POETANDO

In questo blog raccolgo tutti gli scritti, poetici e in prosa, disegni e dipinti di mia ideazione. Recensioni stilate da me e da altri autori. Editoriali vari. Pubblico poesie, racconti e dialoghi di vari autori.Vi si possono trovare gallerie d'arte, fotografie, e quant'altro l'estro del momento mi suggerisce di pubblicare. Sulla banda destra della home page, appaiono i miei e-book poetici ed altre sillogi di alcuni autori. Così come le riviste online de L'Approdo e de La Barba di Diogene, tutto si può sfogliare, è sufficiente cliccare sulla copertina. Aggiungo che , sempre nella barra a destra della home page ci sono mie video poesie, con sottofondo musicale. E' sufficiente cliccare sull'immagine per ascoltare testo e musica, direttamente da YouTube. Tutte realizzate dalla eclettica Anna Montella., Ci sono poi i miei libri scritti nel corso di circa 10 anni. Buona lettura e buon ascolto!

lunedì, aprile 7

MODELLO DEL LAICO CRISTIANO – SAN GIUSEPPE 5 confenenza di Padre CLAUDIO TRUZZI – MODELLO DI ORAZIONE


MODELLO DEL LAICO CRISTIANO  – SAN GIUSEPPE

5 –  MODELLO DI ORAZIONE


TRIANGOLO D'AFFETTI

«Maria, se pensiamo alla tua vita di Nazareth, dobbiamo immaginarti strettamente legata sia a Gesù che a Giuseppe. Tu eri la regina della casa, come lo è ogni madre. Eri il centro degli affetti umani di Gesù in quanto Dio fatto uomo, che, man mano che “cresceva in età, sapienza e grazia”, sperimentava un sempre più ricco rapporto con te, “piena di grazia”: infatti egli solo era su misura tua di “benedetta fra le donne”, egli che viveva poi un più grande immenso rapporto con il Padre nello Spirito, dentro la Trinità.

Tu e il tuo Gesù sentivate un affetto profondissimo verso Giuseppe: tu in quanto sposa vera e non finta, an-che se sempre vergine; Gesù in quanto figlio non naturale, ma sotto il profilo spirituale, morale e psico-logico, veramente accettato dal tuo sposo, con un'accettazione anche per lui verginale e con una fede da santo (o “giusto”, come biblicamente usavate dire voi). Nel vostro sacro triangolo (Gesù-Maria-Giuseppe) noi vediamo, aiutati dalla Chiesa, uno splendido e inesprimibile mistero di affetti umani e di doni divini.

INCONTRO DEVOTO E AMOROSO CON MARIA

Se guardiamo a Giuseppe, come modello esemplare della nostra vita di preghiera, scopriamo di aver molto da imparare dalla sua devozione a Gesù ed a Maria.

Da lui possiamo imparare prima di tutto ad onorare la Madonna, perché nessuno la onorò, venerò ed amò come lui. Egli fu veramente un grande devoto di Maria, nel senso più forte della parola. In lei vide la crea-tura santa, sacra a Dio, e la ragione della sua fedeltà e del suo affetto era proprio l'elezione di cui questa creatura era stata oggetto da parte di Dio. 

Le rimase accanto fin quando lei ebbe bisogno di lui e della sua presenza, e il suo dipartirsene fu un estremo atto di devozione e d’amore: come aveva preparato la dimora terrena per Gesù e per Maria, così eccolo andarsene per primo, quasi per preparare loro la dimora eterna. Quando Gesù tornò al Padre, certamente la prima creatura umana che gli andò incontro fu Giuseppe.

Giuseppe c’insegna, poi, la devozione ed il servizio al Signore e alla Madonna. 

Abbiamo tanto bisogno di tradurre la nostra devozione in servizio, in un'operosità dove, invece di perseguire il nostro tornaconto, cerchiamo solo il compimento dei disegni di Dio e la sua gloria. Facendo così diventiamo i collaboratori del Signore, diventiamo veri strumenti nelle mani di Dio per l'avvento del suo Regno.

Da Giuseppe impareremo anche ad onorare la Madonna proprio nelle cose che lei preferisce. 

