Pensieri di Renata Rusca Zargar su
Il giardino delle rose strappate
poesie
di Annalena Cimino
Conosco Annalena Cimino da parecchi anni. Ho potuto leggere molte sue poesie: piccoli perfetti smeraldi che rievocano la magia della sua isola, Capri. L'ho definita la poetessa dell'Amore perché ha saputo cantarlo con parole e ritmi che riescono sempre a stupire e a folgorare.
Ora, il suo ultimo libro, “Il giardino delle rose strappate”, tratta, invece, di guerra, di dolore, di deportazione, di vite carpite brutalmente, proprio come rose distrutte. La Terra è l’oasi dove la crudeltà ha lacerato tutto quanto di bello e di buono esistesse.
La Cimino rimane, comunque, poetessa dell’Amore perché ella esalta un sentimento indirizzato, questa volta, alla misera umanità estirpata e al giardino, un tempo sgargiante, ormai desertificato dal Male. Abbiamo tanto bisogno di tali emozioni per cercare di vincere l'odio che ci attanaglia e ci circonda.
"Cadevano neve e morte a Treblinka, / alberi spogli e vite dannate;" evoca la Poetessa ma, ovunque allarghi lo sguardo sul pianeta, trova dolore e morte provocato dall’essere umano e dalla malattia. Con dolcezza ella si volge, allora, verso la sofferenza e porge almeno il ricordo, il rispetto, una frase affettuosa.
Ella rammenta “Lucia Perez” e le si rivolge sussurrando: “mai potrai respirare ancora / il profumo delle viole e dei gelsomini.” oppure si china ad abbracciare i migranti che periscono fuggendo da miseria e prigionia: "L'urlo del mare si nasconde / nel cuore d'una conchiglia. [...] Cullati da sogni e tormenti, / svaniscono tra le onde impetuose / i figli della sventura."
Vari sono, dunque, i soggetti menzionati nel testo, come le donne prigioniere del burqa, “I muri della follia”, il freddo, l’indigenza, la guerra, i sogni trafitti, la violenza contro le donne e contro le creature più fragili: “Non v’è perdono dove muore il tempo, / dove giace l’amore in un rivolo di lacrime, / dove s’abbandona il corpo vinto / a rileggere ancora la sua ultima favola.” Senza, però, dimenticare eroi che, invece, si librano in alto come i giudici Falcone e Borsellino.
È sacra, quindi, la liricità del suo canto che cinge tanto Male e porge, invece, il Bene nell’immensità dell’universo attraverso vocaboli come gioielli:
“Ti ricorderai di me / in un rimpianto, / tra le crepe del destino, / in un giardino di gesso / dalle rose strappate.”
Si tratta, come detto, di temi difficili che solo la pietà umana può citare con riguardo e condivisione.
Per questo, “Il giardino delle rose strappate” è un volumetto da leggere e rileggere ogni giorno, sia per mutare noi stessi al Bene che per ritrovare ammalianti immagini di pura Poesia.
Sono certa che il vero Poeta o Poetessa, e la Cimino lo è, educhi in un fiabesco giardino incantevoli fiori colorati in Memoria di chi non c’è più insieme all’Amore senza confini che scioglie nella perfezione dei suoi versi
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