POETANDO

In questo blog raccolgo tutti gli scritti, poetici e in prosa, disegni e dipinti di mia ideazione. Recensioni stilate da me e da altri autori. Editoriali vari. Pubblico poesie, racconti e dialoghi di vari autori.Vi si possono trovare gallerie d'arte, fotografie, e quant'altro l'estro del momento mi suggerisce di pubblicare. Sulla banda destra della home page, appaiono i miei e-book poetici ed altre sillogi di alcuni autori. Così come le riviste online de L'Approdo e de La Barba di Diogene, tutto si può sfogliare, è sufficiente cliccare sulla copertina. Aggiungo che , sempre nella barra a destra della home page ci sono mie video poesie, con sottofondo musicale. E' sufficiente cliccare sull'immagine per ascoltare testo e musica, direttamente da YouTube. Tutte realizzate dalla eclettica Anna Montella., Ci sono poi i miei libri scritti nel corso di circa 10 anni. Buona lettura e buon ascolto!

venerdì, agosto 2

I RICORDI NON MUOIONO MAI di DANILA OPPIO


I RICORDI NON MUOIONO MAI   
(in bianco nero e a colori)


Ieri 

Azione. Camminare. Fare. Lavorare.  Robot di carne, programmato da mattina a sera, senza sosta. Chi? Tu, io. Qualche volta restano brevi istanti per pensare, ricordare, vivere e…sopravvivere di ricordi. Quando non ero, non eri Robot, ma Uomo.
Allora ti senti scoppiare nel petto una gioia da far quasi male, tanto è intensa.
Soffri di felicità, se questo ha un senso.
Penso a cose non programmate, avverto sensazioni discoste dall’automatismo. Dunque vivo!
Mi dissocio dall’involucro che questa Era mi ha avviluppato addosso, quasi un’armatura coriacea. Divento molle, flessibile, umana.

Esco dalla città, e cammino verso un Paese. Il Paese. Un luogo che tanto amo, al punto che quando si materializza nei miei pensieri mi trasfigura nell’intensa sofferenza del suo apparire.
Un amore immenso, tanto grande da penetrarmi dentro. Il mio pensiero continua a camminare e sono già arrivata. Un Paese letargico, sonnolento, fermo nel tempo. Non è quello che è diventato oggi, moderno. No davvero.

Entro nel cascinale vetusto. Cerco il grande camino di pietra, nella stanza spoglia, dai muri anneriti dal fumo.
Annuso l’odore di ricotta abbrustolita, di polenta appena posta sul tagliere di legno, di cavoli soffocati in padella.
Mi guardo intorno, cerco la vecchietta vestita di nero, mucchietto d’ossa là nell’angolo della stanza, col rammendo in mano.

