POETANDO

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domenica, gennaio 27

L'incontro tra Manzoni e Leopardi a Firenze di Vieri Tommasi Candidi e Danila Oppio


In questi giorni avevo voglia di conoscere più a fondo la vita e le opere di Giacomo Leopardi. Ho attinto dalla mia fornitissima biblioteca CANTI di Einaudi Editore, POESIE E PROSE della collana I Meridiani edita da Mondadori, e LEOPARDI, Tutte le poesie, tutte le prose e lo Zibaldone dei tipi I Mammut della Newton Compton Editori. Come mai non ho mai aperto prima questo tesoretto? Non certo perché avessi poco interesse per il Poeta Recanatese, ma solo a causa dei caratteri di stampa tanto microscopici, da spazientire la mia vista non eccellente. Però il desiderio di approfondire la personalità di Leopardi, e la sua produzione letteraria, mi hanno fatto decidere di infischiarmene delle difficoltà nella lettura, e poche pagine a sera, mi sto tuffando nella sua storia. Questo mio desiderio mi ha condotto ad una ricerca online, nella speranza di poter leggere qualcosa del Conte Giacomo in modo più scorrevole, ovvero con caratteri più adatti ai miei occhi. Leggendo nello Zibaldone dell’incontro di Leopardi col sommo Manzoni, ho svolto una ricerca in questa direzione, trovando un chiaro articolo nel sito Tuscany People, che riporto qui di seguito, felicemente corredato da interessanti immagini.
Ringrazio Vieri Tommasi Candidi per averlo scritto, data l’utilità che mi è donata da lui. Spero non se ne dispiaccia, non si tratta di plagio, poiché ho indicato chiaramente l’orgine del testo, che mi è servito per riassumere la ricerca sull’incontro tra Manzoni e Leopardi.
Danila Oppio
Firenze è da sempre palcoscenico di grandi racconti e trame della Storia. Oggi vi raccontiamo dell’incontro tra due protagonisti assoluti dell’Ottocento italiano, l’incontro tra Alessandro Manzoni e Giacomo Leopardi al Gabinetto Vieusseux.

QUANDO MANZONI E LEOPARDI S’INCONTRARONO AL VIEUSSEUX

 23/02/2018



Il Gabinetto scientifico letterario G.P. Vieusseux, più comunemente detto Gabinetto Vieusseux, fu fondato a Firenze nel 1819 da Giovan Pietro Vieusseux, un mercante di origine ginevrina, e nell’Ottocento si rivelò uno dei principali collegamenti tra la cultura italiana e quella europea, oltre che un centro tra i più attivi per il nostro Risorgimento.

La nascita del Gabinetto Vieusseux
In principio, nacque come gabinetto di lettura nel quale venivano messe a disposizione del pubblico le più importanti riviste d’Europa consultabili dentro sale aperte alla conversazione e allo scambio di idee. A fianco del Gabinetto venne poi allestita una biblioteca circolante, presso la quale era possibile prendere in prestito le novità librarie in quattro lingue: italiano, francese, inglese e tedesco.
Tra i soci stranieri abbonati figurano personaggi del calibro di Stendhal, Arthur Schopenhauer, James F. Cooper, William M. Thackeray, Fëdor Dostoevskij, Mark Twain, Emile Zola, André Gide, Rudyard Kipling, Aldous Huxley, David H. Lawrence e, last but not least, Giacomo Leopardi e Alessandro Manzoni, che frequentarono il Gabinetto Vieusseux durante i loro soggiorni fiorentini.

L’incontro tra Manzoni e Leopardi a Firenze
Il famoso, e forse fatidico, incontro tra loro avvenne a Firenze la sera di lunedì 3 settembre 1827, alle 19 in punto, in una delle tre sale al primo piano di Palazzo Buondelmonti, in Piazza Santa Trinità, oggi in parte occupate dal Caffè-Ristorante Isabelle, allora prima sede del Gabinetto Vieusseux.

È in quel luogo, in quella data, a quell’ora, che avviene la prima congiunzione astrale tra le due massime stelle letterarie del nostro Ottocento. È in quel momento che Giacomo Leopardi, 29enne, conosce Alessandro Manzoni, 42enne, arrivato a Firenze, com’è noto, per “risciacquare i panni in Arno“, ossia rivedere linguisticamente la prima edizione de I Promessi Sposi, quella, appunto, del 1827  – l’edizione definitiva è del 1840-42 -,  alla luce del fiorentino.

