Oggi ho ricevuto copie dell'antologia PERSONAGGI IN CERCA DI STORIE, promossa da Alcheringa Edizioni, nella quale è inserito il mio racconto ULISSE (a modo mio)
e la poesia PASSEPARTOUT IL SOGNATORE NOSTALGICO di Laura Vargiu che si trovano in compagnia di racconti e poesie di altri autori. Desidero condividere con voi il mio racconto:
ULISSE
( a modo mio)
Arnold Böklin - Calipso e Ulisse 1883
Ho infilato il mio blazer preferito, quello
marinaresco per restare in tema, un paio di scarpe da barca e, mi sono messa a
correre, per poterlo raggiungere. Non capita tutti i giorni di avere un
rendez-vous con un personaggio di tanto rilievo. Un po’ contestato, molto
ammirato. Mi sono fatta un’idea su di lui e gliela voglio dire a brutto muso.
Chi non lo conosce, per averlo studiato sui libri di scuola, o nel canto divinamente
infernale di Dante?
Nella mitologia greca, dove
appare protagonista di numerose avventure, Ulisse incarna il simbolo dell’uomo
che riesce a superare le prove della vita con la forza dell’ingegno versatile e
curioso. Il suo mito ha avuto enorme fortuna nella civiltà occidentale, ed è
arrivato fino a me, incuriosendomi non poco.
Sempre in cerca di nuove avventure e amante del
pericolo, è una sorta di eroe dell’astuzia, dai mille volti e dalle molteplici
risorse. Odisseo (l’Ulisse latino nasce nel folklore antichissimo dei Greci come
un personaggio molto particolare. Il suo nome, forse non greco, è stato
accostato al verbo odùssomai «sono irato», poiché i suoi
continui inganni provocano l’ira degli dei e degli uomini). E, a dire il vero,
un poco irrita anche me!
Devo quindi fare attenzione a che non si arrabbi, non
si sa cosa potrebbe accadere tra due che litigano tra loro, data la sua forza, di avere la peggio. Ma, come Omero e
Dante l’hanno cantato nelle loro liriche, qualche parola gliela vorrei cantare
anch’io.
La letteratura occidentale si apre con i due poemi
di Omero: in essi Odisseo ha un ruolo di spicco e rappresenta, nel nostro
immaginario, l’eroe dell’astuzia accanto ad Achille, suo contro eroe dalla
virtù militare. Già nell’Iliade, Odisseo, re dell’Isola di Itaca,
dove ha lasciato la fedele, immensamente paziente moglie Penelope e il figlio
Telemaco, si distingue dagli altri eroi: non ama combattere in duello e
preferisce l’imboscata. Bene, allora non mi sfiderà a singolar tenzone.
Ora l’imboscata te la faccio io, Ulisse, attento!
In compagnia di Diomede, si rende protagonista di
una sortita in campo troiano, durante la quale uccide, mentre dormono, numerosi
guerrieri. L’impresa più nota è senz’altro l’inganno del cavallo, azione
risolutiva della lunga guerra. L’ira degli dei favorevoli ai troiani, tuttavia,
punisce duramente Odisseo, costretto a peregrinare per tutti i mari e a
superare terribili prove prima di poter tornare in patria. Le sue avventure
sono narrate e le ho lette, appunto, nell’Odissea.
Sfuggito alla crudeltà del popolo dei Ciconi, antichi abitanti della Tracia, Odisseo giunge tra i Lotofagi e riesce a evitare che i
compagni dimentichino la loro patria mangiando il magico loto. Sbarcato su
un’isola, s’introduce nella caverna del Ciclope Polifemo per sottrargli il
cibo; il mostruoso gigante, al suo ritorno rinchiude nell’antro Ulisse e i
compagni, divorandone alcuni. L’eroe riesce con un inganno a farlo ubriacare e
quindi, resolo cieco, a fuggire. Il dio del mare Poseidone (Nettuno per i Latini), padre del Ciclope, scatena contro di
lui furibonde tempeste. Peregrinando nelle lontane regioni occidentali, l’eroe
incontra Circe, che trasforma i suoi compagni in porci, ed è costretto a
evocare le ombre dei morti per conoscere il suo futuro. E ben gli sta!
