Lo conobbi in piazzale Segrino, quel giorno che
ci spararono addosso milioni di colpi ed io ero giovane e terrorizzato.
Vinicio era lì a terra, col rosso dei pantaloni
che arrossava anche il selciato e non poteva andarsene e gridava
Ed io gridavo da dietro l'auto e quelli
gridavano, forse spaventati come noi e sparavano da dietro le loro auto, e
gridava la gente, per strada
Gridavamo tutti, ed io pensavo che il rumore di
uno sparo non è come quello dei film, ma sembra un petardo e gridavo. E Vinicio
mi gridava di scappare ed io non volevo lasciarlo lì ed avevo anche paura ed
urlava anche lei, la paura.
E allora smisi di gridare e raccolsi tutto il
poco coraggio da ragazzino che avevo ancòra da parte e "ciao,
Vinicio" corsi verso via Borsieri e fu lì che lui intervenne e mi spinse e
mi fece correre veloce ed urlò e forse sparò anche lui colpi a salve
verso quei poveri cristi che mi sparavano ed ebbi la sensazione che mi coprisse
col suo corpo e che urlasse verso di loro per spaventarli e paralizzarli.
E poi arrivai nella cantina della zia, perchè da
lì sapevo di poter uscire da un'altra parte, percorrendo solo poche decine di
metri per sentirmi in salvo.
Ma lui era scomparso.
Un giorno lo ritrovai in Via Fiori Chiari mentre
facevo lo spavaldo con uno stronzo di camionista toscano che pretendeva di
impedirmi per mezz'ora l'uscita dalla via col suo camion di merda e di olio da
scaricare.
Mi cagavo addosso ma facevo lo spavaldo, col
collo spezzato di una bottiglia al mio collo appoggiato al muro.
E lo prendevo per il culo sorridendo. E mi
cagavo addosso. E più urlava, più lo prendevo per il culo sorridendo senza
scompormi e più mi cagavo addosso.
Non lo vidi quella volta, ma mi accorsi che era
lì anche lui, tra me ed il camionista, e che aveva messo tra noi una parete
contro la quale il camionista abbaiava e digrignava i denti ma attraverso la
quale il coccio di vetro non sarebbe mai passato
Lo vidi di nuovo una notte, tornando da una
mostra a Bolzano, verso le tre.
"Also Sprach Zarathustra" ad altissimo
volume, centotrenta all'ora, un vago rincoglionimento da sonno e musica
Una luce ferma in mezzo all'autostrada: le luci
anteriori di un'auto, ombre.
In mezzo alla mia corsia, assieme ad alcune
persone, almeno una decina di auto ferme tra le quali freno sterzo
stridio di gomme acceleratore freno sterzo all'infinito, zigzagando ad una
velocità ancora impensabile ed impossibile, riuscii a passare senza danni.
Accostai a destra subito oltre, per andare
ad urlare a quei coglioni di riaccendere le luci delle loro auto.
Uno di loro non fece una piega: mi sorrise e
basta.
Ed io ebbi, netta, la sensazione che fosse lui
Il mio angelo custode
O come cazzo si chiama
Bruno Oscar Munari
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