Antichi e nuovi Ostaggi nel Sahel
I più siamo ostaggi del destino. Proprio come Johnson che la guerra civile in Liberia ha scacciato da bambino nel Ghana con la sua famiglia in un campo di rifugiati. Sua madre e suo figlio si trovano oggi negli Stai Uniti, dove lui stesso era approdato qualche anno fa come ‘indesiderato’. Dopo la prima guerra civile nel suo paese era emigrato in Senegal e dopo qualche tempo, per aereo, era approdato nella Jamaica di Bob Marley del movimento Rasta. Da lì era sbarcato nel Messico. Pure lui, come migliaia di altri migranti, aveva passato il muro che separa i due paesi e trascorso almeno sei mesi a Washington. Giusto il tempo di dargli un ‘Passaporto Mondiale’ (World Passport) per rispedirlo al mittente e cioè in Senegal. Passa in Guinea e, con l’idea di andare in Europa, cerca invano di raggiungere la Libia. Non è mai riuscito ad attraversare la frontiera. Da oltre 6 anni il Niger è diventata la sua patria. Passa qualche mese ospite nella Casa di Arresto di Niamey e, appena fuori, chiede a sua madre, ormai anziana, di mandargli i soldi delle valigie per il viaggio. Nell’attesa ripara sedie per il giorno che verrà del ritorno a una casa che non c’è.
Anche le nostre frontiere sono ostaggio dell’Occidente e di Complici Locali. Messe in vendita con l’esternalizzazione per il controllo dei migranti, sono, da tempo, in balia dei rapporti di forza che reggono le geopolitiche del momento. Oggetto di compravendita per traffici di ogni tipo, contrabbandieri, banditi, jihadisti, affaristi, commercianti di armi e di chi, grazie a loro, si arricchisce. Ad esempio EUCAP-SAHEL, specializzato per formare gli agenti che gestiscono le frontiere. Esse si rivelano mortali in mare, nel deserto, nella testa e nelle politiche di chi detiene il potere di decidere tra insabbiati, sommersi, crocefissi e salvati. Frontiere di sabbia, cemento, pietra, filo spinato, elettriche, virtuali o di carta straccia e attendono, forse, il nuovo passaporto sanitario. Le frontiere assicurano la protezione delle disuguaglianze di cui parla l’ultimo rapporto di OXFAM, pubblicato all’occasione del Forum ‘virtuale’di Davos, per il Grande Reset mondiale.
Gli ostaggi principali restano comunque i poveri. Sotto ogni regime, latitudine o stagione sono loro che permangono i ’vendibili’ di accordi, politiche, piani di ristrutturazione o Grandi Trasformazioni dell’economia. Insostituibili per le Agenzie Umanitarie, i predicatori ambulanti di violenza armata e di religioni come surrogato organizzato d’illusioni, sono altresì fondamentali per i politici in cerca di mandati elettivi. Sono i poveri ostaggi a garantirne la sopravvivenza e soprattutto la perpetuazione. Si presentano come inevitabili per le ideologie, gli eserciti di riserva, le manifestazioni di piazza, le mense popolari, le adozioni a distanza, i corridoi umanitari e i fondi di urgenza per le inondazioni. Ostaggi prescelti e dunque curati, oggetti di studio, d’indagini e di innumerevoli misure perché assicurino una manodopera delocalizzata, da sfruttare ad ogni crisi del sistema. Non ci fossero bisognerebbe inventarli ed è proprio questo che fanno le statistiche aggiornate degli ultimi censimenti finanziati dalla Banca Mondiale.
Sono anch’esse ostaggio delle più becere forme di potere, le donne, che nell’intenzione di chi sovrintende le redini delle società, esistono per riprodurre, mantenere e assicurare la continuità del mondo così com’è da loro concepito: oggetti di uso, consumo, scambio, pubblicità, mercato, conforto o semplicemente passatempo o prestigio. Ostaggi di mode, visioni, promesse, tradimenti e trappole nelle quali poi, loro stesse, a volte, cadono per ingenuità o interesse. Le politiche le ingannano, raggirano e ne fanno uno strumento di quote per le amministrazioni delle banche o dei ministeri della difesa. Eppure lavorano la terra, sostengono la vita, portano sulle spalle il peso dei giorni con i figli che crescono con loro, nella paziente attesa di un domani migliore. Saranno le uniche a poter cambiare il mondo a modo loro, quando, un giorno qualunque, eserciteranno altrimenti un potere che non sia quello di dominare ed escludere.
Poi ci sono i giovani, ostaggi di mentalità defunte e del futuro che a loro sfugge perchè rubato o tradito dai grandi. Sono gli elettori disputati e contesi dei secondi turni delle presidenziali, ostaggi di soldi e alleanze in cui nessuno crede. Ostaggio è poi la società civile che rincorre donatori, partners, finanziamenti e benevoli umanisti. Ostaggi sono i contadini nelle zone occupate dai gruppi armati e i fedeli che non possono professare la fede che li anima. Ostaggi privilegiati sono gli intellettuali, al soldo dei potenti e della paura di pensare. Ostaggio sono soprattutto le parole sedotte e asservite alla menzogna. A rimanere l’unica libera di inventare, agire, insegnare e credere è ancora e solo lei, la sabbia della quale, nel Sahel, siamo tutti ostaggi.
Mauro Armanino, Niamey, 31 gennaio 2021
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