Prima di tutto il servizio di Gesù benedetto e, poi, quel silenzio, rispetto, nascondimento con cui lei stessa accolse il mistero del Figlio di Dio e col quale fu custodita dal suo Giuseppe. Quando egli si rese conto delle meraviglie che Dio operava nella vergine sposa, non le rivelò a nessuno, non andò a pavoneggiarsi con le sue grandezze. Custodì tutto nel segreto del cuore, come la sua sposa Maria, che conservava per sé il mistero del Figlio suo.

Si deve intendere così la nostra vita se vogliamo che il mistero di Gesù, Maria e di Giuseppe diventi la nostra ricchezza, quel piccolo paradiso terrestre dove noi, giorno dopo giorno, custodiamo la beata speranza della gloria.

«Gli devono essere affezionate specialmente le persone di orazione – sottolineava santa Teresa –, perché non so come si possa pensare alla Regina degli angeli e al molto da lei sofferto col Bambino Gesù, senza ringraziare san Giuseppe che fu loro di tanto aiuto. Chi non avesse maestro da cui imparare a far orazione, prenda per guida questo santo glorioso e non si sbaglierà» (S. Teresa, Vita 6, 6-8).

UN SILENZIO CONTEMPLATIVO   

Giuseppe è stato il protettore di Gesù e di Maria, come? Tacendo.

Se il Signore avesse affidato a noi questo compito, quanto chiasso avremmo fatto! Come avremmo complicato la nostra e l'altrui vita, credendo di dover fare tanti decreti, tante leggi, prendere misure, informare... Niente di tutto ciò, invece. Giuseppe ha soltanto servito i misteri del Signore in una solitudine silenziosa, che è il segreto della sua contemplazione. Nell'umile silenzio che riuscì a creare in sé, ed intorno a sé, poté contemplare, indisturbato ed in pace, il suo Signore.

Se pensiamo alla vita di Giuseppe, sentiamo che il nostro cuore si rasserena, il nostro spirito è sommerso nella pace. Poiché questa disposizione è ad un tempo: abbandono, fiducia, speranza, amore, fedeltà e motivo di perseveranza, di continuità nella pratica del bene e della virtù. 

Soltanto le anime pacifiche sono veramente perseveranti.

Di solito, i “contemplativi” più ammirati dagli uomini non sono autentici; i contemplativi veri autentici sono coloro che riescono a nascondersi, a non far parlare di sé, a passare inosservati, a restare un segreto di Dio.

Nei riguardi di san Giuseppe, infatti, il giudizio degli uomini è stato pressappoco questo: «Quello là, chi se ne occupa? Insignificante; può scomparire quando vuole!» ...

Ma essere presenti per Dio solo, essere vivi soltanto per Lui! Quante cose può insegnarci l’umile carpentiere su questo punto! Chi volesse stendere la vita di questo santo, si troverebbe presto disperato, non saprebbe che cosa scrivere. Quando s’inizia a parlare di lui, sembra di dover raccontare tante cose e poi ci si accorge di non poter parlare di nulla, perché tutto quello che lui è, lo è per il suo Dio e basta. Non ha scritto diari spirituali: si è chiuso nell'adorazione in un misterioso silenzio e ha servito il Signore così. Non per nulla è il custode della più alta e sacra verginità, quella di Maria, e della sua “immacolatezza” del Figlio di Dio. 

E come lo è stato? Lo ripetiamo: Non mettendosi a dire: «Qui ci sono io, che li difendo entrambi», ma scomparendo. Ha custodito la santità di Gesù e di Maria scomparendo agli sguardi di tutti, fuorché di loro due.

••   Giuseppe, questo amabilissimo patrono della vita spirituale, ci aiuti ad essere molto presenti soltanto al cuore e agli occhi di Dio; e quanti più numerosi saranno a dimenticarsi di noi, tanto meglio, perché in questo nostro scomparire agli occhi di tutti ed agli stessi nostri occhi, il nostro io sappia perdersi nell'adorazione umile e silenziosa della infinita grandezza dell'unico Dio e Signore nostro.

UNA VITA DI PREGHIERA

Giuseppe il “maestro” di Teresa

Maestro di orazione, san Giuseppe? Sembra un paradosso. Nel Vangelo dell’Infanzia di Gesù, tutti o quasi tutti i personaggi sfilano pronunciando una preghiera esemplare: Zaccaria, Maria, Elisabetta, l’anziano Simeone, gli angeli, ecc. Tutti... meno Giuseppe. 

