Un mio racconto è contenuto nella presente antologia:
Ho partecipato con il seguente testo:
Branwell
Brontë
Io, Patrick Branwell Brontë apparii sulla scena
terrena il 26 giugno 1817 e la abbandonai il 24 settembre 1848. Fui un pittore
e scrittore inglese, unico figlio maschio della famiglia Brontë e fratello delle
scrittrici Charlotte, Emily e Anne. Ero il
quarto dei sei figli di Patrick Brontë (1777-1861) e
di sua moglie Maria (1783-1821).
Nacqui a Thornton, nei
pressi di Bradford, Western
Riding of Yorkshire, e
mi trasferii in seguito, con la famiglia, a Haworh, quando
mio padre fu nominato alla curazia perpetua nel 1821.
Fui rigorosamente istruito in casa da mio padre, e condivisi gran parte del
talento creativo con le mie sorelle, ottenendo qualche soddisfazione per le mie
poesie e traduzioni dai classici. Alla deriva tra posti di lavoro precari,
mi mantenni dipingendo ritratti, divenendo però dipendente da droga e alcolici che
- aggravato moralmente anche da una mia fallita relazione con una donna sposata
- mi condussero a prematura morte.
Vi racconto qualcosa
della mia vita, in modo più dettagliato.
Mentre quattro delle mie cinque sorelle
furono inviate presso il collegio di Cowan Bridge, io fui educato a casa, come dicevo, da mio
padre, che m’istruì con una
formazione classica. Elizabeth Gaskell, biografa di Charlotte,
scrivendo riguardo ai miei studi riferì: "amici del signor Brontë
gli consigliarono di mandare suo figlio a scuola ma, ricordando la forza di
volontà propria dei giovani, e il modo in cui la impiegavano, pensò fosse bene,
per Branwell,
rimanere in casa, certo che egli stesso avrebbe potuto istruirlo nel modo
migliore”. Le mie due sorelle maggiori morirono, poco
prima del mio ottavo compleanno, nel 1825, e la loro perdita, mi colpì nel
profondo. Fin da piccolo, amai la
lettura, e fui particolarmente affezionato alla “Noctes
Ambrosianae”, dialoghi letterari che pubblicai nel
"Branwell's
Blackwood's Magazine”.
Rivestii il ruolo di leadership con Charlotte, in una serie di giochi di
fantasia, che noi fratelli scrivemmo e mettemmo in pratica, e che titolammo “Young Men”. Erano personaggi creati su
un gruppo di soldatini di legno. I
giochi si evolsero in un’intricata saga, ambientata in Africa occidentale,
nella fantastica confederazione di Glasstown. Dal 1834, collaborai,
gareggiando con mia sorella Charlotte, nel descrivere un altro mondo
immaginario, Angria. Questi scritti
impressionarono per la portata del loro virtuosismo, ma ammetto che furono
anche ripetitivi rispetto ai contributi di Charlotte. A undici anni, nel
gennaio 1829, iniziai a produrre la rivista citata poc'anzi, che comprendeva le
mie poesie, opere teatrali, critiche, storie e dialoghi. A differenza delle mie sorelle, non
fui preparato per una carriera specifica. Nel
mio unico vero tentativo di trovare lavoro, alla morte di James
Hogg, scrittore di Blackwood, a soli diciotto
anni, mi feci coraggio e scrissi alla rivista, proponendo me stesso quale sostituto. Tra il 1835 e il 1842 scrissi ben sei
volte al Blackwood's Magazine, inviando poesie e offrendo i miei
servizi, esprimendomi però con tono arrogante. Lo so, sbagliai, ma quel modo faceva parte
del mio carattere. Le mie lettere rimasero, ovviamente, inevase. Iniziai a frequentare compagnie maschili
nei pub a Haworth, e nel febbraio 1836 mi unii alla loggia massonica delle Tre
Grazie.
Da giovane, seguii un
corso di pittura presso il ritrattista William Robinson. Nel 1834, a soli diciassette anni,
dipinsi un ritratto che raffigurava le mie tre sorelle. Inclusi la mia stessa immagine ma, insoddisfatto
del risultato, e preso da un eccesso d’ira, come spesso mi accadeva, decisi di rimuoverla. Questo quadro è oggi una delle
immagini più famose e preziose delle mie sorelle, e si può ammirare nella National Portrait Gallery.
