro delle Opposizioni
che elenca gli abbonati che NON vogliono, esplicitamente, ricevere messaggi
pubblicitari! Esso è regolato da una legge dello Stato ed è un documento ufficiale.
Ma i telefonisti pubblicitari se ne fanno un baffo! Per urbanità e cortesia
replico loro che non sono interessato alle loro proposte. Ma essi insistono oltre
ogni limite di buona educazione e si appigliano ad ogni parola, ad ogni scusa
pur di «piazzare» il loro prodotto!
Un giorno mi trovavo in una piazza di un grazioso paesino
quando ricevetti una telefonata sul mio telefonino. Esattamente al suo termine,
allorché stavo per premere il tasto di fine della conversazione, mi giunse un
sms pubblicitario che mi proponeva di acquistare non ricordo bene che cosa. Ma,
udite, udite! L’sms aveva abilitato solo il pulsante OK, per cui qualunque cosa
avessi fatto, avrebbe comportato l’accettazione da parte mia del suo contenuto ed,
intanto, il telefono era ancora in linea. Per evitare lo sgambetto e per
terminare la comunicazione, dovetti rimuoverne la batteria. Poi, con una certa
stizza, chiamai l’ufficio clienti della rete e formulai l’unica minaccia
possibile a mia disposizione, quella di cambiare gestore! Da allora messaggi simili
non mi sono arrivati mai più.
E che dire della pubblicità sulle riviste scientifiche e sui
giornali politici? Condizionano la loro indipendenza? E quale può essere la
nostra opinione sull’influenza degli sponsor, onnipresenti nello sport
agonistico e professionista?
Passi pure, si fa per dire, che le targhe delle automobili
siano contornate dalle pubblicità dei concessionari… ma a me è capitato di
trovare il bollino dell’agenzia automobilistica che ha istruito
l’immatricolazione della mia auto… addirittura sul libretto di circolazione!
Da lungo tempo, i mezzi pubblici di trasporto sono un «veicolo»
di promozione pubblicitaria, le loro fiancate ed il lunotto posteriore spesso
sono tappezzati da immagini ammiccanti. Le strade grondano di manifesti affissi
in ogni dove, senza che sia rispettata alcuna legge e senza ricorso agli spazi all’uopo
destinati.
Ma la cosa più sorprendente è che durante le competizioni
elettorali i candidati alle cariche elettive, siano esse politiche o
amministrative, distribuiscano ai loro collaboratori una caterva di bigliettini
propagandistici che questi ultimi «seminano» per le strade incuranti dell’imbrattamento che ne deriva.
Infine, la pubblicità televisiva dei farmaci. Immagini
suadenti e promesse di sollievo dai malanni inevitabilmente terminano con una
voce che frettolosamente recita un formulario di avvertenze sui loro rischi, di
cui la casa farmaceutica non vorrebbe la responsabilità e che forse non vuole
neppure evidenziare con chiarezza. O che altro vuol essere questo treno veloce
di parole in una specie di falsetto?
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