POETANDO

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martedì, dicembre 31

COME DISARMARE LE PAROLE di PADRE MAURO ARMANINO

 


Come disarmare le parole

In conclusione, del suo diario di prigionia ‘Catene di libertà’, l’amico e confratello Pier luigi Maccalli invitava a ‘disarmare le parole’. Due anni da ostaggio nel deserto, tra pietre, sabbia, polvere e stelle, lo avevano convinto che il cammino della pace intesa come convivialità delle differenze’ non potesse che germogliare da mani nude. Disarmare le parole implica, appunto, andare in giro con le mani nude, liberi da preconcetti, ideologie di morte e frontiere da usare per inventare nemici a piacimento. 

Scriveva che, a parte le catene che mai l’avevano abbandonato, era stato in genere rispettato dai rapitori che si avvicendavano nel deserto. Ciò che invece l’aveva profondamente segnato e ferito erano state le parole dei rapitori. Parole come pietre che feriscono mentendo, insultando, rendendo in definitiva l’altro una ‘non persona’. Si sentiva una cosa indefinibile la cui esistenza è utile solo per quanto potrà dare in termini monetari con prezzo del riscatto. Una merce di scambio e nulla più.

Nell’introduzione a ‘Il libro del potere’ di Simone Weil, Mauro Bonazzi scrive...’L’unico modo per contrapporsi al dilagare della forza intesa come violenza è la ricerca della verità...e ciò significa prima di tutto, prendersi cura delle parole perché esse sono lo strumento di cui ci serviamo per capire noi stessi e il mondo. Ed è distorcendo le parole che ci creiamo, consapevoli o no, delle comode barriere per proteggerci dagli altri’. Prendersi cura delle parole e della loro verità significa ‘disarmarle’.

Dal Sahel, dove queste note sono scritte, siamo da anni assediati da gruppi armati ‘terroristi’, interessi strategici, venditori d’armi, di ideologie religiose e finanziamenti occulti. Gli sfollati e i rifugiati a causa dei conflitti armati si contano a milioni mentre le sofferenze sono incalcolabili anche per le cicatrici che lasceranno alle prossime generazioni. All’inizio di tutto questo dramma, ancora prima delle divisioni etniche, religiose o economiche stanno loro, le parole. Lo ricorda bene proprio Simone Weil.

Nel libro citato la Weil mette in evidenza che ...’Mettiamo la maiuscola a parole prive di significato e, alla prima occasione, gli uomini spargeranno fiumi di sangue, a furia di ripeterle accumuleranno rovine su rovine...niente di reale può davvero corrispondere a tali parole, poiché non significano niente. Il successo coinciderà esclusivamente con l’annientamento di uomini che lottano in nome di parole diverse’. La lista di parole con le ‘maiuscole’ sarebbe interminabile, così come le fosse comuni.

Mettere la maiuscola alle parole prive di significato che non sia quello imposto da chi detiene il potere è quanto si industria a fare la propaganda e soprattutto il silenzio complice ‘dei buoni e degli onesti’. Ogni comunità, struttura educativa, mezzi di comunicazione, famiglie, organizzazione politiche e religiose dovrebbe mettere come priorità quella di ‘prendersi cura delle parole’. Avremmo allora, come auspicava Pierluigi, parole disarmate da affidare al vento perché sussurrino la pace al mondo.

Padri Maccalli e Armanino

      Mauro Armanino, Niamey, 29 dicembre 2024

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