In questi giorni avevo voglia di conoscere più a fondo la vita e le
opere di Giacomo Leopardi. Ho attinto dalla mia fornitissima biblioteca CANTI
di Einaudi Editore, POESIE E PROSE della collana I Meridiani edita da
Mondadori, e LEOPARDI, Tutte le poesie, tutte le prose e lo Zibaldone dei tipi
I Mammut della Newton Compton Editori. Come mai non ho mai aperto prima questo
tesoretto? Non certo perché avessi poco interesse per il Poeta Recanatese, ma
solo a causa dei caratteri di stampa tanto microscopici, da spazientire la mia
vista non eccellente. Però il desiderio di approfondire la personalità di
Leopardi, e la sua produzione letteraria, mi hanno fatto decidere di
infischiarmene delle difficoltà nella lettura, e poche pagine a sera, mi sto
tuffando nella sua storia. Questo mio desiderio mi ha condotto ad una ricerca
online, nella speranza di poter leggere qualcosa del Conte Giacomo in modo più
scorrevole, ovvero con caratteri più adatti ai miei occhi. Leggendo nello
Zibaldone dell’incontro di Leopardi col sommo Manzoni, ho svolto una ricerca in
questa direzione, trovando un chiaro articolo nel sito Tuscany People,
che riporto qui di seguito, felicemente corredato da interessanti immagini.
Ringrazio Vieri Tommasi
Candidi per averlo scritto, data l’utilità che mi è donata da lui. Spero non se
ne dispiaccia, non si tratta di plagio, poiché ho indicato chiaramente l’orgine
del testo, che mi è servito per riassumere la ricerca sull’incontro tra Manzoni
e Leopardi.
Danila Oppio
Firenze è da sempre palcoscenico di grandi racconti e trame della
Storia. Oggi vi raccontiamo dell’incontro tra due protagonisti assoluti
dell’Ottocento italiano, l’incontro tra Alessandro Manzoni e Giacomo Leopardi
al Gabinetto Vieusseux.
QUANDO
MANZONI E LEOPARDI S’INCONTRARONO AL VIEUSSEUX
23/02/2018
Il Gabinetto scientifico letterario G.P. Vieusseux, più comunemente detto Gabinetto Vieusseux, fu fondato a Firenze nel 1819 da Giovan Pietro Vieusseux, un mercante di origine ginevrina, e nell’Ottocento si
rivelò uno dei principali collegamenti
tra la cultura italiana e quella europea, oltre che un centro tra i più attivi per il nostro
Risorgimento.
La
nascita del Gabinetto Vieusseux
In
principio, nacque come gabinetto di lettura nel quale venivano messe a
disposizione del pubblico le più importanti riviste d’Europa
consultabili dentro sale aperte alla conversazione e allo scambio di idee. A
fianco del Gabinetto venne poi allestita una biblioteca circolante,
presso la quale era possibile prendere in prestito le novità librarie in
quattro lingue: italiano, francese, inglese e tedesco.
Tra
i soci stranieri abbonati figurano personaggi del calibro di Stendhal, Arthur Schopenhauer, James F. Cooper, William M.
Thackeray, Fëdor Dostoevskij, Mark Twain, Emile Zola, André Gide,
Rudyard Kipling, Aldous Huxley, David H. Lawrence e, last but not least,
Giacomo Leopardi e Alessandro Manzoni, che frequentarono il
Gabinetto Vieusseux durante i loro soggiorni fiorentini.
L’incontro
tra Manzoni e Leopardi a Firenze
Il
famoso, e forse fatidico, incontro tra loro avvenne a Firenze la sera di lunedì
3 settembre 1827, alle 19 in punto, in una delle tre sale al primo piano di Palazzo Buondelmonti, in Piazza Santa Trinità, oggi in parte occupate dal
Caffè-Ristorante Isabelle, allora prima sede del Gabinetto Vieusseux.
È in
quel luogo, in quella data, a quell’ora, che avviene la prima congiunzione
astrale tra le due massime stelle letterarie del nostro Ottocento. È in
quel momento che Giacomo Leopardi, 29enne, conosce Alessandro Manzoni,
42enne, arrivato a Firenze, com’è noto, per “risciacquare i panni in Arno“,
ossia rivedere linguisticamente la prima edizione de I Promessi Sposi,
quella, appunto, del 1827 – l’edizione definitiva è del 1840-42 -,
alla luce del fiorentino.