Uomo giusto, uomo buono, dev’essere forzatamente anche l’uomo del servizio, e del... “silenzio”, senza il suo “Benedetto sia il Signore, Dio d’Israele”, e senza il suo “Magnificat”, senza “Benedetta tu fra tutte le donne”, e “Ed ora, lascia o Signore che il tuo servo se ne vada in pace”, oppure “Gloria a Dio nell’alto dei cieli”...

Perché allora, una persona che di orazione se ne intendeva – Teresa – propone Giuseppe, e in maniera chiarissi-ma, come “Maestro di preghiera”? La Santa, infatti, non potrebbe esser più categorica: «Chi non trovasse maestro che le insegnasse orazione, prenda questo glorioso Santo come Maestro, e non sbaglierà strada» (Vita, 6, 8).

Bene! Sembra che Teresa fosse giunta a tale convinzione, non per mezzo di libri o teorie particolari, ma per propria esperienza. Che esperienza? Ce la racconta lei stessa in uno dei primi capitoli della sua “Autobiografia”.

Teresa è giovane, nel fiore della vita. Ha venti tre anni. È monaca carmelitana nel monastero dell’Incarnazione di Avila. Da tre anni ormai è monaca. Improvvisamente si ritrova inferma. Una malattia terribile che la riduce, in quattro giorni, in coma e che le lascia in eredità la paralisi: 

«Credo che potessi muovere soltanto un dito della mano destra», scrive. 

«Per cambiarmi di posto dovevo sollevarmi su un lenzuolo tenuto all’estremità da due persone» (Vita, 6, 1).

Provvidenzialmente, poco prima aveva letto la storia biblica di Giobbe! Ebbene, in questa storia, raccontata e commentata da quell’insigne scrittore che fu papa san Gregorio Magno, Teresa, non solo apprese ciò che fosse la pazienza, ma pure come pregare dalla profondità di sofferenze indicibili: pregare elevando la voce a Dio come Giobbe; gridare a ruota libera dall’oscuro tunnel di un dolore insopportabile ed incomprensibile; poter dire a Dio di tutto, persino enormità; poter pregare persino con grida, se fosse il caso.

Otto mesi di paralisi totale furono un tunnel molto lungo; e lasciarono il segno. E fu lì, immersa in questo stesso tunnel, che accadde...: Teresa s’incontrò con la luminosa figura di san Giuseppe.

Che contrasto fra il gesto silenzioso di quest’uomo ed il clamore di Giobbe! 

Due facce di una stessa medaglia. Di fronte al torrente di preghiere interminabili che sgorga dalle labbra di Giobbe, il silenzio profondo di Giuseppe: silenzio nella profondità del dubbio, silenzio di un uomo che si ritrova al centro di un crocevia del mistero, un mistero tanto umano da un lato, tanto straordinario e misterioso dall’altro.

Qui Teresa si rende conto della profondità e della forza di una preghiera fatta... in silenzio. 

Contemplare, non parlare; accettare... per poter servire. 

Dinanzi a Gesù e Maria, che cosa poteva fare Giuseppe se non ... contemplare? 

Vale a dire: guardare, ed osservare da vicino e non stancarsi di guardare, né di amare...

Fra la forma di pregare che Teresa già conosceva – fatta di ragionamento e di parole – e quella che ora le insegna san Giuseppe – intrecciata unicamente di guardi silenziosi, però intrisi d’amore –, Teresa non dubita un istante e sceglie la seconda formula. 

È san Giuseppe senza dubbio che l’anima e la inizia in simile stile di orazione silenziosa, raccolta, contemplativa, che d’allora in avanti caratterizzerà la sua orazione. 

–  Una orazione senza parole, perché parlare non è il forte di questo Santo.

–  Un’orazione di raccoglimento, perché è proprio il silenzio ciò che attrae chi prega in tal maniera verso quel punto focale che sono Gesù e Maria;

–  ed un’orazione contemplativa, giacché si tratta di uno sguardo impregnato di vicinanza e di affettuosità.

Una contemplazione che, però, non conduce ad un quietismo sterile; al contrario: «Alzati, ascolta Giuseppe, prendi il Bambino e sua Madre e fuggi in Egitto, perché la vita del Bambino è in pericolo». 

E Teresa commenta: «Persone di orazione...: non so come possano soffermarsi sulla Regina degli Angeli nel tempo che trascorse col bambino Gesù, senza ringraziare san Giuseppe, per come fu di loro aiuto» (Vita, 6, 8).

