STORIE DELLA VITA E DEL MONDO
Il grande pino verde di nome Verpì, nelle sere di luna piena, raccontava, alle mille orecchie in ascolto, storie della vita e del mondo.
Mille occhi lo osservavano attenti e mille corolle di fiori si riaprivano un poco per non perdere neppure un sussurro.
LA PACE DEL RICCIO
La sera aveva attutito ogni rumore e la notte fresca aveva spento la luce e il calore del giorno.
Le formichine si erano ritirate nel loro formicaio ed erano rimasti solo civette e altri animali notturni a scrutare lo spazio scuro all’intorno.
Anche il riccio indagava circospetto. In fondo, però, si sentiva molto sicuro di sé fin da quando l’uomo ancora non c’era sulla terra, perché era spaventosamente zeppo di aculei, si diceva fino a 5-6000!
Esso abitava in una tana coperta da foglie e rametti caduti nel sottobosco tra Verpì e Querciò.
Proprio in quel tempo, sua moglie Riccetta aveva da poco dato alla luce ben cinque Riccioloni e lui aveva il suo da fare a trovare topi e cavallette per tutta la famiglia.
Il riccio era considerato molto saggio, anche se un pochino scorbutico: infatti, non parlava con nessuno escluso Verpì con il quale si consultava spesso, ritenendolo abbastanza autorevole per conversare con lui.
- Allora, come va? - chiedeva qualche volta all’albero - Stai già dormendo?
- Eh sì, sto per addormentarmi, anche se le foglie continueranno il loro lavoro per tutta la notte. Ma la giornata è stata lunga e faticosa, con tante situazioni da discutere. Adesso è necessario il riposo.
- Invece, io mi sono svegliato da poco e devo andare a caccia.
- Fai attenzione, Riccione, se ti succedesse qualcosa, lasceresti cinque piccoli senza sostentamento.
- É difficile che mi succeda qualcosa, con tutte le mie spine, nessuno ha il coraggio di contrastarmi!
- Non è così! Voi ricci avete un astuto nemico che è la volpe! Tuo zio, davanti a una volpe ha drizzato gli aculei e si è anche appallottolato per difendersi ma la volpe è stata più furba. Ha urinato addosso al povero malcapitato. Lui, reso poco avveduto dalla rabbia, è uscito un po’ dalla sua corazza protettiva e lei lo ha morsicato sul muso fino a quando non l’ha finito!
- Lo so, me lo ricordo.
- Bene, se incontri un grave pericolo devi fuggire. La tua famiglia ha bisogno di te.
Le creature che non dormivano ancora e che avevano ascoltato tali confidenze avevano avuto un brivido di orrore e raccapriccio.
- Hai ragione, saggio Verpì. Mi ricorderò dei tuoi suggerimenti: se vedrò una volpe, scapperò senza tentare di difendermi.
- Bravo, l’importante è salvare sé stessi per crescere i propri piccoli. È la giusta legge della natura.
- Meglio cacciare ragni, lombrichi, topi o ghiande e bacche (e qui ce ne sono), senza avventurarsi troppo lontano.
Anche un ghiro, che abitava in una cavità di un altro vecchio pino, aveva ascoltato la conversazione. Raggelato dalla paura, era ritornato nella sua tana. Ma la sua compagna Ghiruccia lo aveva rimandato fuori a procurare il cibo. Anch’essa, infatti, aveva partorito sette Ghirini e aveva urgente bisogno di ghiande, bacche e frutti di bosco per la famiglia! Il ghiro, sbuffando per la fatica e il panico, era tornato fuori a cercare.
Così pure un’istrice, cugina del riccio che, proprio in quel momento passava di là, si era riproposta di sfuggire qualunque conflitto.
- É vero, - si era detta - che ho gli aculei come il mio cugino riccio, è vero che in più ho sulla coda i peli cavi che fungono da sonagli e che spaventano gli aggressori, è vero che i miei peli sulla testa si drizzano e fanno paura facendomi apparire più imponente di quanto io sia in realtà, ma è meglio evitare i pericoli e cercare di vivere in pace e tranquillità! Così, invece di avventurarmi a cercare dell’uva che mi piace tanto, mi accontenterò delle solite cortecce, dei frutti e di qualche insetto, che sono ovunque disponibili.
Dunque, sembrava una notte tranquilla.
Le bianche pratoline avevano già poggiato il loro capino sulle foglie e solo il vento mormorava piano.
Il riccio, allora, si era avventurato in cerca di cibo e si era allontanato parecchio.
Molto impegnato nello scoprire lombrichi e altre leccornie, non si era accorto che proprio una volpe lo stesse osservando. Il riccio era per lei come è per gli umani un dolce fasciato in una carta colorata: bisognava scartarlo.
Mentre attaccava quella che pregustava già come la sua cena, aveva guaiolato.
Il riccio aveva alzato il capo e aveva capito tutto. Con gli aculei ben ritti aveva fatto dietro-front per tornare alla sua tana.
Non si era mai fermato, anche se la volpe gli correva intorno per confonderlo e fargli perdere la pazienza. Però, essa non poteva toccarlo fintanto che lui fosse stato difeso dagli aculei e il riccio aveva ben compreso le parole di Verpì.
La sua vita era importante per la famiglia.
Infine, la volpe si era stancata e se n’era andata via.
Con il fiatone, Riccione era arrivato a casa sano e salvo.
Ora, finalmente, tutte le creature potevano riposare fino allo spuntare di un nuovo sole.
Renata Rusca Zargar
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