71 lenzuoli da risciacquare
È ormai storia patria che dopo l’uscita della prima edizione de I Promessi Sposi, la cosiddetta “Ventisettana”, Manzoni fosse profondamente insoddisfatto della sua opera dal punto di vista linguistico, cosicché aveva deciso di trasferirsi per un breve periodo di tempo a Firenze insieme alla propria famiglia per studiare la lingua locale e correggere il romanzo. Lo scrittore voleva un pubblico più vasto per I Promessi Sposi e aveva bisogno di una lingua scritta che fosse il più vicino possibile a quella parlata.


Considerata la situazione storica della nostra penisola, ancora divisa in numerosi stati indipendenti, ciascuno geloso della propria lingua o dialetto, Manzoni aveva individuato nel fiorentino, culturalmente egemone nel corso dei secoli, il modo di parlare più adatto allo scopo. Tanto che in quel periodo scriveva al Grossi: “Ho settantun lenzuoli da risciacquare”. Ossia settantuno pagine da adattare alla lingua fiorentina.
Sono stanco della vita…
Leopardi, invece, era partito per Firenze il 20 di giugno. Veniva  da Bologna, dove l’editore Stella gli aveva commissionato una prima Crestomazia: un’antologia di prosatori italiani dal Trecento al Settecento. Il poeta era attratto dal gruppo di letterati appartenenti al Gabinetto Vieusseux e il 21, su consiglio di Giordani e di Pietro Brighenti, trovò una sistemazione all’albergo della Fontana nei pressi del Mercato del grano e di Palazzo Vecchio.



A Firenze Leopardi inizia a frequentare fin da subito il Gabinetto Vieusseux. Entra in contatto con grandi personaggi dell’epoca, Gino Capponi, Niccolò Tommaseo, Pietro Colletta, Alessandro Poerio, ed è sempre qui che conosce il giovane esule napoletano Antonio Ranieri, che rivestirà grande importanza nella sua vita.
Il suo stato d’animo, però, non è dei migliori, tanto che il 16 agosto aveva scritto all’amico Francesco Puccinotti di Macerata: “Sono stanco della vita, stanco della indifferenza filosofica, ch’è il solo rimedio de’ mali, e della noia, ma che in fine annoia essa medesima. Non ho altri disegni, altre speranze che di morire. Veramente non metteva conto il pigliarsi tante fatiche per questo fine.”
Così, è in questo stato di estrema fragilità che il recanatese incontra Manzoni e ne rimane profondamente colpito.

Soirée privée al Gabinetto Vieusseux
Lo scrittore lombardo, dal canto suo, aveva bisogno degli intellettuali del Gabinetto Vieusseux, perché era in tutt’altre faccende affaccendato. Quell’estate, oltretutto, non si parlava d’altro che de I Promessi Sposi, e lo stesso Gian Pietro Vieusseux non stava più nella pelle e attendeva trepidante il conte Manzoni, come dimostrato dalle lettere inviate al marchese Gino Capponi.


Dunque, la sera del 3 settembre venne organizzata nella sede del Gabinetto letterario, la presentazione ufficiale dell’ospite illustre agli intellettuali fiorentini. Ad attenderlo, alle 19 in punto, c’erano lo stesso Vieusseux, Giovan Battista Niccolini, il settantenne linguista Gaetano Cioni, Mario Pieri, Pietro Giordani, Terenzio Mamiani, insieme al ben più noto cugino Giacomo Leopardi.
La serata, a parte qualche frecciatina del Giordani nei confronti di alcuni dei convitati di fede dichiaratamente romantica, si rivelò probabilmente piacevole, visto che alle 21 Manzoni si ritirò nel suo albergo con aria soddisfatta, come testimoniato da una lettera della figlia Giulietta indirizzata al cugino Giacomo Beccaria: “Il Lunedì c’è soirée privée dal direttore del Gabinetto letterario dove Papà va ogni giorno, ebbe l’invito in istampa e ieri vi passò la sera e siccome il biglietto vale per varii Lunedì conta andarci sempre vedi che è molto per lui.”