Tale processo orazionale, che dalle parole passa al silenzio, dalla contemplazione alla lotta, fu la sintesi della preghiera teresiana. Teresa, infatti, aveva già, come monaca, una vocazione contemplativa. Ma ebbe pure la fortuna d’essere curata da Giuseppe, non soltanto da quella terribile infermità, ma da quelle frequenti deviazioni in fatto di preghiera, che chiamiamo: loquacità ed alienazione.

Quanto tutto terminò, Teresa aveva 26-27 anni. Ritornò ad essere una giovane monaca gioviale; tornò al illuminare di sorrisi la vita di chi la circondava. Ed iniziò il suo “cammino di orazione”, tenendo questo benedetto Santo come... “maestro”.

A spiegare simile efficacia concorrono molti motivi che sono propri della persona e della vita del Santo. 

–   Il buon Dio affidò a san Giuseppe una missione: quella di custodire Gesù e sua Madre, e noi sappiamo che il mistero di Gesù e di Maria sono legati a fini ben precisi: la gloria di Dio e la salvezza del mondo.

Una vita di preghiera, d’incontro con Dio, deve, quindi, rispondere a questi medesimi fini: ogni anima è amata da Dio affinché lo glorifichi, riamandolo con una totale e perfette fedeltà. Non è perciò strano che il Santo custode del mistero di Cristo e della Vergine sia un intercessore particolarmente valido, affinché ogni anima realizzi i medesimi fini e gli stessi desideri del Signore.

–  Ma ecco un'altra ragione per cui il patrocinio di Giuseppe si rivela particolarmente prezioso nella vita spirituale.

Vita spirituale significa, soprattutto, vita d’intimità con il Signore, di familiarità con Gesù e con Maria. 

Ora, chi visse per primo tale intima familiarità e per primo ne fece l'esperienza glorificante è stato Giuseppe, che da quando nacque Gesù gli fu vicino, con una presenza attenta e continua. Chi meglio di lui, allora, ci può insegnare a diventare intimi di Gesù e di Maria? E cos'è la vita d’orazione se non questa familiarità con il Signore?

•• Per entrare in intimità con qualcuno è necessario conoscersi a fondo, non avere segreti l'uno per l'altro. Così fu Giuseppe per Gesù e di Maria. Può offrirci, quindi, l'esempio della sua stessa vita per vivere l'intimità propria dell'orazione. Noi vorremmo, invece, che la familiarità con Gesù e con Maria fosse per il godimento nostro, per la nostra soddisfazione. Vorremmo che fosse sulla nostra misura, conoscerli e capirli come pare a noi. 

Giuseppe, nonostante sia stato costituito in paterna autorità sulla famiglia di Nazareth, ci dimostra, invece, che la familiarità con il Signore ha un prezzo: quello di lasciar fare a Dio a modo suo.

È stupendo quest’esempio del santo Patriarca che, pur essendo capo di casa, è semplicemente a servizio, con una familiarità fatta d’abbandono e continua dedizione. 

Lui non misura la vita di Gesù e della Vergine sulle sue esigenze, ma pone la sua vita a servizio delle loro. Non parte per l'Egitto quando fa comodo a lui, ma quando l'interesse di Gesù lo richiede.

Abbiamo tanto bisogno, noi che vorremmo essere la misura della nostra vita, d’imparare da Giuseppe a permettere che il Signore sia Lui questa misura, con le sue scelte e i suoi piani su ciascuno di noi.

Da “Il cammino di fede di san Giuseppe” (Ed. ocd, p. 39ss)

Preghiere a san Giuseppe

–  Per la famiglia

San Giuseppe, sposo di Maria, tu hai conosciuto come noi la vita familiare. Il tuo amore reciproco è rivolto naturalmente verso il Figlio di Dio divenuto figlio tuo. E come noi, hai dovuto far crescere il tuo amore in mezzo alle gioie e alle difficoltà.

San Giuseppe, proteggi oggi la nostra famiglia. Aiutaci a comprendere. 

Fa' in modo che l'orgoglio o l'egoismo non feriscano mai i nostri sentimenti. Rendici sempre più fedeli verso i nostri incarichi  e verso i ritmi delle nostre giornate e fa' in modo che ci si possa avvicinare al Figlio di Dio sempre vivo nel cuore di tutte le famiglie. Amen. 

