POETANDO

In questo blog raccolgo tutti gli scritti, poetici e in prosa, disegni e dipinti di mia ideazione. Recensioni stilate da me e da altri autori. Editoriali vari. Pubblico poesie, racconti e dialoghi di vari autori.Vi si possono trovare gallerie d'arte, fotografie, e quant'altro l'estro del momento mi suggerisce di pubblicare. Sulla banda destra della home page, appaiono i miei e-book poetici ed altre sillogi di alcuni autori. Così come le riviste online de L'Approdo e de La Barba di Diogene, tutto si può sfogliare, è sufficiente cliccare sulla copertina. Aggiungo che , sempre nella barra a destra della home page ci sono mie video poesie, con sottofondo musicale. E' sufficiente cliccare sull'immagine per ascoltare testo e musica, direttamente da YouTube. Tutte realizzate dalla eclettica Anna Montella., Ci sono poi i miei libri scritti nel corso di circa 10 anni. Buona lettura e buon ascolto!

sabato, gennaio 2

KARMA di Renata Rusca Zargar

 


Padmani viveva nel villaggio di Surajgarah. I capelli lunghi e neri le ricoprivano quasi tutto il corpo sinuoso e la pelle era liscia e morbida come quella di una pesca. La sua bellezza era conosciuta nel circondario e, quando usciva di casa per andare al pozzo ad attingere l’acqua per le faccende domestiche, anche se indossava un sari di cotone liso e sbiadito, captava lo sguardo caldo di Mohan, un giovane bracciante che raccoglieva la frutta poco lontano.

