Ulisse e le sirene è un dipinto di Herbert James Draper, pittore inglese nato a Londra nel 1863 e morto nel 1920. Ho scelto questo quadro non solo per la sua bellezza, ma perché mi riporta alla tentazione in cui è incappato il personaggio del racconto di Renata Rusca Zargar, IL VIAGGIO. Ulisse si è fatto legare all’albero della nave, mentre Alfredo si è inabissato con l’aereo su cui volava, nelle acque del mare, evitando così di sbagliare. Entrambi sono comunque annegati.
Canto XXVI dell'Inferno di Dante
Il canto di Ulisse è ambientato nell'8° cerchio, il girone infernale dove sono puniti i consiglieri di frode. Tra questi, Ulisse è il più rappresentativo tra coloro che se ne sono macchiati.
Questo canto riporta due versi molto conosciuti, che sono quelli che ho evidenziato in grassetto:
Mi ha preso così tanto, questo Canto dantesco che, per conto mio, l’avevo imparato a memoria fin da giovane, solo a partire dal verso 90 fino alla fine. Ora che il tempo ha fatto i suoi danni, la mia memoria non è più quella di allora, e lo ricordo a tratti. Ho così deciso di ritrovarlo, e di pubblicalo qui, grazie al racconto IL VIAGGIO di Renata Rusca Zargar, che finisce proprio con lo stesso verso di Dante.
Inizia così questo canto:
Godi, Fiorenza, poi che se' sì grande, che per mare e per terra batti l'ali, e per lo 'nferno tuo nome si spande!
Tra li ladron trovai cinque cotali tuoi cittadini onde mi ven vergogna, e tu in grande orranza non ne sali.
E mi fermo al verso 90, quando comincia a trattare di Ulisse.
indi la cima qua e là menando, come fosse la lingua che parlasse, gittò voce di fuori, e disse:
"Quando
mi diparti’ da Circe, che sottrasse
me più d’un anno là presso a Gaeta,
prima che sì Enëa la nomasse,
né dolcezza di figlio, né la pieta
del vecchio padre, né ’l debito amore
lo qual dovea Penelopè far lieta,
vincer potero dentro a me l’ardore
ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto
e de li vizi umani e del valore;
ma misi me per l’alto mare aperto
sol con un legno e con quella compagna
picciola da la qual non fui diserto.
L’un lito e l’altro vidi infin la Spagna,
fin nel Morrocco, e l’isola d’i Sardi,
e l’altre che quel mare intorno bagna.
Io e’ compagni eravam vecchi e tardi
quando venimmo a quella foce stretta
dov’Ercule segnò li suoi riguardi
acciò che l’uom più oltre non si metta;
da la man destra mi lasciai Sibilia,
da l’altra già m’avea lasciata Setta.
"O frati," dissi, "che per cento milia
perigli siete giunti a l’occidente,
a questa tanto picciola vigilia
d’i nostri sensi ch’è del rimanente
non vogliate negar l’esperïenza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza".
Li miei compagni fec’io sì aguti,
con questa orazion picciola, al cammino,
che a pena poscia li avrei ritenuti;
e volta nostra poppa nel mattino,
de’ remi facemmo ali al folle volo,
sempre acquistando dal lato mancino.
Tutte le stelle già de l’altro polo
vedea la notte, e ’l nostro tanto basso,
che non surgëa fuor del marin suolo.
Cinque volte racceso e tante casso
lo lume era di sotto da la luna,
poi che 'ntrati eravam ne l'alto passo,
quando n’apparve una montagna, bruna
per la distanza, e parvemi alta tanto
quanto veduta non avëa alcuna.
Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto;
ché de la nova terra un turbo nacque
e percosse del legno il primo canto.
Tre volte il fé girar con tutte l’acque;
a la quarta levar la poppa in suso
e la prora ire in giù, com’altrui piacque.
infin che ’l mar fu sovra noi richiuso".
Danila Oppio con l'aiuto di Dante e di Draper...tutti e tre i nomi iniziano con la D
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