E' appena uscito il mio nuovo libro, un romanzo biografico, titolato STORIA DI VERA, edito da IPAZIA BOOKS di Dublino.
I disegno di copertina è opera mia. Se vi piacciono le storie vere, questa di Vera è assolutamente reale, e potete leggere la sinossi, e un estratto del libro, che troverete qui ma anche ai link qui sotto riportati, dove potrete, se lo desiderate, ordinare il testo sia nella versione cartacea che in quella per Kindle, ovvero in Ebook.
Sinossi
È la più profonda provincia veneta segnata dalla cronica emigrazione in Svizzera e oltreoceano, le sue campagne inondate di sole, profumate di fiori e roseti, di terreni coltivati, divelti da fiumi esondati, con la Milano che tra gli anni ’50 e ’60 affermava il suo status di capitale industrializzata di una nazione, a fare da sfondo a questa biografia di vita. Come una fiaba post-moderna, intessuta di colori a volte grigi a volte sgargianti, di sentimenti a volte nobili a volte infimi, di umori che sanno di antico e di buono, la storia di Vera si racconta semplice tra flash-back e ricordi d’infanzia, tra nostalgia e rimpianto. Sarà quindi tra le maglie allentate di un destino che costringe, che si fa madre dispotica e ingrata, società snob e pettegola, ma anche occasione di carriera mancata, che l’indomito spirito di ribellione della protagonista troverà la forza di esaltarsi, di uscire allo scoperto e di presentare al mondo una donna ormai cresciuta, provata nell’esistenza, modellata dall’esperienza, ma indiscutibilmente… vera!
Estratto
Ancora oggi Vera si ricorda di come il versante del monte Avena
fosse, nella parte del fianco più dolce vicino alla pianura, tutto un vigneto
ben curato. Sua madre le raccontava di quando, lei ancora bambina, si caricava
sulle spalle la gerla che conteneva il concime naturale prodotto dalla mucca
nella stalla e, appena spuntava l’alba – perché si vergognava a farsi vedere
dai paesani con quella gerla non proprio profumata – salisse il ripido sentiero
per arrivare al vigneto di famiglia a stendere il letame sotto le viti. Poi
tornava a casa per prepararsi ad andare a scuola. La fatica era tanta per una
bimba di pochi anni, ma la nonna aveva altre due piccoline da curare e il nonno
lavorava in America. Anche questo fu uno dei motivi per cui l’uomo non voleva altro
terreno montano, e preferiva la pianura, dove già possedeva alcuni appezzamenti
chiamati il Conte, Morosini, Longar, oltre a un lungo campo, lungo i confini
della casa. Tempo dopo acquistò anche un altro terreno chiamato Le Jare, e fu
proprio quello il suo pessimo investimento.
Come se non fossero stati sufficienti quei disastri naturali che
lo avevano colpito, le finanze della famiglia furono messe a dura prova anche
dal fatto che la moglie, la nonna di Vera, avrebbe dovuto subire un intervento
all’ospedale di Padova. In quel periodo infatti non esisteva ancora
l’assistenza mutualistica, per cui il costo del ricovero ospedaliero e
dell’operazione lo avrebbero dovuto pagare i parenti del malato, così come
l’acquisto dei farmaci per le cure.
Povero nonno, si disse Vera, non aveva retto alle vicissitudini
che lo avevano travolto al suo rientro in Italia! E pensare che aveva lavorato
tanto in America, sebbene anche lì avesse perso parte dei risparmi dopo la
Grande Depressione del 1929! Stanco di essere sempre solo era rientrato in
maniera definitiva, sicuro che con l’acquisto di quei terreni avrebbe potuto
garantire il futuro della famiglia. Ma quelli erano tempi difficili per tutti,
soprattutto per una regione come il Veneto che certo non era il territorio ricco
e benestante di oggi. Tantissimi suoi figli furono costretti a emigrare, chi
verso le Americhe, chi in Germania, Svizzera, Francia, Belgio, ma anche in
altre regioni italiane e nelle grandi città industrializzate come Milano,
Torino o Brescia: dovunque pur di dar da mangiare alla famiglia!