Nel 1835 scrissi una
lettera alla Royal Academy of Arts, chiedendone l’ammissione. Biografi
precedenti segnalarono un mio trasferimento a Londra, per studiare pittura, ma smisi
rapidamente il corso, a causa delle eccessive spese sostenute per l’acquisto di
bevande alcoliche. Altri biografi hanno ipotizzato che ero troppo intimidito dall’idea
di presentarmi all'Accademia. Li lascio
credere a ciò che vogliono, non posso certo modificare il loro pensiero. Solo
io ero a conoscenza dei miei problemi esistenziali. Scrivevo agli amici quel
che mi frullava per il capo, e che volevano sentirsi dire da me, e non scordate
che spesso vaneggiavo, tra i fumi dell’alcol il consumo di oppiacei, i quali
alteravano il mio carattere. Nascondevo le mie sofferenze morali, dimostrandomi
spensierato. Anche le mie attività lavorative subivano gli sbalzi d’umore
causati dall’uso di sostanze nocive, e il motivo per cui le assumevo, era noto
a me solo.
Studi più recenti
presumono che io non abbia mai inviato alcuna lettera, o
addirittura non mi si sia mai recato a Londra. E’ mai possibile che la gente
desiderasse analizzare ogni mia mossa? Saranno pur stati fatti miei o no?
Secondo Francis Leyland, amico mio e futuro
biografo di famiglia, il mio primo lavoro fu di usciere presso una scuola di Halifax.
Di certo, lavorai come ritrattista a Bradford negli anni 1838 e 1839, anche se
alcuni dei miei dipinti, per esempio quello della mia padrona di casa, la
signora Kirby, e un ritratto di Emily, dimostravano il mio talento sia nelle
caricature, quanto nello stile classico. Purtroppo altri ritratti non li portai
mai a termine, deludendo chi li aveva commissionati. Ritornai così a Haworth, indebitato, nel 1839.
Con mio padre,
ripassai i classici, in vista di un futuro impiego come insegnante. Nei primi giorni del gennaio 1840, a Broughton-in-Furness, iniziai la mia
occupazione presso la famiglia di Robert Postlethwaite. Durante quel periodo, scrissi alcune
lettere ai miei amici del pub di Haworth, che riferirono poi,
sul contenuto delle stesse, che offrivo "un
quadro vivido del suo scabroso umorismo, della millanteria, e del bisogno di
essere accettato in un mondo di uomini". Avrebbero potuto evitare di
denigrarmi in tal modo, se fossero stati dei veri amici! Secondo il mio solito stile, diedi via
al lavoro, dopo una colossale bevuta in Kendal.
Nel corso di tale attività, continuai la
mia opera letteraria, che comprese l'invio di poesie e traduzioni a Thomas De Quincey e Hartley Coleridge, dove entrambi vissero, nel Distretto di
Lake. Su invito di
Coleridge, mi recai a casa
del poeta, il quale m’incoraggiò a proseguire le traduzioni delle Odi di Orazio. Nel giugno 1840 inviai le traduzioni a
Coleridge,
nonostante fossi stato licenziato da Postlethwaites. Secondo
la biografia di Juliet Barker, dovrei aver
generato un figlio illegittimo durante il tempo trascorso in città, ma altri
sospettarono che fui io stesso a far circolare questa voce, forse per vantare la mia
virilità. Li lasciai dire…
Coleridge
iniziò col scrivere una lettera incoraggiante circa la qualità delle mie traduzioni,
nel novembre-dicembre 1840, ma non la terminò. Come si venne a sapere questo fatto, è un
mistero, tenuto conto che non la ricevetti mai, non essendo stata spedita dal
mittente! Nel mese di ottobre 1840, mi
trasferii
nei pressi di Halifax,
dove avevo molti amici, tra cui lo scultore James Leyland Bentley e Francesco Grundy. Ottenni un lavoro
presso la ferrovia Manchester e Leeds, inizialmente come 'assistente archivista responsabile'
alla stazione di Sowerby
Bridge, percependo £75 l’anno (a pagamento trimestrale). In seguito, il 1° aprile 1841,
fui promosso a 'impiegato in carica' presso la stazione ferroviaria Luddendenfoot, dove il mio
stipendio fu portato a £ 130. Nel
1842 fui licenziato a causa di un deficit nei conti di £11.08. Questo importo fu probabilmente rubato
da Watson, il portiere, che mi aveva momentaneamente sostituito quando, tanto
per non smentirmi, mi recai a bere nel vicino pub. Il mio licenziamento fu attribuito più
per incompetenza, che per il furto. La somma mancante fu detratta, ovviamente, dal
mio stipendio.
