SUCCEDE AD ALEPPO di Domenico Quirico
Recensione di Danila Oppio
La moschea degli Omayyadi ad Aleppo
prima, come l'ho vista io, e dopo...
Ho letto tanti testi che trattano di Storia, antica e moderna. Questo
libro è più che un racconto giornalistico, anche se l’autore era un inviato de
La Stampa.
Già dalle prime pagine, vi ho trovato una vera e propria poesia
prosastica, qualcosa che tocca il cuore nel più profondo.
Per chi non è mai stato ad Aleppo (Haleb), le tragiche notizie di quanto
accaduto in questi ultimi anni, colpiscono da vicino, ma non così tanto da colpire nel più profondo chi ha potuto visitare Aleppo quando ancora esisteva in tutto il suo
splendore e nella pace. Mi sento doppiamente ferita, perché ciò che ho visto
non esiste più. Cancellato.
Nel prologo, Quirico scrive:
“Aleppo è tra il cielo e
l’inferno…Quando vi arrivai, la prima volta aveva appena cominciato a cavar
sangue alle sue vittime a patire la veglia lugubre del Tempo, a porre tutto in
un colore di ombra che è tipico della nostra epoca: ed è il colore del
riconoscibile dolore di ogni giorno, la vita come sappiamo che viene vissuta.
Aleppo è insieme a Guernica e Stalingrad, Sarajevo e Grozny...
Ci vorrebbe il pennello di Dürer, e le sue apocalissi,
la furia lugubre del Greco con i suoi cieli di agonia…”
E collegandomi all’agonia, a pagina novantasei ho trovato questa emblematica
descrizione:
“L’agonia di Aleppo che non vogliamo
vedere è un’agonia taciturna, testarda. Una lenta morte, una grigia morte. La
lentezza di questa fine, il segreto della sua incredibile resistenza nel
silenzio del mondo, opposta ad un nemico più forte e senza pietà, più che nelle
armi, più che nel coraggio dei suoi combattenti, consiste nell’incredibile
capacità di soffrire. La loro sopportazione dovrebbe stancare perfino il
carnefice”
Tutti abbiamo avuto occasione di vedere immagini di Aleppo distrutta, un
mucchio di rovine grigie e polverose, che fosse durante qualche servizio
giornalistico alla TV o sui giornali. Ma quel che descrive l’autore è molto
diverso, lui che l’ha vissuto in prima linea, ne parla come avrebbe potuto
farlo Edgar Lee Masters in una diversa Antologia di Spoon River. Quei morti, invece che
trovarsi fantasmi in un Giardino degli Angeli, furono sepolti sotto le
macerie della loro città.
“Tutti, giovani e vecchi, uomini e
donne, si trascinano dietro la paura come lo sporco attaccato alle scarpe”
Questa emblematica espressione si ricollega ad una mia poesia dedicata
proprio a ciò che succede in Siria. Ve la ripropongo:
Delicate suggestioni
(col
cuore in Syria)
Danza scalza
Avvolta
da impalpabili veli.
i
piccoli piedi posati su intrecci
di tappeti afshar delicati.
Amuleti
preziosi tintinnano
ai
suoi polsi diafani
e
cavigliere d’oro
come
il pizzicar di cembali.
Profumi
d’oriente
ambra,
nardo e sandalo
aleggiano
nell’aria dolce
della
sera aleppina.
Danza
scalza
Come
sospesa in un cielo
di
cobalto, ora come allora
in
un assoluto incanto.
Sultani dai volti estatici
con
cenni d’assenso
l’incitano
a volteggiare
mentre
bruciano incenso.
Danza
scalza
Rapita dal
loro sguardo
di diopside stellato
li asseconda smarrita.
Il sogno d’improvviso si dissolve
coi piedi insanguinati s’incammina
lungo le vie di Haleb devastata
dalla feroce guerra intestina.
Danila Oppio
Non ci sono parole per descrivere la pena infinita per tutte quelle vittime innocenti... Noi che vediamo le spaventose rovine alla tv, ci sentiamo impotenti e quasi increduli di fronte alla ferocia di tanta violenza. Silenzio e dolore, tanto. Ciao Danila
RispondiEliminaGio
Grazie Gio! Purtroppo i bombardamenti non sono finiti, ora anche l'aviazione americana lancia bombe, per combattere l'ISIS ma colpisce anche i civili. Quando finirà l'odio nel mondo, e regni la pace?
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