Oggi Vera si rammarica soprattutto per avere appena fatto in tempo
a conoscere il nonno. Tuttavia, anche se era piccolina se lo ricorda bene: si
ricorda che l’uomo appendeva il jacket di jeans a un chiodo infisso alla porta esterna
della cantina, che indossava gli overalls quando
si recava a lavorare nella vigna, e che, se si arrabbiava, imprecava con
un’espressione tipicamente americana «Son
of a bitch!». In altre occasioni, quando qualcuno chiacchierava
troppo, lui gli ordinava:«Shut up!». Nonno
Angelo mescolava il dialetto veneto con una marea di vocaboli della lingua
inglese che aveva imparato negli Stati Uniti.
……(….)…..
I nonni avevano costruito il loro nido d’amore, ma mancava
il becchime, cioè
gli schei, i quattrini,
per vivere decorosamente. Fu per quel motivo che il nonno un giorno salì su un
bastimento – a quel tempo si chiamavano così – e dal porto di Genova salpò
affrontando un viaggio durato quasi un mese, per raggiungere la… Merica. L’uomo fu assunto in qualità di minatore nelle
miniere di carbone dell’Illinois, dove già erano andati a lavorare il padre e
gli zii. Prima di lui anche gli zii e i fratelli della moglie erano emigrati
nelle Americhe prestando la loro opera come muratori, operai nelle fabbriche,
tutti lavori che gli americani si rifiutavano di svolgere perché troppo
faticosi. Un po’ come capita oggi in Europa, con gli immigrati ucraini,
albanesi, latinoamericani, filippini, dato che anche i giovani europei non
vogliono più spaccarsi la schiena. La mamma di Vera vide suo padre per la prima
volta quando aveva quattro anni, perché i viaggi erano costosi e le ferie
maturavano dopo lunghi periodi. E comunque lui restò giusto il tempo per
mettere in cantiere la seconda figlia, Corinna, prima di ripartire per tornare
in Italia dopo altri quattro anni. Accadde così anche quando nacque la figlia
Rosa, la cui gemellina morì dopo solo tre giorni, e accadde pure in occasione
della nascita del figlio maschio, Nino. Il nonno ripartì quell’ultima volta, ma
decise di smettere di fare figli: per quanto energica e forte la moglie non
avrebbe più potuto occuparsi di una famiglia ulteriormente allargata! Il troppo
lavoro fu anche la causa dell’ulcera gastrica che la costrinse al ricovero
all’ospedale proprio quando il torrente Cismon esondò. Il dolore può portare
gli uomini alla disperazione: questo fu proprio ciò che accadde al nonno di
Vera e lui… crollò!
Fonte: www.ipaziabooks.com
Danila Oppio – Libera professionista,
ha lavorato presso un’agenzia pubblicitaria internazionale, scrive e dipinge
per passione. Spirito poliedrico e curioso, è autrice di diverse sillogi
poetiche, di fiabe per bambini e di due romanzi brevi, anima tre blog. I suoi
lavori, alcuni dei quali sono apparsi in diverse antologie, hanno ottenuto
riconoscimenti e menzioni in concorsi dedicati alla poesia e alla scrittura.
Danila,
RispondiEliminaho letto qui di cose che vorrei leggere più spesso. Quando si mischia il letame con lo studio e la fatica con i sogni, la famiglia costruita negli anni e mai goduta appieno, si ricorda a tutti che coraggio ci vuole a vivere la vita. Si ricomincia a insegnare il coraggio che tutti sembrano avere perduto.
Ma tu il coraggio l'hai trovato. Grazie.
Angela
Grazie Angela per il tuo commento. Avrei voluto inserire il tuo proemio ma l'editore l'ha voluto eliminare, così come altri spezzoni del racconto della mia infanzia. L'editing l'ha fatto la Casa Editrice Ipazia, ed io ho accettato il loro lavoro, duro serio ma appassionato.
RispondiEliminaDanila