Il racconto di Pietro Citati
Pietro Citati, nel suo libro dal titolo Leopardi, racconta così l’episodio: «…Manzoni era giunto a Firenze con la madre, la moglie, i figli e quattro domestici, scendendo in un grande albergo, le 4 Nazioni, come un potente della terra. La sera del 3 settembre fu invitato al Gabinetto Vieusseux. C’era anche Giacomo Leopardi, dapprima nel suo cantuccio abituale.

(Un angolo del Gabinetto, dove si possono ammirare e leggere quei libri antichi che amo molto)
I due si parlarono a lungo. Non sappiamo cosa si dissero, ma Leopardi amò quell’uomo dolce, modesto e amabile, che parlava balbettando e arrossendo, e a tratti si animava e diventava eloquente. Forse pensò di assomigliargli, almeno nella nevrosi e nella timidezza. Avevano la stessa grazia del cuore: un dono rarissimo, che incanta tutti coloro che lo conoscono».

Il racconto del Leopardi
Qualche giorno dopo, Leopardi descriveva l’evento al padre Monaldo:
Firenze, 8 settembre 1827
“… Del rimanente, grazie a Dio, sto bene, eccetto incomodi leggeri di flussioni e di stomaco. Ella indovina assai bene che io non posso curarmi molto di certe alte conoscenze, dalle quali anche non potrei sperar nulla. Me la passo con questi letterati, che sono tutti molto sociali, e generalmente pensano e valgono assai più de’ bolognesi. Tra’ forestieri ho fatto conoscenza e amicizia col famoso Manzoni di Milano, della cui ultima opera tutta l’Italia parla, e che ora è qui colla sua famiglia.”




Mentre lo stesso giorno, in una lettera scritta all’amico Pietro Brighenti, dichiara:
“Io qui ho avuto il bene di conoscere personalmente il signor Manzoni, e di trattenermi seco a lungo: uomo pieno di amabilità, e degno della sua fama.”
Dunque, possiamo ipotizzare che gli effetti del loro breve incontro furono benefici per entrambi, soprattutto per Leopardi, più giovane ed emotivo, che subì la forte influenza della prosa manzoniana, come si nota nei Canti, dal tono più narrativo, composti subito dopo a Pisa e a Recanati.
Mentre Manzoni, finché non ripartì per Milano, lavorò a pieno ritmo alla revisione del suo romanzo, in particolar modo stringendo una solida amicizia con il Cioni e frequentando assiduamente anche il Niccolini, tanto da riferire all’amico Tommaso Grossi:  “Un’acqua come l’Arno e lavandaie come Cioni e Niccolini, fuori di qui non le trovo in nessun luogo…”.

Cosa pensava Manzoni di Leopardi?
E Manzoni, al di là delle tante dicerie e maldicenze, cosa pensava realmente di Leopardi?




L’unica testimonianza ci viene dal filologo Svizzero De Sinner. Quando, nel 1830, lasciando l’Italia, lo studioso passò per Milano e chiese al Manzoni se conoscesse Leopardi e le sue Operette morali, lo scrittore lombardo, superando il naturale riserbo nei confronti dei colleghi, rispose entusiasta: “Voi conoscete Leopardi… avete letto i suoi saggi di prosa? Noi l’abbiamo fatto… basta prestare attenzione a questo piccolo volume; in quanto a stile, non si poteva scrivere niente di meglio nella prosa italiana dei nostri giorni…”
Be’, Firenze ancora amabile teatro di vite di grandi uomini, di grandi incontri, di grandi storie. Tanto basta, no?
/in questo redazionale ho trovato diverse sviste, che mi sono permessa di correggere, e questo non vuol essere un dito puntato sull'autore del pezzo, quanto il sentirmi tranquillizzata se qualche refuso accade anche alla mia scrittura!). 
Avrei voluto riportare altri scritti di Leopardi a proposito del suo incontro con Manzoni e dei suoi viaggi, ma credo che tutti possano leggere lo Zibaldone, le prose e le poesie di Leopardi. Per esempio, nei Canti cui ho fatto sopra riferimento si trovano stralci dello Zibaldone nella cronologia e le opere del poeta di Recanati. Ed è stato proprio leggendo la cronologia, che mi si è accesa la lampadina, ovvero il desiderio di conoscere meglio questo giovane uomo colpito da malattie varie, tanto da condurlo alla morte il 14 giugno 1837, lui che era nato il 29 dello stesso mese nel 1798, terminò la sua sofferta esistenza alle porte dei 39 anni.

Danila Oppio

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