In famiglia, nessuno aveva ancora pensato ad un marito per lei perché suo padre, che lavorava come muratore a giornata, non aveva denaro abbastanza per garantirle una dote o per preparare la festa e i doni necessari ai parenti dell’eventuale sposo.
Così, Padmani custodiva in cuore un sogno impossibile e tornava a prendere l’acqua al pozzo. Il velo colorato che le ricopriva i capelli nascondeva, in parte, il suo rossore quando, per un attimo, alzava i grandi occhi neri nella speranza di incontrare quelli di lui. E un lampo attraversava l’aria.
Mohan continuava allora con più energia la sua fatica e poi rientrava a casa, la sera, dalla madre e dalle sorelle che vivevano con il suo magro salario e l’immagine dolce di lei lo cullava quando, sul suo giaciglio di paglia, si addormentava stanco.
I mesi trascorrevano uguali, giorno dopo giorno; le palme crescevano e producevano al ritmo delle stagioni: le grandi piogge monsoniche in estate e la raccolta dei frutti in inverno, mentre dall’Oceano Indiano giungevano i pescatori sui catamarani cavalcando quelle onde così alte e travolgenti, amanti anch’esse di una terra calda e ricca. Oppure lunghe file di manovali, vestiti di stracci, tiravano a riva lunghissime reti sulla sabbia dorata e fine che concludeva il paese ai bordi della foresta tropicale, sistemando il pesce fresco in enormi ceste che poi sarebbero state trasportate in equilibrio sulle loro teste al vicino mercato. Indi, al tramonto, quando il sole si coricava rosso all’orizzonte nell’azzurro intenso del mare e gli scogli flagellati dagli spruzzi bianchi annerivano lentamente, frotte di bambini festosi uscivano dalle capanne di paglia per riversarsi sulla sabbia impalpabile a raccogliere qualche pesciolino dimenticato che avrebbe arricchito la cena di molte bocche affamate.
Una sera, però, Raj Kapoor, un ricco proprietario terriero le cui piantagioni di palme da datteri si stendevano lungo tutta la costa, si era presentato alla porta di Prem Kumar, il padre di Padmani.
Raj conosceva le condizioni finanziarie della famiglia ma, essendo rimasto colpito dalla bellezza della ragazza, aveva deciso di prenderla in moglie.
Prem Kumar era stato piacevolmente stupito dall’offerta di Raj Kapoor: sapeva che altrimenti il destino di sua figlia sarebbe stato triste, forse, avrebbe sposato, un giorno, un bracciante senza lavoro fisso e avrebbe cresciuto dei figli nella miseria, come lui, senza scarpe per le strade del villaggio, sempre alla ricerca di qualche umile lavoretto da fare.
Sposando Raj, Padmani avrebbe avuto una bella casa, cibo tutti i giorni, vestiti di buona qualità, figli che sarebbero andati a scuola.
Padmani aveva diciotto anni e Raj quarantacinque, ma l’affare era stato combinato la sera stessa. Non si poteva certo correre il rischio di perdere un’occasione così vantaggiosa! Il giorno dopo, Padmani aveva saputo dalla sorella maggiore che, nel giro di una settimana, sarebbe andata a vivere in casa di Raj Kapoor.
Ricchi doni giungevano nella capanna di fango e paglia e una squadra di operai aveva cominciato a lavorare per rendere l’abitazione più accogliente e pulita. Le sarte, intanto, cucivano velocemente splendidi sari per lei e le sue sorelle.
E il giorno designato era giunto: Raj era arrivato elegantissimo, sul suo cavallo bianco addobbato a festa, e l’aveva condotta con sé. Nel suo palazzo, dai pavimenti di marmo lucido ricoperti da sontuosi tappeti, Raj e Padmani avevano girato insieme intorno al fuoco per sette volte e la vita matrimoniale aveva avuto inizio.
Padmani era una buona moglie obbediente e aveva imparato in fretta le abitudini della casa del marito. Sua suocera non poteva lamentarsi di lei e, dopo un anno, anche un figlio maschio aveva allietato la loro vita.
Le sue sorelle, intanto, non erano più così povere, presto sarebbero andate spose a uomini con un discreto reddito e suo padre non aveva più bisogno di peregrinare di cantiere in cantiere per trovare lavoro: il sole della fortuna aveva rischiarato la loro misera capanna.
Dopo il maschio, anche una bambina bella come la madre era venuta alla luce e se, qualche volta, passava come un velo davanti agli occhi di Padmani, ne era subito scacciato dai gridolini di gioia delle sue creature.
Quando suo figlio aveva solo sette anni, però, Raj si era ammalato. Il medico aveva capito subito che non ci sarebbe stato nulla da fare ma, comunque, i migliori specialisti della regione erano stati chiamati a consulto. La malattia era durata sei mesi poi, Raj Kapoor era morto.
Mentre i parenti maschi preparavano la catasta di legno pregiato e Raj veniva unto, profumato, vestito a festa per la cremazione, le donne si stringevano piangenti intorno a Padmani e la guardavano senza parlare, aspettando da lei un cenno di assenso.
-Raj ha fatto tutto per te - aveva esordito, poi, la suocera - La tua famiglia non soffre più la fame, le tue sorelle hanno avuto un marito benestante, tuo padre può riposare in pace nella sua vecchiaia.
-È vero -aggiungeva la zia - Raj è stato molto generoso con te: ti ha presa che tu non avevi nulla, ti ha regalato collane e orecchini d’oro e decine e decine di vestiti. Tuo figlio maschio erediterà la terra e non dovrà mai soffrire la fame perché centinaia di uomini lavoreranno per lui.
- Che cosa farai sola al mondo senza tuo marito? Il suo spirito è già pronto e ti aspetta… È meglio che tu beva qualcosa - concludeva la cugina di Raj, offrendole una tazza colma di liquido aromatico. Intanto, sua sorella l’abbracciava dolcemente e insieme raggiungevano le camere dei figli.
Padmani aveva stretto forte al cuore l’uno e l’altra, mentre le lacrime scendevano silenziose dai suoi occhi.
Poi era tornata nel suo appartamento dove le donne l’avevano lavata e profumata. Quindi, le avevano dipinto le mani e i piedi come nel giorno del matrimonio e l’avevano aiutata a indossare i suoi gioielli preferiti e il sari più bello che aveva: il rosso del broccato di seta con ricami in oro zecchino faceva risaltare la sua carnagione e i suoi capelli neri. I sandali in cuoio e oro e gli anelli alle dita dei piedi completavano il suo abbigliamento.
Dopo aver bevuto un’altra tazza di infuso, Padmani era rimasta là, in piedi, affascinante e regale molto più di una vera principessa. Tutti l’avevano abbracciata con affetto.
-Tu sei una figlia per me - l’aveva salutata la suocera - baderò ai tuoi bambini ed essi saranno orgogliosi di te.
Dunque, Padmani era pronta e così pure Raj.
Fuori, poco lontano, due cataste di legna alte e ordinate erano in attesa.
Mentre i parenti più stretti cantavano incessantemente ritmiche melodie di preghiera, la salma di Raj era stata portata in barella a una catasta e adagiata sopra i tronchi di legno, così come Padmani era stata condotta alla sua.
Intorno, si era raccolta una grande folla che pregava a voce alta.
Poi, il figlio di Raj e Padmani, aiutato dagli zii, aveva acceso ambedue le pire.
Il ritmo delle preghiere si era fatto più intenso e forte.
Padmani rimaneva sdraiata immobile con gli occhi chiusi e il fumo scuro si alzava nell’aria tenue della sera, dove il cielo blu trasparente sembrava chinarsi ad abbracciare le cime degli alberi mentre il vento taceva, trattenendo il respiro.
Ormai, le due persone non si distinguevano più tra le fiamme spesse e scoppiettanti che consumavano tutto quanto era in loro potere e la gente cominciava ad allontanarsi per tornare alle faccende di ogni giorno.
Alla fine del rito, dopo molte ore, qualcuno aveva raccolto le ceneri in un’urna preziosa che sarebbe stata conservata per le preghiere quotidiane e il luogo, quindi, era rimasto deserto.
Nascosto da un albero, però, un uomo dall’aspetto modesto aveva osservato in silenzio tutta la scena. Il suo pensiero aveva accompagnato Padmani nel distacco da questa vita e nel cammino verso la successiva incarnazione. Allora, lui lo sapeva, anche il suo spirito l’avrebbe ritrovata e insieme, in altri corpi, avrebbero sperimentato quell’amore che questa volta era rimasto solo nei sogni. Nella prossima vita, i baci e le carezze avrebbero saziato quel dolore spaventoso che lui ora si portava dentro. Le loro anime sarebbero state unite ancora e ancora in tante altre vite e poi, per sempre, nell’eternità.
Padmani, che non avrebbe potuto mai più sfuggirgli, lo aveva solo preceduto con il cuore intatto e puro dedicato a lui, così come era scritto nel destino. Quando lui e lei fossero rinati in altri due corpi, si sarebbero incontrati, riconosciuti e amati appassionatamente.
L’amore, come il sogno, avrebbe avuto vita nella realtà.
Così meditando, Mohan aveva raccolto un piccolo tizzone dimenticato e si era avviato verso casa.



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