Oratorio San Giuseppe di Mont-Royal


– Per i Bambini che devono nascere

O glorioso san Giuseppe, protettore della Santa Famiglia, proteggi nel seno della loro madre tutti i bambini piccoli che il Buon Dio chiama alla vita, come tu stesso hai protetto Gesù nel seno verginale di Maria.

O san Giuseppe, gloria della vita di famiglia, prega perché rinasca l'amore ed il rispetto del dono della vita 

nel nostro Paese. Amen.

                       Centro Manale - Ciney - Belgio

 

– Per l'educazione dei Bambini

San Giuseppe, sposo di Maria, tu hai impiegato tutte le tue forze a nutrire e ad educare Gesù, questo bambino che Dio ti ha affidato.

Insegnaci come educare i nostri figli con amore e serietà, con intelligenza e tatto. 

Trasmettici la calma e la pazienza che bisogna dimostrare davanti alle loro debolezze. 

Dacci la saggezza e la forza di intervenire accanto a loro come si deve e quando ce n'è bisogno. 

Rendici capaci di risvegliare la fede, trasformaci in genitori che pregano con i loro bambini e che camminano con loro verso il Regno. Amen.                      Oratorio San Giuseppe di Mont-Royal 


– Modello dei lavoratori

Glorioso san Giuseppe, modello di tutti quelli che sono votati al lavoro, donami la grazia di lavorare con spirito di penitenza per l'espiazione dei miei numerosi peccati; di lavorare con coscienza, ponendo il culto del dovere al di sopra delle mie inclinazioni; 

di lavorare con riconoscenza e gioia, osservando come un bravo dipendente, e di sviluppare attraverso il lavoro i doni ricevuti da Dio; 

di lavorare con ordine, pace, moderazione e pazienza, senza mai indietreggiare davanti alla stanchezza e alle difficoltà; 

di lavorare soprattutto con intenzioni pure e con distacco da me stesso, avendo continuamente davanti agli occhi la morte ed il conto che dovrò rendere del tempo perso, dei talenti inutilizzati e delle vane compiacenze legate al successo, se funeste all'opera di Dio.

Tutto per Gesù, tutto per Maria, tutto a tua imitazione, o santo patriarca Giuseppe!

Tale sarà il mio motto nella vita e nella morte.  Amen.


–  Preghiera di un giovane

San Giuseppe, il Figlio di Dio stesso, ti ha scelto per essere suo padre, la sua guida e il suo protettore durante l'infanzia, la sua adolescenza e la sua giovinezza. 

Lui ha voluto essere condotto da te lungo tutto il cammino della sua esistenza terrena. 

Tu hai compiuto il tuo ufficio con grande fedeltà.

Anch'io ti affido la mia giovinezza. 

Nel nome di Gesù, io ti chiedo di essere la mia guida ed il mio protettore,  

oso dire “mio padre” lungo il pellegrinaggio della mia vita. 

Non permettere che io m’allontani dal cammino della vita che è nei comandamenti di Dio. 

Desidera tu essere il mio rifugio nelle avversità, la mia consolazione nelle pene, il mio consigliere nei dubbi, fino a che salirò al Cielo, dove esulterò in Gesù mio Salvatore con te, a tua Santissima Sposa Maria e tutti i santi. Amen.

–  Per un malato

Misericordioso san Giuseppe, tu sei la speranza dei malati, e tutta la Potenza di Gesù è nelle tue mani. Dunque, per te non c'è niente di impossibile. 

Ascolta con benevolenza quelli che t'invocano in questo giorno per le membra sofferenti della Chiesa. 

Noi ti preghiamo, addolcisci le pene di colui che ti raccomandiamo in modo particolare.

Dagli la grazia di una totale sottomissione alla divina Volontà. 

Ma mostragli anche la tua bontà trasmettendogli la pazienza e ridandogli la salute, con la grazia di condurre una vita santa e completamente gradita a Dio. 

Buon san Giuseppe, non farci pregare invano, ma degnati, per mezzo di questo nuovo favore, di accrescere la nostra fiducia e la nostra riconoscenza verso di te e verso la divina bontà. Amen.