Entra di corsa nella grande cucina il nipotino moccioso, i vestiti rattoppati alle meglio e cuor contento. Incanto della povertà contadina.
Ah, ecco le arnie sul poggiolo. Durante l’inverno bambino gusterò pane e miele, succhierò i favi di cera, avvertirò l’amaro bruciore di una puntura d’ape, ma ne varrà la pena.
Esco in cortile.  È un cortiletto ingombro di ogni cosa utile o inutilizzata: carretti e carriole, biciclette sgangherate, sgabelli per la mungitura, e panche, dove ci si siede a sgusciare piselli e fagioli.
E poi ancora vedo ceste e cestini per riporre i grappoli d’uva o le pannocchie di granoturco, sparpagliate nell’aia. Panieri per cogliere le ciliegie da rami carichi di frutti.
Ecco il cotogno. A Natale avremo marmellate squisite, come non si trovano nelle botteghe.
Ora m’incammino verso la piazza, lì troneggia la Chiesa e il campanile appuntito. La strada è bianca di polvere, dopo soli pochi passi, le scarpe sembrano vecchie di anni. E il sole picchia in testa come una mannaia. Ho sete e i gelsi che bordano la via mi offrono more bianche e nere, che placano per qualche istante l’arsura. Dolcissime.
Attraverso la via principale, lì c’è un’osteria, di là un’altra. Vecchietti con pantofole di feltro ai piedi e pipa in bocca, se la contano su, tenendo tra le mani scarnite un bicchiere con un’ombra de vin.  Visi avvizziti, bruciati dal sole, color terracotta. Vecchi a soli cinquant’anni e forse di meno. Mi sembrano centenari da sempre.
Entro in chiesa, mi avvolge una frescura quasi di doccia d’aria, che mi ristora dalla calura esterna. Le sue mura bianche, intervallate da note di colore nelle nicchie. Povere statue di gesso, per gente che si accontenta del poco.
Ritorno in piazza, percorrendo un viottolo pavimentato con ciottoli. Balconi di legno cui si arriva da scale esterne che portano al piano sovrastante,  si affacciano sulle vie, bordati da una fioritura di gerani e petunie che ingentiliscono le mura di pietre grigie, come se la casa sorridesse, nonostante l’umile aspetto.
Sono case costruite da mani callose, le mura cementate col sudore del muratore.
Paese, amore mio, che ho ripercorso in lungo e in largo, casa per casa, per campi e lungo le rive del torrente saltellante, su carri tirati dai muli.
I miei passi si sono fatti più lenti, cammino sui tacchi. Non sono più una bambina.

Oggi
E le strade sono asfaltate, le auto sfrecciano veloci. Le vecchie case sono intonacate di bianco, ripulite modernizzate e a loro si sono aggiunte graziose villette.
I robot sono arrivati anche qui. Hanno ucciso il mio Paese.
Però lo amo anche così, perché quando percorro le sue vie, non è all’aspetto attuale cui guardo, lo rivedo ancora come quand’ero piccina.
Si, proprio come una vecchia sposa vede il suo uomo ancor giovane, con gli stessi occhi di allora.
Ecco perché, quando qualcuno con disincanto e velata ironia, mi domanda cosa mai trovo di speciale in quel Paese che ritiene anonimo, non trovo parole adeguate per rispondergli. Ora però ho in tasca la risposta e la dico: cosa ci trovo? La mia gioventù!

Danila Oppio
Milano, 30 novembre 1983

4 commenti:

  1. E' un racconto meraviglioso! Si sente che viene dal cuore di una persona innamorata dei bellissimi ricordi della sua infanzia spensierata e felice.

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  2. Mi fai un grande favore? Puoi apporre la tua firma? Non appare che la scritta Unknown, ovvero sconosciuto. Ma grazie per il commento molto gradito.

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  3. Complimenti: dalle tue parole traspare tutto l'affetto che ancora provi per il tuo "vecchio" paese. Da allora, quando eri bambina, molte cose sono cambiate, direi migliorate. Purtroppo le stesse frasi non le può scrivere chi fa ritorno a Fonzaso negli ultimi anni: ciò che nota e che ferisce sono le serrande chiuse. Ogni anno qualcuna in più, segno purtroppo di un paese che muore o si impoverisce

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  4. Giuseppe, noi ci conosciamo perché da giovani uscivamo in compagnia di Daniela Corso e di Gigi Furlin, l'ex sindaco. Sono circa 10 anni che non torno a Fonzaso,ma seguendo la pagina FB Sei di Fonzaso se...mi aggiorno su quanto succede e la chiusura dei negozi mi provoca un dispiacere che nemmeno saprei spiegare. Il paese è migliorato sotto il profilo edilizio, le vecchie case sono state ristrutturate e ne sono state costruite delle nuove. Le strade sono migliorate, non pare nemmeno più il paese che ricordavo da bambina, ma ormai con i supermercati e l'auto in possesso a tutti, la gente si sposta e non dà lavoro ai negozi, che però sono sempre stati utili alle persone anziane, che non guidano l'auto e per loro era anche l'occasione per far quattro passi in giro per negozi e scambiare due parole con chi incontrava. Davvero triste questa situazione. Un caro saluto e grazie per il commento. Danila

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