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lenzuoli da risciacquare
È
ormai storia patria che dopo l’uscita della prima edizione de I Promessi
Sposi, la cosiddetta “Ventisettana”, Manzoni fosse profondamente
insoddisfatto della sua opera dal punto di vista linguistico, cosicché
aveva deciso di trasferirsi per un breve periodo di tempo a Firenze
insieme alla propria famiglia per studiare la lingua locale e correggere
il romanzo. Lo scrittore voleva un pubblico più vasto per I Promessi Sposi
e aveva bisogno di una lingua scritta che fosse il più vicino possibile
a quella parlata.
Considerata
la situazione storica della nostra penisola, ancora divisa in numerosi stati
indipendenti, ciascuno geloso della propria lingua o dialetto, Manzoni
aveva individuato nel fiorentino, culturalmente egemone nel corso dei
secoli, il modo di parlare più adatto allo scopo. Tanto che in quel periodo
scriveva al Grossi: “Ho settantun lenzuoli da risciacquare”. Ossia
settantuno pagine da adattare alla lingua fiorentina.
Sono
stanco della vita…
Leopardi, invece, era partito per Firenze
il 20 di giugno. Veniva da Bologna, dove l’editore Stella gli
aveva commissionato una prima Crestomazia: un’antologia di prosatori
italiani dal Trecento al Settecento. Il poeta era attratto dal gruppo
di letterati appartenenti al Gabinetto Vieusseux e il 21, su consiglio di
Giordani e di Pietro Brighenti, trovò una sistemazione all’albergo della
Fontana nei pressi del Mercato del grano e di Palazzo Vecchio.
A
Firenze Leopardi inizia a frequentare fin da subito il Gabinetto Vieusseux.
Entra in contatto con grandi personaggi dell’epoca, Gino Capponi,
Niccolò Tommaseo, Pietro Colletta, Alessandro Poerio, ed è sempre qui
che conosce il giovane esule napoletano Antonio Ranieri, che rivestirà
grande importanza nella sua vita.
Il
suo stato d’animo, però, non è dei migliori, tanto che il 16 agosto aveva
scritto all’amico Francesco Puccinotti di Macerata: “Sono stanco
della vita, stanco della indifferenza filosofica, ch’è il solo rimedio de’
mali, e della noia, ma che in fine annoia essa medesima. Non ho altri disegni,
altre speranze che di morire. Veramente non metteva conto il pigliarsi tante
fatiche per questo fine.”
Così,
è in questo stato di estrema fragilità che il recanatese incontra
Manzoni e ne rimane profondamente colpito.
Soirée
privée al Gabinetto Vieusseux
Lo
scrittore lombardo, dal canto suo, aveva bisogno degli intellettuali del Gabinetto
Vieusseux, perché era in tutt’altre faccende affaccendato.
Quell’estate, oltretutto, non si parlava d’altro che de I Promessi Sposi,
e lo stesso Gian Pietro Vieusseux non stava più nella pelle e attendeva
trepidante il conte Manzoni, come dimostrato dalle lettere inviate al marchese
Gino Capponi.
Dunque,
la sera del 3 settembre venne organizzata nella sede del Gabinetto letterario,
la presentazione ufficiale dell’ospite illustre agli intellettuali
fiorentini. Ad attenderlo, alle 19 in punto, c’erano lo stesso Vieusseux, Giovan
Battista Niccolini, il settantenne linguista Gaetano Cioni, Mario
Pieri, Pietro Giordani, Terenzio Mamiani, insieme al ben più noto cugino
Giacomo Leopardi.
La
serata, a parte qualche frecciatina del Giordani nei confronti di alcuni dei
convitati di fede dichiaratamente romantica, si rivelò probabilmente
piacevole, visto che alle 21 Manzoni si ritirò nel suo albergo con aria
soddisfatta, come testimoniato da una lettera della figlia Giulietta
indirizzata al cugino Giacomo Beccaria: “Il Lunedì c’è soirée privée
dal direttore del Gabinetto letterario dove Papà va ogni giorno, ebbe l’invito
in istampa e ieri vi passò la sera e siccome il biglietto vale per varii Lunedì
conta andarci sempre vedi che è molto per lui.”