Francis Leyland, ricordandomi in quel periodo, mi descrisse così: "Piuttosto sotto la media statura, ma dall’aspetto
raffinato, apparenza di gentiluomo, e di modi graziosi. Di bella carnagione, e
fini i suoi lineamenti. La bocca e il mento ben modellati. Il naso prominente e
del tipo romano. Gli occhi brillano e ballano di gioia. Il suo volto ovale, d’irresistibile fascino, suscita
l'ammirazione di chi lo osserva”:
Altri ne hanno stesa
di me una descrizione meno lusinghiera, come "quasi insignificante e piccolo uomo" e con "una massa di capelli rossi che portava
spazzolata in alto sulla fronte - forse per aiutare a farlo apparire più alto -
i piccoli occhi da furetto, infossati e ulteriormente nascosti dagli occhiali
che non toglieva mai”.
Questo, a dimostrazione
che ognuno ha il suo personale senso della bellezza o il proprio modo di
valutare le persone.
Nel gennaio 1843, dopo
nove mesi a Haworth, assunsi un altro posto
di lavoro, come tutore a Thorp Green, offrendo lezioni
individuali al giovane figlio del reverendo Edmund Robinson. Mia sorella Anne fu a sua volta
insegnante in quella casa, dal maggio 1840. Com’ero
solito, in un primo momento le cose andarono bene, così riferì Charlotte nel
gennaio 1843, sostenendo che noi fratelli fummo “meravigliosamente valutati nel loro lavoro”.
Durante i trenta mesi
di servizio, mantenni corrispondenza con alcuni vecchi amici, riferendo della mia
crescente infatuazione per la moglie di Robinson, Lydia, nata Gisborne, una raffinata
e affascinante signora, di quasi quindici anni più anziana di me. Scrissi a uno dei miei amici,
dimostratosi poi inaffidabile, che "la
mia signora è dannatamente troppo affezionata a me" e gli inviai una
ciocca dei suoi capelli, che era rimasta, durante la notte, sul mio cuscino. Nel luglio 1845 fui licenziato. Secondo Gaskell, ricevetti una lettera con la quale lei mi respingeva duramente,
facendomi intendere che i miei atteggiamenti erano stati scoperti e, pena di
rendere pubblica la faccenda, mi fu ordinato di interrompere, immediatamente e
per sempre, tutti i contatti con ogni membro della famiglia. Diverse spiegazioni furono date su tale
argomento, comprese vere e proprie indebite congetture, riguardo a mie relazioni
inappropriate con la figlia o il figlio di Robinson, oppure che la causa fosse
da addebitare al non aver soddisfatto le attese dei datori di lavoro. La spiegazione più plausibile potrebbe
essere quella che lo stesso speravo, cioè che la relazione con la
signora Lydia sfociasse in un matrimonio, dopo la morte del marito. Per diversi mesi dal mio
licenziamento, ricevetti regolarmente piccole somme di denaro da Thorpe
Green, inviate dalla stessa signora Robinson, presumibilmente per dissuadermi
dal ricattare il mio ex datore di lavoro.
Tornai presso la mia famiglia alla canonica
di Haworth , dove cercai un altro lavoro, scrissi
poesie e tentai di utilizzare il materiale di Angria per un libro intitolato “ And the
Weary are at Rest”
(E gli stanchi sono a riposo).
Durante il 1840, molte delle mie poesie
furono pubblicate in giornali locali con il nome di Northangerland, facendo di me il primo dei Brontë a ottenere l’edizione delle proprie
opere. Ben presto però,
dopo la morte del signor Robinson, la vedova chiarì che non intendeva sposarmi, e tale rifiuto, si sostenne
malignamente, mi avrebbe condotto all’alcolismo cronico. Fui dedito inoltre
agli oppiacei e affogai nei debiti. Le lettere di Charlotte, da quel
momento, attestarono che fu molto irritata dal mio comportamento, Nel gennaio del 1847 scrissi al mio
amico Leyland, a proposito della facile esistenza nella quale speravo: "Vorrei cercare di farmi un nome nel
mondo dei posteri, senza essere tempestato da piccole ma innumerevoli
preoccupazioni". Il
mio comportamento diventò sempre più impossibile e imbarazzante per la famiglia,
lo ammetto. Riuscì a incendiare
il mio letto, forse a causa di una candela lasciata accesa la notte, o da una
sigaretta che non spensi, non ricordo, dopo di che, mio padre decise di dormire
con me, per la sicurezza della famiglia. Verso
la fine della mia vita inviai un biglietto a un amico, chiedendogli "Cinque pence (5d) di Gin". Non ricordo se fossi stato informato che nel 1847 furono editi i romanzi d'esordio delle mie tre sorelle.
