UN MERAVIGLIOSO TERRITORIO
“Ciao. Sono una quercia.
Mio padre e mia madre abitavano, tanto tempo fa, in un meraviglioso territorio, tutto verde di alberi, acque limpide e fresche, fiori dai mille colori e odori. Gli uomini che occupavano quei luoghi amavano quel paesaggio, lo rispettavano, non facendo del male agli alberi e neppure agli animali che a frotte lo popolavano.
Non molto lontano, però, c’erano, invece, altri esseri umani che non sapevano pensare al futuro, avidi di denaro: essi avevano sradicato tutti i loro alberi per vendere la legna. Dove ancora era rimasto qualche arboscello, vi avevano poi appiccato il fuoco, per divertimento e cattiveria e per distruggere tutto. Infine, quando il terreno era diventato nudo e spoglio, senza neppure un filo d’erba, avevano costruito tante piccole casette tutte bianche, con le persiane verdi e i tetti rossi. Sulla collina, proprio a strapiombo sulle rocce del mare, avevano eretto un palazzo così alto da essere chiamato grattacielo, con tante e tante finestre tutte di vetro lucido nel quale si riflettevano i raggi del sole. Persino l’erba non era vera, ma finta, piacevole e lustra in ogni stagione!
Le casette erano state riempite da molte famiglie. Bimbi di ogni età avevano popolato quel piccolo mondo perfetto, giocando sull’erba sempre verde brillante, effondendo nell’aria dolce e serena le loro grida gioiose. Le automobili, anch’esse terse e scintillanti, entravano e uscivano dalle strade ordinate e pulite, i panni stesi ad asciugare sventolavano festosi e colorati.
Tutto sembrava assoluto e indistruttibile.
Ma, dopo parecchio tempo e l’avvicendarsi di mesi e anni, successe qualcosa di imprevisto. La bella stagione era finita: le nuvole si addensavano spesso nel cielo grigio e buio, qualche volta pioveva, qualche altra nevicava. Fin qui, tutto sembrava normale. Però, quando stava per giungere di nuovo un’altra bella stagione, erano iniziate delle piogge sempre più forti e prepotenti.
Tutti si erano chiusi in casa e osservavano, dapprima solo curiosi, l’acqua allagare le strade, scrosciare pesante sui robusti tetti delle case, gocciolare lungo i vetri delle finestre, invadere il tappeto di erba finta…
La pioggia incessante sembrava non finire mai e la gente scrutava ancora, ma sempre più preoccupata e paurosa...
Infine, le strade non si distinguevano più, sembravano fiumi, i fiumi avevano invaso la terra e trascinato via ponti e case sul loro cammino, la collina del grattacielo era franata e con essa ogni tipo di abitazione che era sembrata prima solida e sicura!
Quando, finalmente, il sole era tornato a risplendere su quell’angolo di mondo, ci si era accorti che là non era rimasto più nulla: le belle casette tutte bianche, con le persiane verdi e i tetti rossi non c’erano più, affossate nella terra sporca e fangosa e trascinate via dall’impeto dell’acqua assassina. La bella collina era diventata un monticello fangoso e deserto, l’erba finta, disintegrata dalla furia degli elementi, aveva lasciato scoperti solo pietre e terriccio.
La natura, combattuta dall’uomo, aveva vinto! Nel mondo che era sembrato perfetto non era rimasto nessuno, solo orribile desolazione.
Altri uomini, per fortuna, avevano capito: non si potevano sradicare le foreste, perché il terreno sarebbe franato portando tutto con sé!
Così avevano iniziato a ripiantare alberi, coltivare piante, rinverdire le loro città.
I bambini di molte scuole erano andati in campagna, avevano raccolto piccole piantine e le avevano sistemate altrove per ricreare boschi e foreste e salvare la terra.
Alcuni erano venuti là, dove si trovava mio padre, mia madre e tanti fratelli, sorelle e amici. Avevano raccolto le ghiande e le avevano seminate qui, dove il terreno aveva tanto bisogno di alberi.
Ecco il motivo per cui mi trovo lontano dai miei genitori che, ormai, saranno molto vecchi.
Ma le querce vivono molto a lungo, anche vari secoli, quindi, sono certa che saranno ancora là, a difendere il terreno con le loro radici, a depurare l’aria, a offrire asilo alle tante creature dell’aria e del bosco.”
Renata Rusca Zargar
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