Il
racconto di Pietro Citati
Pietro
Citati, nel suo
libro dal titolo Leopardi, racconta così l’episodio: «…Manzoni era
giunto a Firenze con la madre, la moglie, i figli e quattro domestici,
scendendo in un grande albergo, le 4 Nazioni, come un potente della terra. La
sera del 3 settembre fu invitato al Gabinetto Vieusseux. C’era anche
Giacomo Leopardi, dapprima nel suo cantuccio abituale.
(Un angolo del Gabinetto, dove si possono ammirare e leggere quei libri antichi che amo molto)
I
due si parlarono a lungo. Non sappiamo cosa si dissero, ma Leopardi amò
quell’uomo dolce, modesto e amabile, che parlava balbettando e arrossendo, e a
tratti si animava e diventava eloquente. Forse pensò di assomigliargli, almeno
nella nevrosi e nella timidezza. Avevano la stessa grazia del cuore: un
dono rarissimo, che incanta tutti coloro che lo conoscono».
Il
racconto del Leopardi
Qualche
giorno dopo, Leopardi descriveva l’evento al padre Monaldo:
Firenze,
8 settembre 1827
“…
Del rimanente, grazie a Dio, sto bene, eccetto incomodi leggeri di flussioni e
di stomaco. Ella indovina assai bene che io non posso curarmi molto di certe
alte conoscenze, dalle quali anche non potrei sperar nulla. Me la passo con
questi letterati, che sono tutti molto sociali, e generalmente pensano e
valgono assai più de’ bolognesi. Tra’ forestieri ho fatto conoscenza e amicizia
col famoso Manzoni di Milano, della cui ultima opera tutta l’Italia parla, e
che ora è qui colla sua famiglia.”
Mentre
lo stesso giorno, in una lettera scritta all’amico Pietro Brighenti,
dichiara:
“Io
qui ho avuto il bene di conoscere personalmente il signor Manzoni, e di
trattenermi seco a lungo: uomo pieno di amabilità, e degno della sua fama.”
Dunque,
possiamo ipotizzare che gli effetti del loro breve incontro furono benefici per
entrambi, soprattutto per Leopardi, più giovane ed emotivo, che subì la
forte influenza della prosa manzoniana, come si nota nei Canti, dal tono
più narrativo, composti subito dopo a Pisa e a Recanati.
Mentre
Manzoni, finché non ripartì per Milano, lavorò a pieno ritmo alla revisione
del suo romanzo, in particolar modo stringendo una solida amicizia con il
Cioni e frequentando assiduamente anche il Niccolini, tanto da riferire
all’amico Tommaso Grossi: “Un’acqua come l’Arno e lavandaie
come Cioni e Niccolini, fuori di qui non le trovo in nessun luogo…”.
Cosa
pensava Manzoni di Leopardi?
E
Manzoni, al di là delle tante dicerie e maldicenze, cosa pensava realmente di
Leopardi?
L’unica
testimonianza ci viene dal filologo Svizzero De Sinner. Quando, nel
1830, lasciando l’Italia, lo studioso passò per Milano e chiese al Manzoni se
conoscesse Leopardi e le sue Operette morali, lo scrittore lombardo,
superando il naturale riserbo nei confronti dei colleghi, rispose entusiasta: “Voi
conoscete Leopardi… avete letto i suoi saggi di prosa? Noi l’abbiamo fatto…
basta prestare attenzione a questo piccolo volume; in quanto a stile, non si
poteva scrivere niente di meglio nella prosa italiana dei nostri giorni…”
Be’,
Firenze ancora amabile teatro di vite di grandi uomini, di grandi
incontri, di grandi storie. Tanto basta, no?
/in questo redazionale ho trovato diverse sviste, che mi sono permessa di correggere, e questo non vuol essere un dito puntato sull'autore del pezzo, quanto il sentirmi tranquillizzata se qualche refuso accade anche alla mia scrittura!).
Avrei voluto riportare altri scritti di Leopardi a proposito del suo incontro con Manzoni e dei suoi viaggi, ma credo che tutti possano leggere lo Zibaldone, le prose e le poesie di Leopardi. Per esempio, nei Canti cui ho fatto sopra riferimento si trovano stralci dello Zibaldone nella cronologia e le opere del poeta di Recanati. Ed è stato proprio leggendo la cronologia, che mi si è accesa la lampadina, ovvero il desiderio di conoscere meglio questo giovane uomo colpito da malattie varie, tanto da condurlo alla morte il 14 giugno 1837, lui che era nato il 29 dello stesso mese nel 1798, terminò la sua sofferta esistenza alle porte dei 39 anni.
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