Il bracconaggio nel Sahel (e altrove)
La caccia illecita di animali è diffusa anche nel Sahel. Più d’uno mette in relazione il bracconaggio col terrorismo. Il Parco del W, condiviso da tre Paesi (Niger, Benin e Burkina Faso), di una superficie di oltre 3 milioni di ettari, è, secondo alcuni osservatori, un esempio eloquente del sistema di bracconaggio. Caccia o pesca illegale di specie o in zone protette, con mezzi non autorizzati, in epoche in cui la caccia o la pesca sono vietate. Oppure manca semplicemente l’autorizzazione formale delle autorità. Etimologicamente bracconaggio deriva dal francese ‘Braques’, nome dei cani guidati per fare il ‘lavoro’.
Il bracconaggio, peraltro, si sviluppa anche in altri ambienti e con diverse modalità di azione. Non cambia invece lo stile e le finalità che lo definiscono. La politica, l’economia e l’immaginario sociale ne rappresentano le aree più appetibili e consone alle prospettive iniziali. I bracconieri, agenti esecutori del bracconaggio, sono figli d’arte e, assai sovente, formati nelle migliori scuole e università di prestigio per futuri ‘leader’ del popolo o delle imprese. Così come la mafia e altre associazioni criminali pervasive e invasive, possiedono contatti, appoggi, complicità e facilitazioni da parte dello ‘stato profondo’.
In ambito politico il bracconaggio, caccia illecita di voti e votanti, si conferma ad ogni elezione presidenziale e nel rinnovo delle assemblee nazionali. Lo stile che contraddistingue questi momenti democratici esprime anche il contenuto e la finalità della politica stessa. Il Bene Comune, orizzonte del ‘politico’ inteso come discorso nella polis che esprime e propone un progetto e modello di società, è fagocitato dalla gestione ‘amministrativa’ del potere. Il bracconaggio, caccia illecita di persone, idee e strategie, è funzionale al perpetuarsi della classe minoritaria che si trova al vertice del sistema di rapina della democrazia.
Non parliamo dell’economia attuale, finanziarizzata fin dove possibile da una parte del mondo e di sopravvivenza e sfruttamento dall’altra, non è che bracconaggio di persone, risorse, beni e servizi. Si assiste alla mercificazione della società e alla ‘dissoluzione di tutto ciò che è solido in aria’, nella versione originale del Manifesto comunista di Karl Marx e Friederich Engels. Questa poi sarebbe l’esperienza della modernità, come scrisse Marshall Bernman nel libro di qualche anno fa che porta questo titolo. Il bracconaggio del tempo, dello spazio, del mercato e delle persone, da liberare, in Africa come altrove nel mondo.
Il più grave, nondimeno, è il bracconaggio dell’immaginario sociale e cioè i simboli, la parola e la cultura che, in fondo, costituiscono l’anima di ogni struttura religiosa. Ed è in questo ambito cruciale perché in relazione col senso della vita e delle cose, che si sviluppa il bracconaggio più efferato. In prima fila ci sono gli intellettuali di regime, seguono i commercianti di sogni e, in ultimo ma non minori, gli imprenditori religiosi che cacciano di frodo tra le sofferenze e lo spaesamento del nostro tempo. Operano impuniti i bracconieri tra il Qatar dei mondiali di calcio e l’Europa degli intrallazzi con le migliaia di Ong e le lobby riconosciute.
Gli unici bracconieri che meriterebbero di essere imitati sono i migranti che, nel loro piccolo, vanno a caccia di nuove frontiere. Solo ‘sconfinando’ con loro daremo un nome nuovo alla politica.
Mauro Armanino, Niamey, 18 dicembre 2022,
giornata internazionale dei migranti
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