                Centro Manale - Ciney - Belgio


–  Uomo di vita interiore secondo il cuore di Dio

San Giuseppe, io vorrei essere, come te, 

un uomo che non cerca ma che fa solo la volontà di Dio; 

un uomo che osserva solo Dio; un uomo che ama il silenzio e agisce nel silenzio, che pensa e parla davanti a Dio, che non discute mai con Dio, 

che vive d'interiorità, un'interiorità unita a Dio, che si eleva senza fine verso Dio con tutto il suo spirito, con tutta la sua anima, con tutto il suo cuore, con tutte le sue forze; 

un uomo che eleva il mondo verso il suo Creatore; un uomo che ama ardentemente Gesù, che vive e muore per Lui, che onora la sua verginale Madre e sa rispettare tutte le donne grazie a Lei.  Amen.


San Giuseppe Patrono della Chiesa universale

O beato Giuseppe, che Dio ha scelto per portare il nome e svolgere il ruolo di padre agli occhi di Gesù, 

tu che sei stato dato da Lui come sposo purissimo a Maria sempre Vergine e come capo della Santa Famiglia sulla terra, 

tu che il Vicario di Cristo ha scelto come Patrono ed Avvocato della Chiesa universale, fondata da Cristo Signore stesso, con la fiducia più grande possibile io imploro il tuo aiuto potentissimo per questa stessa Chiesa che lotta sulla terra.

Ti supplico, proteggi, con una sollecitudine particolare e con quest’amore veramente paterno di cui ardi, il Pontefice romano, tutti i vescovi ed i preti uniti alla Santa Sede di Pietro.

Sii il difensore di tutti quelli che penano per salvare le anime che sono angosciate ed immerse nelle avversità di questa vita.

Fa' in modo che le persone si sottomettano spontaneamente alla Chiesa 

che è il mezzo assolutamente necessario per ottenere la salvezza.

Degnati di accettare, santissimo Giuseppe, il dono che ti faccio. 

Mi voto completamente a te, affinché tu voglia essere, sempre, per me un padre, un protettore ed una guida lungo il cammino della salvezza. 

Dammi un cuore puro, un amore ardente per la vita interiore. 

Fa' che io stesso segua le tue tracce e che rivolga tutte le mie azioni alla grande gloria di Dio, unendole agli affetti del Divino Cuore di Gesù e del Cuore Immacolato della Vergine Madre.

Prega infine per me, affinché io possa partecipare alla pace ed alla gioia 

di cui tu hai goduto un tempo, morendo così santamente. 

Amen.