Il 24 settembre 1848 morii nella Canonica di Haworth, presumibilmente a causa della tubercolosi, aggravata da delirium
tremens, causato dall'alcolismo e, in aggiunta
dalla dipendenza dal
laudano e oppio, nonostante che la causa del mio decesso fosse stata
certificata, nell’atto di morte, quale " bronchite
cronica - marasma ". (Omesse di
proposito le altre cause della mia morte, affinché, rendendo pubblici i miei
eccessi, non colpissero maggiormente la famiglia.), Nella biografia di
Charlotte, Elizabeth Gaskell racconta di un
testimone oculare, il quale affermava che io, volendo dimostrare
la potenza della volontà umana, decisi di morire in piedi, e quando iniziai
l'ultima agonia, insistetti per assumere la posizione ritta. Il 28 settembre 1848 fui sepolto nella
tomba di famiglia. Mia sorella Emily
morì di tubercolosi il 19 dicembre dello stesso anno e Anne, il 29 maggio
1849, nella città balneare di Scarborough. L'ultima sorella sopravvissuta,
Charlotte, sposò nel 1854 il reverendo Arthur Bell Nichols, curato di Haworth. Morì il marzo
dell’anno successivo, a causa di complicazioni sopravvenute durante la
gravidanza. Quest’anno, 2017, sono trascorsi due secoli dalla mia nascita ed io,
con la mia famiglia, uniti per l’eternità.
ooo0ooo
A mio avviso, Branwell, circondato fin da piccolo della sola
compagnia femminile, come in un gineceo, e privo di quella del suo stesso sesso
- a parte la presenza del padre - rimase isolato in un mondo a se stante,
soprattutto per non aver potuto frequentare compagni di scuola, con cui
confrontarsi. Ascoltando quel che racconta in questa sua biografia, ritengo che
molte affermazioni del giovane Branwell fossero
inventate di sana pianta, per farsi vanto agli occhi degli amici, e che anche
quella sua infatuazione per la signora Robinson, fosse stata da lui gonfiata,
per darsi un tono con i compagni di bevute nei pub (non lo fanno tuttora molti
giovani timidi?) o per mascherare – forse - una sua inclinazione omossesuale. Non
dimentichiamo che nel periodo storico in cui visse, in Inghilterra vigeva il
puritanesimo vittoriano, perciò determinati argomenti e situazioni erano
considerati tabù. Ma questo, tutto sommato, è poco rilevante, le mie sono semplici
supposizioni. Ciò che importa, riguarda le opere, che hanno lasciato le traccia
del suo passaggio, che tanto auspicava in quella lettera all’amico, nel
desiderare di farsi un nome da lasciare ai posteri. Quel che ci ha trasmesso,
di più notevole, è sicuramente l’esecuzione di quel ritratto delle sue sorelle,
nel quale appariva lui stesso e che, sfortunatamente, rimosse. Circolano foto
attribuibili alla metà dell’ottocento, e qualcuno ritiene che ritraggano le tre
sorelle Brontë, ma resta il dubbio che si tratti veramente di loro, essendo la
tecnica fotografica agli albori, e inimmaginabile che sia arrivata fino a Haworh. Raffrontando il ritratto e la fotografia, non intravedo alcuna rassomiglianza tra le figure femminili della foto e quelle ritratte da Branwell. Non va trascurata l'eventualità che, da fratello affezionato, abbia voluto migliorare l'aspetto delle Brontë, ritraendole con gli occhi dell'amore. Tutto è ancora da verificare. A prescindere dalle varie interpretazioni sulla vita del personaggio, dobbiamo essergli grati per averci tramandato i volti delle sue sorelle e addolorati per la sua fragilità, che lo spinse all'abuso di sostanze tossiche, paragonabile a un lento suicidio. Se oggi lo ricordiamo, e se qualche biografo si è speso per scrivere della sua vita, a mio parere, dipese dall'essere consanguineo delle più celebri sorelle Brontë. Ritengo inoltre che i biografi più attendibili
fossero coloro che lo descrissero come un personaggio inaffidabile, poiché la
sua pessima reputazione disonorò il nome dei
Brontë, impedendo al padre l’apertura d’una scuola, presso la canonica
di Haworth.
I suoi tentativi artistici non ottennero
molti consensi poiché, a causa della sua irrequietezza, non portò a termine
molti dei suoi lavori. Sospetto, ma è solo un mio pensiero, che sarebbe caduto
nel pozzo della dimenticanza, se non si fosse chiamato Brontë.
Danila Oppio
Nessun commento:
Posta un commento