Dopo aver superato il pericolo delle Sirene –
che stregano i marinai con la loro voce ammaliante (ho ancora impresso un
quadro di Herbert James Draper, che rappresenta in modo superbo
questo episodio) - e di Scilla e Cariddi - mostruose creature che stritolano le
navi al loro passaggio – approda, ormai solo, nell’isola di Calipso, una ninfa
che s’innamora di lui e non lo lascia partire per lungo tempo. Ancora un’ultima
sosta nell’isola dei Feaci e Odisseo potrà, su decisione degli dei, tornare a
Itaca, dove dovrà affrontare i pretendenti della moglie che cospirano contro di
lui.
A proposito di pretendenti, aveva delle belle
pretese, Ulisse, nel tornare a casa dopo vent’anni e trovare ancora la moglie
in sua attesa. Se avesse accettato la corte di qualche pretendente, se si fosse
ricostruita una famiglia con un altro uomo, non avrebbe avuto tutti i torti:
vent’anni di vedovanza bianca non sono uno scherzo. Ma lei lo amava, e lo ha aspettato, tessendo e
disfacendo la tela, per tutto il tempo dell’attesa. Ancora una volta, con
l’astuzia e con l’inganno, riuscirà a ristabilire il suo potere e compirà sui
nemici una vendetta senza pietà.
Odisseo è l’eroe dai molti volti.
Se nei poemi omerici sono evidenziate le sue qualità positive, nella letteratura e nell’immaginario successivo, si tende a mettere in luce quelle negative: l’inganno e la violenza, il cinismo e la perfidia. Così, nel teatro dell’Atene classica, Odisseo è spesso protagonista di episodi riprovevoli. Nel Medioevo, proprio sulla tradizione dei suoi inganni e delle avventure spregiudicate, Ulisse accentua il suo profilo sfavorevole. L’Ulisse dantesco, dannato nell’Inferno, rappresenta il simbolo di ciò che l’uomo osa contro i limiti fissati da Dio ma, al tempo stesso, anche l’irresistibile sete di conoscenza. Il romanticismo rivaluterà Ulisse, vedendo in lui uno dei tanti eroi che si scontrano con il loro destino.
Se nei poemi omerici sono evidenziate le sue qualità positive, nella letteratura e nell’immaginario successivo, si tende a mettere in luce quelle negative: l’inganno e la violenza, il cinismo e la perfidia. Così, nel teatro dell’Atene classica, Odisseo è spesso protagonista di episodi riprovevoli. Nel Medioevo, proprio sulla tradizione dei suoi inganni e delle avventure spregiudicate, Ulisse accentua il suo profilo sfavorevole. L’Ulisse dantesco, dannato nell’Inferno, rappresenta il simbolo di ciò che l’uomo osa contro i limiti fissati da Dio ma, al tempo stesso, anche l’irresistibile sete di conoscenza. Il romanticismo rivaluterà Ulisse, vedendo in lui uno dei tanti eroi che si scontrano con il loro destino.
Nel Novecento, infine, sarà lo scrittore irlandese
James Joyce, con il romanzo intitolato Ulysses, a indicare, nella
figura del mito greco, il lontano archetipo delle peregrinazioni e delle
angosce quotidiane dell’uomo contemporaneo.
Questa, la breve sintesi storico-letteraria, giusto
per ricordare la figura dell’eroe cantato da Omero, che mi ha indotto a dedicare
qualche pensiero su di lui e sulla sua paziente moglie Penelope.
Così, quando ho avuto l’occasione di incontrarlo,
poiché lo raggiunsi e ci siamo fronteggiati, gli ho detto:
Itaca (o dell’inutile vagabondare
lontano da Penelope)
− Che andavi cercando Ulisse, al di là
dal mare, quando tutto il tuo mondo già ti circondava? Illudendoti in quella ronda che giravi
in tondo senza una meta.
Intorno all’isola e verso Itaca
navigavi con fiacca vela. La tua barca nella risacca perse l’antica rotta nell’onda
di ritorno, mentre in un miraggio sfumava il suo contorno.
Penelope attendeva invano, tessendo la
sua tela, mentre la lucente luna illuminava la gonfia vela dall’impetuoso vento
sospinta tra uragani e burrasche, in cerca di una rada sicura dove al fine
approdare. E fu sempre Itaca quel porto che t’attendeva. Tu, che per anni fosti,
ai suoi fari accesi, orbo, e ai suoi ripetuti richiami, volutamente sordo.
Odisseo mi fissò con occhi di brace.
L’ho fatto infuriare davvero, ma gliele dovevo cantare. Così, non soddisfatta,
presi le difese di Penelope. Tra donne dobbiamo sostenerci, o no?