sabato, aprile 5

Sabbia, vento e tempesta. 14 anni di polvere nel Niger di Padre MAURO ARMANINO


 Porta del non Ritorno

Sabbia, vento e tempesta. 14 anni di polvere nel Niger

Ci siamo intesi subito fin dall’inizio. La sabbia sembrava offrire più che una metafora del Paese ‘scoperto’ al mio arrivo, un 5 aprile del 2011. Conoscevo la sabbia della riva del mare Mediterraneo e, con minore cordialità, quella analoga dell’oceano Atlantico durante il soggiorno in Costa d’Avorio e Liberia. Un breve passaggio nel Benin mi ha fatto conoscere la ‘Porta di Non ritorno’ degli schiavi detenuti prima del viaggio verso le Americhe. Il monumento in questione è piantato nella sabbia di fronte al mare. Non si tratta però della sabbia che avrei esperimentato nella capitale Niamey, coi migranti e in generale durante il soggiorno nel Paese.
La vita, la storia, le migrazioni, la politica e i colpi di stato che hanno caratterizzato il transito in questione sono, della sabbia, simbolo, espressione e contenuto. Troppe volte, ascoltando le storie dei migranti di ritorno dal ‘Sud di Lampedusa’, non rimaneva che lei, la sabbia, sulle piastrelle dell’ufficio. I migranti di ritorno custodivano le loro borse, troppo spesso vuote e le loro storie, mescolanza di dolore e delusione che anni di tentativi, irti di ostacoli nel deserto, avevano reso un’avventura irripetibile. La sabbia rimane, muta e fedele, come unico testimone del vissuto quotidiano di migliaia di migranti che avrebbero voluto diventare cittadini di un mondo dove le frontiere non siano muri e reticolati. Immaginavano che un mondo differente fosse possibile e a portata di ‘migrazione’ per accorgersi, invece, che il mondo antico si era attrezzato per respingerli al mittente col pretesto dell’illegalità. La sabbia ricorda, a tutti gli umani, che essa li genera e che a lei, alla sabbia, torneranno lasciando Paesi, città, palazzi, monumenti, conquiste, imperi e confini creduti eterni.
Il vento, invece, mi è apparso più tardi e a seconda delle stagioni. Solo col tempo si è fatto visibile, consistente, reale, pervasivo e seconda particolare metafora del soggiorno nel Paese fino a diventare insostituibile narrazione del vissuto. I nomi, i volti, le storie, gli avvenimenti e persino le speranze è al vento che sono affidate per arrivare dove avrebbero voluto. Il vento porta lontano i pensieri, i desideri e soprattutto le parole con le quali si vorrebbe imprigionare la realtà. Le ideologie e le religioni, quando ad esse si accodano e di esse si avvalgono, sono patetici e talvolta drammatici strategie per ingabbiare la realtà e farla a propria immagine. Fortuna arriva il vento, imprevisto e imprevedibile, a scombinare i piani di controllo delle vite dei poveri da parte dei potenti che si immaginano di poter governare il mondo. Il vento senza direzione, scopo apparente e finalità incerta si offre come un simbolo di libertà in movimento volto a scompaginare le dittature militari.
La tempesta arriva improvvisa. Un vento forte, la sabbia e, con rapidità, anche il sole si oscura di rosso profondo e poi scende la notte in pieno giorno. Ci si abitua col tempo ma la prima volta la sorpresa e il timore impressionano l’immaginazione. Quanto durerà la tempesta di sabbia e quando tornerà infine la luce del sole ad illuminare il mondo. Siamo nel 2015 il mese di gennaio. Le chiese e istituzioni cristiane (e in parte interessi francesi) sono attaccate a Zinder e Niamey. Era un venerdì e un sabato mattina dopo la pubblicazione controversa di una vignetta dal giornale satirico francese del profeta dell’Islam, ‘Charlie Hebdo’. Erano scoppiati disordini in varie parti del mondo e nel Niger, complice una situazione politica tesa, si era arrivati all’estremo. Le comunità cristiane d’un colpo rifiutate, perseguitate, ferite e stigmatizzate. Una tempesta sulle strade quel giorno e, tre anni dopo, il rapimento dell’amico e confratello Pierluigi Maccalli ad opera dei gruppi terroristi armati di interpretazione islamica. Due lunghi anni di prigionia nel deserto tra solitudine e condizioni di vita estreme fino alla liberazione avvenuta, assieme ad altri prigionieri, nel 2020. 

LIBRO DI PADRE MACCALLI  

Catene di libertà, scrisse Pierluigi nel libro-diario dei due anni di prigionia nel deserto del Sahara. Soprattutto per ricordare, in conclusione del libro citato, di imparare a ‘disarmare le parole’ perché da esse, armate, scaturiscono le guerre e tutto ciò che ferisce la dignità della persona. Maccalli è tornato a salutare la gente che ha pregato per lui nel tempo della prigionia solo per accorgersi che, nel frattempo, la situazione legata ai gruppi armati era drammaticamente peggiorata. Intere zone e regioni del Paesi e e delle Tre Frontiere, il Niger, il Mali e il Burkina Faso sono letteralmente ostaggio dei gruppi armati che dettano la legge delle armi per applicare la loro versione dell’Islam. La tempesta continua perché a tutt’oggi migliaia di persone sono straniere, sfollate nella propria terra. Solo rimane la fuga per salvare i figli e portarsi dietro la paura di altre eventuali minacce ed esazioni finanziarie. 



Ecco perché è la polvere, in definitiva, quella che meglio descrive, rendendolo opaco, il vissuto. Ha ragione lo scrittore, poeta e filosofo della Martinica, Edouard Glissant quando afferma che c’è il diritto, per le persone, le culture (e Dio), all’opacità. La polvere invade, leggera, incontenibile, non misurabile, la vita vissuta nel quotidiano. Si adatta, infiltra, giace, penetra, si accomoda, giace e si ferma dappertutto quanto basta. Le relazioni umane, la politica, l’economia, le promesse dei commercianti di futuro e gli imprenditori di guerre. Pensieri, parole e religioni più o meno rivelate non ne sono immuni. Sembra detenere la chiave dell’eternità anche per la sua pervasiva e inafferrabile presenza. La polvere attraversa gli anni, marca con la sua opacità cose, persone, fatti e avvenimenti. Si afferma come contributo alla verità della vita, mistero nascosto da una leggera coltre di polvere di infinito. 

        Mauro Armanino, Niamey, 5 aprile 2025