Continuai, dicendogli di ascoltarmi
attentamente.
(Uomini e ragni)
− Penelope
paziente tesseva la sua interminabile tela e osservava Aracne, che intesseva la
sua argentea ragnatela, facendosi reciproca compagnia. Tu, Odisseo, percorrevi
mari reali o immaginari, inseguendo il sogno utopico di raggiungere lontane
isole e terre sperdute, infine attraccando presso un ipotetico porto. Con quale
nave?
Mi
risponde Ulisse:
− Gli affondamenti furono numerosi, quindi la galera fu ricostruita dozzine
di volte. Sai bene l’aperta mentalità di alcuni marinai, definirli
superstiziosi è poco. Al quinto naufragio l’equipaggio si ammutinò e mi costrinse
a cambiare nome. Probabilmente partì da Troia come “Vittoria Suprema”, non
ricordo bene, è trascorso tanto tempo da allora, e attraccò a Itaca come “La Zattera
del naufrago”. Chi è schizzato in piedi urlando “La nave si chiamava Argo”,
pensando alla crociera degli Argonauti, comandati da Giasone, ha vinto un
botolo malconcio abbandonato nel canile di Vathy, che io stesso ho fondato in ricordo del mio
amato Argo.
Proseguo imperterrita in difesa di Penelope.
− La
mosca cadeva ignara nella
rete del ragno, nell’istante
in cui Circe, debole
Ulisse, ti circuiva. Uomini
come mosche e
donne trasformate in aracnidi. Per
amore o per fame, restano accalappiati
nelle reti. Non sei
stato capace di restare fedele alla tua donna. E’ questo che di te mi irrita.
Gli voltai le spalle, e tornai sui miei passi. Quel
che da tempo volevo dirgli, finalmente l’ho sputato, come un rospo che mi stava
nel gozzo.
E fu così che incontrai Ulisse un tempo. Nel dubbio
che fosse realmente lui, e non un suo sosia, gli chiesi il suo nome. Mi
rispose:
− Mi chiamo Nessuno.
− Se
sei Nessuno, non meriti attenzione, con te ero molto arrabbiata. Nonostante tutto,
mi sei simpatico. Va, torna d Penelope, sono certa che ti perdonerà.
Dipanai
la tela, e ripresi a filare.
Con
molta soddisfazione, a distanza di quasi tremila anni, (le date presunte sulla
vicenda di Ulisse sono discordi) sono finalmente riuscita a prendere le difese
di Penelope. Eh, dobbiamo essere solidali tra noi donne! Ulisse è riconosciuto
come un grande eroe, e la povera moglie invece è stata relegata in un angolino
a tessere la tela nell’attesa del suo ritorno. Un vero eroe dovrebbe rinunciare
alle ambizioni personali, e stare accanto alla moglie, sopportandola
pazientemente. Questo è un vero atto di eroismo!
Danila
Oppio
Il mio racconto ULISSE è liberamente ispirato alle opere di
Omero: Iliade e Odissea, e alla Divina Commedia
di Alighieri – Inferno - Canto XXVI
Pubblico con immensa gioia anche la poesia di Laura Vargiu, amica poetessa e scrittrice di grande talento, con lei ho condiviso le nostre opere in diverse antologie e, a mio avviso, è uno splendido modo per sentirci vicine
Passepartout il sognatore nostalgico
Del nostro giro del
mondo
si serba ancor
ricordo
Su piroscafi e treni
maestosi velieri
Mongolfiera ed
elefante
ci trasportavano
all’istante
Da Londra alle città
d’Oriente
dalla jungla alle
praterie d’Occidente
Si solcavan terre e
mari
dispiegando forti le
nostre ali
Ottanta lunghi
intensi giorni
per scommessa previi
accordi
Eh, fui un grande
viaggiatore
al seguito del mio
padrone
Che or non più lascia
la dimora
stretto stretto alla
sua indiana signora
Neppur brevi gite nei
dintorni
presto esci presto
torni
Invece per davvero
bei tempi
quando sfidavamo i
venti!
Vorrei esserci fra
cent’anni
girar il mondo
senz’affanni
Salire su nuove
macchine volanti
arrivar magari fino
agli astri
Vivo in questi
fantasiosi sogni miei
d’un rapido futuro
che vorrei
Chissà che un domani
il giro del mondo
non si possa fare in
un sol giorno!
Laura Vargiu
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